Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
DA UNO CHE ERA ISCRITTO NELLE LISTE DEGLI ELETTORI DEL PARTITO REPUBBLICANO USA NON C’E’ DA STUPIRSI… I MIGRANTI AFFOGATI NEL MEDITERRANO RINGRAZIANO
Matteo Salvini realizza dopo anni il suo desiderio di incontrare il Pontefice. Questa
mattina Papa Leone XIV ha ricevuto nella sua biblioteca privata del palazzo Apostolico il ministro dei Trapsorti e delle Infrastrutture accompagnato dalla figlia Mirta.
A darne notizia è la sala vaticana, diffondendo le immagini di quello che per Salvini deve essere stato un vero e proprio traguardo propagandistico. Il leader della Lega non aveva fatto mistero negli ultimi anni di desiderare un incontro con il Santo Padre, all’epoca Francesco, anche se fu lo stesso Bergoglio a spiegare che era stato Salvini a «non aver mai chiesto un’udienza».
I rapporti tra il Papa argentino e Matteo Salvini non sono mai stati dei migliori. Certamente non hanno aiutato alcune foto circolate in rete nel 2016, dove il leader della Lega esibiva fieramente una maglietta con su scritto: «Il mio Papa è Benedetto». Il terreno di scontro era, in quell’occasione, la divergenza di opinione sulle politiche migratorie.
Per questi motivi, secondo quanto riferito dal Messaggero, il pontefice ha sempre fatto intendere di non gradire incontri ravvicinanti con l’allora ministro dell’interno.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
IL DEM MATTEO RICCI, CANDIDATO DEL CAMPO LARGO, ALL’ATTACCO DEL MELONIANO ACQUAROLI NEL PRIMO FACCIA A FACCIA: “LE MARCHE SONO FERME” … I SONDAGGI DANNO RICCI IN VANTAGGIO DI DUE PUNTI
La data del 28 e 29 settembre, giorno delle elezioni nelle Marche, nel centrodestra potrebbe assumere un significato politico ben più rilevante, in grado di ridisegnare potenzialmente gli equilibri sulle candidature alle Regionali.
Secondo alcuni rumors rilanciati dal Corriere del Veneto, Fratelli d’Italia attenderebbe l’esito delle urne nelle Marche per decidere se reclamare o meno il candidato governatore in Veneto.
Un’ipotesi che di sicuro non trova il placet di Matteo Salvini. «In Veneto ci sono ora 161 sindaci della Lega, quindi penso che potremo esprimere al meglio un candidato per il Veneto senza imporre niente a nessuno, c’è spazio per tutti e tre i partiti», ha precisato ieri il leader del Carroccio.
In Veneto in questo momento la casella è affidata proprio «in pectore» alla Lega (tra i papabili successori di Luca Zaia si fanno i nomi del segretario regionale del Carroccio Alberto Stefani e del sindaco di Treviso Mario Conte).
Intanto, proprio nelle Marche, ieri pomeriggio, c’è stato il primo scontro diretto tra i due principali candidati, il governatore uscente Francesco Acquaroli (centrodestra) e l’ex sindaco di Pesaro, Matteo Ricci (centrosinistra). «In questi anni abbiamo messo in campo una strategia in cui crediamo e che vorremmo far proseguire. Cioè l’uso dei fondi sociali europei con misure ad hoc per rispondere alle esigenze del territorio che sono l’inclusione sociale e l’occupazione femminile e giovanile», ha spiegato Acquaroli.
«Purtroppo le Marche sono ferme. Serve un patto regionale per il lavoro con sindacati, associazioni di categoria per orientareal meglio le risorse a sostegno di lavoro e sviluppo», ha ribattuto Ricci. Scintille tra i due sfidanti anche sulla Zona economica speciale (Zes).
«Il governo è riuscito a includere le Marche e l’Umbria nella Zes — che è diversa rispetto a quella del Mezzogiorno, ma dà delle opportunità — ha detto Acquaroli, esponente del partito guidato dalla premier Meloni. C’è un percorso parlamentare e quando sarà approvata darà delle opportunità agli imprenditori, il cui problema principale è il peso della burocrazia. La zona economica speciale porterà anche nuovi insediamenti produttivi e darà più chance a chi vuole fare degli ampliamenti».
