Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
GLI ESSERI UMANI LI VALICANO, LI SCAVALCANO, LI SUPERANO PER GARANTIRSI LA SOPRAVVIVENZA
Se esistesse un giornale sopra le parti, ma non le minuscole parti della
politica, proprio sopra le parti del mondo, se esistesse, mettiamo, un giornale della galassia, il caporedattore del pianeta Terra potrebbe decidere di mettere in pagina due notizie gemelle e parallele.
La prima riguarda gli esseri umani, riuniti in stati, ove tra i governi di una dozzina di essi si è stesa una letterina per richiedere l’impiego di finanze ed energie alla costruzione di muri. La motivazione “difesa dell’Europa”.
Al lettore galattico la notizia parrebbe alquanto ingenua: chiunque alzi un muro sa che a un certo punto starà da un solo lato di esso. Tra i paesi comunitari firmatari ci sono stati che i muri li hanno conosciuti da vicino, e sanno, o dovrebbero sapere, che trovarsi da una parte o dall’altra di esso è un capriccio della Storia, è un caso.
Dovrebbero cioè sapere che con i muri non si scherza, nessuno può pensare di dividere terre da terre e uomini da uomini: è una cosa così ingenua e tracotante che finisce di diritto in una tragedia greca.
Se il caposervizio Terra aggiungesse una cartina di corredo alla pagina, potrebbe scegliere una porzione che va dal 22 esimo parallelo sud (quello del Sud Africa) al 70 esimo nord (Finlandia) e dal meridiano di Greenwich a quello di Mosca.
A guardare così sulla cartina, oltre i confini, si notano tanti zig zag: in Lettonia, Lituania, Polonia, in Slovenia, Estonia, Ucraina, in Ungheria, e poi in Grecia, in Francia, a Ceuta e Melilla.
Piccoli zig zag che sono muri e reti dietro le quali spiano in attesa persone stanche con bambini in braccio. Esistono già: gli esseri umani li valicano, scavalcano, partono, nuotano, affogano: le persone vanno finché c’è da andare e i flussi di uomini in marcia sono naturali all’umanità come le onde al mare.
Al solerte giornalista non resta che aggiungere l’altra notizia prima di lasciare finalmente la redazione, la cartina è la stessa: in Sud Africa è iniziata la migrazione dei falchi verso la Finlandia e, prima che partisse, alcuni naturalisti hanno dotato di un sistema di localizzazione satellitare una femmina di falco. Ha volato in linea retta, sopra l’Africa e il Mediterraneo e l’Europa per più di diecimila chilometri, e dopo 42 giorni è arrivata dove si sentiva al sicuro, cioè dove avrebbe potuto garantire l’esistenza a sé e ai suoi piccoli.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
AVREBBE VOLUTO IL NORD ITALIA ANNESSO ALLA FRANCIA
Eric Zemmour, giornalista, saggista e polemista francese che continua a crescere in tutti sondaggi sul primo turno delle elezioni presidenziali del 2022, nonostante non abbia ancora annunciato la propria candidatura, è noto per le sue prese di posizione considerate estremiste
L’ultima a suscitare scalpore, pochi giorni fa, è stata quella sulla nuova circolare del ministro dell’Istruzione, Jean-Michel Blanquer, che ha l’obiettivo di occuparsi meglio degli studenti transgender: è “criminale”, ha detto Zemmour paragonando il ministro al medico nazista Josef Mengele, noto per i crudeli esperimenti condotti sui detenuti nel campo di concentramento di Auschwitz.
Negli ultimi anni il giornalista si è distinto in particolare per le affermazioni sugli arabi e i neri presenti in Francia: nel 2011 fu condannato per istigazione alla discriminazione razziale per aver detto che i datori di lavoro “hanno il diritto di rifiutare arabi o neri”.
In quell’anno, commentando alcuni dati sui controlli d’identità effettuati dalla polizia, affermò inoltre: “Perché (neri a arabi, ndr) vengono controllati 17 volte? Perché la maggior parte dei trafficanti (di droga, ndr) è nera e araba. È così, è un dato di fatto”.
Zemmour ha anche affermato in più occasioni che non bisognerebbe dare nomi stranieri, come Mohammed, ai propri figli, perché così è previsto “dai tempi di Napoleone ed è una regola che è sempre stata applicata, durante la terza repubblica, ma anche durante la presidenza del generale De Gaulle”, ha osservato il giornalista.
