Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
PER VACCINARE SERVONO ESPERTI SANITARI, NON BLINDATI… QUANDO E SE ARRIVERANNO MILIONI DI VACCINI PIU’ CHE “ESPERTI DI LOGISTICA” SERVIRANNO MEDICI, INFERMIERI E PERSONALE SANITARIO
Chi conosce il generale originario di Potenza, considerato “il maggiore esperto di logistica delle forze armate”,
giura che gestirà l’operazione vaccinazione del Paese “come una missione di pace ma pur sempre una missione militare”.
Esercito e Protezione civile avranno un ruolo nevralgico nella distribuzione delle dosi sul territorio nazionale, impostata su un modello militare e che prevede anche una modifica del rapporto tra la struttura commissariale e i presidenti delle Regioni. Non sempre pacifico ai tempi di Arcuri. .
Il bando “arenato”
Ricordate l’esercito dei quindicimila vaccinatori che l’ex commissario Arcuri si era adoperato per mettere in campo? Emanato l’11 dicembre scorso, per selezionare un massimo di 5 Agenzie per il Lavoro, incaricate di selezionare e reclutare – con assunzione a tempo determinato di 9 mesi eventualmente rinnovabili – 3.000 medici e 12.000 infermieri e assistenti sanitari chiamati avaccinare nelle 1.500 strutture individuate e distribuite su tutto il territorio nazionale, non è chiuso. Ma nei fatti è come se lo fosse.
A febbraio, il fabbisogno previsto è stato di 2679 vaccinatori in tutta Italia. Le persone selezionate dalle Agenzie per il lavoro sono state 2885: il personale già in forza è di 1700 persone, 1000 sono ancora da contrattualizzare. Di queste ultime, 565 aspettano ancora di ricevere la visita medica dalle Asl del territorio, le altre stanno perfezionando la pratica di selezione.
Ma sul piano del fabbisogno da marzo in poi altre comunicazioni non sono arrivate. Che fine farà il bando voluto da Arcuri? Non si sa.
Quel che è certo è che tra i vaccinator ritenuti idonei e che aspettavano solo di firmare il contratto, mentre alcuni attendono la convocazione dell’Azienda sanitaria per la visita funzionale all’entrata in servizio, c’è pure chi si è visto recapitare dall’Agenzia per il lavoro che l’aveva selezionato una comunicazione del tutto inaspettata.
Un messaggio in cui si legge: “Alla luce degli avvicendamenti da ultimo intervenuti al vertice della struttura del Commissario straordinario comunichiamo che, nelle more di ricevere dalla competente struttura precise indicazioni operative, non sarà consentito alla Scrivente procedere alla sua contrattualizzazione”.
Il nodo (ancora) stretto sui medici vaccinatori
“Effetto Figliuolo”, verrebbe da commentare. Ma forse anche conseguenza della carenza di dosi dei vaccini. Perchè oggi “ci sono i medici, ma non ci sono i vaccini”, commentano dalla struttura commissariale.
Ma quando le dosi arriveranno – da aprile la carenza dovrebbe risolversi con l’arrivo fino a giugno di 64 milioni di dosi – i medici in campo basteranno?
Il 23 febbraio Governo Regioni e sindacati hanno siglato il protocollo d’intesa nazionale per coinvolgere i medici di famiglia nella campagna vaccinale. I quali, però, potranno somministrare solo il vaccino AstraZeneca o quelli di altre case farmaceutiche che, a differenza di Pfizer e Moderna, non richiedono condizioni particolari per la conservazione. Quello dei medici da impiegare per la campagna di immunizzazione, soprattutto quando si entrerà nella fase “di massa”, resta un nodo da sciogliere.
Nè si può pensare di fare affidamento sui medici militari già schierati in campo durante la prima ondata dell’epidemia, per supportare gli operatori sanitari nelle strutture, soprattutto del Nord Italia, messe sotto pressione dal virus. Questione irrisolta che Figliuolo dovrà affrontare a breve.
Figliuolo può contare sulla disponibilità , già assicurata dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, a trasformare i “drive through”, le stazioni mobili – 147 in tutta Italia – allestite nel Paese, da presidio per i tamponi nella prima e nella seconda ondata dell’epidemia a punti per la somministrazione dei vaccini. È già stato fatto alla Cecchignola e al ministero si prevede di riuscire ad aumentare il numero delle strutture fino a 200.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
SALVINI DELUSO: “MI DISPIACE CHE DICA COSI'”
Guido Bertolaso non sarà il candidato sindaco del centrodestra a Roma. Anche se il leader della Lega Matteo Salvini continua a corteggiarlo. “Dovranno trovarne un altro” ha detto l’ex capo della protezione civile attualmente impegnato come consulente della Regione Lombardia per il piano vaccinale.