Il dem Ricci ha contestato la mossa del governo : «La Zes è piena di finzioni, non c’è un euro e con ogni probabilità bisognerà aspettare la legge di Bilancio 2026»
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
MARCELLO SORGI: “LA DC ERA STRETTAMENTE CONNATURATA AL SISTEMA PROPORZIONALE. PUR A VOCAZIONE MODERATA E ANTICOMUNISTA, AVEVA PIÙ DI UN TERZO DEI SUOI ESPONENTI AMICI DEL SUO MAGGIORE AVVERSARIO, CON IL QUALE TRATTAVA SE NON TUTTO, QUASI TUTTO” … “MELONI STA SOLO CERCANDO DI ACCRESCERE IL CONSENSO DEL SUO PARTITO TRA I MODERATI”
Le celebrazioni di una Meloni moderata, centrista, neo-popolare, in una parola
“democristiana” si moltiplicano, dopo l’intervento della premier al Meeting di Rimini. E soprattutto ad opera di ex-dc, come ad esempio Rotondi, da tempo schierato a destra ed oggi a suo agio nel confermare la sua scelta.
Che Meloni, tracciando un consuntivo di tre anni di governo, abbia anche descritto lo spostamento verso una collocazione più centrale, non v’è dubbio. E altrettanto che questo sia in un certo senso il percorso obbligato di leader che provenendo da atteggiamenti più radicali si rendono conto della necessaria scoloritura degli stessi nel servizio alle istituzioni.
Valeva a suo tempo per D’Alema e Berlusconi (che non si stancava di ricordare di aver fatto l’attacchino dei manifesti elettorali dc), e vale per Meloni, che a cominciare dalla politica estera […] s’è trovata a sostenere posizioni opposte a quelle di quando era semplicemente leader di FdI.
Ma di qui a dire che siamo in presenza, o di fronte all’annuncio di una rinascita della Dc, ne corre. Chi lo dice, o non si ricorda cos’era il partitone cattolico che governò l’Italia per quasi mezzo secolo, […] oppure (e non è il caso di Rotondi), si lascia prendere dalla nostalgia.
Innanzitutto, la Dc era strettamente connaturata al sistema proporzionale e all’epoca della partitocrazia, in cui il centro era uno solo, e non uno per ogni coalizione. Poi, pur essendo stata un partito a vocazione moderata e anticomunista (in un Paese in cui il Pci prendeva oltre dieci milioni di voti), aveva più di un terzo dei suoi esponenti amici del suo maggiore avversario, con il quale, dalla Costituzione in poi, trattava se non tutto, quasi tutto.
I suoi alleati socialisti e laici ne soffrivano; e Craxi, l’unico ad aver tentato di rompere il cerchio del “consociativismo”, anche lui finì come si sa. Meloni in altre parole sta solo cercando di accrescere il consenso, già largo del suo partito tra i moderati. L’unica cosa di cui un centrosinistra deciso davvero a competere per il governo, ma attestato su sponde estreme, dovrebbe seriamente preoccuparsi.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
“PAGO LA MIA INDIPENDENZA. EVIDENTEMENTE NON VIENE GRADITA DAL CENTRODESTRA” – TUTTE LE POLEMICHE SU FOA: GLI ELOGI A VANNACCI, L’INVITO NEL PROGRAMMA DI UN ANTI-VACCINISTA, GLI ELOGI A PUTIN
Ad annunciare la propria cancellazione dai palinsesti radiofonici Rai, è proprio l’epurato Marcello Foa, già presidente della Rai, già conduttore, oggi solo basito. Giù la maschera, in onda su Rai Radio 1 da due anni, è sparito dai radar senza che il diretto interessato fosse stato avvertito.
