Destra di Popolo.net

CONTE SCEGLIE GAUDIO PER LA CALABRIA, MA IL M5S RIBOLLE

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

A GINO STRADA LA DELEGA PER IL COVID

Se ne discute a lungo in Consiglio dei ministri, i grillini sollevano dubbi, provano a mettersi di traverso, ma alla fine la palla passa in mano al premier Giuseppe Conte che di concerto con i ministri Speranza e Gualtieri sceglie, come commissario per la Sanità  in Calabria, Eugenio Gaudio, originario di Cosenza, rettore dell’Università  di Roma “La Sapienza”, ex preside della facoltà  di Medicina e da aprile 2020 consigliere del ministro dell’Università  nell’area sanitaria e per i rapporti con il Servizio sanitario nazionale.
La giornata è stata complicata. Il Consiglio dei ministri sulla manovra finanziaria e sulla scelta del nuovo commissario in Calabria, che sarebbe dovuto iniziare alle 12, slitta di qualche ora. “Sono ore frenetiche, si cerca un modo per uscire dallo stallo”, spiegano fonti di governo. Si deve dimettere il commissario Giuseppe Zuccatelli ma soprattutto va trovato un accordo nella maggioranza sul nuovo nome.
Prima di tutto va superato il primo impasse. “È opportuno che lei si dimetta”, con queste parole pronunciate al telefono il ministro della Salute Roberto Speranza chiede al commissario per la sanità  in Calabria Zuccatelli un passo indietro. A metà  pomeriggio si apprende la notizia che tutti attendevano nella sede del governo.
Il manager sanitario scelto appena una settimana fa ha rassegnato le dimissioni: “Il ministro mi ha telefonato e non ha avuto bisogno di darmi spiegazioni. Mi ha chiesto di dimettermi ed io l’ho fatto. E mi dimetto da tutti gli incarichi che ho in Calabria”, lasciando quindi la guida degli ospedali di Catanzaro.
Fatali sono state le frasi pronunciate riguardo le mascherine che non servirebbero a nulla così come serve a poco il distanziamento. “Per beccarti il virus — sostiene in un video – se io fossi positivo dovresti baciarmi per 15 minuti con la lingua in bocca altrimenti non te lo becchi”. Video troppo ingombrante. E anche il suo predecessore Saverio Cotticelli ha lasciato per un’intervista video andata in onda su Rai3 nella trasmissione “Titolo V” durante la quale dice di non sapere che la stesura del piano anti-Covid fosse in mano a lui.
Sono state giornate complicate. Alla ricerca di una figura che possa risollevare la sanità  calabrese e i suoi conti. Da più parti viene invocata la nomina di Gino Strada. A volerla sono soprattutto alcuni componenti del Movimento 5 Stelle.
Ma Strada non ha esperienza manageriale, requisito previsto dal decreto Calabria bis e di cui il fondatore di Emergency è sprovvisto.
Entrerà  comunque nella squadra con una delega speciale, quella al Covid.
Poi per superare i veti incrociati il nome del commissario lo sceglie Conte e, come si è detto, viene nominato Gaudio, “un tecnico”. “Due nomi autorevoli — dicono fonti di Palazzo Chigi – che possono aiutare la sanità  calabrese a ripartire”.
Componenti M5s del governo ribollono, anche se nessuno, a parte Nicola Morra, lo dice apertamente. Il neo commissario alla Sanità  è indagato dallo scorso anno dalla Procura di Catania nell’ambito dell’inchiesta ‘Università  bandita’ su presunte irregolarità  su concorsi accademici che, secondo l’accusa, sarebbero stati truccati.
Il 23 luglio scorso la Procura ha notificato al professore, e ad altri 53 indagati, l’avviso di chiusura indagini, nell’ambito di un fascicolo stralcio dell’inchiesta principale.
A settembre Gaudio, su sua richiesta, è stato interrogato. Nei giorni successivi il suo legale ritenendo “chiarita la sua posizione” ha presentato istanza di archiviazione. Passaggio che fonti di Palazzo Chigi si apprestano a sottolineare per sottrarsi alle polemiche dal momento che M5s nasce con l’obiettivo di non avere indagati nelle istituzioni.
Morra, presidente della commissione Antimafia, non ci sta: “Gaudio sarà  sicuramente persona validissima, ma in Calabria, per tanti differenti motivi, tra questi la necessità  di combattere con radicalità  la ‘ndrangheta con le sue infiltrazioni nelle aziende sanitarie, non va bene”.
Anche nelle chat grilline vengono avanzate molte perplessità  per il ruolo di secondo piano dato a Strada.

