OGNUN PER SE’, L’UE PER TUTTI: CONTINUA IL CAOS EUROPEO SUI VACCINI
AUSTRIA E DANIMARCA VOGLIONO FARE DA SOLI E DIALOGANO CON ISRAELE, DA BRUXELLES SDRAMMATIZZANO PER EVITARE UNA ROTTURA PERICOLOSA
La mossa di Austria e Danimarca di muoversi in autonomia sui vaccini di seconda generazione per le varianti del covid e di annunciare partnership con Israele per la produzione del siero porta tutti i segni del fallimento della campagna vaccinale europea. Ma in Commissione Ue la prendono come se non fossero stati loro a proporre mesi fa l’Unione europea della sanità .
“Le vaccinazioni sono responsabilità degli Stati membri”, sottolinea a più riprese il portavoce di Ursula von der Leyen, Eric Mamer che anche oggi, con gli altri portavoce di Palazzo Berlaymont al briefing quotidiano con la stampa, ha dovuto controbattere al fuoco di fila di domande su una campagna vaccinale europea che non decolla, tanto che gli Stati tentano di organizzarsi da soli.
Non è la fine dell’Ue (non ancora per lo meno), ma certo in queste condizioni nemmeno l’Unione della sanità decolla. In Commissione allargano le braccia.
L’iniziativa del cancelliere austriaco Sebastian Kurz non sembra estemporanea. Riprende il filo di un’idea nata già l’anno scorso, quando il capo del governo di Vienna ha dato vita al cosiddetto ‘First mover group’ insieme a Danimarca, Grecia e Repubblica Ceca – paesi membri dell’Ue – e alla Norvegia, cui poi si sono aggiunti Israele, Singapore, Australia e Nuova Zelanda.
Trattasi di un gruppo di paesi i cui leader sono convinti che le organizzazioni internazionali come l’Organizzazione mondiale della Sanità e anche l’Unione Europea siano state lente nella gestione della pandemia.
Per questo ora vogliono coordinarsi studiando soluzioni comuni per non strozzare l’economia con restrizioni eccessive e per evitare ritardi e inefficienze anche nella campagna vaccinale.
La prima mossa di Kurz è di recarsi in visita ufficiale in Israele con la premier danese Mette Frederiksen questa settimana. Obiettivo: avviare “una collaborazione sulla produzione dei vaccini”, ha annunciato ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Austria, Danimarca e i membri del gruppo ‘First Mover’ in futuro non faranno più affidamento sull’Ue e, insieme a Israele, produrranno dosi di vaccino di seconda generazione per far fronte ad ulteriori mutazioni del coronavirus”, dice Kurz.
Non solo Israele: venerdì scorso, il cancelliere austriaco ha anche avuto un colloquio telefonico con Vladimir Putin con cui ha esplorato la possibilità di importare il vaccino russo Sputnik in Austria e di avviare una collaborazione con Mosca per produrre insieme il siero.
Ma soprattutto l’iniziativa di Kurz rompe un tabù tra i paesi più filo-europei.
Finora solo Ungheria e Slovacchia hanno importato lo Sputnik senza aspettare l’autorizzazione dell’Agenzia Europea del farmaco (Ema), la Repubblica Ceca pure si dice pronta a fare la stessa cosa, la Polonia sta trattando con la Cina.
Il premier ungherese Viktor Orban si è addirittura vaccinato con il siero cinese Sinopharm. Ma i paesi dell’est – si sa – hanno sempre strappato ampi margini di manovra a Bruxelles, pur nella loro adesione all’Ue.
Diverso è il caso dell’Austria, paese vicinissimo culturalmente e politicamente alla Germania, asse portante dell’Unione. Più che Bruxelles, lo smacco di Kurz colpisce direttamente Angela Merkel nel suo tentativo di voler mettere in piedi una campagna vaccinale europea, insieme alla presidente della Commissione Ue, la tedesca von der Leyen.
“Noi guardiamo a quello che succede fuori dall’Ue – continua Mamer dalla sala stampa della Commissione Ue – ma ci sono cose che sono in capo all’Ue e altre che sono in capo agli Stati”. Della serie: la Commissione fa il suo, ma poi il problema è che l’Ue non è uno Stato ma una ‘somma’ di 27 paesi diversi.
“In Europa abbiamo 450 milioni di persone da vaccinare, Israele ne ha solo 10 milioni. Bisogna anche avere il senso delle proporzioni.. E poi l’Europa ha 27 Stati con differenti strutture sanitarie…”, aggiunge il portavoce di von der Leyen.
La Commissione Europea ha compiuto i suoi errori – riconosciuti dalla presidente – nelle trattative con le Big Pharma, ma sconta anche la debolezza insita in una Unione che non è uno Stato federale.
Ad ogni modo, adesso la china è molto pericolosa. Se ne sono accorti anche a Bruxelles. E sarà anche per questo che dai palazzi della politica europea si tende a giustificare la mossa di Kurz: per sdrammatizzare.
“Gli Stati membri hanno sempre avuto la possibilità di chiudere contratti con compagnie che non rientrano nella strategia Ue – dice un portavoce della Commissione – Il virus del Covid colpisce tutto il mondo, le lezioni che possiamo imparare da approcci diversi, di diverse parti del mondo, sono sempre ben accolte, poichè ci possono rafforzare”.
Quanto al futuro, la strategia europea sui vaccini resta in piedi, con “l’incubatore Hera”, per sviluppare il vaccino contro le varianti del covid, incubatore “di cui beneficiano tutti gli Stati membri”, e con la task force del commissario all’Industria Thierry Breton per aumentare la produzione. “Finora nessuno Stato ci ha detto che vuole meno dosi. Al contrario: tutti vogliono continuare a essere parte del programma, ma alcuni si stanno muovendo per preparare il futuro sulle varianti”.
Anche se fuori è tempesta o forse proprio per questo, Bruxelles usa il tono conciliante, per “non mettere il carro davanti ai buoi”, dicono in Commissione, per non saltare a conclusioni pericolosissime.
Paolo Gentiloni esalta lo sforzo europeo. “Ognuno riconosce le proprie responsabilità , ma meno male che abbiamo un ‘procurement’ comune” dei vaccini anti-Covid in Europa, dice il Commissario alll’Economia in audizione al Parlamento italiano. “Pensate a che cosa sarebbe la guerricciola tra i 27 Paesi europei per procacciarsi il vaccino, magari attraverso intermediari più o meno probabili, magari attraverso un mercato nero che purtroppo c’è, magari con garanzie sulla catena del freddo o sulla qualità del procacciato un pò meno robuste di quelle europee”.
Ma intanto il ‘First mover group’ di Kurz dà i primi passi fuori dal territorio europeo. Potrebbe finire anche solo come ennesimo gruppo di pressione su Bruxelles, tipo il quartetto di Visegrad a est o tipo i paesi della ‘Lega anseatica’ a nord. Ma non sarebbe un bene per l’unità europea.
L’Unione della sanità poi, questa sconosciuta.
(da “Huffingtonpost”)
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