A Quarta Repubblica (Retequattro), ha spiegato i motivi: “Sono un volontario, consulente del presidente della Lombardia, l’idea di Roma è stata una suggestione dello scorso autunno. Quando mi hanno chiamato Attilio Fontana e Letizia Moratti alla fine di gennaio chiedendomi di venire a dare una mano ho detto loro ‘guardate c’è qualcuno che mi vorrebbe candidare a fare il sindaco di Roma; parlate con questo qualcuno o questa qualcuna perchè se io vengo a lavorare in Lombardia io non posso più essere candidato’ “.
Per la posizione che ricopre, quella di funzionario pubblico, Bertolaso non può portare avanti una campagna elettorale: “La mia Bibbia è l’articolo 54 della Costituzione – ha aggiunto – E quindi purtroppo, anche con rammarico, non posso pensare di gareggiare per fare il sindaco di Roma. Dovranno trovarne un altro”.
Anche Matteo Salvini, che ha sempre tifato per Bertolaso sindaco di Roma preferendo la sua figura a quella del presidente del credito sportivo Andrea Abodi (sostenuto da Fratelli d’Italia), ieri sera è intervenuto a Quarta Repubblica. “Mi è dispiaciuto ciò che ha detto Bertolaso, io penso che possa essere il sindaco migliore per rilanciare, ricostruire e far rinascere Roma. Durante la pubblicità gli ho mandato un messaggino, vedrò di ragionarne con lui”.
La corrispondenza d’amorosi sensi continua e potrebbe concretizzarsi in una corsa al Campidoglio per il centrodestra solo se venissero posticipate le elezioni amministrative a ottobre. Bertolaso infatti, dovrebbe terminare il suo incarico in Regione Lombardia prima dell’estate e a quel punto, libero dagli impegni istituzionali, scenderebbe a Roma portando con sè i risultati ottenuti al Nord. Per questo Salvini, che prima delle parole di Bertolaso non perdeva un’occasione per rilanciare l’ipotesi Bertolaso come sindaco della Capitale, non perde la speranza.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
DI BATTISTA: “TORNARE PER CONTE? NO GRAZIE”… NUOVE ESPULSIONI ALLA CAMERA
In opposizione e come opposizione al governo Draghi. “L’alternativa” al M5S c’è. 
A crearla i recenti deputati ex grillini dissidenti, espulsi per aver votato contro la fiducia al nuovo esecutivo guidato dall’ex numero uno della Bce. Una decisione presa dall’ex capo politico Vito Crimi e appoggiata dal Garante Beppe Grillo, che ha spaccato definitivamente il M5S e i gruppi parlamentari.
E proprio oggi arriva la notizia di altre espulsioni di deputati grillini. La notifica è stata inviata a tre componenti della Camera: Cristian Romaniello, Yana Ehm e Simona Suriano. I tre ex 5S sono stati espulsi per non aver partecipato al voto di fiducia al governo Draghi, pur non avendo giustificato la loro assenza. “L’espulsione? Sono scioccata, non me lo aspettavo. Se faremo ricorso? Valuterò da domani tutte le opzioni”, dice Suriano.Intanto, i 13 deputati de L’Alternativa c’è hanno messo “persona, comunità , ambiente” al centro della loro azione politica.
Sono infatti rinati nella nuova componente del Gruppo Misto alla Camera, che si collocano “oltre gli schieramenti di destra e sinistra”. Ancora vincolati al programma elettorale del 2018 con il quale sono stati votati nel M5S, ma ora intenzionati a rappresentare “la sponda parlamentare di un più ampio movimento civile e sociale e costituire un cantiere di discussione e azione con formazioni sociali, rappresentanti della società civile, corpi intermedi, associazioni di categoria e mondo del lavoro e dell’impresa. Puntiamo a individuare, assieme ad altri soggetti, gruppi di persone autorevoli che compongano dei Comitati dei saggi sui temi chiave dell’opposizione”, spiegano i tre deputati Pino Cabras, Andrea Colletti e Raffaele Trano, durante la conferenza stampa a Montecitorio in cui è stato presentato il loro primo Manifesto. Che muove, quindi, dalle istanze del “Movimento delle origini”, ma che si apre, in Parlamento e fuori, a tutte quelle persone “che vogliono fare opposizione e non vogliono morire moderate”.
