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BENVENUTI ALLA PAROLAIA DI PALAZZO CHIGI: MELONI SI È ARRAMPICATA SUGLI SPECCHI IN ALMENO TRE OCCASIONI

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

QUANDO DICE CHE POTREBBE VOTARE PER IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA SENZA ENTRARE NELLA MAGGIORANZA, CIURLA NEL MANICO: SE VOTI A FAVORE, STAI POLITICAMENTE NELLA MAGGIORANZA…. BUGIE SUL MES: NON C’ERA LA MAGGIORANZA IN AULA, HA DETTO. PECCATO CHE LA MAGGIORANZA CI SAREBBE STATA, SE FRATELLI D’ITALIA, AVESSE VOTATO A FAVORE DELLA RATIFICA DEL FONDO SALVA-STATI… SULLA RAI HA RISPOSTO: “STIAMO RIEQUILIBRANDO”. MA STIAMO, CHI? SERVIZIO PUBBLICO NON VUOL DIRE SERVIZIO DI GOVERNO

Giorgia Meloni nella conferenza stampa di inizio anno ha parlato molto e inflitto non solo il marcato accento dell’orgoglio coatto della Garbatella, indigesto e indigeribile fuori dal Grande Raccordo Anulare, ma in almeno tre occasioni si è arrampicata sugli specchi come un geco.
Alla domanda sull’eventuale sostegno a un mandato bis di Ursula von der Leyen (probabile all’80%) alla presidenza della Commissione europea e all’ingresso del gruppo dei Conservatori di Ecr nella maggioranza in Europa, ha risposto: “Non sarei disposta a fare una maggioranza stabile in parlamento con la sinistra del Pse, un ragionamento diverso è il sostegno. Quando si forma la nuova commissione, ciascuno nomina un commissario poi i partiti di governo tendono a votare a favore dell’accordo”.
E non è così: la Ducetta sa bene che se tu voti per la presidenza della Commissione europea, stai politicamente nella maggioranza. Votare per la Commissione senza entrare in maggioranza, non esiste.
Quello che poi si è dimenticata la leader di Fratelli d’Italia è che a febbraio ci sarà il congresso del Ppe per riproporre la candidatura di Ursula von der Leyen, e chiederà ai vari partner Ue, compresa la stessa Giorgia Meloni, di schierarsi a favore della presidente uscente.
La sora Giorgia dirà di no, come ha anticipato, anche per paura di concedere altro spazio politico al suo nemico più intimo Salvini: lo spostamento di Marine Le Pen verso posizioni di centro, in Francia, ammesso dalla stessa Meloni oggi (“sta facendo un ragionamento interessante’’) potrebbe dare al gruppo di Identità e Democrazia una buona dote di parlamentari, tali da superare la delegazione dei conservatori Ecr a Strasburgo.
Inoltre, se è vero che l’Italia non può restare, per legge, senza rappresentanza all’interno della Commissione europea in un sistema che procede per unanimità, dunque un commissario lo avrà comunque, è anche vero che i posti più importanti sono frutto di una trattativa tra gli Stati, e quindi tra i governi, e che le scelte politiche sul sostegno o meno al presidente della Commissione, avranno un peso. Come peserà il no al Mes.
Per capirci: il posto rilevante di commissario agli Affari economici, che ora è di Paolo Gentiloni, la Ducetta se lo sogna, se non entrerà nella stanza dei bottoni della prossima Commissione.
E se il duplex Macron-Scholz decide di portare Mario Draghi al posto di Charles Michel alla guida del Consiglio Europeo, alla Meloni non resta che accettare un commissario scartina, di più scarso rilievo.
A quel punto, che fare con gli altri due componenti del gruppo dei Conservatori, l’amato fascio-spagnolo Abascal e i polacchi del Pis?
Gli storici euro-alleati di Meloni, in un simile scenario, potrebbero sentirsi traditi dal doppio gioco della “camaleonte” Giorgia. Servirà una mediazione ultra-paracula. Riuscirà a trovarla?
La seconda arrampicata sugli specchi riguarda il Mes: intanto se 19 paesi hanno ratificato il Fondo Salva Stati e l’Italia no, non è colpa di Giuseppe Conte.
Secondo: alla Ducetta si è allungato il naso di Pinocchio quando ha fatto di tutto per allontanare la colpa da sé e scaricare la responsabilità sul Parlamento sul no al Mes, dicendo che il Governo “si è rimesso all’aula”, dove non c’era la maggioranza. Peccato che la maggioranza ci sarebbe stata, se il suo partito, Fratelli d’Italia, avesse votato a favore della ratifica del Fondo salva stati.
Terzo, e non ultimo punto di “papocchio”, la Rai: alla domanda sulle polemiche legate alla “Tele-Meloni” e a Viale Mazzini preso d’assalto dai meloniani con il fez, la Giovanna d’Orco ha risposto: “Stiamo riequilibrando”.
Ma stiamo, chi? Vuol dire che il suo Governo è intervenuto per orientare, indirizzare e modificare le scelte della governance dell’azienda?
La Rai, come ha detto la stessa Meloni, “fa servizio pubblico, non deve fare audience”, ma servizio pubblico non vuol dire servizio di Governo, ovvero propaganda alla Presidente del Consiglio.
E se è vero che tutti i premier prima di lei hanno fatto la stessa cosa, peggio me sento, proprio perché la Reginetta della Garbatella ha sempre rivendicato per sé una “diversità” di metodo e di scelte, che è stata invece rinnegata all’atto pratico.
‘Ste conferenza stampa, senza diritto di replica da parte del giornalista alle risposte vaghe e sfuggenti della premier, servono a poco.
(da Dagoreport)

