VETO DI UNGHERIA E POLONIA SUL RECOVERY FUND, SI STUDIA COME AGGIRARLO
IPOTESI DI TRASFORMARE IL FONDO IN TRATTATO GOVERNATIVO MA SERVIREBBERO ALTRI 6-8 MESI
Quando Polonia e Ungheria hanno bloccato la decisione che andava presa all’unanimità sulle cosiddette ‘risorse proprie’ e posto così il loro veto al bilancio pluriennale dell’Ue e al ‘recovery fund’, al tavolo dei 27 ambasciatori dell’Ue nessuno si è sorpreso.
La mossa era più che annunciata dai governi di Varsavia e Budapest, furiosi per come si è concluso il negoziato con l’Europarlamento sullo stato di diritto, trasformato in una condizione ‘sine qua non’ per avere i fondi Ue.
Ma adesso che lo stallo è ufficiale e il recovery fund è davvero avviato sul treno dei ritardi (non entrerà in funzione a gennaio come inizialmente previsto), la presidenza tedesca sta studiando come poter aggirare il ‘cartellino rosso’ dei due paesi del blocco di Visegrad. Per evitare che l’Unione si fermi per colpa di due Stati.
Complicato. La materia ritorna sul tavolo ‘politico’ dei capi di Stato e di governo: giovedì i 27 leader dell’Ue vi dedicheranno una parte nella videoconferenza convocata per gli aggiornamenti sul covid. Soluzione cercasi.
A partire dal fatto che, fanno notare fonti europee, il capitolo sullo stato di diritto è comunque passato a maggioranza alla riunione degli ambasciatori: non era richiesta l’unanimità , quindi è in vigore.
E se si legasse il recovery fund all’attuale schema di bilancio, le violazioni dello stato di diritto impedirebbero comunque a Ungheria e Polonia di accedere ai fondi Ue. Insomma, il veto non risolverebbe i ‘problemi’ di Orban e Kaczynski e anzi, visto in questa luce, sembra un boomerang. Ma intanto c’è.
E se giovedì i leader non trovassero una soluzione, non ci sarebbe più il tempo per approvare il bilancio pluriennale in Europarlamento e l’Ue andrebbe in esercizio provvisorio.
Il che vuol dire non poter effettuare pagamenti se non su spese già contratte o previste dai Trattati tipo la Pac (politica agricola comune). Però anche in esercizio provvisorio si applicherebbero le nuove regole sullo stato di diritto: l’Eurocamera deve ancora approvarle definitivamente, ma non sembra proprio ci siano problemi di maggioranza.
Ma verrebbe a mancare il nuovo quadro pluriennale di bilancio 2021-27, che insieme al recovery fund ammonta a 1800 miliardi di euro.
Inoltre, la parte sulle risorse proprie necessita della ratifica dei Parlamenti nazionali dell’Ue: ogni Stato potrà tirarla per le lunghe, a partire da Polonia e Ungheria che hanno bloccato l’unanimità richiesta oggi.
Senza le ‘risorse proprie’, vale a dire nuove tasse sul digitale, sul carbone o sulle transazioni finanziarie, la Commissione europea non avrebbe la copertura adeguata per vendere bond sul mercato e raccogliere i fondi del recovery fund. Non ci sarebbe insomma garanzia sul pagamento di questo debito comune europeo.
Per il recovery fund vero e proprio, la soluzione che diverse fonti europee citano come ipotesi per risolvere l’impasse è di trasformarlo in un trattato intergovernativo, tipo il Mes. Sarebbe un modo per aggirare l’osacolo Varsavia e Budapest. Ma, politicamente parlando, non appare una decisione semplice da prendere. E poi servirebbero 6-8 mesi, perchè il trattato dovrebbe essere negoziato con chi ci sta e poi ratificato dai Parlamenti nazionali. Troppo lunga.
In molte capitali, tra cui Roma, prevale la convinzione che quello di Polonia e Ungheria sia solo un bluff, che i due paesi hanno bisogno dei fondi europei e dunque bisognerebbe soltanto insistere con loro. Ma anche per questo serve tempo: il rischio ritardi non è scongiurato.
“Le stelle polari del sovranismo mondiale, i governi della Polonia e dell’Ungheria, hanno bloccato in sede di Consiglio il via libera al Recovery Fund — dice Tiziana Beghin, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo – Ancora una volta gli amici europei di Salvini e Meloni dimostrano la loro vera natura politica: sono anti-italiani e anti-europei. Bloccare il via libera al prossimo bilancio pluriennale dell’Ue e al piano di ripresa Next Generation EU in piena crisi economica e sanitaria è da irresponsabili. Anzichè pensare al bene comune, ‘Orban and company’ si preoccupano solo del loro orticello, ma l’Unione europea sulla difesa dello stato di diritto non si tirerà indietro”.
Che sia un bluff o meno, intanto oggi l’annunciato veto è arrivato. Un’ennesima grana per Angela Merkel e la presidenza tedesca dell’Unione, che rischia di terminare con magri risultati a fine anno.
(da “Huffingtonpost”)
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