Destra di Popolo.net

LEI NON SA CHI SONO IO!

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

QUANDO LA PASSEGGERA CHE SI LAMENTA PER IL BAGAGLIO NELLA CAPPELLIERA E’ UNA IMPRENDITRICE AMICA DEL PRESIDENTE DI ITA

Nei giorni scorsi un equipaggio del volo decollato da Palermo e diretto a Milano-Linate -operato nei primi di novembre da Ita Airways – sarebbe stato chiamato a rapporto dal presidente esecutivo Alfredo Altavilla.
Il motivo? Tutta colpa di una cappelliera e di una passeggera che ricopriva o ricopre una importante carica in Alitalia-Ita.
Questi, sembra, i fatti. La signora avrebbe trovato la cappelliera posta sopra la propria poltrona già occupata. A questo punto avrebbe chiesto di utilizzarla, ma il personale non è riuscito a trovare una soluzione.
Secondo quanto riferito da nostre fonti ma anche da rumor sui social, la signora avrebbe messo in piedi una bagarre contro gli assistenti di volo. La passeggera in questione sarebbe Costanza Esclapon de Villeneuve, attuale membro del consiglio di amministrazione di Mediaset ed ex-membro dell’ufficio di comunicazione di Alitalia con la sua società di consulenza per la comunicazione CsC.
La signora avrebbe espresso le proprie rimostranze a tutto l’equipaggio, compreso il comandante, avvertendo che avrebbe informato del fatto il presidente Altavilla in persona.
Secondo quanto apprende AVIONEWS, l’equipaggio di cabina -chiamato a rapporto dal presidente- avrebbe ricevuto 5 giorni di sospensione. E avrebbe potuto anche andare peggio se non fosse intervenuto il comandante dell’aereo a mediare la situazione e il pilota non avesse ricevuto l’appoggio dell’amministratore delegato Fabio Lazzerini.
Una lettera del presidente Altavilla a tutto il personale navigante chiarisce che particolare attenzione va rivolta all’accoglienza dei passeggeri e alla gestione dei bagagli a bordo, affinché questi siano collocati nelle cappelliere più vicine in modo da agevolare le operazioni di imbarco e sbarco dei clienti. A quanto si capisce quindi il problema era una cappelliera più vicina al posto della signora Esclapon.
E per non averla ottenuta ha mobilitato niente popò di meno che il presidente, il quale poi ha preso tanto a cuore la questione.
La lettera di Altavilla parla di comportamenti arroganti e ineducati che pongono a rischio la raggiungibilità dell’obiettivo di NPS dell’azienda, e dunque il conseguente pagamento del premio di risultato a tutti.
Questo episodio fa ricordare un film di Alberto Sordi, il “Marchese del Grillo”, quando beffardo diceva: “Io sono io, e voi non siete un…”.
(da avionews.it)

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RENZI SENATORE E FINANZIATO DALL’ARABIA: NEGLI ALTRI GRANDI PAESI EUROPEI NON SAREBBE POSSIBILE PER UN EVIDENTE CONFLITTO DI INTERESSI

