IL REPORT AMBROSETTI; LA SECONDA ONDATA COVID FIGLIA DEL RILASSAMENTO ESTIVO
E’ QUANTO EMERGE DALL’ANALISI INSIEME AD ASSEMBRAMENTI, SCARSO USO DELLA MASCHERINA, RIAPERTURA DELLE SCUOLE E TRASPORTI PUBBLICI
L’Italia per superare la seconda ondata del virus ha bisogno di ritrovare la reattività e lo spirito messi in campo durante la prima, in cui il nostro Paese ha dimostrato grande capacità di risposta.
È questo uno degli aspetti che emerge dal Meridiano Sanità Covid-19 Response monitor, contenuto nel quindicesimo Rapporto Meridiano Sanità elaborato da The European House-Ambrosetti e appena presentato.
L’Index, che si propone di offrire una valutazione multidimensionale della capacità di risposta dei Paesi alla pandemia, ha permesso di analizzare sia le risposte dei sistemi sanitari, valutando ad esempio la dimensione e l’aumento degli operatori sanitari, la dimensione e l’aumento della capacità strutturale, le misure di protezione individuale, la sorveglianza e monitoraggio, l’attivazione di campagne di informazione, sia le risposte di policy dei Governi, valutando ad esempio la chiusura delle scuole e dei luoghi di lavoro, la cancellazione di eventi pubblici e limitazioni all’assembramento, le policy di lockdown e le limitazioni alla mobilità .
Il risultato che ne è venuto fuori vive proprio del confronto con quel che è accaduto nella primavera scorsa. “Gli ottimi risultati conseguiti durante l’estate hanno portato ad un rilassamento sia dei comportamenti individuali che dei protocolli rigidi dei mesi precedenti”, spiegano ad HuffPost Valerio De Molli, amministratore delegato di Ambrosetti e Rossana Bubbico, tra gli autori del Rapporto.
Assembramenti, mancato utilizzo della mascherina, sottostima degli effetti derivanti dalla riapertura delle scuole e dal trasporto pubblico locale “hanno portato ad un rapido aumento dei casi in queste settimane con un contestuale aumento dei ricoveri in generale e di quelli in terapia intensiva”.
E anche se la situazione appare diversificata a livello regionale, “a livello nazionale la soglia critica del 30% dei posti letto occupati in terapia intensiva è già stata superata e gli ospedali sono di nuovo in una situazione di elevato stress”.
La seconda ondata sembra non aver raggiunto il suo picco
Andando a guardare i dati, lo scorso 11 novembre in Italia è stato superato il milione di casi, nel mondo invece il numero di contagiato ha superato i 51 milioni di casi, mentre i decessi hanno oltrepassato la quota di 1,2 milioni. “Ci troviamo a tutti gli effetti all’interno della seconda fase pandemica che sembra non aver raggiunto ancora il suo picco”, ci dicono da Ambrosetti. Si tratta di un’ondata che per numero di casi ha più che raddoppiato quelli della prima ondata, non solo in Italia ma più in generale in tutti i principali Paesi europei.
“Analizzando l’andamento dei casi Covid-19 nei 5 Big-5 europei, quindi Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna, e negli Stati Uniti, emerge come per tutti i Paesi il picco della prima ondata sia stato raggiunto tra il trentesimo e il quarantesimo giorno dall’inizio della pandemia e che a distanza di tre mesi la pandemia ovunque, eccezion fatta per gli Stati Uniti, ha rallentato la sua corsa”.
La seconda ondata di contagi è invece partita in momenti diversi, dapprima in Spagna e Francia e successivamente in Germania e Italia. “Nonostante l’Italia sia stato il primo Paese ad essere investito dallo ‘tsunami’ Covid-19, risultando a fine marzo il Paese al mondo più colpito dalla pandemia, è riuscita con una grande capacità di risposta e un forte senso di responsabilità da parte di Istituzioni e cittadini, a contenere e ritardare, prima e meglio di altri Paesi, la seconda ondata pandemica”, spiega De Molli.
Troppi tagli alla sanità italiana prima della pandemia, ma ha saputo reagire al Covid
Il Paese, tuttavia, “si è presentato a questa pandemia con un sistema sanitario ‘indebolito’ dai continui tagli o mancati aumenti di risorse economiche degli ultimi anni che hanno messo a dura prova la sua resilienza”.
Dallo studio del Think tank Ambrosetti emerge una lunga serie di carenze ed errori: taglio dei posti letto, strutture ospedaliere obsolete, un personale sanitario, tra medici e infermieri, insufficiente per soddisfare i bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana e cronica, un territorio mai potenziato in termini di risorse umane e strumentali e una trasformazione digitale mai realmente avviata.
“Ma come sempre è accaduto, è nei momenti di maggiore difficoltà che il Paese riesce a dare il meglio di sè”, commenta De Molli. “E così nelle settimane di emergenza sanitaria, i posti letto in terapia intensiva sono passati da 8,8 a 10,7 per 100.000 abitanti — anche se ancora lontani da Paesi come la Germania che già prima della pandemia potevano contare su una dotazione di 29, 2 posti letto per 100.000 abitanti salita poi a 48,2”. Grazie al richiamo di medici in pensione e medici stranieri e a bandi straordinari e all’abilitazione alla professione per i laureati in medicina “il personale sanitario è aumentato in maniera significativa: anche in questo caso il Paese prima della pandemia poteva contare solo su 97,4 operatori, tra MMG e Infermieri, per 100.000 abitanti, valore superiore solo a Spagna e Grecia”.
L’Italia al primo posto come capacità di risposta nella scorsa primavera
Secondo il Rapporto, l’Italia è stata anche il 4° Paese europeo per incremento delle risorse per la sanità a livello pro capite (+2,8%) dopo Germania (4,6%), Finlandia (3,8%) e Regno Unito (3,0%).
Sul fronte delle policy adottate, “il Paese è stato tra i primi Paesi a vietare assembramenti ed eventi pubblici, a porre limiti alla mobilità a chiudere le scuole; anche il lockdown totale si è protratto più che in latri Paesi”. La visione di insieme di tutti questi elementi ha posto il Paese al primo posto come capacità di riposta alla prima fase della pandemia scaturito dal 6° posto per capacità di risposta del sistema sanitario e dal 1° posto per policy di Governo adottate. Tra i principali Paesi europei, l’Italia è seguita dalla Germania: non è un caso che in queste due nazioni la seconda ondata sia partita più tardi che altrove.
Il rapporto complicato tra Stato Regioni non giova la Paese
“Il rapporto complicato tra Stato e Regioni, frutto di criticità nel coordinamento tra decisioni prese a livello centrale e implementate a livello locale, di difficoltà nell’aumentare rapidamente le risorse strutturali sia a livello ospedaliero che a livello territoriale — ad esempio numero di tracciatori, medici, infermieri — secondo quanto pianificato, e di fondi stanziati a livello centrale arrivati in maniera non tempestiva alle Regioni, non giova al Paese”, sostiene De Molli.
Così come “visioni diverse da parte della comunità medico-scientifica alimentano una scarsa consapevolezza della situazione critica da parte di una larga parte della popolazione”.
È soltanto recuperando “l’unità e la responsabilità a tutti livelli, tra Governo e Regioni e tra cittadini e istituzioni, che si può affrontare questa pandemia, riprendendo il coraggio, la fermezza e lo spirito che ha contraddistinto il nostro Paese nella scorsa primavera, solo così potrà ‘andare tutto bene’”.
(da agenzie)
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