Un altro tema sul quale Zemmour è stato attaccato è quello della parità di genere: alcuni anni fa, durante un dibattito televisivo, affermò che le campagne contro il sessismo sono “soldi buttatti dalla finestra”, aggiungendo che “dentro casa la gente fa ciò che vuole”.
Lo scorso 5 luglio, ospite del canale CNews, ha detto: “I nostri eserciti hanno sempre scorrazzato in Italia perché lì i piccoli Stati, che erano molto ricchi, erano una tentazione per lo Stato francese, le cui truppe erano le più forti d’Europa. Quindi abbiamo passato il tempo ad attaccare l’Italia, da Luigi XII a Francesco I, fino ovviamente a Napoleone Bonaparte. Io credo che almeno l’Italia settentrionale avrebbe dovuto essere francese: non c’è infatti alcuna differenza fra Milano e Nizza, è lo stesso popolo, troviamo la stessa architettura, lo stesso spirito. Penso, quindi, che ci sarebbe dovuta essere una grande Francia, ma sorvoliamo sul fallimento del mio amico Napoleone”.
(da Globalist)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
LA MELONI INVECE CHE SVICOLARE CON ARGOMENTI RIDICOLI, ANNUNCI L’ESPULSIONE DI FIDANZA E LA FACCIA FINITA
Ormai è guerra aperta tra Piazza Pulita e Giorgia Meloni, il programma
condotto da Corrado Formigli è stato la rampa di lancio per le accuse che l’inchiesta di Fanpage ha lanciato nei confronti del mondo del centrodestra. Meloni negli scorsi giorni ha provato a limitare i danni, cercando di collocare se stessa e i dirigenti del suo partito tra le vittime di un “giornalismo ad orologeria”. Come si usa dire ora.
L’ultimo capitolo della saga è lo scontro ingaggiato in queste ore dopo che una cronista del programma ieri si era recata a Roma per raccogliere le voci degli esponenti di centrodestra soprattutto in merito all’inchiesta di Fanpage.
Nella lunga saga dei girati integrali, spunta questa nuova polemica tra la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e Piazzapulita. La trasmissione di Corrado Formigli aveva provato a sentirla per poi trasmettere, nella puntata in onda questa sera, una sua intervista di commento all’inchiesta Lobby Nera sollevato da Fanpage.
Giorgia Meloni, inseguendo la polemica sul contenuto integrale dell’inchiesta di Fanpage (le famose 100 ore di girato che la leader di Fratelli d’Italia avrebbe voluto vedere prima di potersi esprimere sulla vicenda), ha deciso di pubblicare tutti e 3’34” di video dell’intervista realizzata dall’inviata di Piazzapulita alla stessa Meloni, attraverso la sua pagina Facebook.
In questo modo, Giorgia Meloni ha anticipato la messa in onda del contenuto sul programma di La7, con questa strategia: «Visto che Formigli e Piazzapulita sono ossessionati da me e da Fratelli d’Italia, vediamo se stasera si degneranno di mandare in onda questo video senza il solito taglia e cuci. Non ci credo molto, però tentar non nuoce. Nel frattempo qui potete vedere le mie risposte integrali alle faziose insinuazioni di questo giornalismo».
La provocazione di Giorgia Meloni è stata raccolta da Corrado Formigli che, su Twitter, ha provato a replicare alle parole della leader di Fratelli d’Italia, rinnovandole l’invito a partecipare in diretta alla trasmissione di questa sera.
Nell’intervista Giorgia Meloni accusa prima Piazzapulita di aver mandato in onda il servizio di Alessio Lasta sul profilo su VK della leader di Fratelli d’Italia, poi afferma che Fanpage (testata che ha firmato le due puntate dell’inchiesta Lobby Nera) si sarebbe fermato – dopo tre anni da infiltrati negli ambienti dell’estrema destra – al momento della consegna della valigetta che avrebbe dovuto contenere dei soldi e che in realtà conteneva dei libri sull’olocausto e sulla Costituzione.
A quel punto, mentre la giornalista di Piazzapulita ha provato a chiederle il perché del rifiuto al confronto in trasmissione, Giorgia Meloni ha prima affermato che quel tipo di giornalismo non le è sembrato corretto, per poi spostare l’attenzione sul tema del mancato proseguimento dell’inchiesta giornalistica dopo la consegna della valigia. Non è stato possibile farle altre domande perché poi, la leader di Fratelli d’Italia – dopo aver ribadito per ben tre volte lo stesso concetto – ha deciso di troncare la conversazione.