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

ECCO LE REGOLE IN SPAGNA, FRANCIA, GERMANIA E GRAN BRETAGNA

George Osborne e Peer Steinbrück oggi non se li ricorda più nessuno. Per anni sono stati, in Gran Bretagna il primo e in Germania il secondo, due politici sulla cresta dell’onda. Considerati i possibili successori di Theresa May a Londra e di Angela Merkel a Berlino.
Oggi si sono ritirati a vita privata e sono finiti nel dimenticatoio. Perché? Entrambi hanno lasciato la politica dopo gli scandali che riguardavano i finanziamenti privati incassati mentre ricoprivano la carica parlamentare. Travolti dal peso dell’opinione pubblica che chiedeva loro di “scegliere un lavoro”: o il rappresentante del popolo o il rappresentante di interessi privati. Delle due l’una, tertium non datur.
Quella scelta che invece continua a non fare Matteo Renzi in Italia.
Tutte attività e finanziamenti, quelli del leader di Italia Viva, legittimi anche se provenienti da Stati esteri come l’Arabia Saudita.
In Italia l’assenza di una legge e di un codice di condotta al Senato gli permette di fare il doppio lavoro, nonostante l’Ue e il Greco (il gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa) ci chiedano di approvare da tempo una normativa sul tema.
Negli altri grandi Paesi europei non sarebbe possibile. Renzi dovrebbe scegliere. Ché anche là dove, come in Gran Bretagna, culla della cultura liberale, non c’è un’incompatibilità tra la carica di parlamentare e gli affari privati, è l’opinione pubblica a non accettare i conflitti d’interessi. E alla fine l’eletto è costretto a dimettersi da parlamentare o a rinunciare ai propri interessi. Vediamo come funziona la legislazione negli altri Paesi europei.
Francia: Macron dice no gli affari privati
Il caso più recente riguarda la Francia dove è stata presentata una proposta di legge in senso più restrittivo per evitare conflitti d’interessi dei componenti dell’Assemblea Nazionale e del Senato. Ironia della sorte, a volere una stretta sugli interessi privati dei parlamentari è stato proprio Emmanuel Macron, amico di Renzi e fonte di ispirazione del leader di Italia Viva.
“Faremo al Pd ciò che Macron ha fatto ai socialisti” era il mantra dell’ex premier quando, nel settembre 2019, fondò Iv uscendo dal Pd. Non solo non è andata così, ma il presidente della Repubblica francese si muove in direzione opposta rispetto alla concezione della politica di Renzi. Prima, tra il 2014 e il 2016, l’Assemblea Nazionale e il Senato francesi si sono dotati di codici di condotta che impongono ai parlamentari di agire “solo nell’interesse pubblico dei cittadini senza perseguire alcun interesse privato” e di non trovarsi “in situazioni di dipendenza da persone fisiche o giuridiche”.
A vigilare sul rispetto di questi principi è un “deontologo” che resta in carica 5 anni. Ma per Macron non era sufficiente e ha voluto una legge che vada oltre il codice di autoregolamentazione. La nuova norma introduce l’incompatibilità tra il mandato parlamentare e le attività di consulenza.
E dunque in Francia un eletto non potrà più “iniziare a esercitare un’attività di consulenza che non era sua prima dell’inizio del suo mandato, anche se si tratta di una libera professione regolamentata come quella di avvocato”.
Esattamente il caso di Renzi. Per le consulenze e le attività precedenti al mandato parlamentare, invece, deputati e senatori francesi dovranno far valutare la documentazione all’Ufficio di Presidenza e all’Altà Autorità per la trasparenza, e saranno i due organi a stabilire se le entrate costituiscano o meno un potenziale conflitto d’interessi.
Spagna L’eletto sceglie: la carica o il business
Gli spagnoli sono i più restrittivi in materia di conflitto d’interessi dei parlamentari. Talmente tanto da aver inserito l’incompatibilità tra la funzione di membro del governo e quella privata direttamente in Costituzione: lo prevede l’articolo 98, comma 3, della Carta del 1978.
Ma la legge estende anche ai parlamentari il divieto di esercitare una professione privata, come quella dell’avvocato. Ogni eletto deve dichiarare i propri redditi e tutte le proprie entrate. Nel caso in cui il deputato avesse interessi prima del mandato, dovrebbe ricorrere a un blind trust che curerà i suoi affari.
Uk Si può “richiamare” un parlamentare
Più liberale invece la Gran Bretagna dove i conflitti d’interessi vengono stigmatizzati socialmente. Insomma, non servono leggi per regolare una pratica che dovrebbe essere vietata dal buon senso. Bastano quindi i codici di condotta, il primo risale al 1995, che individuano tre principi basilari: Selflessness (decidere in base all’interesse pubblico), Integrity (trasparenza nelle decisioni) e Honesty (rendere pubblici i possibili conflitti d’interessi).
Oltre all’obbligo di dichiarare i propri affari (disclosure of interests) – e chi non lo fa rischia pene salate – nel 2015 con il Mp Recall Act è stata inserita la possibilità per gli elettori del recall, e della decadenza, nei confronti di un parlamentare che sia stato condannato penalmente, sia stato sospeso dalla Camera dei Comuni o abbia violato il Parliamentary Standards Act del 2009 che impone la totale trasparenza agli eletti. Il caso di George Osborne, ex cancelliere dello Scacchiere conservatore nel governo di Theresa May, è emblematico.
Dopo essere stato allontanato dall’esecutivo, nel 2017 Osborne era rimasto parlamentare ma aveva accettato altri incarichi che gli avrebbero portato nelle tasche ben due milioni di sterline di cui 600 mila per fare il conferenziere, il consulente della società di investimento BlackRock e addirittura il direttore del quotidiano Evening Standard. Il caso fece molto scalpore e in soli tre giorni 155 mila inglesi firmarono una petizione per chiedere a Osborne di dimettersi dalla Camera dei Comuni: “Pick a job”. Scegli un lavoro. Eletto nel 2010, Osborne non si è ricandidato alle elezioni del 2017. Oggi non fa più politica e si è buttato nel privato: è il direttore del British Museum di Londra.
Germania Al Bundestag trasparenza totale
Il caso tedesco è simile a quello britannico e si basa sulla trasparenza totale di qualunque interesse in capo ai parlamentari in base al principio della “indipendenza del deputato”.
I membri del Bundestag devono dichiarare entrate, uscite e consulenze che possano influenzare la loro azione pubblica. Con una restrizione in più rispetto alla Gran Bretagna: ogni cittadino può fare appello di fronte a un conflitto d’interessi di un eletto dopo un voto su una legge. Se un giudice gli dà ragione, quel voto viene considerato illegittimo.
Nel 2012, a pochi mesi dalle elezioni politiche, scoppiò lo scandalo di Peer Steinbrück, ex ministro delle Finanze e candidato del partito socialdemocratico contro il terzo mandato di Angela Merkel. La Bild pubblicò le entrate di Steinbrück dal 2009 al 2012 quando, da parlamentare, incassò 1,25 milioni di euro per discorsi pubblici e conferenze per le più grandi banche e società finanziarie del mondo. Dopo le polemiche, il candidato socialdemocratico perse le elezioni e alla fine della legislatura, nel 2017, decise di non ricandidarsi al Bundestag.
(da Il Fatto Quotidiano)