Voci di corridoio e poi telefoni spenti: «Ebbene si, quel che era inaspettato è accaduto. Il programma condotto con Peter Gomez,Alessandra Ghisleri, Giorgio Gandola e Luca Ricolfi, era troppo indipendente per avere vita lunga».
Presidente Foa come sta?
«Come sta un esodato… Chi l’avrebbe mai detto? Doppiamente sconcertato visto che l’epurazione viene dalla mia ex azienda».
Sentimento più forte?
«Il rammarico per una brutta pagina consumata senza nessuna spiegazione neppure formale. Tu direttore (Nicola Rao, ndr), alzi il telefono e mi dici qualunque cosa. Invece, niente».
Tipico Rai: quando lei sostituì “Forrest” pure Bottura e Aprile lo scoprirono per caso.
«Questa non la sapevo».
Qui la stranezza che la riguarda è che si chiuda una trasmissione voluta dalla maggioranza. Pensa sia frutto di una tensione all’interno del governo, per essere espliciti, un braccio di ferro Salvini-Meloni?
«Non ne ho proprio idea, certo, tutto è possibile. Attestati di stima da loro non mi sono arrivati. Neppure hanno dimostrato di volermi a tutti i costi.
Nemmeno la Lega, sia chiaro.
E meno male che mi davano per leghista! Io pago la mia indipendenza, garbata ma ferma. Evidentemente non viene gradita dal centrodestra».
Allora le elenco le perle: correva l’anno 2023, a una settimana dalla messa in onda si scatenò un putiferio per gli elogi al generale Vannacci. Poi lei invitò un anti-vaccinista sospeso per questo dall’ordine dei medici di Torino e la Rai fu costretta a intervenire.
Nel 2018 da presidente dell’azienda uscirono dei tweet con elogi a Putin. Rilanciò l’idea di un golpe ai danni di Trump, insultò il presidente Mattarella, se ne uscì con teorie complottiste su George Soros e plaudì al negazionista climatico Robert F. Kennedy. Proseguo?
«Posso rispondere a tutto con estrema serenità. Era in epoca post pandemia la trasmissione a cui lei fa riferimento, peraltro equilibratissima, e vedeva tra gli ospiti Massimo Citro della Riva che aveva di fronte Francesco Zambon, ex funzionario Oms e l’infettivologo Massimo Galli. Tutti espressero il loro pensiero e Galli difese le ragioni del pro-vaccino. Poi a Citro scappò una frase di troppo e scoppiò il caso».
Il centrodestra le ha voltato le spalle?
«Mi ha fatto mancare l’appoggio politico. Se mi avesse fatto fuori una Rai a guida centro sinistra non mi sarei stupito, ma fatto dalla maggioranza, no».
La Rai di oggi le piace?
«Non vedo una spinta innovativa forte. Mi sembra ripetitiva. Non è un’azienda serena» .
n quest’occasione ha sentito l’ad Giampaolo Rossi?
«Non ho sentito nessuno».
Ha sentito Salvini?
«No» .
Ma chi ha detto «Foa via»?
«Il direttore Rai ha l’ultima parola, ma che margine di indipendenza può aver avuto se pressato dai partiti, questo non lo so. La sinistra non mi difende, la destra non può; l’esito finale è questo. Ha ragione Veneziani quando scrive che la destra sa criticare ma non sa costruire».
(da La Stampa)
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Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
E SE DECARO DOVESSE DARE FORFAIT, SI LAVORA A UN PIANO B (CRESCONO LE QUOTAZIONI DELLO SCHLEINIANO BOCCIA)
Francesco Boccia prova a mediare con Nichi Vendola. Ma chiarendo un punto: non è il
Pd di Elly Schlein a chiedergli di farsi da parte. Il suo partito non condivide il veto posto da Antonio Decaro, candidato in pectore del centrosinistra ma con la riserva che in lista non ci sia né il presidente di Sinistra italiana né il governatore Michele Emiliano.
Semmai, il capogruppo al Senato auspica un incontro chiarificatore con l’europarlamentare dem. «Non so ancora se ci sarà», confida Vendola. Ma una cosa la dice chiara, parlando a margine della presentazione del suo libro, il Sacro queer, a Bisceglie. «Con lui non abbiamo mai smesso di parlarci e continueremo a farlo».