Per questo Formigli ha voluto tenere il punto e invitare (nuovamente) in trasmissione Giorgia Meloni. Esisterà uno spazio di confronto che non sia quello “casalingo” del proprio account social, con una audience molto ben profilata, cavalcando dei temi cari alla propria community?
Tra l’altro, non si comprende bene la ragione strategica per cui Giorgia Meloni ha realizzato questa operazione. Se vuole dimostrare che il “taglia e cuci” delle trasmissioni televisive altera il senso delle sue parole, perché ha deciso di pubblicare prima di Piazzapulita (e non dopo) il suo girato integrale?
Perché ha invitato i suoi followers a condividere questo video che, probabilmente – a questo punto – verrà pubblicato in versione integrale anche nel corso della diretta di questa sera?
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
PREFETTO VICINO A SALVINI, DELEGA ALL’ORDINE PUBBLICO AL LEGHISTA MOLTENI, MA LA COLPA SAREBBE DELLA LAMORGESE… I RE DEI PIROMANI CHE SI CANDIDANO A CAPI DEI POMPIERI
Sapete come si dice: se hai ragione grida, ma se hai torto urla più forte. E da come ieri strillava la Meloni chissà che scheletri ci sono nell’armadio di una destra a dir poco surreale, che di fronte alle violenze di fascisti e No Green Pass a cui alliscia il pelo gira la frittata accusando la ministra dell’Interno per aver costruito ad arte una precisa strategia della tensione.
Così, con parole e modi da squadrista, la leader di Fratelli d’Italia si è fatta l’ultimo spot prima dei ballottaggi stroncando la Lamorgese, senza dirci come si poteva fermare quel delinquente di Castellino in mezzo a una piazza esasperata, dove poteva scapparci il morto.
Un mancato intervento di cui è responsabile il prefetto – quello di Roma è stato spinto dalla Lega – mentre la delega per l’ordine pubblico è del sottosegretario Molteni, pure questo del partito di Salvini.
Proprio quest’ultimo, per fuggire da tali dettagli, ha ricominciato col giochino del piede in due staffe, un po’ all’opposizione e un po’ al governo, infilandosi nell’ufficio di Draghi per dirgli che di certi ministri non si fida, guardandosi bene però dal lasciare l’Esecutivo.
Un confronto al quale si è presentato proponendosi come il gran pacificatore, chiedendo di gettare acqua sul fuoco che lui stesso appicca dall’inizio della pandemia con ogni appiglio: le mascherine, i ristori, i banchi a rotelle, le chiusure, i vaccini che prima non arrivavano e ora si possono non fare, fino ai tamponi e il Green Pass.
Il re dei piromani, insomma, che si candida a fare il capo dei pompieri. Se non ci fosse da piangere, ci si potrebbe scompisciare dal ridere.
(da La Notizia)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
GLI AFFARI OFFSHORE DELL’EX FININVEST CODIGNONI PER GARANTIRE A PUTIN UN IMPERO MEDIATICO
Un viaggio al centro del potere di Vladimir Putin, nel labirinto finanziario dei
miliardari legati a filo doppio al Cremlino.
I Pandora Papers gettano un fascio di luce sugli affari riservati degli oligarchi, la casta di intoccabili che dominano l’economia russa, e svelano legami d’affari con un manager italiano vicinissimo a Silvio Berlusconi. Il colossale archivio scoperchiato dal consorzio giornalistico Icij e, in Italia, dall’Espresso permette di seguire la pista dei soldi che dai palazzi di Mosca e San Pietroburgo conduce fino ai paradisi fiscali dei Caraibi. E dalle carte emerge il nome di Angelo Codignoni, che per almeno un decennio è stato descritto come l’anello di collegamento operativo tra il presidente russo e il leader di Forza Italia.