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SE DRAGHI VA AL QUIRINALE URNE A SETTEMBRE

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

FRANCO PREMIER PER POCHI MESI, ELEZIONI DOPO L’ESTATE

Alla fine, quello che in molti sospettavano e soprattutto il Pd temeva, è accaduto: Sergio Mattarella, che ha già trovato casa a Roma, ha escluso il bis al Colle. Punto. Capitolo chiuso. E adesso? Il day-after in Parlamento, soprattutto dalle parti di Enrico Letta, non è facile da digerire. Incrociando varie fonti, sia di Centrodestra sia di Centrosinistra, al di là dell’ipotesi Silvio Berlusconi (da verificare i numeri in Parlamento), in pole position con il 40% di probabilità di diventare presidente della Repubblica c’è il premier Mario Draghi. Il solo in grado di trovare i voti per essere eletto già al primo scrutinio, quando serve la maggioranza qualificata.
In questo caso, è praticamente certo che a Palazzo Chigi andrebbe il ministro dell’Economia Daniele Franco, un tecnico vicinissimo a SuperMario. Attenzione, però, perché sarebbe quasi impossibile arrivare fino al termine della legislatura nel 2023. Franco, spiegano fonti politiche, non ha la forza di Draghi e sarebbe quindi difficilissimo per lui riuscire a costruire la Legge di Bilancio per il 2023, alla fine del prossimo anno, mettendo insieme una maggioranza che già oggi litiga continuamente e che di fatto sarebbe già in campagna elettorale.
L’ipotesi più probabile, che in molti sostengono essere quasi una certezza, è che Franco a Palazzo Chigi regga per la primavera e l’estate per poi andare a elezioni politiche anticipate in settembre, come avviene in Germania, in modo tale che a scrivere la nuova manovra economica sia il governo eletto dai cittadini. Tanto i tempi ci sono, visto che la Finanziaria dell’esecutivo Draghi non è ancora arrivata in Parlamento e siamo ormai a metà novembre.
Se invece Draghi restasse premier, a questo punto sono tre i nomi in corsa (tranne l’ipotesi Berlusconi), tutti con il 20% delle chance, al momento: Marta Cartabia, ministra della Giustizia, Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio, e Pierferdinando Casini, ex presidente della Camera. Fatto sta che saranno settimane di trattative sottotraccia e la soluzione non sarà facile da trovare. Anche se la soluzione SuperMario potrebbe mettere tutti d’accordo. Ovvio che se si votasse tra meno di un anno la legge elettorale non verrebbe cambiata, resterebbe il Rosatellum (mix tra proporzionale e maggioritario uninominale) che obbliga i partiti a coalizzarsi. Scontro quindi Centrodestra-Centrosinistra con i vari Renzi e Calenda che dovranno decidere che fare e da che parte stare.
(da Affari Italiani)