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VITTIMISMO, ARRAMPICATE SUGLI SPECCHI E FALSIFICAZIONI: TRE ORE DI PURO MELONISMO IN UN CONCENTRATO DI BUGIE

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

DAL MES ALLE BANCHE, DALL’EUROPA ALLA CRESCITA ECONOMICA: LA SOLITA LITANIA DELLA “DESTRA DISCRIMINATA”, ANCHE ORA CHE TUTTO DECIDE E DISPONE… LE REAZIONI DELLE OPPOSIZIONI: “RACCONTA IL PAESE DEI BALOCCHI”

Fronte aggrottata mentre ascolta le domande più sgradite, smorfie dopo le risposte più piccate, rimozioni, salti logici, reticenze, benaltrismi e qualche oggettiva falsità. Tre ore abbondanti di melonismo puro alla conferenza stampa di fine anno, ormai inizio, senza mai perdere la calma ma neanche la posa vittimista che è la cifra naturale della presidente del Consiglio: la destra discriminata, anche ora che tutto decide e dispone, i poteri occulti all’opera – Meloni torna a denunciarli ma poi aggiunge incredibilmente: non chiedetemi di essere più precisa – le accuse di doppio standard alla sinistra, nonostante la presidente del Consiglio dimostri di essere campionessa nell’uso dei due pesi e due misure.
Da Renzi a Calenda, dal Pd ai 5Stelle, partiti di minoranza bocciano in coro le «bugie» della premier nel primo appuntamento pubblico del 2024
Bugie, falsità, nel migliore dei casi la descrizione di un «Paese dei balocchi». È pressoché unanime la valutazione delle opposizioni sulla conferenza stampa d’inizio anno di Giorgia Meloni. Bocciatura netta. Matteo Renzi, non sempre il più duro con la premier, si sfoga su X e dice di non aver «mai sentito così tante bugie tutte insieme».
Dall’economia ai diritti, dalla gestione del partito all’immigrazione, per Renzi non c’è campo in cui la premier non abbia mentito. «Dice che lei non ha aumentato le tasse: evidentemente le accise sulla benzina e l’IVA sugli assorbenti si sono aumentate da sole. Dice che bisogna conciliare la maternità con il lavoro però nel frattempo aumenta l’IVA sui pannolini e sui prodotti per i bambini. Dice che poteva mettere sua sorella in una partecipata come fanno gli altri: gli altri chi? Forse il leader nordcoreano fa così con la sorella», affonda il colpo il leader di Italia Viva. Che punge la premier anche sui casi imbarazzanti dentro al suo partito che hanno riguardato nelle ultime settimane il ministro-cognato Francesco Lollobrigida e il deputato-«pistolero» Emanuele Pozzolo. E persino sul flop nella gestione degli sbarchi. «I bugiardi hanno questo di bello: pensano che la gente creda per sempre a quello che dicono. All’inizio è così. Poi all’improvviso la realtà emerge, tutta insieme. Buon 2024, cara Presidente Meloni», chiosa l’ex premier.
Campo largo di critiche
Giudizio condiviso, una volta tanto, dal Movimento 5 stelle. «Oggi abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione della cifra menzognera che contraddistingue la sempre più traballante narrazione della premier Giorgia Meloni», attacca il vice di Giuseppe Conte, Mario Turco, secondo cui la premier «nel tentativo disperato di nascondere il regalo alle banche confezionato dal suo Governo, che ha rinunciato a incassare oltre 2 miliardi di tassa sugli extraprofitti del settore creditizio, come al solito ha coltivato la sua ossessione personale accusando il M5S di aver fatto un regalo alle banche nel Decreto liquidità del 2020 da 400 miliardi di potenza di fuoco».
In attesa della reazione di Elly Schlein, evocata dalla premier sul caso del consigliere della Corte dei Conti “militante” anti-Meloni, Marcello Degni, il Pd affida la sua reazione a una nota dei capigruppo di Camera e Senato, Chiara Braga e Francesco Boccia. «La presidente del Consiglio continua a descrivere un Paese dei balocchi, ma non ha un minimo di contezza dei problemi dell’Italia, dalla sanità al lavoro», affondano i dem. Secondo cui «per i conti pubblici si affida al buon andamento dell’economia, rifiuta responsabilità diretta su questioni delicate come Mes, Patto stabilità e leggi sulla concorrenza e pensa a un’Europa à la carte in cui l’Italia conta sempre meno». Anche per il Pd, insomma, la premier «continua a raccontare falsità. Dice che taglia le tasse con i risparmi alla spesa, ma si dimentica che la sua manovra è finanziata in deficit e solo per un anno. Offende l’intelligenza di tutti raccontando che la sua pessima riforma costituzionale non tocca i poteri del presidente della Repubblica. E come sempre molta propaganda e attacchi ingiustificati all’opposizione».
Da Azione, infine, Carlo Calenda accusa la premier di aver semplicemente detto «poco o nulla su ciò che è importante: sanità, salari, Istruzione, PNRR, politica industriale. Molte invettive contro la sinistra, qualche gossip, una spruzzata di influencer, due battute e molta cronaca. Si sente la più completa assenza di un progetto per l’Italia».
(da agenzie)