(da “Huffingtonpost”)

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IL MEDICO DI GIULIANOVA CHE SCRIVE SUL CAMICE COSA PENSA DEI NEGAZIONISTI

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

“OGNI GIORNO VEDO LA SOFFERENZA E LA MORTE, NON POSSO TOLLERARE CHI SI PRENDE GIOCO DELLA VITA ALTRUI”

Un medico di Giulianova, Gabriele Congedo, ha deciso di farsi fotografare con indosso un camice con una scritta (rigorosamente in dialetto) anti negazionisti: “Negazionisti, ngu’l’ a mamm’t”.
A raccontare la storia è il Messaggero.
“Protagonista il medico Gabriele Congedo, che lavora attualmente nei due reparti Covid allestiti nel padiglione ovest dell’ospedale di Giulianova, in provincia di Teramo.
Si è fatto fotografare di spalle indossando una camicione verde sul quale c’è una scritta con la quale attacca i negazionisti e lo fa con un sapore sarcastico, ma che tende volutamente ad offendere chi ritiene che il Covid-19 non esista o non sia così grave”.
“Io — spiega il medico — sono un dipendente della Piccola Opera Charitas dove il virus non ci ha risparmiati. Ora sto svolgendo dei corsi di specializzazione in Geriatria all’Aquila e da lì mi hanno mandato a lavorare nei reparti Covid di Giulianova.
E qui ogni giorno sto accanto alla gente che soffre, che chiede aiuto, che fa fatica a respirare, che magari migliora e poi il giorno dopo sta ancora peggio, so cosa significa la sofferenza da Covid e non posso tollerare chi si prende gioco di questa terribile pandemia.
Ho espresso il mio pensiero, se vogliamo, in maniera clamorosa, ma me ne assumo tutta la responsabilità  e lo rifarei da capo”.

(da agenzie)

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ROMA: VIGILESSA CHIEDE LORO DI INDOSSARE LA MASCHERINA, FIORE E CASTELLINO DI FORZA NUOVA LA INSULTANO

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

VERIFICA SU UN PRESUNTO CERTIFICATO MEDICO CHE LI ESENTEREBBE DAL PORTARLA

Invitati a indossare la mascherina, i leader di Forza Nuova Roberto Fiore e Giuliano Castellino avrebbero insultato una vigilessa.
L’episodio è accaduto sabato sera in piazza di Ponte Milvio.
Durante un controllo anti assembramento i vigili avrebbero notato un gruppo di sei persone senza mascherina. Così si sono avvicinati per invitare al rispetto delle regole. Castellino e Fiore avrebbero presentato documentazione medica che li esonererebbero dall’indossare la mascherina, su cui sono in corso verifiche, e si sarebbero ‘accesi’ gli animi. I due sono stati identificati mentre le altre persone si sarebbero allontanate.
“Ferma condanna per due esponenti di Forza Nuova che sabato a Roma hanno insultato una vigilessa: aveva chiesto loro di indossare mascherina. A lei esprimo tutta la mia solidarieta’”, ha scritto Twitter la sindaca di Roma, Virginia Raggi, che in serata ha telefonato alla vigilessa.
Il segretario del PD Roma, Andrea Casu commenta: “Nessuna motivazione giustifica gli insulti a chi sta servendo lo Stato per garantire la sicurezza di tutti”. “‘Legge e ordine’ si’, purche’ valga solo per gli altri. Perche’ quando la legge interviene su di loro, non la amano piu’ cosi’ tanto

(da agenzie)

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USA, LA TESTIMONIANZA DI UNA INFERMIERA: “HO VISTO PAZIENTI IN PUNTO DI MORTE CHE NON CREDONO DI AVERE IL COVID”

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

LA TESTIMONIANZA ALLA CNN… GRAZIE A TRUMP MIGLIAIA DI VITTIME DI UNA CRIMINALE POLITICA NEGAZIONISTA

Jodi Doering è un’infermiera di pronto soccorso che lavora nel South Dakota, nel Midwest degli Stati Uniti. In prima linea contro il Coronavirus, si è imbattuta in diversi casi di negazionismo estremo: pazienti malati che, anche sul letto di morte, si rifiutano di credere all’esistenza della malattia.
Dopo aver scritto un post su Twitter che ha raccolto moltissimi commenti, l’infermiera è stata intervistata dalla Cnn e ha raccontato le scene di cui è stata testimone.
Mentre molti pazienti sono grati per le cure che ricevono, altri trascorrono gli ultimi momenti rifiutandosi di chiamare i familiari perchè «non vogliono credere che il Covid sia reale». L’infermiera chiarisce che a negare l’esistenza del virus non è un ristretto numero di pazienti, ma «tantissime persone».