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ITALIA VIVA A PICCO, PSICODRAMMA TRA I PEONES CHE VEDONO EVAPORARE I SEGGI

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

COL PARTITO INCHIODATO AL 2% I VERTICI SPERANO NEL GRANDE CENTRO CON CALENDA E TOTI

Dopo appena due anni dalla creazione, Italia Viva è già un flop su cui sono più gli interrogativi che le certezze.
Lo sanno bene i tanti peones del partito di Matteo Renzi che si sono già risvegliati dal sogno di un partito capace di dominare la scena politica ma che, allo stato dei fatti, non ha mai sfondato e anzi è finito per adagiarsi su un misero 2% che non fa presagire nulla di buono. Del resto con certe cifre diventa complicato, per la truppa di fedelissimi del senatore toscano, riuscire a restare in Parlamento.
E così proprio mentre infuoca la corsa al Quirinale e Italia Viva fa sentire tutto il suo peso, potendo contare su una pattuglia di 43 parlamentari, in tanti iniziano a guardarsi intorno per farsi trovare pronti a ciò che succederà.
Compromessi i rapporti con il centrosinistra e decisi a non farsi sottomettere dai sovranisti della destra, ecco rispuntare il progetto del grande centro su cui sono pressoché giornalieri gli ammiccamenti di Carlo Calenda, leader di Azione, e a cui guarda con interesse anche il governatore ligure e leader di Coraggio Italia, Giovanni Toti.
Per molti si tratta di fantapolitica ma che qualcosa bolla in pentola lo si capisce proprio dalle dichiarazioni – e dalle aperture – di importanti esponenti di Italia Viva. A farlo capire è il deputato Ettore Rosato secondo cui si può valutare di mettere da parte il partito per “occupare uno spazio che si sta allargando fra chi non vuole stare a sinistra coi 5 Stelle, chi non vuole stare a destra con la Meloni e chi ha supportato Mario Draghi”.
Manovre che lo stesso vicepresidente della Camera, come riporta l’Espresso, rimanda alla primavera ossia dopo “la nomina del Capo dello Stato” a seguito della quale si potrà capire “se quest’idea ha successo”.
A drizzare le orecchie verso il nuovo progetto politico che potrebbe partire già dalla prossima Leopolda è anche il deputato di Italia Viva, Mauro Del Barba . Non si tratta di un nome tra i tanti ma di uno dei big del partito, tanto da rivestire il ruolo di tesoriere alla Camera, convinto che si possa archiviare l’attuale panorama politico e che “gli ingredienti ci sono per varare un partito di centro che superi il bipopulismo, erede del bipolarismo. Non è nostra intenzione fare una messe di scontenti” perché in quel caso “sarebbe una impresa asfittica, inutile e oserei definirla dannosa”.
(da agenzie)

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SONDAGGIO IPSOS: IL REDDITO DI CITTADINANZA (CON OPPORTUNE MODIFICHE) PIACE AL 54% DEGLI ITALIANI (CONTRARIO IL 28%)

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

COME E’ ORA: CONTRARIO IL 53%, FAVOREVOLE IL 32%… TRIDICO: “IN ITALIA TROPPA INDIFFERENZA VERSO CHI HA MENO”… LA VERITA’? AI BENESTANTI NON E’ MAI FREGATO UN CAZZO DEI POVERI