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LE FOTO, DI POCHE SETTIMANE FA, DI EMANUELE POZZOLO CON INDOSSO UNA MAGLIETTA CON LA SCRITTA “ANCHE IO SONO DELMASTRO”, DURANTE LA CENA DI NATALE DI FRATELLI D’ITALIA

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

LA LORO AMICIZIA NON E’ SOPRAVVISSUTA AL COLPO DI PISTOLA SPARATO ALLA FESTA DI CAPODANNO CHE HA FERITO LUCA CAMPANA: DELMASTRO NON RISPONDE PIU’ AL TELEFONO A POZZOLO

In queste ore gli inquirenti stanno cercando di giungere alla soluzione del giallo di Capodanno, che vede coinvolto il deputato di Fratelli d’Italia Emanuele Pozzolo detto “Manny”, dalla cui pistola è partito un colpo che ha ferito il giovane Luca Campana, genero del caposcorta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro.
Il trentunenne Campana, ferito al di sotto del gluteo, ha smentito la versione del deputato Pozzolo, negando – attraverso il suo avvocato – di aver mai toccato la pistola. Ma in questa ridda di elementi spesso contraddittori, per conoscere con certezza la dinamica dell’accaduto occorre giustamente attendere l’esito delle indagini.
Senz’altro ci si domanda se, dopo l’incidente della notte di San Silvestro, lo stretto rapporto di amicizia tra Pozzolo e Delmastro – finito coinvolto suo malgrado nella vicenda – possa incrinarsi. Il profondo legame di stima reciproca fra i due esponenti meloniani si è testimoniato in moltissime occasioni, come per esempio alla cena di Natale di Fratelli d’Italia per il tradizionale scambio di auguri, tenutasi il 3 dicembre scorso.
Una festa che ha visto un omaggio generale tributato al sottosegretario di FdI quando tutti i presenti, e in primis Emanuele Pozzolo, hanno indossato una maglietta fregiata dalla scritta “Anche io sono Delmastro”. Con tanto di “maschere” con l’effigie di quest’ultimo. Un attestato di affetto e stima incondizionati, insomma.
“Le radici profonde non gelano” ripete spesso Emanuele Pozzolo sui social citando Tolkien, frase molto cara alla Destra italiana che talvolta viene utilizzata per significare che le amicizie vere restano tali anche nelle avversità. Staremo a vedere se il giallo di Capodanno confermerà, o smentirà, questa massima.
(da Dagospia)

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“DOMANI” RIVELA CHE AI PRIMI DI DICEMBRE SALVINI HA INCONTRATO IL CEO DI HUAWEI ITALIA WILSON WANG: L’AZIENDA CINESE SI ERA AFFIDATA ALLE SAPIENTI MANI DI TOMMASO VERDINI, COGNATO DEL LEADER LEGHISTA, CON UN CONTRATTO DI CONSULENZA CON LA “INVER SRL” (DA 10 MILA EURO AL MESE

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

DOPO CHE LA SOCIETÀ E’ FINITA AL CENTRO DELL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI ROMA, HUAWEI HA STIPULATO UN NUOVO CONTRATTO CON UNA SOCIETÀ INDICATA DAI VERDINI, LA “POLITICAL DATA AGENCY”