Non sono interessati al reintegro “fino a quando il Movimento sarà alla maggioranza”. E non hanno bisogno di un leader, come Alessandro Di Battista, il primo a tirarsi fuori dopo il voto a Draghi.
Che intanto mette le cose in chiaro sul ritorno dell’ex premier Giuseppe Conte nel Movimento: “Ho lasciato il M5S non per l’assenza (in quel momento) di Conte. Ma per la presenza al governo con Draghi di Pd, Berlusconi, Salvini, Bonino, Brunetta, Gelmini. Non ho nulla a che vedere con un movimento che fa parte del governo dell’assembramento pericoloso”.
E così mentre il Movimento prova a rifondarsi, con un vero processo di trasformazione e affidando all’ex premier il ruolo di leader, anche i ‘cacciati’ si reiventano. Lo scorso 18 febbraio avevano votato ‘no’ al nuovo governo Draghi, nonostante il risultato a favore emerso dalla votazione online degli iscritti sulla piattaforma Rousseau.
In quell’occasione nell’Aula della Camera i dissidenti 5S avevano scandito proprio il coro ‘L’Alternativa c’è’ che ora ha preso forma in una nuova componente politica. Sono 13 i deputati, oltre a Cabras, Colletti e Trano, che ne fanno parte: Massimo Enrico Baroni, Emanuela Corda, Paolo Giuliodori, Alvise Maniero, Maria Laura Paxia, Paolo Nicolò Romano, Francesco Sapia, Rosa Alba Testamento, Paolo Nicolò Romano, Arianna Spessotto e Andrea Vallascas. Tutti riuniti sotto il simbolo di una ruota dentata con all’interno una stella tricolore. Una sola stella, questa volta.
“La nostra componente – affermano i deputati – è nata quasi per autodifesa, perchè siamo stati espulsi per aver obiettato alla massificazione dei valori del Movimento 5 Stelle. Ora siamo qui come vera forma di opposizione. Ci sentiamo ancora vincolati al programma elettorale col quale siamo stati eletti nel marzo 2018 nel M5S di allora e per il quale i cittadini ci hanno accordato la loro fiducia, riponendo in noi la speranza di un cambiamento. Vogliamo restare fedeli a tutto questo e considerare quel programma come base di partenza per ogni ulteriore sviluppo”, concludono Cabras, Colletti e Trano.
In Senato, invece, i tempi sembrano essere più lunghi, come spiega il senatore ex M5S Mattia Crucioli: “Noi del Senato siamo ancora in attesa che la nostra istanza di costituzione della componente sia accolta dalla presidente Casellati”.
Gli obiettivi de ‘L’Alternativa c’è’
Tra gli obiettivi de “L’Alternativa c’è” spiccano “un’economia rinnovata, solidale e orientata al benessere umano, materiale e spirituale, all’interesse pubblico”, un piano straordinario di indennizzi, riqualificazione e defiscalizzazione in favore di tutte le piccole e medie imprese colpite dalle restrizioni legate alla pandemia, il salario minimo garantito, la lotta al precariato e l’istituzione del reddito universale. Spazio, poi, al “tema dell’equilibrio fra dimensione nazionale, regionale e locale della Sanità “, a partire dalla necessità di ricostruire la fiducia verso le istituzioni sanitarie e fino al ruolo della medicina territoriale e domiciliare.
A questi temi si aggiunge il “no incondizionato alle politiche di austerity”. E ancora, un “genuino ambientalismo orientato all’armonia”, patrimonio culturale materiale e immateriale del paesaggio, i valori della legalità e dell’onestà , l’efficienza della giustizia, la fiscalità e il miglioramento del rapporto tra Fisco e contribuente, la semplificazione amministrativa e la collocazione geopolitica dell’Italia che “dovrà essere più aperta al multilateralismo”. Sul fronte scuola e università , poi, bisogna “rimuovere ogni forma di precarietà e privatizzazione”, adeguando i finanziamenti pubblici alla media europea anche in termini di ricerca, “fino ad almeno il 6% del Pil”.