Secondo un sondaggio dell’analista dei dati Nando Pagnoncelli, riportato da il Corriere della Sera, sul Reddito di cittadinanza fra gli italiani prevalgono i giudizi negativi (53%) su quelli positivi (32%)”.
Ciò che fa dire al sondaggista che il Reddito di cittadinanza “ha da sempre polarizzato i giudizi, più positivi tra gli elettori 5 Stelle e tra i potenziali beneficiari, cioè le persone di condizione economica bassa, i disoccupati, i precari e i residenti nelle regioni meridionali.
La relativa impopolarità del provvedimento si è accentuata alla luce delle recenti inchieste che hanno messo in luce le sconcertanti vicende dei beneficiari abusivi dell’assegno”
Quanto al Reddito di cittadinanza, osserva ancora Pagnoncelli, “il governo prevede un rifinanziamento della misura con alcune modifiche, dall’inasprimento dei controlli a sanzioni specifiche per le irregolarità.
In questo caso prevalgono i favorevoli (54%) sui contrari (28%), con un consenso trasversale tra i diversi elettorati, con l’eccezione dei leghisti (47% contrari e 45% favorevoli) una parte dei quali è probabile si aspettasse l’eliminazione della misura”.
Tridico: “Italia non è pronta, è violenza contro i poveri”. Il Paese “non è pronto politicamente in termini maggioritari ad accettare l’esistenza di un reddito minimo. Non lo tolleriamo perché abbiamo preferenze sociali che non ci fanno propendere a dare 7-8 miliardi ai poveri. C’è oggi un atteggiamento molto violento, molto aggressivo e indifferente verso i poveri”. Lo denuncia Pasquale Tridico intervenendo su pro e contro del reddito di cittadinanza in un dibattito al Festival Bergamo Città Impresa.
“Se la rendiamo condizionabile agli occupabili probabilmente (la misura, ndr) passa”, ha proseguito Tridico, ponendo l’accento sulla natura di ibrido data sin dall’inizio al reddito, inteso come strumento che integra politiche attive e passive. “Non trovi nessuno in Parlamento che dice ’facciamo uno strumento di sostegno alla povertà con 7-8 miliardi”, per questo “si è scelto in modo consapevole e ragionato di approfondire la questione di ibrido collegato alle politiche attive, facendo i conti su ciò che il Paese probabilmente vuole”.
(da agenzie)

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SONDAGGIO DEMOS: PD 20,4%, FDI 19,8%, LEGA 18,4%. M5S 16,1%

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

DRAGHI RESTA IL LEADER CON IL GRADIMENTO PIU’ ALTO, SEGUITO DA CONTE. GIORGETTI RAGGIUNGE SALVINI

Il Pd virtualmente sorpassa Fratelli d’Italia ed è il primo partito nelle intenzioni di voto, ma il margine è di appena 0,6 punti percentuali.
I democratici di Enrico Letta e la destra di Giorgia Meloni restano quasi appaiati nel sondaggio realizzato da Demos & Pi per La Repubblica.
La differenza, semmai, è nel trend: il Pd supera il 20% e recupera oltre un punto percentuale rispetto a settembre, mentre FdI perde un punto in due mesi.
Arretra ancora la Lega, mentre restano più o meno stabile il M5s (-0,5%). Per quanto riguarda il gradimento dei leader, Mario Draghi resta in testa con 70 punti (+1) e il suo governo continua a godere della fiducia degli italiani, anche se l’indice è in calo a 65, molto lontano dal picco di 74 toccato a luglio. Tornando ai leader, in seconda posizione resta Giuseppe Conte: il presidente del M5s è a 53 punti (-2).
Il sondaggio presentato da Ilvo Diamanti segnala l’assenza in questa fase di un partito dominatore nei consensi. Dopo le amministrative, il Pd continua la sua ascesa e arriva al 20,4%. FdI non è più primo partito in assoluto ma resta prima forza del centrodestra con il 19,8%. Segue appunto il Carroccio con il 18,4%.
Così come non è lontano il M5s, che viene stimato al 16,1%. Molto più indietro Forza Italia, che rosicchia qualche decimo percentuale rispetto a settembre e guadagna un 8,3%. Tra i “partitini”, il primo è sempre Azione di Carlo Calenda con il 3%, mentre davanti a Italia Viva di Renzi c’è anche PiùEuropa con il 2,5%.
Calenda e Matteo Renzi però sono anche tra i leader meno apprezzati dagli intervistati insieme a Beppe Grillo. Nella parte bassa della “classifica” compare anche Matteo Salvini, che viene promosso dal 36% dei partecipanti al sondaggio. Curioso che Giancarlo Giorgetti, vicesegretario della Lega e ministro allo Sviluppo economico, che negli ultimi mesi ha avuto diverse frizioni con il leader Salvini, sia distanti solamente un punto al 35%.
Tra i leader più graditi, invece, dopo Draghi e Conte compaiono nell’ordine il ministro della Salute, Roberto Speranza, seguito da Paolo Gentiloni e Dario Franceschini. Due nomi che circolano come ipotetici “sfidanti” dell’attuale premier nella corsa al Quirinale.
Il sondaggio di Demos & Pi analizza anche il rapporto degli italiani con la pandemia. La “paura del Covid” resta su livelli elevati, visto che il 45% degli intervistati si dice abbastanza preoccupato e un 28% è invece molto preoccupato. Da segnalare, infine, come la maggior parte promuova il green pass: il 78% ritiene che sia “una misura necessaria per salvaguardare la salute dei cittadini”.
Nel complesso, si ripropone il profilo frammentato che contrassegna il sistema politico italiano. Una “democrazia “incerta”, dove tutti i partiti (tranne uno) sono nella maggioranza di governo. E le divisioni si trasferiscono dentro ai partiti. Mentre su tutto e tutti incombe il Virus. Che trasferisce nella società tensioni espresse, come spiega Fabio Bordignon, da frazioni “minoritarie”. Ma “rumorose”. Specchio di un Paese alla ricerca di coesione e unità. Garantite, oggi, da Mario Draghi, con crescente difficoltà. In attesa che la “democrazia rappresentativa” torni a funzionare. E il Parlamento a “rappresentare” gli orientamenti dei cittadini, che dalle ultime elezioni, nel 2018, sono cambiati profondamente.
(da La Repubblica”)