L’intreccio tra il Sistema Verdini e il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini potrebbe essere molto più stretto di quanto emerso finora dalle carte giudiziarie.
E non solo per i ripetuti riferimenti nelle intercettazioni in cui gli indagati (Verdini jr & Co.) fanno intendere, alludono (o forse millantano) e dicono «Matteo ci ha dato carta bianca» per la creazione di una rete di rapporti istituzionali all’interno del ministero delle Infrastrutture. Ma soprattutto perché Salvini sarebbe tra le personalità politiche con cui le società del suocero Denis e del cognato Tommaso Verdini mettevano in contatto i loro clienti.
Con un’inchiesta giornalistica Domani può rivelare che il numero uno della Lega, compagno di Francesca Verdini (figlia di Denis e sorella di Tommaso), ha avuto un incontro con il ceo di Huawei Italia Wilson Wang a inizio dicembre 2023.
Detta così non ci sarebbe niente di male: l’incontro tra esponenti del governo con i dirigenti delle più importanti aziende nazionali e internazionali è prassi comune. E chissà se Salvini ha ribadito le posizioni di qualche anno fa, quando diceva che «in Italia la Cina starà fuori dal 5G».
Il punto politicamente delicato è che Huawei, la grande azienda cinese del settore delle telecomunicazioni, negli ultimi anni si è avvalsa proprio dei servizi delle società di Denis Verdini e del figlio Tommaso, cioè il “suocero” e il “cognato” del ministro.
Di cosa ha parlato durante l’incontro mai reso pubblico Salvini con i vertici del colosso cinese? Sapeva il ministro che Huawei era cliente della società del cognato?
Quando Domani ha chiesto un commento sull’incontro ipotizzando che lo stesso fosse avvenuto il 7 dicembre, lo staff di Salvini ha smentito la data («quel giorno non risulta alcuna riunione»), ma non ha smentito l’appuntamento con Huawei, confermato a Domani anche da un’autorevole e qualificata fonte a conoscenza dei fatti.
«Per un vicepremier e ministro non è singolare incontrare grandi aziende, anche internazionali», aggiungono dall’entourage di Salvini, che non ha voluto rispondere né su cosa si siano detti il ministro e i rappresentanti cinesi né se Salvini fosse a conoscenza del fatto che la multinazionale era cliente di Verdini jr.
Il colosso cinese, contattato da Domani, ha preferito non rilasciare dichiarazioni sull’incontro, anche in questo caso senza smentire alcuna delle circostanze riportate.
Il rapporto tra Verdini jr e Huawei è andato avanti anche dopo le perquisizioni dell’estate 2022, con cui si è saputo dell’indagine per corruzione nei confronti dei Verdini, del socio Fabio Pileri, e di importanti dirigenti dell’Anas. Con una differenza: il contratto è stato trasferito a un’altra società.
In pratica poco tempo dopo Huawei ha interrotto il contratto con la Inver, società finita al centro dell’inchiesta della procura di Roma, e ne ha stipulato uno nuovo con una società indicata dai Verdini, la Political Data Agency.
La sua sede e quella della Inver hanno anche lo stesso indirizzo: via della Scrofa 64, tra il Senato e la sede di Fratelli d’Italia. Che Inver e Political Data Agency siano l’una intrecciata all’altra lo scrivono anche i detective della guardia di finanza nelle loro informative ai pm.
DA VERDINI A VERDINI
La Political Data Agency (Pda) è di proprietà di Niccolò Maccallè e Lorenzo Salusest, imprenditori vicini a Verdini che ricoprono anche un ruolo nelle segreterie dei gruppi di Fratelli d’Italia e Lega in Regione Toscana.
A questa piccola azienda sarebbero stati dirottati i clienti della Inver dopo la notizia delle indagini che la riguardavano. Un dato che emerge anche da numerose intercettazioni agli atti.