Derubrica, però, a «ipotesi della fantasia» la sua possibile candidatura in alternativa a Decaro. Al quale, semmai, offre «una mano» a porre il tema della discontinuità alla stagione di Emiliano: «Io l’ho invocata per anni e anni. Bisogna fare in modo che il centrosinistra sia luogo di assoluta trasparenza. Di cambiamento, di servizio al bene comune, che non accetti mai le dinamiche opache del trasformismo. Su questa discontinuità io voglio dare una mano a quello che farà il futuro governatore. E a un centrosinistra che non deve vivere come sistema di potere dopo vent’anni che si è radicato in Puglia».
Nelle Vecchie segherie, la libreria/bar della cittadina a nord di Bari nel quale si organizza il festival “Libri nel borgo antico”, l’artefice della Primavera pugliese incassa il sostegno dell’uomo inviato da Schlein per evitare rotture a sinistra.
Boccia ritiene fuori dalla logica politica l’impuntatura di Decaro anche nei confronti di Vendola. Ritiene che rimuovere questo diktat sia ora la priorità. Subito dopo si affronterà il caso Emiliano, che è tutto interno al Pd. Così come pensa il padre nobile dell’Alleanza Verdi Sinistra, che ha intuito che il no di Decaro è pretestuoso, «una discussione che impropriamente mi tira in ballo», perché in realtà mira a Emiliano. E chiede agli alleati di «discuterne al loro interno per sciogliere il nodo».
Ma anche Boccia mette paletti a Decaro: la sua richiesta di “voltare pagina” rischia di delegittimare l’era del centrosinistra al governo in Puglia e quindi chiarisce: «Questi vent’anni sono un fiore all’occhiello per tutti noi. La Puglia è cresciuta e i pugliesi lo sanno». Al Nazareno hanno il sentore che Decaro stia giocando una partita diversa, proiettata verso le dinamiche congressuali.
E temono interferenze che possano complicare il percorso per una vittoria che in Puglia appare già scontata. Di qui la missione di Boccia.
Preso atto che Avs non fa passi indietro e che Vendola si candida come consigliere, «tocca ad Antonio decidere», ragionava ieri sera il senatore pugliese. Escluderebbe un piano B? La risposta non è sì. «Con Elly stiamo lavorando in tutta Italia per costruire l’unità del centrosinistra, rispettando la pluralità e puntando su programmi comuni.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
LE VACCINAZIONI SONO IN CALO DA ANNI, SOPRATTUTTO I RICHIAMI TRA I RAGAZZINI TRA I 12 E I 18 ANNI: “PER RIDURRE I RICOVERI NON BASTA RISPETTARE I CALENDARI VACCINALI. BISOGNA FARE I RICHIAMI IL PRIMA POSSIBILE” … NON AIUTA IL CLIMA OSTILE NEL GOVERNO MELONI CONTRO I VACCINI
La pertosse sembrava una malattia sotto controllo. Tra 2016 e 2019 l’ospedale pediatrico Meyer aveva ricoverato 28 bambini a Firenze. Poi nel 2024 è arrivata la fiammata: 259 casi in un anno, oltre nove volte tanti. Non tutti erano neonati, i pazienti in cui la pertosse mette più a rischio la vita. Una buona metà erano adolescenti.
In loro la malattia si manifesta in genere con tosse forte e stizzosa, ma nulla più. Ben 136 ragazzi fra 12 e 16 anni invece l’anno scorso hanno avuto bisogno di un ricovero al Meyer.
La fiammata ha stupito i medici fiorentini, che ieri hanno pubblicato la loro analisi dell’epidemia sulla rivista europea di malattie infettive Eurosurveillance. Il primo autore dello studio è l’immunologo Francesco Nieddu. «Per ridurre i ricoveri – scrivono i medici – non basta rispettare i calendari vaccinali. Bisogna fare i richiami il prima possibile».