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GREEN PASS OBBLIGATORIO PER I BAMBINI E ZONE ROSSE

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

IL PIANO DEL GOVERNO PER SALVARE IL NATALE

Le regole che determinano il cambio dei colori delle regioni potrebbero cambiare ancora una volta con l’avvicinarsi del Natale. L’aumento costante dei contagi che ha portato ormai l’indice Rt sopra l’1 allarma governo ed esperti che, proprio l’avvicinarsi del periodo più fitto di festività, non escludono la possibilità di dare un giro di vite al meccanismo di limitazioni anti Covid.
Solo tre settimane fa, l’Rt era a 0,86 e le previsioni per dicembre stimano che di questo passo si possa sfiorare la soglia di 2, con la circolazione del virus complicata da limitare. Per questo tornano a circolare parole che sembravano ormai di un’epoca lasciata alle spalle, come le zone rosse e il coprifuoco, misure che si sono dimostrate efficaci prima che partisse la campagna di vaccinazioni.
Le chiusure locali
Per un’altra settimana la mappa delle regioni è rimasta bianca, ma le prime zone gialle potrebbero già interessare per Natale il Friuli Venezia Giulia, che registra un’incidenza dei casi oltre i 247 ogni 100 mila abitanti e i ricoveri all’11 per cento per le terapie intensive e al 10 per cento nelle aree mediche.
A rischio anche le Marche, con un’incidenza di quasi 85 casi e il 9 per cento di letti occupati per i malati gravi.
La media nazionale resta sotto le soglie d’allerta, con le terapie intensive al 4,4 per cento e i reparti Covid al 6,1. Uno scenario che rischia di cambiare rapidamente, come già accaduto nelle precedenti ondate. Per questo, ricorda il Corriere della Sera, tornano importanti i poteri nelle mani di governatori e sindaci, che potrebbero imporre zone rosse locali per contenere i focolai alla nascita, prima che viaggi e cene in famiglia aumentino i rischi di diffusione anche fuori la propria regione.
Il ritorno al passato
Decisioni locali, alle quali però potrebbero accompagnarsi indicazioni da Roma, dove alcuni esperti del Cts, secondo quanto riporta La Stampa, suggeriscono di ripristinare il meccanismo per cui il cambio di colore può scattare anche con lo sforamento di uno dei due indicatori relativo ai ricoveri.
Il passaggio in zona gialla e quindi rossa avverrebbe quindi sempre con l’incidenza dei contagi superiore a 50 casi ogni 100 mila abitanti in una settimana, ma solo con lo sforamento del tetto dell’occupazione dei posti letto o in area medica, oggi fissato al 15 per cento, o in terapia intensiva, per ora al 10 per cento.
Il certificato verde per tutta la famiglia
Il governo valuterebbe anche nuove misure sul Green pass. Come riporta il Corriere della Sera, gli esperti sono stati interrogati su una possibile stretta per esempio su chi ottiene il certificato verde dopo un test rapido. Essendo l’esame con più alte probabilità di falsi negativi, il governo potrebbe restringere l’accesso al Green pass solo per chi è vaccinato o ha fatto un tampone molecolare. Avanza anche l’ipotesi dell’estensione del Green pass obbligatorio per l’accesso a buona parte delle attività per i bambini, in vista dell’allargamento della campagna vaccinale ai piccoli dai 5 ai 12 anni. Come ha ribadito Silvio Brusaferro nell’ultimo monitoraggio dell’Iss, la circolazione del virus tra i più giovani è in aumento e la copertura vaccinale si fa sempre più urgente. Motivo in più per ricorrere alla «spinta gentile» del Green pass, che rischia di diventare indispensabile se si vorrà andare a cena fuori o al cinema con figli al seguito.
(da Open)