Tra i clienti più prestigiosi c’è proprio Huawei: il suo logo campeggia in bella vista sul sito della Pda, insieme a enti istituzionali e partiti politici, da Fratelli d’Italia e Lega, fino al Pd. «Il rapporto tra Huawei e Verdini era molto stretto, da anni, intessuto da figure dirigenziali di vertice», racconta una fonte a Domani. Lo spostamento del contratto con Huawei tra le due società a disposizione dei Verdini trova ampio spazio negli atti di indagine: sarebbe stata gestita direttamente con uno degli amministratori della società.
Per Tommaso Verdini l’affare Huawei è stato un gran successo, in un’intercettazione di marzo 2022 parla di «un premio di 40mila euro» che sarebbe stato in procinto di arrivare da Huawei. Il rapporto tra l’azienda cinese e Inver nasce prima dell’inizio delle indagini nell’estate del 2021, quando gli unici due soci della società di consulenza erano Tommaso e Francesca Verdini, compagna del leader leghista Salvini, che venderà le sue quote proprio a ridosso dell’inizio dell’inchiesta della guardia di Finanza.
Nel corso degli anni, i Verdini avrebbero permesso ad altre figure dirigenziali di altissimo livello di Huawei di incontrare numerosi esponenti politici di diversi partiti. Tra questi ci sarebbe anche quello tra il ceo Wilson Wang e il ministro Salvini a dicembre, quando la notizia delle indagini sulle attività dei Verdini e delle loro società era nota da tempo e solo pochi giorni prima che il tribunale di Roma disponesse gli arresti domiciliari per Verdini jr. e il suo socio Pileri.
10MILA EURO AL MESE
Dopo le perquisizioni dell’estate 2022, scrivono gli investigatori, l’uomo di Huawei (il cui nome non appare negli atti di indagine, ndr) avrebbe fatto sapere ai Verdini che l’azienda cinese aveva aperto una «compliance interna, operando una valutazione del contratto in essere con Inver». In questa sarebbero stati sollevate «possibili criticità in ordine a presunte condotte penalmente rilevanti riconducibili al traffico di influenze illecite, le quali potrebbero scaturire dall’esecuzione del contratto medesimo».
In altre parole, i cinesi si stavano tirando indietro e per i Verdini significava perdere una gallina dalle uova d’oro: il contratto era di 10mila euro al mese più sostanziosi premi dovuti alla realizzazione degli incontri. E così Verdini avrebbe concordato con il dirigente «di aggirare il problema facendo stipulare il contratto con un’ulteriore società di consulenza».
La società è la Political Data Agency, come emerge da una conversazione del 27 settembre 2022. «Ha detto che loro vogliono assolutamente fare il contratto […] c’hanno un rompicoglioni del legale dentro che dice una marea di puttanate e che gli ha aperto un fascicolo la compliance …un macello che non finisce più», racconta Tommaso Verdini al padre Denis e al socio Pileri.
«Quindi mi ha detto: “Per bypassare il problema dice ce l’hai un’altra società con cui noi facciamo il contratto senza spiegare un c***o, lo facciamo veloce si chiude si fa un contratto con un’altra società? E poi vediamo di risolvere la questione”».
Verdini continua dicendo che il problema si sarebbe risolto facilmente: «Io ho detto di sì perché c’è la Pda, lo faccio fare alla Pda a Niccolò (Maccallè, ndr), mi rifanno il contratto pari pari domani vengono a prendere i documenti mi rifanno il contratto […] non vogliono perdere neanche un minuto di rapporto con noi perché è fondamentale […] Quindi si fa con la Pda e poi tra Pda e Inver mi faccio un contratto di service per l’ufficio, questa roba qua e basta».
Huawei quindi non avrebbe voluto perdere tempo: la conversazione avviene infatti due giorni dopo la vittoria elettorale di Giorgia Meloni. Di lì a poco Salvini sarebbe diventato ministro.
Alla fine della discussione, Denis Verdini parla di comprare le quote della Pda, d’accordo con il figlio: «Le quote però cedute da Maccallè si fa dopo… ora ci vuole solo grande pazienza perché ci fanno impazzire su tutto adesso». Da allora è passato un anno e mezzo e, nonostante l’indagine, affari e incontri sono andati avanti. Fino a dicembre, con il meeting tra Huawei e il ministro Salvini, volto familiare a casa Verdini.
(da editorialedomani.it)