(da agenzie)

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IL MONITO DEI MEDICI: “ZONA ROSSA A NATALE O SARA’ TERZA ONDATA COVID”

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

ALTRO CHE RIAPERTURE PER LE PROSSIME FESTE NATALIZIE

Più si avvicina il Natale e più si fa sentire la voce del “partito delle riaperture” in vista delle feste. Voce però prontamente contrastata da tutti quelli che a vari livelli hanno la responsabilità  della salute pubblica, dai medici al ministro della Salute Speranza, al coordinatore del Cts, Miozzo.
Se a Natale ci saranno delle riaperture “si verificherà  la concreta possibilità  di una terza ondata”, ecco perchè “si dovrebbe procedere con una zona rossa diffusa”.
Lo ha detto all’AGI, Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri. “Va valutato l’impatto delle misure attuali ma è molto più utile proseguire con un lockdown e abbattere la curva, per non rischiare di andare su e giù”, ha commentato il segretario di Anaao.
“Abbiamo sei, otto mesi davanti fino a quando non ci sarà  una estesa somministrazione del vaccino e ritengo che una zona rossa diffusa durante il periodo festivo possa permettere di affrontare meglio i prossimi mesi”, ha spiegato Palermo, secondo cui “bisogna trovare un equilibrio tra necessità  economiche e sanitarie.
Una zona rossa diffusa in tutta Italia ci permetterebbe un reset rapido e più consistente nel livello dei contagi”. La chiusura, che Palermo stima di 5-6 settimane, “ci permetterebbe anche di affrontare meglio la fase territoriale che ora è saltata del tutto. Bisogna rimettere in piedi il contact tracing, incrementare i tamponi, gli alberghi Covid, coinvolgere maggiormente i medici di base per il controllo delle altre patologie, far funzionare le Usca (Unità  Speciali di Continuità  Assistenziale), ma se non abbassiamo la curva queste tutele non possono partire”, ha concluso il segretario di Anaao.
Più o meno sulla stessa linea Roberto Speranza che in un’intervista alla Stampa è stato tranchant: “La mia testa è concentrata su quello che accadrà  alla fine della prossima settimana; su questo che ci giochiamo tutto, non sul cenone del 24 dicembre. Questa, per me, è davvero una discussione lunare”.
E a fargli da sponda ecco Miozzo dalle pagine del Corriere: “Abbiamo davanti una maratona che non si concluderà  il 25 dicembre, ma molto più avanti. Se tutti insieme spegnessimo un po’ le luci delle aspettative, saremmo di grande aiuto al sistema e a quanti sperano di far ripartire la vita economica e sociale del Paese per quella data. Se saremo rigorosi con noi stessi saremo di grande aiuto per eliminare al più presto i limiti alle nostre libertà ”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL REPORT AMBROSETTI; LA SECONDA ONDATA COVID FIGLIA DEL RILASSAMENTO ESTIVO

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

E’ QUANTO EMERGE DALL’ANALISI INSIEME AD ASSEMBRAMENTI, SCARSO USO DELLA MASCHERINA, RIAPERTURA DELLE SCUOLE E TRASPORTI PUBBLICI