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ISRAELE CI SVELA IL FUTURO: LA QUARTA ONDATA SI DOMA CON LA TERZA DOSE

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

“L’ITALIA STA FACENDO BENE”

Dalle terze dosi che hanno sconfitto la quarta ondata, passando per la mega-esercitazione nazionale per prepararsi contro un’eventuale ‘variante letale Omega’, fino alle vaccinazioni per i bambini tra i 5 e gli 11 anni.
Ancora una volta Israele si fa capofila nella lotta al Covid. “In questi mesi nel Paese è cambiata la situazione politica, con un governo diversissimo da quello precedente, ma l’impegno contro il virus è rimasto lo stesso”, dichiara all’HuffPost la professoressa Francesca Levi-Schaffer, immunofarmacologa dell’Università di Gerusalemme.
La portata anticipatoria delle decisioni e degli eventi di Israele è ormai cosa nota. Per noi europei è come avere una finestra sul prossimo futuro: di solito quello che succede a Tel Aviv anticipa di qualche mese quello che avviene nel Vecchio Continente.
Al momento, secondo le stime di Our World in Data, le terze dosi somministrate nel Paese sono oltre 4 milioni su circa 9 milioni di abitanti. “Se è vero che siamo stati più avanti coi vaccini, è anche vero che per primi abbiamo vissuto la recrudescenza del virus. La quarta ondata, che in Europa sta iniziando solo ora, da noi è già passata”, ci racconta la scienziata che prosegue: “Ormai ci attestiamo sui 300-400 nuovi casi al giorno. I soggetti giovani e sani, senza malattie preesistenti che hanno ricevuto la terza dose, anche nel caso in cui si infettano, sono asintomatici”.
E le ospedalizzazioni? “I ricoveri sono calati drasticamente. Al momento nel 90% dei casi si tratta di non vaccinati, di vaccinati con una sola dose oppure di persone molto anziane e/o di soggetti caratterizzati da quadri clinici compromessi da patologie preesistenti (diabete, ipertensione, cardiopatie, ecc). A meno che non arrivi una nuova variante in grado di eludere il vaccino, possiamo dirci fuori dal tunnel della quarta ondata”, dice Levi-Schaffer.
Cosa più o meno confermata da Gianni Rezza, dg della Prevenzione del ministero della Salute italiano alla conferenza stampa della cabina di monitoraggio dell’epidemia: “Con la terza dose Israele ha abbassato al curva dei contagi, anche perché c’è la waning immunity a distanza di mesi dal ciclo completo e il fatto che la variante delta buca un po’ il vaccino”.
L’immunofarmacologa Levi-Schaffer spiega che “quando la quarta ondata ha iniziato a far sentire i suoi effetti, Israele ha interrotto la somministrazione delle terze dosi per categorie e ha aperto a tutti, compresi i giovani: c’è stata subito una grandissima adesione anche da parte di 20-30enni e dei ragazzini dai 12 ai 18 anni, che prima non erano convinti che il Covid potesse colpire anche loro, cosa che è diventata realtà quando è arrivata la variante Delta. Questo accade perché qui la gente conosce bene i rischi del virus”. “Quando tengo lezione ai miei studenti all’università mostro le immagini dei polmoni dei pazienti andati incontro a decorso sfavorevole: gli alveoli vengono distrutti, non c’è più tessuto. Non ho mai visto una malattia polmonare in grado di fare nulla del genere”, aggiunge.
E gli scettici? “La stragrande maggioranza dei cittadini ha imparato quanto siano indispensabili i vaccini e il Green pass, insieme alle mascherine e al mantenimento della distanza interpersonale. Ovviamente per altri versi Israele non è diverso dall’Italia: magari all’inizio qualche ristoratore non è stato contento dell’introduzione del Green pass e lo ha esternato alla radio o in tv, e anche qui esiste una fetta minoritaria di No Vax e No Mask. Ma alla fine l’attenzione per la salute, intrinseca nella nostra cultura, ha continuato a prevalere e non ci sono state grandi proteste e mai manifestazioni o cortei”, ci racconta Levi-Schaffer.
Intanto nelle scorse ore Israele, primo al mondo, ha tenuto un’esercitazione nazionale per testare la sua preparazione di fronte a possibili varianti Covid. Il test è stato gestito da una sala operativa a Gerusalemme e ha simulato diversi scenari legati all’emergere di un’ipotetica nuova variante letale, denominata ‘Omega’: dalla restrizione degli spostamenti, passando per la gestione delle quarantene e la reazione dei sistemi scolastico e sanitario, fino ai test di massa e all’applicazione dei protocolli vaccinali. La professoressa dell’Università di Gerusalemme afferma che anche gli ospedali sono stati coinvolti e che “il primo ministro ha fatto sapere attraverso i media che ogni informazione utile derivante dall’esercitazione sarà riassunta e condivisa con gli altri Paesi”.
Altra novità. La task force di esperti del Ministero della Sanità israeliano ha appena approvato la somministrazione del vaccino anti-coronavirus calibrato per la fascia 5-11 anni, dando così maggior forza alle intenzioni in questa direzione del governo di Naftali Bennett. Ma l’immunizzazione non sarà obbligatoria e la decisione spetterà ai genitori. I primi rifornimenti in arrivo in Israele sono attesi entro 10 giorni. “Ora aspettiamo di vedere quale sarà la reazione. Le prime previsioni dicono che un terzo della popolazione è favorevole, il resto si divide tra indecisi e contrari. Io consiglio di vaccinare i più piccoli, anche basandomi sui dati che arrivano dall’America e che testimoniano l’alta sicurezza del vaccino a mRna Pfizer in questa fascia d’età”, dice la scienziata.
In Italia stiamo facendo le scelte adatte con le terze dosi? Secondo la professoressa Levi-Schaffer “la direzione è giusta. L’Italia, anche rispetto ad altri Paesi europei che avrebbero maggiori risorse economiche su cui contare, sta riuscendo ad organizzarsi al meglio. E c’è da dire che la maggioranza degli italiani è intelligente, si vaccina, presta attenzione alle misure anti-contagio. La consapevolezza è importante: non siamo invincibili”.
(da Huffingtonpost)