I documenti raccontano di pagamenti per milioni di euro e per la prima volta svelano l’identità dei proprietari delle casseforti offshore che ricevono il denaro. Uno dei protagonisti di queste operazioni è proprio Codignoni, morto improvvisamente un paio di mesi fa in Russia, di cui era diventato cittadino nel 2015. In Italia la notizia è passata quasi del tutto inosservata sui media, con l’eccezione di una mezza dozzina di necrologi sul Corriere della Sera, compreso quello di Marina Berlusconi. Il manager cresciuto nelle fila della Fininvest, destinato ad accumulare onori e cariche all’ombra del Cremlino, è uscito di scena a 74 anni lasciandosi alle spalle una lunga scia di segreti. Adesso però i Pandora Papers alzano il velo sui suoi rapporti con l’oligarca Yuri Kovalchuk, al vertice della potentissima Bank Rossiya, più volte descritta come la banca personale di Putin
Il denaro rimbalza da un indirizzo offshore all’altro e tra le carte analizzate dall’Espresso c’è un contratto datato 30 giugno 2014 tra la Momentum Overseas delle British Virgin Islands (BVI) e la Telcrest investment di Cipro. Quest’ultima, secondo quanto si legge nel documento, si impegna a pagare alla prima 2,945 milioni di euro all’anno, divisi in 12 rate mensili, come compenso per non meglio precisati «servizi».
A chi sono riconducibili queste due società? Momentum Overseas porta a Codignoni, a cui, si scopre nell’archivio segreto, sono stati affidati tutti i poteri di gestione e di rappresentanza dell’offshore caraibica. Telcrest, invece, faceva capo a Bank Rossiya e quindi all’oligarca Kovalchuk. All’epoca, la stessa holding cipriota controllava una quota del 25 per cento del gruppo televisivo russo Ctc. A questo punto si torna di nuovo a Codignoni, che fin da giugno del 2011 era approdato nel consiglio di amministrazione di Ctc, per poi esserne subito promosso al vertice con i gradi di co-presidente.
Per il manager berlusconiano quella di un decennio fa è stata l’ennesima svolta di una carriera che lo aveva visto esordire in Francia negli anni Ottanta come responsabile della Cinq, un tentativo di replicare Oltralpe il successo di Canale 5, con esito fallimentare. Il suo nome compare per la prima volta nelle cronache politiche nel 1993, quando il Cavaliere gli affida l’organizzazione dei club di Forza Italia, da cui è nato il partito. L’incarico si esaurisce poco dopo la vittoria elettorale e Codignoni torna subito a occuparsi di tv, al vertice di Eurosport e poi di Sportitalia. Di lì a poco, l’ex braccio destro di Berlusconi si mette in proprio come consulente, apre una società a Montecarlo, la Acceleration Management, e sbarca in Russia preceduto dalla fama di mago della tv e della pubblicità.
In quegli stessi anni i rapporti tra Berlusconi e Putin si sono fatti sempre più stretti, scanditi dagli incontri ufficiali come uomini di Stato e le rimpatriate tra amici in Costa Smeralda o nella dacia presidenziale sul mar Nero. Il nuovo zar aveva bisogno di controllare i media per consolidare il suo potere e ci è riuscito adottando la stessa strategia che gli ha permesso di portare sotto il controllo del Cremlino tutti i settori chiave dell’economia, dall’energia alle banche.
Lo schema è semplice: le maggiori imprese russe vengono scalate da imprenditori che devono il loro successo ai rapporti privilegiati con il presidente russo. Kovalchuk è uno di questi boiardi, uno dei più vicini a Putin. Bank Rossiya, che era un piccolo istituto di credito di San Pietroburgo, nell’arco di un ventennio è diventato un colosso finanziario rilevando a prezzi di saldo aziende messe in vendita da gruppi di Stato come Gazprom. È il caso per esempio di Sogaz, una delle più grandi compagnie di assicurazioni del Paese. Tra i soci forti della banca si sono alternati altri amici personali del capo del Cremlino, come Gennady Timchenko, che ha fatto fortuna con il trading petrolifero, mentre una quota del 3 per cento, che vale decine di milioni di euro, appartiene a Svetlana Krivonogikh, la donna, ora ricchissima, che secondo la stampa russa indipendente ha avuto una lunga relazione sentimentale con Putin, da cui nel 2003 sarebbe nata anche una figlia.
Mentre accumulava miliardi al comando di Bank Rossiya, il riservatissimo Kovalchuk (di lui si ricorda una sola intervista) ha anche creato un impero mediatico che non ha eguali in Russia. Il primo passo di questa nuova scalata risale al 2005, quando l’oligarca comprò una partecipazione in una piccola tv di proprietà del comune di San Pietroburgo. L’emittente, che si chiamava, guarda caso, Canale 5, l’anno dopo ottenne dal governo di Mosca la licenza per rilevare frequenze in 30 regioni del Paese.