L’Italia per superare la seconda ondata del virus ha bisogno di ritrovare la reattività  e lo spirito messi in campo durante la prima, in cui il nostro Paese ha dimostrato grande capacità  di risposta.
È questo uno degli aspetti che emerge dal Meridiano Sanità  Covid-19 Response monitor, contenuto nel quindicesimo Rapporto Meridiano Sanità  elaborato da The European House-Ambrosetti e appena presentato.
L’Index, che si propone di offrire una valutazione multidimensionale della capacità  di risposta dei Paesi alla pandemia, ha permesso di analizzare sia le risposte dei sistemi sanitari, valutando ad esempio la dimensione e l’aumento degli operatori sanitari, la dimensione e l’aumento della capacità  strutturale, le misure di protezione individuale, la sorveglianza e monitoraggio, l’attivazione di campagne di informazione, sia le risposte di policy dei Governi, valutando ad esempio la chiusura delle scuole e dei luoghi di lavoro, la cancellazione di eventi pubblici e limitazioni all’assembramento, le policy di lockdown e le limitazioni alla mobilità .
Il risultato che ne è venuto fuori vive proprio del confronto con quel che è accaduto nella primavera scorsa. “Gli ottimi risultati conseguiti durante l’estate hanno portato ad un rilassamento sia dei comportamenti individuali che dei protocolli rigidi dei mesi precedenti”, spiegano ad HuffPost Valerio De Molli, amministratore delegato di Ambrosetti e Rossana Bubbico, tra gli autori del Rapporto.
Assembramenti, mancato utilizzo della mascherina, sottostima degli effetti derivanti dalla riapertura delle scuole e dal trasporto pubblico locale “hanno portato ad un rapido aumento dei casi in queste settimane con un contestuale aumento dei ricoveri in generale e di quelli in terapia intensiva”.
E anche se la situazione appare diversificata a livello regionale, “a livello nazionale la soglia critica del 30% dei posti letto occupati in terapia intensiva è già  stata superata e gli ospedali sono di nuovo in una situazione di elevato stress”.
La seconda ondata sembra non aver raggiunto il suo picco
Andando a guardare i dati, lo scorso 11 novembre in Italia è stato superato il milione di casi, nel mondo invece il numero di contagiato ha superato i 51 milioni di casi, mentre i decessi hanno oltrepassato la quota di 1,2 milioni. “Ci troviamo a tutti gli effetti all’interno della seconda fase pandemica che sembra non aver raggiunto ancora il suo picco”, ci dicono da Ambrosetti. Si tratta di un’ondata che per numero di casi ha più che raddoppiato quelli della prima ondata, non solo in Italia ma più in generale in tutti i principali Paesi europei.
“Analizzando l’andamento dei casi Covid-19 nei 5 Big-5 europei, quindi Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna, e negli Stati Uniti, emerge come per tutti i Paesi il picco della prima ondata sia stato raggiunto tra il trentesimo e il quarantesimo giorno dall’inizio della pandemia e che a distanza di tre mesi la pandemia ovunque, eccezion fatta per gli Stati Uniti, ha rallentato la sua corsa”.
La seconda ondata di contagi è invece partita in momenti diversi, dapprima in Spagna e Francia e successivamente in Germania e Italia. “Nonostante l’Italia sia stato il primo Paese ad essere investito dallo ‘tsunami’ Covid-19, risultando a fine marzo il Paese al mondo più colpito dalla pandemia, è riuscita con una grande capacità  di risposta e un forte senso di responsabilità  da parte di Istituzioni e cittadini, a contenere e ritardare, prima e meglio di altri Paesi, la seconda ondata pandemica”, spiega De Molli.
Troppi tagli alla sanità  italiana prima della pandemia, ma ha saputo reagire al Covid
Il Paese, tuttavia, “si è presentato a questa pandemia con un sistema sanitario ‘indebolito’ dai continui tagli o mancati aumenti di risorse economiche degli ultimi anni che hanno messo a dura prova la sua resilienza”.
Dallo studio del Think tank Ambrosetti emerge una lunga serie di carenze ed errori: taglio dei posti letto, strutture ospedaliere obsolete, un personale sanitario, tra medici e infermieri, insufficiente per soddisfare i bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana e cronica, un territorio mai potenziato in termini di risorse umane e strumentali e una trasformazione digitale mai realmente avviata.
“Ma come sempre è accaduto, è nei momenti di maggiore difficoltà  che il Paese riesce a dare il meglio di sè”, commenta De Molli. “E così nelle settimane di emergenza sanitaria, i posti letto in terapia intensiva sono passati da 8,8 a 10,7 per 100.000 abitanti — anche se ancora lontani da Paesi come la Germania che già  prima della pandemia potevano contare su una dotazione di 29, 2 posti letto per 100.000 abitanti salita poi a 48,2”. Grazie al richiamo di medici in pensione e medici stranieri e a bandi straordinari e all’abilitazione alla professione per i laureati in medicina “il personale sanitario è aumentato in maniera significativa: anche in questo caso il Paese prima della pandemia poteva contare solo su 97,4 operatori, tra MMG e Infermieri, per 100.000 abitanti, valore superiore solo a Spagna e Grecia”.
L’Italia al primo posto come capacità  di risposta nella scorsa primavera
Secondo il Rapporto, l’Italia è stata anche il 4° Paese europeo per incremento delle risorse per la sanità  a livello pro capite (+2,8%) dopo Germania (4,6%), Finlandia (3,8%) e Regno Unito (3,0%).
Sul fronte delle policy adottate, “il Paese è stato tra i primi Paesi a vietare assembramenti ed eventi pubblici, a porre limiti alla mobilità  a chiudere le scuole; anche il lockdown totale si è protratto più che in latri Paesi”. La visione di insieme di tutti questi elementi ha posto il Paese al primo posto come capacità  di riposta alla prima fase della pandemia scaturito dal 6° posto per capacità  di risposta del sistema sanitario e dal 1° posto per policy di Governo adottate. Tra i principali Paesi europei, l’Italia è seguita dalla Germania: non è un caso che in queste due nazioni la seconda ondata sia partita più tardi che altrove.
Il rapporto complicato tra Stato Regioni non giova la Paese
“Il rapporto complicato tra Stato e Regioni, frutto di criticità  nel coordinamento tra decisioni prese a livello centrale e implementate a livello locale, di difficoltà  nell’aumentare rapidamente le risorse strutturali sia a livello ospedaliero che a livello territoriale — ad esempio numero di tracciatori, medici, infermieri — secondo quanto pianificato, e di fondi stanziati a livello centrale arrivati in maniera non tempestiva alle Regioni, non giova al Paese”, sostiene De Molli.
Così come “visioni diverse da parte della comunità  medico-scientifica alimentano una scarsa consapevolezza della situazione critica da parte di una larga parte della popolazione”.
È soltanto recuperando “l’unità  e la responsabilità  a tutti livelli, tra Governo e Regioni e tra cittadini e istituzioni, che si può affrontare questa pandemia, riprendendo il coraggio, la fermezza e lo spirito che ha contraddistinto il nostro Paese nella scorsa primavera, solo così potrà  ‘andare tutto bene’”.