Sull’ipotesi invece di una “amnistia” concessa dal gruppo dirigente del Movimento e di un possibile reintegro per gli espulsi, Colletti ha osservato che “un’amnistia presuppone una colpa e che l’amnistiato riconosca una forma di colpa. Qui il problema sono state le scelte di un gruppo dirigente che in 24 ore è passato dal no a Draghi al sì a Draghi senza fiatare”.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
AUSTRIA E DANIMARCA VOGLIONO FARE DA SOLI E DIALOGANO CON ISRAELE, DA BRUXELLES SDRAMMATIZZANO PER EVITARE UNA ROTTURA PERICOLOSA
La mossa di Austria e Danimarca di muoversi in autonomia sui vaccini di seconda generazione per le varianti del covid e di annunciare partnership con Israele per la produzione del siero porta tutti i segni del fallimento della campagna vaccinale europea. Ma in Commissione Ue la prendono come se non fossero stati loro a proporre mesi fa l’Unione europea della sanità .
“Le vaccinazioni sono responsabilità degli Stati membri”, sottolinea a più riprese il portavoce di Ursula von der Leyen, Eric Mamer che anche oggi, con gli altri portavoce di Palazzo Berlaymont al briefing quotidiano con la stampa, ha dovuto controbattere al fuoco di fila di domande su una campagna vaccinale europea che non decolla, tanto che gli Stati tentano di organizzarsi da soli.
Non è la fine dell’Ue (non ancora per lo meno), ma certo in queste condizioni nemmeno l’Unione della sanità decolla. In Commissione allargano le braccia.
L’iniziativa del cancelliere austriaco Sebastian Kurz non sembra estemporanea. Riprende il filo di un’idea nata già l’anno scorso, quando il capo del governo di Vienna ha dato vita al cosiddetto ‘First mover group’ insieme a Danimarca, Grecia e Repubblica Ceca – paesi membri dell’Ue – e alla Norvegia, cui poi si sono aggiunti Israele, Singapore, Australia e Nuova Zelanda.
Trattasi di un gruppo di paesi i cui leader sono convinti che le organizzazioni internazionali come l’Organizzazione mondiale della Sanità e anche l’Unione Europea siano state lente nella gestione della pandemia.
Per questo ora vogliono coordinarsi studiando soluzioni comuni per non strozzare l’economia con restrizioni eccessive e per evitare ritardi e inefficienze anche nella campagna vaccinale.
La prima mossa di Kurz è di recarsi in visita ufficiale in Israele con la premier danese Mette Frederiksen questa settimana. Obiettivo: avviare “una collaborazione sulla produzione dei vaccini”, ha annunciato ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Austria, Danimarca e i membri del gruppo ‘First Mover’ in futuro non faranno più affidamento sull’Ue e, insieme a Israele, produrranno dosi di vaccino di seconda generazione per far fronte ad ulteriori mutazioni del coronavirus”, dice Kurz.
Non solo Israele: venerdì scorso, il cancelliere austriaco ha anche avuto un colloquio telefonico con Vladimir Putin con cui ha esplorato la possibilità di importare il vaccino russo Sputnik in Austria e di avviare una collaborazione con Mosca per produrre insieme il siero.
Ma soprattutto l’iniziativa di Kurz rompe un tabù tra i paesi più filo-europei.
Finora solo Ungheria e Slovacchia hanno importato lo Sputnik senza aspettare l’autorizzazione dell’Agenzia Europea del farmaco (Ema), la Repubblica Ceca pure si dice pronta a fare la stessa cosa, la Polonia sta trattando con la Cina.
Il premier ungherese Viktor Orban si è addirittura vaccinato con il siero cinese Sinopharm. Ma i paesi dell’est – si sa – hanno sempre strappato ampi margini di manovra a Bruxelles, pur nella loro adesione all’Ue.
Diverso è il caso dell’Austria, paese vicinissimo culturalmente e politicamente alla Germania, asse portante dell’Unione. Più che Bruxelles, lo smacco di Kurz colpisce direttamente Angela Merkel nel suo tentativo di voler mettere in piedi una campagna vaccinale europea, insieme alla presidente della Commissione Ue, la tedesca von der Leyen.
“Noi guardiamo a quello che succede fuori dall’Ue – continua Mamer dalla sala stampa della Commissione Ue – ma ci sono cose che sono in capo all’Ue e altre che sono in capo agli Stati”. Della serie: la Commissione fa il suo, ma poi il problema è che l’Ue non è uno Stato ma una ‘somma’ di 27 paesi diversi.