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IMPREPARATI E GAFFEUR: LA MAPPA HORROR DEL POTERE FDI

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

GRANE IN TUTTA ITALIA, DISASTRI E IMBARAZZI: SALUTI ROMANI, COMMENTI PRO-HITLER, PROCESSI, LEGGI SALVA-CORROTTI, BATTUTE SESSISTE E PERSINO BICI RUBATE

Con una classe dirigente così, c’è da stare tranquilli. Gaffe, inchieste, scivoloni e molto altro compongono un mosaico sciagurato per Fratelli d’Italia, con “pagine gialle” dell’orrore in continuo aggiornamento.
Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, spesso citato con Giovanni Donzelli, deputato e di lui coinquilino. In casa i rapporti dell’amministrazione penitenziaria hanno lo stesso livello di sicurezza della lista della spesa. Formidabile capacità di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato (vedi Emanuele Pozzolo).
Antonio Cicchetti, ex sindaco di Rieti. Per lanciare la campagna del suo successore, Daniele Sinibaldi, ha arringato la folla: “Avanti! Boia chi molla!”.
Antonio Del Giudice, sindaco di Striano (Napoli). Oltre il cinepanettone, è stato condannato per aver rimosso dalla strada 5 bici di altrettanti maliani, portandole in Comune. “Puzzavano”, dice.
Antonio DI Vietri, già segretario FdI a Lavello (Potenza). Autobiografia in dolce stil novo: “Sono razzista, sono patriota, sono nazionalsocialista, sono fascista, sono nazista”.
Augusta Montaruli, deputata. Condannata a 1 anno e 6 mesi per l’uso improprio dei fondi in Piemonte.
Bartolomeo Amidei, senatore. Sensibile alle priorità del Paese, ha proposto una legge per consentire la caccia ai 16enni.
Bruno Cinque, consigliere a Spilimbergo (Pordenone). È andato al cinema a vedere Comandante con gli amici: metà vestiti da nazisti, metà da militari fascisti.
Calogero Pisano, deputato. Candidato ed eletto quando era in FdI, sui social definiva Hitler “un grande statista”. Sospeso dal partito, non è sfuggito ai talent scout di Noi Moderati.
Carlo Fidanza, eurodeputato. Ha appena patteggiato 1 anno e 4 mesi per corruzione. Viatico ideale per un altro mandato.
Carlotta Accomasso, consigliera a Asti. Ha aperto la sede di FdI a una raccolta di indumenti, giocattoli e pannolini per i bisognosi, purché di “famiglie italiane”.
Cesare Mevoli, consigliere a Brindisi. Definisce “storiella da streghe obese” il patriarcato e sa come stanare i killer: “I volti puliti, le sopracciglia curate, le spalline strette in camicette su misura, braccini sottili, manine intonse. Difetti di una complessa e femminilizzata personalità debole”.
Daniela Santanchè, ministra del Turismo. Ha aziende travolte da guai giudiziari, è stata silurata come coordinatrice lombarda di FdI e ha messo la firma sull’indimenticabile campagna Open to Meraviglia.
Elena Donazzan, assessore in Veneto. Ha intonato Faccetta nera alla radio. Del 25 aprile dice: “L’antifascismo ha prodotto il terrorismo rosso. Non è un valore”.
Emanuele Pozzolo, deputato. Profilo tarantiniano: pistolettata al cenone di Capodanno, ferito un povero disgraziato e nuovi guai per Delmastro, presente in loco. Giù la testa.
Fabio Rampelli, deputato. Vuole telefonare in Africa per convincere i migranti a non partire (“hanno parabole e telefoni”), oltreché vietare le parole inglesi nella Pa.
Federico Mollicone, deputato. Terrorizzato dalla propaganda gender, ha chiesto alla Rai di censurare una puntata di Peppa Pig. Ha le idee chiare: “In Italia le coppie omosessuali non sono legali”; “La maternità surrogata è più grave della pedofilia”.
Felicia Scaffidi, consigliera a Lissone (Monza). Incomprensibilmente accusata di omofobia, s’è difesa: “Non lo accetto. Ho più amici gay che normali e li tratto come persone normodotate”.
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura. Convinto che i poveri che “mangiano meglio dei ricchi” (certi manicaretti alla Caritas…) e intimorito dalla “sostituzione etnica”, ha dipinto la propria Cappella Sistina con la fermata ad personam a Ciampino del Frecciarossa Roma-Napoli.
Galeazzo Bignami, viceministro ai Trasporti. Famoso per una foto del 2005 con camicia nera e fascia delle SS. Memorabile la difesa che ne fece il collega Donzelli: “Anch’io una volta mi sono vestito da Minnie a Carnevale, vuol dire che sono Minnie?”.
Gimmi Cangiano, deputato. Per la sua campagna elettorale ha scelto uno slogan familiare: “Me ne frego”. Familiare ai fascisti.
Giuseppe Cannata, consigliere a Vercelli. Quando era in FdI, si espose con equilibrio: “Ammazzateli tutti ‘ste lesbiche, gay e pedofili”. Talento conteso, ora è in FI.
Giuseppe Massaro, consigliere a Moiano (Benevento). Sospeso dopo un post molto riflessivo: “Vuoi vedere che Hitler non aveva poi tanto torto…”.
Joe Formaggio, consigliere in Veneto. Animo da sceriffo e “fucile sotto al cuscino”, ogni tanto se ne esce con cose tipo: “La maggioranza dei veneti deve avere pelle bianca”; “Fosse per me ripartirebbero le crociate”; “A casa mia meglio i topi che un rom”.
Lavinia Mennuni, senatrice. Sostiene che essere madre deve essere “la prima aspirazione” delle donne e “la maternità deve essere cool”. Open to Maternity.
Marcello De Angelis, ex portavoce di Francesco Rocca. Già Msi, An e Pdl (ma non iscritto a FdI), Rocca lo ha messo a capo della comunicazione del Lazio, prima che De Angelis “scagionasse” Fioravanti e Mambro sulla strage di Bologna. Dopo giorni di resistenza, si è dovuto dimettere.
Marzio Giau, candidato in Friuli. Già eletto a Udine, nessuno si è accorto di alcune foto con saluti romani e poster delle SS.
Massimo Robella, consigliere di circoscrizione a Torino. Dopo l’elezione, ha esultato: “Grazie ai tanti camerati che hanno lavorato per farmi entrare”. Sarà un modo di dire.
Rachele Mussolini, consigliera a Roma. Nipote del Duce, anni fa scriveva: “Il 25 aprile festeggio solo San Marco”. Dirà di avere “sbagliato”, ma che pure noi l’abbiamo fraintesa: “Il mio ex marito si chiama Marco e ci siamo messi insieme il 25 aprile”.
Roberto Rosso, ex assessore in Piemonte. Pezzo grosso di FI e poi di FdI prima di finire a processo (ed essere espulso), Rosso è stato condannato a 4 anni e 4 mesi in secondo grado per voto di scambio politico mafioso.
Rocco Leone, consigliere in Basilicata. Parlando a un collega e riferendosi all’assessora Donatella Merra, fa sapere: “Le ho consigliato di fare gargarismi col pisello”. Oxford ringrazia.
Romano La Russa, assessore in Lombardia. Fratello di Ignazio, immortalato al funerale del cognato Alberto Stabilini mentre fa per due volte il saluto romano e risponde “presente” alla chiamata per il “camerata”.
Salvo Pogliese, senatore. Ha proposto di eliminare il divieto per i condannati per reati contro la Pa di accedere a incarichi dirigenziali nei Comuni.
(da Il Fatto Quotidano)

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GIORGIA, DOVE HAI PRESO QUESTI SCAPPATI DI CASA?

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

DI QUANTI POZZOLO SI COMPONE LA FALANGE MELONIANA?