Codignoni entra in scena quando l’oligarca amico di Putin sta consolidando il suo potere nel sistema televisivo russo. Con incarichi ai massimi livelli: l’ex braccio destro di Berlusconi è stato cooptato nel consiglio d’amministrazione del National Media Group (Nmg), la holding di Mosca che ha rilevato il controllo di Ctc, a cui poi si sono aggiungi altri canali televisivi, aziende pubblicitarie e case di produzione cinematografica.
Adesso i Pandora Papers illuminano l’altra faccia, quella fin qui nascosta, dell’irresistibile ascesa dell’uomo Fininvest emigrato in Russia alla corte del banchiere di Putin. L’archivio segreto rimanda per esempio a un contratto del gennaio 2014 tra la Momentum Overseas delle British Virgin Islands e la Acceleration Management Solutions, la società di Codignoni a Montecarlo. Quest’ultima si impegna a fornire servizi di consulenza alla offshore in merito, si legge nelle carte, alla partecipazione al board della Ctc, il colosso mediatico di Kovalchuk. Il compenso per la consulenza viene fissato in 1,8 milioni di euro all’anno. In base a questo contratto, quindi, una offshore caraibica gestita dall’ex manager berlusconiano avrebbe alimentato i conti bancari di un’altra società controllata dallo stesso Codignoni.
Per avere lumi sulle motivazioni di questi movimenti di denaro, L’Espresso ha contattato gli uffici di Montecarlo della Acceleration Management, che è diretta da Mauro Sipsz, per molti anni socio e collaboratore, anche in Russia, di Codignoni. Le nostre domande sono però rimaste senza risposta. Così come gli interrogativi che riguardano altre sponde nei paradisi fiscali che i Pandora Papers attribuiscono all’ex collaboratore di Berlusconi. L’elenco comprende altre offshore come Baynen International, con sede a Panama, Alcott Services e Sunlight Corporate, registrate invece alle British Virgin Islands.
Secondo questi documenti, gli affari di Codignoni hanno continuato a rimbalzare per un decennio tra Mosca, Montecarlo e i Caraibi. Il rapporto strettissimo con Kovalchuk non si è interrotto neppure dopo che Bank Rossiya, nel marzo del 2014, è stata colpita dalle sanzioni economiche decise dall’amministrazione statunitense e dall’Unione europea per punire Putin e i suoi fedelissimi dopo l’invasione russa della Crimea.
Fino all’estate scorsa, il nome del manager italiano compariva ancora, in particolare, tra gli amministratori di Abr Management, la holding che controlla le attività di Bank Rossiya: il cuore del sistema Kovalchuk. Questione di affari, ma anche di sport. Codignoni, grande appassionato di motori, faceva parte anche dell’advisory board di Igora Drive, la società che ha costruito l’autodromo alle porte di San Pietroburgo dove a partire dal 2023 si svolgerà il Gran premio di Russia di Formula Uno. Un progetto sponsorizzato, manco a dirlo, da Putin in persona.
(da L’Espresso)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
“SIAMO PREOCCUPATI PER DOMANI, C’E’ CHI SOFFIA SUL FUOCO”
Confindustria non ci sta all’idea che il costo dei tamponi venga scaricato sulle imprese. “Dico no ai tamponi a carico delle aziende, li paga chi li deve fare” dice il presidente Carlo Bonomi, oggi nella sede del Pd per un incontro con il segretario Enrico Letta, replicando così alle richieste portate dai sindacati sul tavolo di Mario Draghi. “Siamo preoccupati per domani, c’è chi soffia sul fuoco”
“La posizione di Confindustria era ben chiara, molto precisa sul tema dell’obbligo vaccinale. Abbiamo preso coscienza del fatto che la politica ha fatto una scelta di non andare verso l’obbligo vaccinale perché era una scelta dirompente: il green pass rappresenta l’unico strumento per mettere in sicurezza i luoghi di lavoro” ha detto ieri il leader degli industriali a Porta a porta. “Le indicazioni sono quelle che ha dato il governo: il tampone è a carico del dipendente. Le aziende hanno già sostenuto una serie di costi molto importanti, ma correttamente, per mettere in sicurezza i luoghi di lavoro a seguito degli accordi che avevamo fatto con sindacati e governo. Francamente, scaricare di nuovo sulle imprese o sulla fiscalità generale, quindi sulle tasche dei cittadini, il costo del green pass non mi sembra corretto”.