“In Europa abbiamo 450 milioni di persone da vaccinare, Israele ne ha solo 10 milioni. Bisogna anche avere il senso delle proporzioni.. E poi l’Europa ha 27 Stati con differenti strutture sanitarie…”, aggiunge il portavoce di von der Leyen.
La Commissione Europea ha compiuto i suoi errori – riconosciuti dalla presidente – nelle trattative con le Big Pharma, ma sconta anche la debolezza insita in una Unione che non è uno Stato federale.
Ad ogni modo, adesso la china è molto pericolosa. Se ne sono accorti anche a Bruxelles. E sarà anche per questo che dai palazzi della politica europea si tende a giustificare la mossa di Kurz: per sdrammatizzare.
“Gli Stati membri hanno sempre avuto la possibilità di chiudere contratti con compagnie che non rientrano nella strategia Ue – dice un portavoce della Commissione – Il virus del Covid colpisce tutto il mondo, le lezioni che possiamo imparare da approcci diversi, di diverse parti del mondo, sono sempre ben accolte, poichè ci possono rafforzare”.
Quanto al futuro, la strategia europea sui vaccini resta in piedi, con “l’incubatore Hera”, per sviluppare il vaccino contro le varianti del covid, incubatore “di cui beneficiano tutti gli Stati membri”, e con la task force del commissario all’Industria Thierry Breton per aumentare la produzione. “Finora nessuno Stato ci ha detto che vuole meno dosi. Al contrario: tutti vogliono continuare a essere parte del programma, ma alcuni si stanno muovendo per preparare il futuro sulle varianti”.
Anche se fuori è tempesta o forse proprio per questo, Bruxelles usa il tono conciliante, per “non mettere il carro davanti ai buoi”, dicono in Commissione, per non saltare a conclusioni pericolosissime.
Paolo Gentiloni esalta lo sforzo europeo. “Ognuno riconosce le proprie responsabilità , ma meno male che abbiamo un ‘procurement’ comune” dei vaccini anti-Covid in Europa, dice il Commissario alll’Economia in audizione al Parlamento italiano. “Pensate a che cosa sarebbe la guerricciola tra i 27 Paesi europei per procacciarsi il vaccino, magari attraverso intermediari più o meno probabili, magari attraverso un mercato nero che purtroppo c’è, magari con garanzie sulla catena del freddo o sulla qualità del procacciato un pò meno robuste di quelle europee”.
Ma intanto il ‘First mover group’ di Kurz dà i primi passi fuori dal territorio europeo. Potrebbe finire anche solo come ennesimo gruppo di pressione su Bruxelles, tipo il quartetto di Visegrad a est o tipo i paesi della ‘Lega anseatica’ a nord. Ma non sarebbe un bene per l’unità europea.
L’Unione della sanità poi, questa sconosciuta.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
LIMITI TECNICI E SANITARI OLTRE AL RISCHIO DI CREARE UN PRIVILEGIO DEL VACCINO
Lunedì i ministri del turismo dell’Unione europea si sono riuniti in videoconferenza per discutere di come
superare una situazione sempre più difficile da gestire: in tutto il continente aumentano le restrizioni anti Covid e si teme lo sviluppo di varianti, mentre i problemi con le forniture di vaccini — ancora da risolvere — mettono i governi di fronte al dubbio di essere o meno all’altezza dell’impresa di vaccinare l’intera popolazione.
Il fattore tempo è determinante e, anche se l’obiettivo di raggiungere l’immunità di gregge entro la fine del 2021 sembra alla portata, aumentano le preoccupazioni per la stagione turistica primavera-estate.
Quello turistico è uno dei settori più colpiti in assoluto, fondamentale e insostituibile per le economie di alcuni Stati membri: Grecia, Spagna e Portogallo su tutti, ma anche l’Italia, e a modo suo l’Austria, già colpita nella stagione invernale.
Un pass per salvare l’estate
Di fronte ai risultati delle campagne vaccinali di Israele e Regno Unito, si è affermata l’idea di salvare la stagione con un certificato vaccinale da usare come passaporto. Atene e Madrid stanno procedendo unilateralmente per un accordo con Londra (con buone prospettive), sul modello di quello fatto dai greci con Gerusalemme.
Anche Vienna è della stessa idea, la settimana scorsa il governo austriaco ha detto che se l’Ue non troverà l’accordo per un certificato comune entro la primavera, andrà avanti per conto suo emettendo un visto d’ingresso rivolto alle persone già vaccinate, a quelle immunizzate dopo aver avuto la malattia, e ai negativi al tampone.