Una prima copertura contro la pertosse avviene con tre dosi nel primo anno d’età. La protezione del vaccino svanisce però con il tempo. I richiami sono previsti a 5 anni e poi tra i 12 e i 18.
La maggior parte dei ricoverati al Meyer rientrava proprio nella fascia d’età 12-18. Pensando di avere tempo, i ragazzi hanno rimandato il richiamo, salvo poi ritrovarsi contagiati.
Grazie alla rete Inf-Act, che raccoglie i dati sull’infezione di 11 centri italiani, fra cui il Meyer, Guarino e i colleghi hanno descritto sempre su Eurosurveillance l’epidemia di pertosse del 2024 su scala nazionale. Il bilancio è di 4 piccole vittime, il decuplo dei contagi rispetto al 2023, un aumento di 8 volte dei ricoveri e alcune decine di neonati in terapia intensiva.
«Da anni le vaccinazioni contro la pertosse erano andate calando» spiega Guarino. «Nel 2024 il numero di persone suscettibili alla malattia era diventato talmente alto da causare l’epidemia. In ospedale abbiamo visto i casi gravi, ma la pertosse, molto contagiosa, ha circolato anche fra persone adulte e sane».
Uno dei buchi del sistema delle vaccinazioni in Italia è dunque quello degli adolescenti. In Toscana, regione con uno dei tassi di immunizzazione più alti d’Italia, il 97,7% dei bambini di 2 anni riceve le prime tre dosi, contro la media italiana del 94,8%. A 16 anni la copertura scende però al 75,8%, mentre la media nazionale è del 68,4%.
Una seconda falla riguarda le donne in gravidanza. «A tutte è raccomandato di vaccinarsi, perché l’infezione trasmessa a un neonato è maledettamente seria» spiega il pediatra di Napoli. «Il tasso di mortalità nei lattanti è del 2%». Fra i pazienti ricoverati al Meyer nel 2024, 20 avevano meno di 2 mesi: erano troppo piccoli per essere vaccinati. Nessuna delle loro madri si era immunizzata.
Secondo la Società Italiana di Pediatria «nel 2024 il 95% delle madri dei bambini contagiati a meno di 4 mesi di età non erano vaccinate. L’80% non aveva neanche ricevuto informazioni sulla disponibilità della vaccinazione prenatale».
Un tasso di vaccinazione insufficiente (il 95% è la soglia minima fissata dal piano nazionale di prevenzione vaccinale, con Sicilia e provincia di Bolzano sotto al 90%), mancanza di dati nazionali sulla copertura in gravidanza e distrazione durante l’adolescenza sono le tre maglie slabbrate che permettono a un batterio contagioso come Bordetella pertussis di continuare a uccidere dei neonati in Italia, nonostante l’offerta di vaccini gratuiti.
Il clima ostile ai vaccini – evidente dall’inserimento di due medici No vax nella commissione Nitag (Gruppo tecnico
consultivo sulle vaccinazioni) che supporta il Ministero della Salute nelle scelte sui vaccini raccomandati– si traduce dunque in vittime, spesso fra i più piccoli e fragili. «Ho visto bambini morire di morbillo. È pazzesco» ricorda Guarino.
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
‘’LA RICETTA DI MELONI, CHE CONSISTE NEL RIDURRE LE COMPETENZE DELL’EUROPA E RESTITUIRE AGLI STATI NAZIONALI LA POSSIBILITÀ DI FARE LE POLITICHE NECESSARIE, NON HA NULLA A CHE FARE CON IL PENSIERO DRAGHI CHE CHIEDE DI ACCELERARE L’INTEGRAZIONE POLITICA DEI 27 STATI DELL’UNIONE’’… ‘’SONO DUE IMPOSTAZIONI RADICALMENTE DIVERSE E CONTRASTANTI. UNA CHIEDE DI ANDARE AVANTI, L’ALTRA CHIEDE DI TORNARE INDIETRO’’
Con un ovvio tentativo di mettersi in scia con gli applausi che avevano accolto le
severe parole pronunciate da Mario Draghi sull’Europa nel discorso di apertura del Meeting di Comunione e Liberazione, nel suo intervento di ieri l’on. Meloni ha sostenuto che quelle critiche di Draghi riecheggiavano i giudizi critici che hanno accompagnato l’ascesa al potere sua e del suo partito.