Bonomi avverte sulle “ombre all’orizzonte” del Pil, “a partire dai costi energetici che stanno schizzando alle stelle, la nostra previsione è che fino a maggio avremo ancora una situazione critica, anche per il reperimento delle materie prime, e purtroppo il tema divisivo del green pass, questo può mettere a rischio la ripresa”.
Su riforma degli ammortizzatori sociali e politiche attive ”è un anno e quattro mesi che stiamo aspettando, ci dicono sempre che la settimana dopo arriva, noi a luglio dell’anno scorso abbiamo mandato una proposta e nessuno ci ha ancora risposto”. Per il blocco dei licenziamenti, dice ancora Bonomi, “sul tessile e la moda io sarei anche d’accordo su una proroga a fine anno”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
MACCHIETTA’ DELLA ROMANITA’ E COLLUTTORE DI LUOGHI COMUNI
Lo ascolti, e hai la sensazione di averlo già sentito da qualche parte. Ecco sì,
era lui, il Gallo Cedrone che arringa col Tevere alle spalle, macchietta della romanità e smorfia grottesca di un irresistibile luogocomunismo: “Non più opacità ma trasparenza”, evviva, “non più disgregazione ma aggregazione”, eccerto.
È lui, ma non è lui, è Michetti, il candidato vero, ti ritrovi a Porta a Porta: “Serve rapidità”, non lentezza, perfetto; “ci vuole rendicondazione”, ma davvero?, “occorre funzionare la macchina amministrativa”, che chiaramente deve essere efficiente, vicina al cittadino, mica lontana, “i soldi vanno spesi bene”, mica male, “più occupazione giovanile”, che quando lo senti ti chiedi se mai qualcuno si oserebbe di dire “meno occupazione giovanile”.
Come in un film, perché la realtà è un film inconsapevole, con quella faccia paciosa da vecchio democristiano di terza fila, inflessione pensante e mimica da azzeccagarbugli.
Ci manca il Tevere alle spalle, ma l’effetto è lo stesso: “Roma è Roma”, questo è ovvio, la “città eterna”, e ci mancherebbe, “caput mundi”, mica si scherza, c’ha il Papa e ha avuto i Cesari, ma questo gli hanno spiegato che basta, non funziona, lascia perdere gli acquedotti e dedicati al raccordo intasato, ché la battuta sulla “biga in seconda fila” è già diventata un tormentone.
Povero Enrico Cedrone o Gallo Michetti, fate voi, quello sapeva, costretto a diventare altro da sé, è rimasto sé anche nell’altro, incravattato in un abito che gli sta grande, spallone e pieghe quando ti siedi, il vestito buono riposto nell’armadio dieci anni fa e ricacciato che non va più di moda.
“Più soldi, non meno soldi”, diceva il suo omologo cinematografico con la stessa passione con cui lui dice che non c’è una lira per Roma.
Ammazza che figura quando Gualtieri gli spiega che Roma è l’unica città citata nel Pnrr, i progetti di Cinecittà e quelli sul turismo, praticamente c’ha già le delibere pronte. “Ma noi daremmo tutto in mano a Bertolaso” e pare invocare la Protezione civile in soccorso a sé.
Però, diamo a Cesare qual che è di Cesare, pardòn a Gallo Michetti quel che è suo. Quando dice che Roma è meravigliosa, alla romana, proprio così, “meravijosa”, che ti riempie la bocca e fa un po’ coatto rivestito, si merita veramente cinque euro per un biglietto e pop corn.
Peccato che il Verdone, quello vero, non lo abbia notato prima che cadesse nelle grinfie della Meloni, magari si sarebbe risparmiato qualche gaffe sugli ebrei, patente di impresentabilità politica. Lui e il patron di Radio Radio, che a guardare il video in cui discetta di crimini della storia, beh, lasciamo perdere che è meglio.
E ci risiamo, che sogno Roma negli anni Cinquanta (i bei tempi andati, come le mezze stagioni, funzionano sempre): “Ci venivano dall’Abruzzo, dalla Calabria, dalla Puglia”, quando arriva all’ottava regione d’Italia, le Marche il cronometro ha sballato. E che dire delle piste ciclabili: “A me piace anna’ in bicicletta, ma vanno fatte bene”. E adesso arriviamo al punto numero sette del programma: “Ma sto fiume ve piace o non ve piace? Ce serve o non ce serve”. La domanda è seria: “Perché se ci serve lo voglio vivere, lo voglio navigare, ce vojo pure fa er bagno. Ma se nun ce serve prosciugamolo e ce famo un’autostrada a tre corsie, Los Angeles, così risolviamo i problemi del traffico e dell’inquinamento”. Ecco, almeno è un’idea. A Michè, ma sto fiume ce serve o non ce serve?