Ursula von der Leyen ha risposto in anticipo, confermando la notizia già circolata che la Commissione presenterà la proposta per un Green pass digitale, rispettoso della protezione dei dati, della sicurezza e della privacy.
L’obiettivo del Green pass è quello di permettere ai cittadini comunitari di muoversi, gradualmente, in sicurezza sia all’interno dell’Ue che all’estero, per lavoro o per turismo. Per evitare discriminazioni, il pass conterrà anche i risultati di eventuali tamponi e la certificazione della guarigione avvenuta dopo aver avuto il Covid-19. La proposta è in linea con le richieste di Grecia e Austria. Il certificato sarà in vigore non prima di tre mesi, al più tardi entro l’estate.
Il passaporto vaccinale si farà , ma come sarà usato?
In generale le Capitali sono d’accordo con lo strumento, ma non su come arrivarci, nè esattamente come e quando usarlo. Angela Merkel è ottimista sul fatto che un Green pass europeo diventi realtà entro l’estate. Secondo un sondaggio, circa il 60% dei tedeschi è favorevole. Emmanuel Macron è più cauto, dice che si sono questioni etiche che devono essere affrontate, così come Mark Rutte, che ritiene prematuro parlare di un regolamento.
Inoltre, c’è il pericolo che i Green pass diano troppa sicurezza. I vaccini proteggono, ma non è ancora chiaro quanto interrompano la trasmissione del virus, nè quanto duri l’immunità , nè se garantiscono una protezione completa da tutte le varianti.
Per esempio, nonostante la vaccinazione di massa proceda senza intoppi, nel Regno Unito si va a caccia dei diffusori della temutissima variante brasiliana. Anche la durata dell’immunità delle persone guarite dal Covid-19 è ancora oggetto di studio.
Le implicazioni etiche del Green pass
Gli Stati membri che fanno affidamento sul turismo sono spinti da motivazioni economiche e vogliono che il Green pass venga introdotto al più presto, senza fermarsi troppo sulle implicazioni etiche, giuridiche e politiche.
Ma fintanto che il numero di persone vaccinate è ridotto, e l’accesso al vaccino limitato, un certificato del genere introdurrebbe il privilegio della vaccinazione: chi ha il Green pass potrebbe viaggiare liberamente, mentre gli altri sarebbero costretti a rinunciare a certe destinazioni. Tra i tanti, sarebbero penalizzati i più giovani (in fondo alla lista), così come le coppie con figli minori (non vaccinabili).
Uno scenario in cui potrebbero esserci persone con il Green pass che a giugno e luglio vanno in vacanza nei resort del Mediterraneo, mentre gli altri devono starsene a casa.
C’è anche chi propone di consentire a chi può permetterselo — pagando — di vaccinarsi per conto suo. A quel punto l’accesso al vaccino diventerebbe davvero una questione di privilegio economico, oltre che di categoria. Dall’altro lato, c’è la necessità di alcuni Paesi e Regioni di salvare la stagione estiva del 2021 dopo aver perso quella del 2020. Trovare un compromesso sarà difficile.
Il futuro del certificato vaccinale
Il portavoce di von der Leyen, Eric Mamer, commentando la proposta della presidente ha precisato: «il pass riguarderà lo spostamento tra una frontiera e un’altra, ma non quanto potrà essere fatto col pass all’interno dello Stato membro». Anche questo infatti è un punto controverso, in prospettiva il Green pass avrà un ruolo anche nelle vite di chi non vuole o deve viaggiare.
Israele ha da poco introdotto un free-pass che permette ai vaccinati di andare in palestre, cinema, eventi, hotel e altro. Il pass però esclude alcune persone: chi non vuole vaccinarsi per scelta, ma anche chi non può a causa di alcune patologie, le donne incinte, i minorenni. In questo caso il dilemma per gli europei è solo rimandato, ma non di molto. Dilemmi che accenderanno infinite discussioni, dato che che oltre al tempo libero, riguardano anche il lavoro, la vita privata, le relazioni personali e la salute pubblica.
(da Open)
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Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DEL SAN RAFFAELE DI MILANO: “SE UNO GIOCA ALLA ROULETTE E VINCE, BENE. MA GIOCO D’AZZARDO RIMANE”
Dopo Antonella Viola e Andrea Crisanti aumenta il numero degli studiosi scettici sulla scorciatoia della dose unica, anzichè due, per aumentare il numero dei vaccinati.