(da agenzie)

argomento: denuncia | Commenta »

GLI ITALIANI CHE MUOIONO DI FAME: RESSA NEI SUPERMERCATI LIDL PER ACQUISTARE LE SCARPE DI TENDENZA

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

NON PANE, FARINA E LIEVITO, MA PER ACCAPARRARSI LE SCARPE, I CALZINI E LE MAGLIETTE … MOLTI POI LE RIVENDONO SU EBAY A PREZZI ANCHE CINQUE VOLTE SUPERIORI

Frotte di persone che si sono accalcate all’entrata dei supermercati Lidl. Giorno di grandi offerte? Timori di un nuovo lockdown generale imminente? Nulla di tutto questo.
Oggi erano tutti lì per infilare le mani nei cestoni e prendere più prodotti possibile. Non farina, non lievito. Non pane, non generi di prima necessità : in Italia sono arrivate le scarpe Lidl (ma anche le ciabatte, i calzini e le magliette) e su eBay già  sono state messe in vendita a prezzi duplicati, triplicati, quadruplicati e quintiplicati.
Ecco alcune immagini che arrivano da Roma all’apertura dei cancelli di uno store Lidl su via della Magliana. Persone (di tutte le età ) che corrono in direzione dei cestoni per accaparrarsi il maggior numero di scarpe Lidl, calzini, magliette e ciabatte.
Perchè ormai, da alcuni mesi a questa parte, con una moda nata dal Nord Europa, questi indumenti e questo merchandising sono diventati uno status symbol.
Ed ecco che quelle folli spese (non in termini di prezzo, visto che i prodotti più cari sono le snickers che costano 12 euro e 99 centesimi, ma di quantità ) trovano un senso collegandosi su eBay e cercando Lidl sul motore di ricerca del portale di e-commerce.
E lì, selezionando solamente gli annunci pubblicati quest’oggi, lunedì 16 novembre, troviamo centinaia di annunci con prezzi fuori mercato.
Insomma, si sfrutta la tendenza, si sfrutta la moda. Ed ecco che le scarpe Lidl, appena comprate negli store a 12.99 euro, si trovano a prezzi fuori controllo.
Eppure ci sono offerte. Eppure c’è gente che le compra a prezzi fuori dal mercato. Perchè ormai Lidl è uno status symbol.