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I NO GREEN PASS A MILANO SFIDANO I DIVIETI: NELLE CHAT L’APPELLO A DISOBBEDIRE

Novembre 13th, 2021 Riccardo Fucile

PRIMO SABATO DOPO LA STRETTA DEL VIMINALE

Malgrado le norme più stringenti volute dal Viminale, si teme che il sit-in in piazza Fontana possa degenerare e che i manifestanti creino coas e disagi nell’intera città
È il giorno del cambio di passo per le proteste No Green pass e No vax a Milano, così come in tutto il resto d’Italia, dopo la stretta del Viminale sui cortei che nelle scorse sedici settimane hanno causato scontri, violenze, disagi per cittadini e commercianti. Così come deciso dal prefetto Renato Saccone e dal questore Giuseppe Petronzi, nel capoluogo lombardo scatta oggi il divieto di manifestazione in Piazza Duomo, in corso Vittorio Emanuele e in tutte le aree del centro urbano.
Il divieto sarà valido tutti i giorni prefestivi e festivi, nonché in tutte le giornate comprese tra il 25 novembre e il 9 gennaio.
Le proteste saranno consentite solo in forma statica. Gli eventuali cortei saranno consentiti unicamente «con espressa assunzione di responsabilità da parte degli organizzatori del rispetto della normativa anti-Covid», indossando dunque mascherine e cercando di evitare assembramenti. In caso di mancato rispetto delle norme anti-contagio scatteranno le multe.
A Milano, per oggi, sono previste due iniziative. La prima sarà all’Arco della Pace, dove il figlio dell’ex presidente statunitense Bob Kennedy e la sua associazione Children’s Health Defense Europe hanno in programma un comizio di protesta contro i vaccini.
L’altro ritrovo per le persone contrarie alla certificazione verde e dei No vax è previsto in piazza Fontana. Ma dai canali Telegram degli organizzatori stanno emergendo sempre più appelli e inviti a «dissobbedire al divieto di manifestare».
Si teme dunque che i sit-in di protesta possano evolvere rapidamente, tornando a occupare anche le zone in cui sono state vietate le manifestazioni, causando ancora disagi, scontri e disturbi all’ordine pubblico.
Le forze dell’ordine, intanto, si preparano a reagire con decisione contro quanti non rispetteranno le nuove linee guida per manifestare pacificamente il proprio dissenso. Insomma, la libertà di manifestare il proprio dissenso è garantita, ma non potrà più essere pretesto per innescare violenze e minacce a discapito della sicurezza degli altri, siano essi cittadini, giornalisti, commercianti o agenti.
(da agenzie)

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