Venti milioni di britannici hanno ricevuto almeno la prima dose di vaccino anti-Covid. E il Paese è sotto i riflettori perchè in maniera pionieristica ha voluto esplorare la via di dare una dose a più persone possibili, ritardando la seconda. Il dibattito è acceso.
Anche in Italia, alla luce di una campagna la cui velocità risente del ritmo delle consegne, ci si interroga se sia meglio avere una platea di ‘coperti’ inferiore rispettando lo schema a due dosi o sparigliare le carte e tentare l’altra via.
“I britannici sono stati insieme incoscienti e coraggiosi. Nella scienza non c’è nè la verità nè l’avere ragione o non ragione, c’è il dato. Il dato scientifico era per le due dosi di Pfizer e Moderna, mentre non c’era nulla sulla protezione di una dose singola. Usare questa strategia è stato un azzardo”.
A spiegarlo è il virologo Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano, docente all’università Vita-Salute.
“Per il momento – analizza – i dati che emergono sembrano dare ragione alla scelta Uk, sembra che questa sia stata vantaggiosa, anche se devo dire che un prezzo è stato pagato, avendo una larga parte di popolazione non immunizzata come si deve, ma immunizzata a metà “.
Il giudizio per l’esperto va sospeso. Infatti, “andrebbe capito cosa succede in questa situazione, come circola il virus in una popolazione di mezzi immunizzati, come reagisce, se si formano varianti. Tutto questo non lo sappiamo. Quindi è stato un azzardo. Se uno gioca alla roulette e vince, bene. Ma ha sempre giocato d’azzardo. Vedremo dunque alla fine come va. Intanto nel Regno Unito i casi sono diminuiti moltissimo, ma non dimentichiamo che lì hanno avuto anche un lockdown nazionale. Mentre dove si vede perfettamente ‘la mano’ del vaccino è in Israele, che ha avuto un forte cambio di rotta. Ma anche negli Usa, dove a dare una dose sola non ci pensano neanche lontanamente. La soluzione? E’ sempre quella: avere dosi ed essere efficienti nel vaccinare”.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
ESAMINATI 382 SERVIZI DI RISTORO, RILEVATE 132 IRREGOLARITA’: C’E’ PROPRIO DA STARE ALLEGRI
In un bar su 3 all’interno degli ospedali italiani sono state riscontrate irregolarità . E’ quanto hanno accertato i
Carabinieri del Nas in una serie di ispezioni nelle strutture sia pubbliche sia private per verificare la sicurezza di cibi e bevande in vendita e il rispetto delle normative anti Covid.
I controlli hanno riguardato 382 tra bar e servizi di ristoro e in 132 casi sono state individuate irregolarità . Dieci persone sono state denunciate per detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione e per violazioni della sicurezza dei luoghi di lavoro. Sono 128 invece le sanzioni amministrative per complessivi 125mila euro.
In particolare, in 17 casi è stata accertata la mancata adozione di misure preventive quali l’esposizione di cartelli indicativi del numero massimo di avventori e delle norme di comportamento degli utenti, la mancanza di gel disinfettanti, la mancata pulizia e sanificazione dei locali, irregolarità accertate presso esercizi commerciali di vari nosocomi pubblici e privati a Catanzaro, Paola (Cosenza), Cosenza, San Severo (Foggia), Sassari, Macomer (Nuoro), Olbia, Narni (Terni), Legnago (Verona) e Novara.
Nei casi più gravi sono stati constatati il sovraffollamento di clienti, come a Pietra Ligure (Savona), e gravi inadempienze alle restrizioni in materia di contenimento, con l’adozione di provvedimenti sospensivi dell’attività nei confronti di due bar interni agli ospedali di Cefalù (Palermo) e Licata (Agrigento).
Ulteriori sanzioni sono state contestate per la carenza igienica degli ambienti di preparazione e vendita dei cibi, la mancata indicazione agli utenti degli allergeni presenti negli alimenti offerti in vendita, particolarmente rischioso in casi di soggetti sensibili e a rischio, e l’assenza di tracciabilità dei prodotti.
In altri controlli i Carabinieri del Nas hanno trovato alimenti in stato di alterazione, invasi da muffe e scaduti di validità , ma anche locali mantenuti con sporcizia pregressa e servizi igienici con rubinetti e sanitari ossidati e con stratificazioni di calcare.