(da agenzie)

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VETO DI UNGHERIA E POLONIA SUL RECOVERY FUND, SI STUDIA COME AGGIRARLO

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

IPOTESI DI TRASFORMARE IL FONDO IN TRATTATO GOVERNATIVO MA SERVIREBBERO ALTRI 6-8 MESI

Quando Polonia e Ungheria hanno bloccato la decisione che andava presa all’unanimità  sulle cosiddette ‘risorse proprie’ e posto così il loro veto al bilancio pluriennale dell’Ue e al ‘recovery fund’, al tavolo dei 27 ambasciatori dell’Ue nessuno si è sorpreso.
La mossa era più che annunciata dai governi di Varsavia e Budapest, furiosi per come si è concluso il negoziato con l’Europarlamento sullo stato di diritto, trasformato in una condizione ‘sine qua non’ per avere i fondi Ue.
Ma adesso che lo stallo è ufficiale e il recovery fund è davvero avviato sul treno dei ritardi (non entrerà  in funzione a gennaio come inizialmente previsto), la presidenza tedesca sta studiando come poter aggirare il ‘cartellino rosso’ dei due paesi del blocco di Visegrad. Per evitare che l’Unione si fermi per colpa di due Stati.
Complicato. La materia ritorna sul tavolo ‘politico’ dei capi di Stato e di governo: giovedì i 27 leader dell’Ue vi dedicheranno una parte nella videoconferenza convocata per gli aggiornamenti sul covid. Soluzione cercasi.
A partire dal fatto che, fanno notare fonti europee, il capitolo sullo stato di diritto è comunque passato a maggioranza alla riunione degli ambasciatori: non era richiesta l’unanimità , quindi è in vigore.
E se si legasse il recovery fund all’attuale schema di bilancio, le violazioni dello stato di diritto impedirebbero comunque a Ungheria e Polonia di accedere ai fondi Ue. Insomma, il veto non risolverebbe i ‘problemi’ di Orban e Kaczynski e anzi, visto in questa luce, sembra un boomerang. Ma intanto c’è.
E se giovedì i leader non trovassero una soluzione, non ci sarebbe più il tempo per approvare il bilancio pluriennale in Europarlamento e l’Ue andrebbe in esercizio provvisorio.
Il che vuol dire non poter effettuare pagamenti se non su spese già  contratte o previste dai Trattati tipo la Pac (politica agricola comune). Però anche in esercizio provvisorio si applicherebbero le nuove regole sullo stato di diritto: l’Eurocamera deve ancora approvarle definitivamente, ma non sembra proprio ci siano problemi di maggioranza.
Ma verrebbe a mancare il nuovo quadro pluriennale di bilancio 2021-27, che insieme al recovery fund ammonta a 1800 miliardi di euro.
Inoltre, la parte sulle risorse proprie necessita della ratifica dei Parlamenti nazionali dell’Ue: ogni Stato potrà  tirarla per le lunghe, a partire da Polonia e Ungheria che hanno bloccato l’unanimità  richiesta oggi.
Senza le ‘risorse proprie’, vale a dire nuove tasse sul digitale, sul carbone o sulle transazioni finanziarie, la Commissione europea non avrebbe la copertura adeguata per vendere bond sul mercato e raccogliere i fondi del recovery fund. Non ci sarebbe insomma garanzia sul pagamento di questo debito comune europeo.
Per il recovery fund vero e proprio, la soluzione che diverse fonti europee citano come ipotesi per risolvere l’impasse è di trasformarlo in un trattato intergovernativo, tipo il Mes. Sarebbe un modo per aggirare l’osacolo Varsavia e Budapest. Ma, politicamente parlando, non appare una decisione semplice da prendere. E poi servirebbero 6-8 mesi, perchè il trattato dovrebbe essere negoziato con chi ci sta e poi ratificato dai Parlamenti nazionali. Troppo lunga.
In molte capitali, tra cui Roma, prevale la convinzione che quello di Polonia e Ungheria sia solo un bluff, che i due paesi hanno bisogno dei fondi europei e dunque bisognerebbe soltanto insistere con loro. Ma anche per questo serve tempo: il rischio ritardi non è scongiurato.
“Le stelle polari del sovranismo mondiale, i governi della Polonia e dell’Ungheria, hanno bloccato in sede di Consiglio il via libera al Recovery Fund — dice Tiziana Beghin, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo – Ancora una volta gli amici europei di Salvini e Meloni dimostrano la loro vera natura politica: sono anti-italiani e anti-europei. Bloccare il via libera al prossimo bilancio pluriennale dell’Ue e al piano di ripresa Next Generation EU in piena crisi economica e sanitaria è da irresponsabili. Anzichè pensare al bene comune, ‘Orban and company’ si preoccupano solo del loro orticello, ma l’Unione europea sulla difesa dello stato di diritto non si tirerà  indietro”.
Che sia un bluff o meno, intanto oggi l’annunciato veto è arrivato. Un’ennesima grana per Angela Merkel e la presidenza tedesca dell’Unione, che rischia di terminare con magri risultati a fine anno.