(da Huffingtonpost)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
LA VERGOGNOSA DECISIONE BASATA PURE SU ARGOMENTAZIONI FASULLE
“Non è stata identificata l’appartenenza della persona, che ha pronunciato l’insulto, ad alcuna delle tifoserie”.
Queste parole, scritte nella decisione del giudice sportivo, sono la cartina di tornasole e la risposta alla domanda: il calcio riuscirà mai a fermare la deriva razzista negli stadi?
Viste queste premesse, la risposta più immediata è negativa.
Quel che è accaduto la scorsa settimana in Veneto, nel match di Prima Categoria (Gruppo I regionale) tra Cisonese e San Michele Salsa è paradossale. A pagare per quanto successo è stata solamente la squadra che ha “reagito” e ha detto no al razzismo.
La partita è stata interrotta al 25° del primo tempo. Il calciatore del San Michele Salsa, Ousseynou Diedhiou, si era rivolto all’arbitro – il signor Ciprandi della sezione di Treviso – per chiedere delucidazioni in merito a una decisione presa qualche istante prima. Dagli spalti uno spettatore si è alzato e ha gridato al giocatore di origine africana: “Stai zitto, neg*one”.
Epiteto e insulto razzista che non ha lasciato indifferenti i suoi compagni di squadra. Uno di loro (Marco Russo), infatti, si è rivolto al “tifoso” dicendogli: “Sei un ignorante”. E il direttore di gara ha deciso di espellerlo.
Allora il capitano della squadra ospite, Miki Sansoni, ha deciso di ritirare la sua squadra dal campo. Un gesto forte per dire no al razzismo. E da lì è nato il referto che ha portato alla seguente decisione del giudice sportivo Giovanni Molin:
“Riferisce l’A. che al 25º del primo tempo, a causa di un insulto razzista da parte di un isolato sostenitore nei confronti di un giocatore di colore della società San Michele Salsa, Sansoni Miki, ha comunicato e confermato per iscritto che la squadra non avrebbe proseguito nella competizione. Il DdG ha comunicato ufficialmente ai capitani delle squadre la sospensione della gara. Non é stata identificata l’appartenenza della persona, che ha pronunciato l’insulto, ad alcuna delle tifoserie, per cui non sarebbe neppure astrattamente applicabile la sanzione prevista dall’art.28 comma 4 CGS ad una delle società partecipanti, non essendo consentito a trarre illazioni in base all’appartenenza del giocatore, vittima dell’insulto, potendo il tifoso censurare, con comportamento più o meno accettabile, anche il comportamento di un “proprio” giocatore. Per le ragioni esposte, a fronte di un comportamento equivoco e delimitato episodicamente, non é possibile ravvisare nel comportamento del capitano di San Michele Salsa una causa di giustificazione per il rifiuto di proseguire nella competizione, neppure sotto il profilo delle ragioni di particolare valore morale e sociale. Deve, infatti, interpretarsi il comma 1 dell’art. 28 CGS nel senso che l’insulto, per essere discriminatorio, deve connotarsi per essere motivato da intenzionalità discriminatoria per qualcuno degli aspetti dalla norma indicati. Elemento che non può ravvisarsi quando il comportamento, per quanto oggettivamente sgradevole, sia posto in essere soltanto per identificare il soggetto preso di mira”.
Il razzista di turno è stato individuato (e intervistato anche da Il Gazzettino, dove ha ammesso le sue colpe): si tratta di un imprenditore di 60 anni padre dell’attaccante della Cisonese (che aveva realizzato anche il gol dell’1-0 in quella partita). Ma contro di lui e contro la squadra di casa non sono state emesse sanzioni di nessun tipo.
A pagare è stata solamente la San Michele Salsa – con un 3-0 a tavolino per “abbandono del campo” -, il calciatore espulso per averi risposto all’ignoranza del “tifoso” e il capitano qualificato per una giornata. Decisioni che sembrano proprio andare nella direzione opposta rispetto alla lotta al razzismo.