Sono stati pertanto disposti ulteriori due provvedimenti di sospensione dell’attività presso presidi ospedalieri di Tricase (Lecce) e Tricarico (Matera), a causa di gravi inadeguatezze strutturali e igienico-sanitarie ed eseguito il sequestro di oltre 5.500 confezioni e 200 kg di prodotti alimentari irregolari.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
LA FAMIGLIA, COMPOSTA DA MADRE, PADRE E TRE BAMBINI, AVEVA FATTO DOMANDA D’ASILO ED ERA STATA POSTA SU UN CONTAINER DI 12 METRI QUADRATI
L’Ungheria è stata di nuovo condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per violazione dei diritti umani, questa volta nei confronti di una famiglia di richiedenti asilo nel 2017, avendo privato il padre del cibo per 4 mesi.
La famiglia, composta da madre, padre e tre bambini, aveva fatto domanda d’asilo ed era stata posta in una zona di transito su un container di 12 metri quadrati e isolata da altri container per alcuni casi positivi all’epatite B.
Il padre, che aveva presentato la richiesta di asilo per la terza volta, “non aveva diritto ad avere le razioni di cibo dalle autorità ” in base alla legge ungherese, ha scritto la Corte in una nota
La Corte ha sottolineato che “non potendo lasciare la zona” dipendeva totalmente dalle autorità ungheresi” e “non ha avuto un accesso adeguato al cibo” e quindi si tratta di una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo e “trattamento disumano e degradante”
Tenendo poi conto “della giovane età dei bambini” (sette mesi, sei e sette anni) e dello stato di salute della madre, incinta, la Corte ha giudicato che anche il resto della famiglia è stata oggetto di trattamento disumano: mancanza di ventilazione, assenza di cure mediche e psichiatriche adeguate e la presenza di agenti di sesso maschile durante le visite ginecologiche tra le accuse mosse
La maggioranza dei giudici ha anche condannato la violazione “del diritto alla libertà e alla sicurezza”, perchè “non c’erano le basi legali definite” per la detenzione di questa famiglia e per i tempi di permanenza nella struttura. L’Ungheria dovrà pagare 4.500 euro a ciascun bambino e 6.500 euro a ognuno dei genitori “per danni morali”.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2021 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA ERA DI MACRON E DELLA MERKEL E LIMITATA A SOLO 13 MILIONI DI DOSI, MA IL TREDICESIMO APOSTOLO DALLO SPIRITO CARITATEVOLE SI E’ OPPOSTO
Il presidente del Consiglio Mario Draghi non sarebbe favorevole alla donazione di dosi di vaccino ai Paesi più
poveri in questa fase dell’emergenza e della campagna vaccinale.
La questione è emersa all’ultimo Consiglio Ue, il 25 e 26 febbraio, quando il premier si era detto a favore del Covax, lo strumento per l’accesso globale ai vaccini anti Covid, pur sottolineando che non è questo il momento di fare donazioni.
Draghi è in sostanza d’accordo con il programma Onu per la distribuzione di vaccini ai Paesi poveri, ma ha messo in risalto un problema di credibilità nei confronti dei cittadini europei, visto che l’Ue è ancora indietro sulle vaccinazioni.
Ora il quotidiano francese Le Monde ha raccontato che a Bruxelles Draghi si è detto contrario all’invio di 13 milioni di vaccini all’Africa, proposta avanzata dalla Commissione Ue, con l’avallo di Merkel e Macron.
Il giornale francese scrive che “l’ex presidente della Banca centrale europea non ne vuole sentire parlare”. E mentre altri Paesi, “come Belgio, Svezia, Paesi Bassi o Spagna si sono detti piuttosto favorevoli” all’iniziativa, anche se preferirebbero procedere alle donazioni in un secondo momento, una volta ottenute “dosi sufficienti per vaccinare la loro popolazione”, l’Italia si sarebbe opposta.
La notizia sarebbe stata confermata anche da Lorenzo Robustelli, direttore di Eunews, secondo cui Draghi ha proposto di stoppare il programma Covax: “Nessuno a Bruxelles ha commentato e anche in Italia è stata fatta passare sotto silenzio, ma proporre una cosa del genere vuol dire non avere il senso politico di capire i valori politici che esistono nell’Unione europea, oltre che il buon proposito generale di aiutare i più deboli”, ha detto Robustelli.
(da Fanpage)
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