ENRICO MICHETTI, IL GALLO CEDRONE CHE ARRINGA CON IL TEVERE ALLE SPALLE
MACCHIETTA’ DELLA ROMANITA’ E COLLUTTORE DI LUOGHI COMUNI
Lo ascolti, e hai la sensazione di averlo già sentito da qualche parte. Ecco sì, era lui, il Gallo Cedrone che arringa col Tevere alle spalle, macchietta della romanità e smorfia grottesca di un irresistibile luogocomunismo: “Non più opacità ma trasparenza”, evviva, “non più disgregazione ma aggregazione”, eccerto.
È lui, ma non è lui, è Michetti, il candidato vero, ti ritrovi a Porta a Porta: “Serve rapidità”, non lentezza, perfetto; “ci vuole rendicondazione”, ma davvero?, “occorre funzionare la macchina amministrativa”, che chiaramente deve essere efficiente, vicina al cittadino, mica lontana, “i soldi vanno spesi bene”, mica male, “più occupazione giovanile”, che quando lo senti ti chiedi se mai qualcuno si oserebbe di dire “meno occupazione giovanile”.
Come in un film, perché la realtà è un film inconsapevole, con quella faccia paciosa da vecchio democristiano di terza fila, inflessione pensante e mimica da azzeccagarbugli.
Ci manca il Tevere alle spalle, ma l’effetto è lo stesso: “Roma è Roma”, questo è ovvio, la “città eterna”, e ci mancherebbe, “caput mundi”, mica si scherza, c’ha il Papa e ha avuto i Cesari, ma questo gli hanno spiegato che basta, non funziona, lascia perdere gli acquedotti e dedicati al raccordo intasato, ché la battuta sulla “biga in seconda fila” è già diventata un tormentone.
Povero Enrico Cedrone o Gallo Michetti, fate voi, quello sapeva, costretto a diventare altro da sé, è rimasto sé anche nell’altro, incravattato in un abito che gli sta grande, spallone e pieghe quando ti siedi, il vestito buono riposto nell’armadio dieci anni fa e ricacciato che non va più di moda.
“Più soldi, non meno soldi”, diceva il suo omologo cinematografico con la stessa passione con cui lui dice che non c’è una lira per Roma.
Ammazza che figura quando Gualtieri gli spiega che Roma è l’unica città citata nel Pnrr, i progetti di Cinecittà e quelli sul turismo, praticamente c’ha già le delibere pronte. “Ma noi daremmo tutto in mano a Bertolaso” e pare invocare la Protezione civile in soccorso a sé.
Però, diamo a Cesare qual che è di Cesare, pardòn a Gallo Michetti quel che è suo. Quando dice che Roma è meravigliosa, alla romana, proprio così, “meravijosa”, che ti riempie la bocca e fa un po’ coatto rivestito, si merita veramente cinque euro per un biglietto e pop corn.
Peccato che il Verdone, quello vero, non lo abbia notato prima che cadesse nelle grinfie della Meloni, magari si sarebbe risparmiato qualche gaffe sugli ebrei, patente di impresentabilità politica. Lui e il patron di Radio Radio, che a guardare il video in cui discetta di crimini della storia, beh, lasciamo perdere che è meglio.
E ci risiamo, che sogno Roma negli anni Cinquanta (i bei tempi andati, come le mezze stagioni, funzionano sempre): “Ci venivano dall’Abruzzo, dalla Calabria, dalla Puglia”, quando arriva all’ottava regione d’Italia, le Marche il cronometro ha sballato. E che dire delle piste ciclabili: “A me piace anna’ in bicicletta, ma vanno fatte bene”. E adesso arriviamo al punto numero sette del programma: “Ma sto fiume ve piace o non ve piace? Ce serve o non ce serve”. La domanda è seria: “Perché se ci serve lo voglio vivere, lo voglio navigare, ce vojo pure fa er bagno. Ma se nun ce serve prosciugamolo e ce famo un’autostrada a tre corsie, Los Angeles, così risolviamo i problemi del traffico e dell’inquinamento”. Ecco, almeno è un’idea. A Michè, ma sto fiume ce serve o non ce serve?
(da Huffingtonpost)
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