Di quanti Pozzolo si compone la falange meloniana? Oltre le pistole, quante le parole che questo battaglione di patrioti spara ogni giorno nel mucchio con l’idea che l’immunità parlamentare copra alla fine anche le biografie indecenti.
“Scappati di casa”, ricordate? La buona politica e il buon giornalismo, inorriditi per il carattere troppo naif della vasta curva grillina che aveva invaso il Parlamento, li ha ritenuti poco più che impresentabili, poco meno che criminali.
Dei nullafacenti, alcuni con idee pazzoidi altri con venature di indicibile modestia politica. Odore nauseabondo, da coprirsi la bocca col fazzoletto. Ora noi non dubitiamo che alcuni di essi fossero letteralmente dei miracolati senza arte né parte scelti nella calca di un movimento che aveva le vele gonfie e poca voglia di fare selezione.
Quel che domandiamo, se davvero esiste una relazione tra la realtà e la verità, cosa bisognerà dire e scrivere oggi dell’enorme esercito meloniano?
Perché se la squadra grillina era gravata dall’improvvisazione, quella avviata da Fratelli d’Italia ha il volto di personaggi dal vasto e disperante registro clientelare.
Dove li ha presi, come li ha raccolti, chi li ha presentati a Giorgia Meloni? E soprattutto la presidente del Consiglio ha immaginato – come lei assicura – di dover creare una nuova classe dirigente o – piuttosto – un battaglione di figuranti, di portavoti, di procacciatori d’affari con carriere politiche di serie b?
Scappati di casa i grillini, vero? Ma adesso il buon giornalismo come commenterà questi buffi cavalieri dell’apocalisse, pistoleri per sbaglio, che immaginano la linea d’ombra tra Bukowski e Ratzinger, e che dirà di quelle frotte di sottosegretari, di assessori, di panciuti consiglieri che mostrano di avere così tanta fame da non perdere tempo con le posate.
Si mangia con le mani, si spara con la bocca.
(da il Fatto Quotidiano)

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“ERA UN GIOCO CON LE PISTOLE”: L’IPOTESI SULLA NOTTE DI CAPODANNO A ROSAZZA, NON E’ STATO SOLO IL DEPUTATO MELONIANO POZZOLO A SPARARE

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

LA TESTIMONIANZA: “ALLA FESTA ERANO PRESENTI ANCHE ALCUNI AGENTI DELLA POLIZIA PENITENZIARIA CHE A MEZZANOTTE AVREBBERO SPARATO IN ARIA – POZZOLO, LA CUI PISTOLA AVEVA IL COLPO IN CANNA, ACCUSA IL FERITO MA LUI LO SMENTISCE: “MAI TOCCATO L’ARMA”. LO SPARO SAREBBE AVVENUTO DA UN’ALTEZZA DI 80 CENTIMETRI COMPATIBILE CON UNA PERSONA SEDUTA E NON CON UN COLPO PARTITO DA UN’ARMA A TERRA…L’ONOREVOLE AVREBBE DETTO: “SONO ROVINATO”

Nella notte di Capodanno all’ex asilo di Rosazza in provincia di Biella non è stato il solo Emanuele Pozzolo a sparare. Mentre il deputato di Fratelli d’Italia, subito dopo il colpo di pistola, ha detto «Adesso sono rovinato» a uno dei testimoni. Intanto la sua versione traballa. Il colpo partito dalla pistola North American Arms LR22 nella sede della Pro Loco affittata dalla sindaca Francesca Delmastro, sorella del sottosegretario Andrea Delmastro sembra sparato parallelo al pavimento.
Ovvero da un’altezza di 80 centimetri o un metro. Compatibile con una persona seduta e non con un colpo partito da un’arma a terra. E la pistola aveva il colpo in canna ed era pronta a sparare. Intanto in procura si attende la querela della vittima. E la premier Giorgia Meloni sospenderà l’onorevole, visto che lui non l’ha fatto da solo. E lo deferirà agli organi disciplinari del partito.
La ricostruzione
A riportare oggi la nuova ipotesi sulla festa di Capodanno è Repubblica. Alla festa erano presenti anche alcuni agenti della polizia penitenziaria. E a mezzanotte sarebbero stati sparati alcuni colpi in area dai poliziotti presenti. In un luogo defilato e distante dai bambini. Proprio per questo, secondo la ricostruzione, Pozzolo avrebbe fatto vedere ai presenti l’arma.
La procura di Biella non ha ancora sentito gli agenti come testimoni. E anche se nell’informativa dei carabinieri ci sono scarsi elementi su questo, bastano i racconti dei testimoni: «C’erano vari agenti quella sera. Non solo quelli della scorta di Delmastro. A mezzanotte un gruppetto si è allontanato e ha esploso botti.
Qualcuno ha sparato in aria con la sua pistola. Si è sentito più di un colpo. Erano distanti dagli altri, anche perché c’erano bambini. Quando il deputato è arrivato e ha visto i poliziotti, ha fatto vedere a loro che anche lui aveva un’arma. E l’ha tirata fuori. Ma non si è capito chi abbia sparato».
Secondo questa testimonianza il colpo è stato sentito da tutti, ma in pochi l’hanno visto. «A Delmastro è stato detto di andare via per proteggere la sua reputazione, ma lui è rimasto», aggiunge il testimone. «Non è così chiaro come sia partito il colpo, ma stavano scherzando, era un gioco con le pistole. Il deputato voleva far vedere l’arma. Forse perché quella notte quelli della penitenziaria erano armati».
Intanto La Stampa ascolta un altro testimone che era lì quella notte di Capodanno a Rosazza. Sostiene che l’onorevole Pozzolo dopo lo sparo era sotto choc. E a chi era vicino a lui avrebbe detto: «Sono rovinato».
(da Open)