La platea sembra avere apprezzato il discorso senza rendersi conto che l’utilizzazione delle parole di Draghi costituiva una forzatura evidente.
Nel suo discorso al Meeting, come in altre precedenti occasioni, Draghi ha criticato i ritardi dell’Europa nel cammino verso l’integrazione politica. In un mondo in cui i grandi attori internazionali, gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, guidano e indirizzano le loro economie con una visione complessiva, la frammentazione del potere europeo fra le istituzioni comunitarie e gli Stati nazionali rende impossibile adottare le politiche necessarie.
Se l’Europa non accelera la sua integrazione – dice Draghi – essa sconterà un progressivo indebolimento che non potrà non riflettersi anche sulle nostre condizioni di vita, oltre che sul suo
peso politico nelle vicende internazionali e in definitiva sulla sua sicurezza.
Che cosa c’entra tutto questo con la ricetta di Meloni, ripetuta ieri nel suo intervento al Meeting, che consiste nel ridurre le competenze dell’Europa e restituire agli Stati nazionali la possibilità di fare le politiche necessarie? Sono due impostazioni radicalmente diverse e contrastanti.
Una chiede di andare avanti, l’altra chiede di tornare indietro. Del resto, la nostra presidente del Consiglio aveva dichiarato di ritrovarsi pienamente nel violento attacco all’Europa del vicepresidente degli Stati Uniti Vance nel corso della conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Più chiaro di così?
Prodi propone un referendum europeo per superare il principio dell’unanimità; altri propongono il modello di un’Europa a più velocità nella quale il plotone di testa proceda speditamente sulla via dell’integrazione politica.
L’Italia apprezza gli sforzi generosi di Trump per risolvere la guerra in Ucraina; non partecipa alle iniziative dei cosiddetti volenterosi, ma si offre di mandare un proprio personale militare a sminare i terreni o le acque intorno all’Ucraina. Lo fa perché Salvini condiziona le scelte della potentissima on. Meloni, o perché questo è quello che lei pensa davvero?
(da agenzie)
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Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
LA CARRIERA DEL DIPLOMATICO DA ALLORA HA AVUTO UNA RAPIDA ASCESA, SEMPRE TRA LE FILE LEGHISTE… ECCOLO RICICLATO NELLA CARA (ALLA LEGA) RUSSIA TRA LE PERPLESSITA’ DELLE CANCELLERIE EUROPEE
Ci sono date che segnano una storia, viaggi che restano scolpiti nelle cronache. Quello di Matteo Salvini in Russia nell’ottobre del 2018, tra molti: rese evidente il rapporto strettissimo tra la Lega e il Cremlino, provocò un ciclone politico e mediatico culminato nei celebri incontri presso l’hotel Metropol.
Ecco, a organizzare quelle missioni russe fu anche Stefano Beltrame, in quei mesi consigliere diplomatico dell’allora ministro dell’Interno. Da ieri, Beltrame è il nuovo ambasciatore italiano a Mosca.
Non è uno qualunque, ma un diplomatico di lungo corso. Con una costante, che ricorre nella seconda e decisiva fase della carriera: il Carroccio. Dopo incarichi diplomatici tra Bonn, Washington, il Kuwait e Teheran, infatti, il primo contatto con i leghisti: tra il 2010 e il 2013 è consigliere diplomatico del governatore veneto Luca Zaia.
Diventa quindi console generale a Shanghai, per decisione di Emma Bonino. Quindi il grande salto, nel biennio 2018-2019, al fianco di Salvini: è l’epoca dei viaggi a Mosca, ma anche a Washington dove governa ancora Donald Trump.
Tra il 2022 e il 2023, la promozione ad ambasciatore in Austria. Quindi, dal 2023, di nuovo consigliere per un ministro del Carroccio, stavolta però al fianco di Giancarlo Giorgetti all’Economia. A fine 2024, la nomina decisiva ad ambasciatore
di grado. Ed è proprio negli ultimi mesi che prende forma,a fatica e non senza tensioni, l’ultimo clamoroso balzo.
È il giugno del 2025, la Farnesina decreta una nuova tornata di ambasciatori. Beltrame, sostenuto da Giorgetti, punta alla sede di Buenos Aires. Tajani, in consiglio dei ministri, legge un elenco in cui l’uomo del ministro del Tesoro non c’è: il titolare dell’Economia si impunta, blocca le altre nomine (ad eccezione della successione di Mariangela Zappia a Washington, su cui non si può rimandare). Inizia un braccio di ferro politico, finché Beltrame incrocia proprio Tajani alla festa della Guardia di Finanza. I due si parlano, si chiariscono: alla prima occasione utile, avrà soddisfazione.
E siamo agli ultimi giorni. Il ministro degli Esteri richiama a Roma una diplomatica di sua stretta fiducia, Cecilia Piccioni, ambasciatrice d’Italia a Mosca dal luglio del 2024.
La promuove alla guida della Direzione generale per gli affari politici (Dgap), quella affidata fino a ieri a Pasquale Ferrara […] Grazie alla riforma della Farnesina presentata proprio ieri, Piccioni ricoprirà anche la casella di vicesegretario generale.
C’è però anche la politica, a pesare, perché i viaggi di Salvini in Russia furono il momento più alto nei rapporti tra la Lega e la galassia putiniana. Adesso, il governo di Giorgia Meloni — fermamente al fianco di Kiev — decide di promuovere un diplomatico in ottimi rapporti con il Carroccio nella sede moscovita. Una nomina nota e avallata da Palazzo Chigi.
Non è un caso. Certo, a pesare è anche il pressing di Giorgetti e Salvini. Una pressione talmente forte da aver costretto la Farnesina a depennare altri nomi in lizza, su cui sembrava essersi orientata la struttura. E da aver piegato anche alcuni dubbi della premier, convinta infine dal suo vice. Ma […] a pesare èsoprattutto il nuovo corso deciso dall’amministrazione Trump, che ha imposto unilateralmente agli occidentali uno “scongelamento” nei rapporti con i russi.
Da mesi, è infatti in corso un grande “reset” dei corpi diplomatici schierati in Russia. Anche francesi e tedeschi hanno scelto profili meno aspri. Non, però, fino a spingersi in avanti come Roma.
Contano i segnali. Per dire, l’inviato speciale del Presidente Usa è Steve Witkoff, che solo poche settimane fa salutò lo Zar mettendosi la mano sul cuore. Palazzo Chigi, la più vicina alla linea trumpiana tra le principali capitali europee — ma anche tra le più esposte con Mosca su diversi dossier economici e aziendali — si mette pesantemente in scia. Manda un segnale di appeasement. Tamente evidente da essere stato notato in queste ore, si apprende, tra Parigi, Londra e Bruxelles.
(da La Repubblica)
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Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile
“DOBBIAMO FARE PRESSIONE AFFINCHÉ ANCHE LA RUSSIA VOGLIA LA PACE. LAVORIAMO AL PROSSIMO PACCHETTO DI SANZIONI”… INVECE CHE SANZIONI NON SAREBBERO PIU’ EFFICACI DUEMILA DRONI SU MOSCA?
“La Russia non vuole la pace, questo è molto chiaro, in questo momento. Quindi, visti
gli attacchi che stanno portando avanti, dobbiamo fare pressione su di loro affinché anche loro vogliano la pace. Questa è l’unica cosa che funziona”. Lo dice l’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas, al suo arrivo al Consiglio informale Difesa Gymnich a Copenaghen.
“Stiamo lavorando al prossimo pacchetto e ci sono diverse opzioni sul tavolo, ovviamente, quella che li danneggerà di più sono le sanzioni sull’energia e tutte le sanzioni secondarie che gli americani hanno proposto, ad esempio, ma anche i servizi finanziari che li ostacolano davvero, l’accesso ai capitali, ciò di cui hanno così disperatamente bisogno”, spiega.
“Mettiamo sempre molte cose sul tavolo e poi alla fine dobbiamo trovare un accordo. Ma queste discussioni sono in corso e tutti capiscono che, considerando come Putin sta prendendo in giro gli sforzi di pace, l’unica cosa che funziona è la pressione”, ribadisce.
La rappresentazione plastica delle intenzioni del presidente russo Putin in Ucraina e degli scarsi risultati del presidente Usa Trump di portare Mosca al tavolo della pace a meno di due settimane dall’incontro in Alaska.
L’attacco di ieri a Kiev «è un altro triste monito di ciò che è in gioco», ha commentato «indignata» la presidente della Commissione europea von der Leyen, aggiungendo che «dimostra che il Cremlino non si fermerà davanti a nulla pur di terrorizzare l’Ucraina, uccidendo alla cieca civili — uomini,
donne e bambini — e prendendo di mira persino l’Unione europea».
Il cancelliere tedesco Merz ha detto, parlando al fianco del presidente francese Macron che lo ospitava al Fort de Brégançon, che «è evidente che non ci sarà alcun incontro fra il presidente Zelensky e il presidente Putin».
E ha aggiunto che questo avviene «contrariamente a quanto convenuto fra Trump e Putin». Von der Leyen ha sentito telefonicamente Zelensky e poi Trump: «Vladimir Putin deve sedersi al tavolo dei negoziati», ha scritto su X.
«Dobbiamo garantire una pace giusta e duratura per l’Ucraina — ha proseguito — con impegni di sicurezza solidi e credibili». Il presidente Zelensky ha riferito su X di avere parlato anche del «percorso di integrazione europea e dell’apertura simultanea del cluster negoziale per Ucraina e Moldavia» e di aspettarsi «una decisione positiva a breve».
Oggi i ministri della Difesa e domani quelli degli Esteri si riuniscono a Copenaghen per una riunione informale. Discuteranno di garanzie di sicurezza, di sostegno finanziario e militare e del 19esimo pacchetto di sanzioni. Sul tavolo anche l’uso dei beni russi congelati (apertura rilevante che si scontra con i dubbi giuridici di alcuni Paesi) oltre che dei profitti generati come già avviene.
L’Ue intende «mantenere la massima pressione sulla Russia», ha spiegato von der Leyen. Secondo il New York Times , che cita funzionari statunitensi e occidentali, la Russia o i suoi alleati stanno pilotando droni di sorveglianza sulle rotte usate dagli Stati Uniti e dai loro alleati per trasportare rifornimenti militari attraverso la Germania orientale, raccogliendo informazioni che potrebbero essere usate per rafforzare la campagna di sabotaggio
del Cremlino e assistere le truppe russe in Ucraina.
Le sedi della missione diplomatica dell’Ue e del British Council a Kiev sono state danneggiate ma non ci sono stati morti tra i funzionari europei. Per la capo missione Katarina Mathernova è stata una «scelta deliberata di Putin».
«Uno degli obiettivi — ha detto l’ambasciatrice al Financial Times — era un edificio situato proprio tra la delegazione dell’Ue e un grattacielo residenziale dove vivono molti dei miei colleghi». L’Alto rappresentante Ue Kallas ha convocato a Bruxelles l’incaricato d’affari russo e la Gran Bretagna l’ambasciatore russo a Londra per protestare.
In un punto stampa von der Leyen ha mostrato le foto della sede distrutta e ha ribadito il sostegno incrollabile a Kiev: ha annunciato l’inasprimento del «regime sanzionatorio» contro Mosca con la presentazione «presto» del 19esimo pacchetto. E ha detto che l’Ue sta portando avanti «il lavoro sui beni russi congelati». Da oggi fino a lunedì von der Leyen visiterà Lettonia, Finlandia, Estonia, Polonia, Lituania, Bulgaria e Romania per ribadire il sostegno dell’Ue ai sette Paesi che confinano con Russia e Bielorussia.
(da agenzie)
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