(da “Huffingtonpost”)

argomento: Europa | Commenta »

I SOVRANISTI DI UNGHERIA E POLONIA BLOCCANO IL RECOVERY FUND, METTENDO IL VETO AL BILANCIO UE

Novembre 16th, 2020 Riccardo Fucile

IL RICHIAMO ALLO STATO DI DIRITTO NON PIACE A REGIMI ABITUATI A NEGARE LIBERTA’ DI STAMPA E AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA… RIBADIAMO: CHI NON CONDIVIDE I VALORI DELL’EUROPA FUORI DAI COGLIONI, DEVE FINIRE LA PACCHIA DI RUBARE SOLDI ALLA UE PER SANARE LE LORO ECONOMIE, TORNINO CON LE PEZZE AL CULO

Fumata nera sul prossimo bilancio 2021-2027 dell’Unione europea. I ministri degli Esteri di Ungheria e Polonia hanno infatti posto il veto facendo mancare la necessaria unanimità  e bloccando di fatto la strada al Recovery Fund. Secondo il portavoce della presidenza di turno tedesca, Sebastian Fischer, i due Stati membri «hanno espresso la loro opposizione rispetto a un elemento del pacchetto (la condizione che riguarda il rispetto dello Stato di diritto, ndr), ma non sulla sostanza dell’accordo di bilancio».
Sia il Consiglio europeo, sia il parlamento europeo, del resto, avevano già  detto sì all’intesa proposta dalla Commissione europea.
Ma Polonia e Ungheria da tempo puntavano i piedi, lamentandosi per la clausola che subordina l’erogazione dei fondi al rispetto allo Stato di diritto.
Entrambi i Paesi hanno adottato politiche che molti osservatori non esitano a definire apertamente autoritarie.
Il premier ungherese Victor Orban, cavalcando l’emergenza Coronavirus, si è attribuito pieni poteri senza alcun limite temporale e ha praticamente cancellato la libertà  di stampa. Mentre in Polonia è stata recentemente approvata una legge che limita fortemente il diritto all’aborto.
La reazione alla mossa di Ungheria e Polonia non si è fatta attendere e anche la destra europea ha fatto sentire la propria voce, attraverso il capogruppo del Partito popolare europeo all’Europarlamento, Manfred Weber: «Lo Stato di diritto non riguarda un Paese in particolare, nè riguarda l’Est o l’Ovest. È neutro e si applica a tutti. Se si rispetta lo Stato di diritto non c’è nulla da temere. Negare i finanziamenti all’intera Europa nel bel mezzo della peggiore crisi degli ultimi decenni è irresponsabile. Se Viktor Orban e JarosÅ‚aw Kaczynski vogliono bloccare l’uso di questi fondi, allora dovranno spiegarlo a milioni di lavoratori e imprenditori, ai sindaci e agli studenti, ai ricercatori e agli agricoltori che contano su tali sostegni».
Una impasse di difficile soluzione
All’inizio della scorsa settimana, dopo un lungo negoziato, era stato trovato un accordo sul bilancio tra parlamento europeo e Consiglio europeo, aggiungendo al budget comune 16 miliardi di euro per “rimpolpare” programmi-bandiera come Erasmus, Horizon e Eu4Health.
La settimana precedente era arrivata invece l’intesa sul vincolo dello Stato di diritto. Ma il nuovo testo uscito dal confronto tra istituzioni europee necessita per l’appunto di un via libera unanime dei singoli Paesi membri, mentre per introdurre la clausola sullo Stato di diritto era bastata la maggioranza qualificata. Una impasse di difficile soluzione, che richiederà  con ogni probabilità  un ulteriore vertice dei capi di Stato e di governo.

(da agenzie)

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