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IL DEPUTATO NON SI SOSPENDE MA MELONI HA DECISO LO ALLONTANERÀ DAL PARTITO

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

SOSPENDERLO NON SERVE A NULLA, TRA QUALCHE MESI RIAPPARIRA’

Salvo colpi di scena all’alba, sarà Giorgia Meloni a spingere fuori da Fratelli d’Italia il parlamentare di Vercelli. Lo farà nel corso della conferenza stampa di oggi alle 11, un appuntamento per due volte rimandato a causa degli otoliti. Alla vigilia, due opzioni sembrano in ballo: la sospensione cautelativa con rinvio al giudizio dei probiviri di FdI (di fatto, la massima “pena” possibile che può comminare la presidente del Consiglio), oppure la sospensione dagli incarichi del partito. In entrambi i casi, Pozzolo non potrà più parlare a nome della forza politica guidata da Giorgia Meloni. Di fatto, l’antipasto di un’espulsione.
Quando non puoi evitare un problema, prendilo di petto: questo sembra aver deciso ieri sera Meloni. Per un giorno intero, ambasciatori della leader hanno provato a gestire il caso con il diretto interessato. Anche avanzando, pare, la proposta di “autosospendersi”: una soluzione sempre revocabile, la via d’uscita che viene spesso suggerita ai malcapitati per evitare guai peggiori.
Pare però che Pozzolo rifiuti l’offerta. Conta poco, comunque. Il tema sarà affrontato dalla leader, che ha avocato a sé la decisione finale.
Il pugno duro con il deputato di Vercelli servirà alla presidente del Consiglio per bilanciare l’approccio più morbido che dovrebbe tenere su altri dossier. Uno, in particolare: quello dell’inchiesta che ha coinvolto Denis e Tommaso Verdini e che ha portato le opposizioni a chiedere a Matteo Salvini di riferire in Parlamento sulla gestione degli appalti da parte di Anas.
Sul punto, Meloni dovrebbe distinguere: massima severità nei casi di corruzione, dunque anche in questo se le circostanze dovessero essere accertate, ma al momento massima copertura ai membri del governo, perché niente che lambisca l’esecutivo è stato appurato ufficialmente.
E dunque, nessun affondo contro il leghista, almeno su questo nodo. […] Meloni non ha per nulla gradito la sortita dell’alleato contro il Colle per la lettera su ambulanti e balneari. Pur tuttavia, proverà a evitare toni aspri verso il suo vice leghista
(da La Repubblica)

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POZZOLO, LO HANNO RIMASTO SOLO: IL DEPUTATO PISTOLERO SI E’ RIFUGIATO A CASA DEI GENITORI E NON ESCE DI CASA DAL PRIMO GENNAIO

Gennaio 4th, 2024 Riccardo Fucile

DELMASTRO NON GLI PARLA DA GIORNI E NON GLI RISPONDE PIU’ AL TELEFONO…DOPO IL NO ALL’IPOTESI DI AUTO-SOSPENSIONE, SARA’ GIORGIA MELONI A SOSPENDERLO

Il deputato Emanuele Pozzolo al telefono con vertici di Fratelli d’Italia, disperato e con voce rotta, ha più volte giurato e spergiurato di non essere stato lui a premere il grilletto della mini revolver che ha ferito alla coscia Luca Campana, l’elettricista specializzato 31enne di Candelo, genero del caposcorta del sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro. Non solo. Ha ancora una volta smentito la ricostruzione fatta dai testimoni e dalla stessa vittima
A chi lo ha sentito ha spiegato di aver «fatto un casino» e di avere la pistola in tasca perché, visto il porto d’armi personale, è obbligato ad averla sempre appresso. Ma, parlando sempre di incidente non intenzionale, non ha mai voluto rivelare chi, secondo lui, sarebbe stato a sparare. Intanto dal primo gennaio Pozzolo non esce più di casa.
Non si è visto nella sua casa di Vercelli. Al citofono del palazzo giallo appena nascosto dalle piante, non risponde nessuno. Le tapparelle, da prima dell’ultimo dell’anno, sono abbassate e la casa vuota. Lui invece è barricato nella casa dei genitori, a Rosazza
Non ha voluto parlare con nessuno se non con i colleghi del partito. A loro avrebbe raccontato della notte in cui è avvenuto il «pasticciaccio» e anche chiesto perché il suo referente di zona, il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, con cui i rapporti sono sempre stati stretti, lo abbia invece abbandonato non rispondendogli più al telefono. Di certo non ha mai parlato di autosospensione da Fratelli d’Italia, partito di cui fa parte dal 2012.
Anche perché se ci sarà la sospensione sarà comunicata direttamente dalla premier Giorgia Meloni.Una sospensione che, tra i corridori della politica piemontese, si stima in qualche mese. «Il tempo che il caso si sgonfi» dicono . Pozzolo dovrà rispondere di lesioni colpose, accensioni ed esplosioni pericolose e omessa custodia di armi.
(da agenzie)

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