(da NextQuotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 14th, 2021 Riccardo Fucile
PRESTITI-PONTE, MANAGER STRAPAGATI, DIFESE PATRIOTTICHE DELLA COMPAGNIA DI BANDIERA: UN DISASTRO DI STATO
7356 lavoratori: tenete a mente questa cifra, perché è il numero di lavoratori
che da domani, con la morte di Alitalia e la nascita della nuova (mini) compagnia di bandiera ITA, rimarranno senza lavoro, con due anni di cassa integrazione a disposizione per trovare un’altra occupazione o per andare in pensione un po’ prima.
Permettete, tuttavia, di non strapparci le vesta per la morte di uno dei più grandi disastri del capitalismo di Stato italiano, ma nemmeno di gioire per la sua fine ingloriosa.
Al netto di tutte le retoriche che sentirete nei prossimi giorni, solo una cosa merita di essere tenuta a mente, sia che la si guardi da destra o da sinistra. Che si è tenuto in vita per trent’anni un carrozzone senza ragion d’essere per salvaguardarne i lavoratori, salvo poi mandarne a casa tre su quattro (da destra).
Oppure (da sinistra), che sono stati cancellati 7356 posti di lavoro nonostante siano stati buttati via 13 miliardi di euro dal 1974 a oggi, sei dei quali negli ultimi sette anni.
13 miliardi di euro, già: tenete a mente pure questa, di cifra. Perché è il costo del carrozzone Alitalia che è gravato sulle spalle del bilancio pubblico e delle tasse e del debito pubblico che lo sostengono.
Un salasso che non è servito a nulla per ridare competitività alla nostra compagnia di bandiera, che ha perso 8 milioni di passeggeri in un decennio, l’ultimo, in cui il traffico aereo è più che raddoppiato, e che ha chiuso in passivo quindici degli ultimi diciotto esercizi.
Un salasso che ha riempito le tasche dei manager che si sono susseguiti al vertice – vale la pena di ricordarli, almeno gli ultimi: Roberto Colaninno, Rocco Sabelli, Andrea Ragnetti, Gabriele Del Torchio, Silvano Cassano, Kramer Ball, Luigi Gubitosi -, nessuno dei quali con esperienze pregresse nel settore del trasporto aereo, ciascuno dei quali con uno stipendio e una buonuscita da nababbo.
Un salasso che ha fatto la fortuna dei fornitori, che sono riusciti a vendere ad Alitalia il carburante con un rincaro del 20% rispetto ai prezzi medi, o ad applicare un rateo sul leasing del 15% più alto, o ancora a far pagare le manutenzioni quasi il doppio rispetto ai prezzi di mercato, mentre fa pagare un rincaro di 5 euro a biglietto a ciascun passeggero per mandare in pensione i piloti sette anni prima del dovuto, senza l’ombra di una penalizzazione.
E dire che potevamo venderla, Alitalia, quando c’era qualcuno che ancora ce l’avrebbe comprata.
Chiedere ad AirFrance, per informazioni. E chiedere soprattutto a Silvio Berlusconi, che impostò tutta la campagna elettorale del 2008 sul salvataggio dell’italianità della compagnia di bandiera, come se senza Alitalia la nostra economia sarebbe andata a rotoli.
Risultato? Berlusconi ha stravinto le elezioni, i francesi se ne sono scappati a gambe levate, i passeggeri hanno continuato a preferire le low cost e l’economia italiana ha continuato il suo inesorabile declino, con il fardello di una compagnia aerea comatosa sulle spalle, da tenere in vita in qualche modo per non perdere voti.
Se non altro, direte voi, oggi è finita. Insomma. Perché comunque i costi di questo disastro li paghiamo ancora noi tutti.
Per le casse integrazione e le gli ammortizzatori social di chi resta a casa, com’è doveroso. Ma anche perché la nuova compagnia di bandiera, la piccola ITA, è ancora sulle spalle dello Stato, coi suoi 52 aerei e i suoi quasi duemila dipendenti. Soprattutto, con prospettive di crescita che sembrano lunari, considerando quanto saranno aggressivi i competitor dopo due anni di blocco causa pandemia, e quanto poco ancora le persone stiano viaggiando.
Il tutto, ricordiamolo ancora, in un Paese che vorrebbe vivere di turismo, e che non è nemmeno capace di far sopravvivere una compagnia aerea.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »