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ACQUAROLI, LA PROSSIMA VOLTA FINGITI MALATO! “IL RESTO DEL CARLINO”, NON CERTO UN ORGANO DEL PD, TUMULA IL GOVERNATORE MELONIANO DELLE MARCHE, ASFALTATO NEL PRIMO CONFRONTO PUBBLICO DAL PIDDINO MATTEO RICCI

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

“DOVREBBE TROVARE OGNI SCUSA POSSIBILE PER EVITARE ALTRI CONFRONTI DIRETTI. DAI DUELLI HA SOLO DA PERDERE. LA FORMA FA LA DIFFERENZA. EMBLEMATICO, DURALE IL CONFRONTO DI GIOVEDI, IL PASSAGGIO SULLA SANITA”

Francesco Acquaroli dovrebbe trovare ogni scusa possibile per evitare altri confronti diretti con Matteo Ricci: un certificato medico, una finta influenza, un’indisposizione, un impegno istituzionale, il compleanno di un amico delle elementari, qualsiasi cosa gli passi per la testa pur di non ritrovarselo di fronte. Se è vero che ha in mano sondaggi favorevoli, gli conviene giocare in difesa, fare le barricate, prevenire ogni contropiede.
Dai duelli ha solo da perdere. Il primo, quello di giovedi nella sede della Uil di Ancona, non ha lasciato segni profondi perché i due candidati governatori non hanno detto cose indimenticabili.
Ma è proprio in situazioni come queste che Ricci tira fuori il meglio di sé: in una discussione in cui nessuno sa far emergere grandi argomentazioni, soluzioni solide e una profondità d’analisi in grado di conquistare l’ascoltatore, allora a fare la differenza è altro.
Tradotto: se non hai grandi cose da dire, cerca di dire bene quelle poche che hai.
Ricci si è formato per anni in tv, in talk show nei quali la postura, la prontezza di riflessi, il tono di voce, la capacità di svicolare dalle domande scomode è pane quotidiano. E i risultati si vedono.
Si videro ancora di più all’inaugurazione di Pesaro 2024, quando alla Vitrifrigo Arena Acquaroli fece la figura dello studente che aveva imparato male la poesia a memoria e poco dopo Ricci declamò un discorso che in confronto sembrava Churchill. Nel frattempo il governatore è migliorato sotto questo punto di vista, ma con Ricci continua a soffrire.
Più nella forma che nella sostanza, ma – come dicevamo – quando la sostanza non è granché, la forma fa la differenza. Emblematico, durale il confronto di giovedi, il passaggio sulla sanità, tema sul quale si fa fatica a raccontare favole ai marchigiani: sappiamo bene come vanno le cose oggi e come andavano quando c’era il centrosinistra al comando.
Ebbene, Acquaroli ha ammesso il problema delle liste d’attesa, ha aggiunto che dopo il Covid le richieste di prestazioni sanitarie sono aumentate del 30% e che però nell’ultimo anno, grazie ai maggiori servizi offerti nelle Marche, è diminuita la richiesta di prestazioni inappropriate.
Concetti messi in fila in modo poco digeribile, di fronte ai quali Ricci ha avuto il guizzo televisivo: «Acquaroli ci sta dicendo che
la colpa delle liste d’attesa è dei marchigiani che chiedono troppe prestazioni». E questa versione impazza nei social da tre giorni.
E’ vera? E’ falsa? Non importa: in tempi in cui la comunicazione corre anche con video di 30 secondi, Ricci sa meglio di Acquaroli come sfruttarli, quei 30 secondi. Piaccia o non piaccia. Certo, Acquaroli avrebbe potuto ricordargli che il Pd ha gestito la sanità marchigiana per decenni, che l’ultimo assessore regionale alla sanità del Pd (Ceriscioli) è stato rimandato proprio da Ricci a fare il professore alle superiori, che insomma sulla sanità c’è quanto meno un concorso di colpa. Ma non l’ha fatto. Avrà un’altra possibilità, nel prossimo confronto. Ma se può evitarlo, lo eviti.

(da agenzie)

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PER UN POLITICO UN’INCHIESTA PUÒ DIVENTARE UN’OPPORTUNITÀ. ALESSANDRA GHISLERI: “IN ALCUNI CONTESTI, SPECIALMENTE QUANDO C’È UN FORTE RADICAMENTO TERRITORIALE O UNA PERCEZIONE DI ACCANIMENTO GIUDIZIARIO, L’EFFETTO PUÒ ESSERE ADDIRITTURA OPPOSTO: IL POLITICO SOTTO INCHIESTA PUÒ USCIRNE RAFFORZATO”

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

“UN ITALIANO SU DUE (52,7%) È CONVINTO CHE POTREBBE ESSERCI UN EFFETTO CAPACE DI CONDIZIONARE LE ELEZIONI LOCALI”… PER IL 28,9% DEGLI ITALIANI LA CORRUZIONE È AUMENTATA RISPETTO A 10 ANNI FA

In un sistema democratico, le inchieste giudiziarie rappresentano uno degli strumenti fondamentali per garantire la legalità e la trasparenza dell’azione pubblica. Tuttavia, quando coinvolgono figure politiche di primo piano, queste inchieste assumono
inevitabilmente anche un valore politico, influenzando l’opinione pubblica, i media e, in ultima analisi le dinamiche elettorali.
Una semplice iscrizione nel registro degli indagati, pur priva di valore di colpevolezza, può compromettere la reputazione di un candidato e di conseguenza in caso di elezioni – se “mal giocata” – orientare il voto.
Nei fatti, l’opinione pubblica tende a formarsi ben prima che un processo giunga a sentenza definitiva, rendendo le inchieste uno strumento che può avere effetti politici anche indipendentemente dall’esito giudiziario.
In questo contesto, dopo i fatti di Milano e delle Marche che hanno coinvolto personaggi di spicco del centro sinistra italiano, nonché Matteo Ricci candidato del Partito Democratico per la guida della regione, un italiano su due (52,7%) è convinto che potrebbe esserci un effetto capace di condizionare – anche in modo significativo – le elezioni locali principalmente in due modi.
Da una parte un elettore su tre (27,3%) è convinto che se ci fossero nuove indiscrezioni giudiziarie in vista delle elezioni ci potrebbe essere un aumento dell’astensione, mentre per un elettore su quattro (25,4%) si potrebbe palesare una diminuzione del voto relativo proprio al Partito Democratico.
Questi timori scuotono sicuramente gli elettori di centro sinistra, ma non come quelli del centro destra che con una media sopra il 60,0% registrano le percentuali più alte … o forse un po’ ci sperano.
Eh, sì perché in questa tornata elettorale ad esclusione del Veneto e della regione Calabria, le altre 4 regioni al voto hanno principalmente una tendenza che vede il centro sinistra avvantaggiato.
Solo le Marche sembrano mostrare un certo balance al momento. Se cerchiamo ragioni nella storia possiamo riportare i casi più eclatanti. Forse quello più emblematico è l’inchiesta “Mani
Pulite”, esplosa nei primi anni ’90 in Italia.
L’indagine mise in luce un sistema diffuso di corruzione – definito “Tangentopoli” – che coinvolgeva l’intero arco politico, soprattutto i partiti di governo come la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano. Gli effetti politici furono devastanti: la classe dirigente della Prima Repubblica fu spazzata via e nuove formazioni politiche, come Forza Italia di Silvio Berlusconi, emersero cavalcando proprio il discredito verso i partiti tradizionali.
Non sempre, tuttavia, un’inchiesta si traduce in un danno elettorale. In alcuni contesti, specialmente quando c’è un forte radicamento territoriale o una percezione di accanimento giudiziario, l’effetto può essere addirittura opposto: il politico sotto inchiesta può uscirne rafforzato, presentandosi come vittima di un sistema o di un “complotto”.
È il caso, ad esempio, di Silvio Berlusconi, che per anni ha mantenuto un ampio consenso elettorale nonostante i numerosi procedimenti giudiziari, facendo leva sul conflitto tra poteri dello Stato e sulla mobilitazione del suo elettorato.
Per un cittadino su due (52,3%), secondo l’indagine di Only Numbers, rispetto a 10 anni fa la corruzione politica in Italia è rimasta invariata: sempre molto diffusa. Per il 28,9% è addirittura aumentata.
Insieme a Forza Italia sono gli elettori del Partito Democratico e di Alleanza Verdi e Sinistra italiana a denunciarlo insieme a un sostenitore su due del Movimento 5 Stelle (47,5%), convinto che negli ultimi tempi ci sia stato un importante aumento della corruzione.
Le inchieste giudiziarie rappresentano un elemento cruciale nella vita democratica; tuttavia, il loro impatto sul processo elettorale solleva interrogativi complessi. In assenza di sentenze definitive, il rischio di una giustizia “mediatica” che sostituisce quella “formale” è concreto.
Servirebbe una riflessione più ampia su come garantire l’indipendenza della magistratura e il diritto dell’elettorato a un’informazione completa, corretta e rispettosa dei tempi della giustizia. Solo così sarà possibile preservare l’equilibrio tra il diritto-dovere della giustizia e la sovranità popolare.

Alessandra Ghisleri
per “La Stampa”

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PADOVA, DONNA DISABILE BULLIZZATA IN STAZIONE: SOLO UNDASPO PER QUATTRO MINORENNI, SAI CHE GLIENE FREGA A QUESTA FECCIA

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

LE QUATTRO RAGAZZINE TRA 13 E 16 ANNI HANNO PRECEDENTI PER RAPINE, ESTORSIONI E LESIONI

La questura di Padova ha notificato un Daspo ‘Willy’ a 4 ragazze tra i 16 e i 17 anni per aver bullizzato, nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, una donna disabile di 58 anni presa di mira con insulti e schernita, gettandole addosso spruzzi con la pistola ad acqua.
Alle 4 ragazzine sarà vietato, per tre anni, l’accesso e lo stazionamento all’interno di tutti i locali pubblici e di intrattenimento presenti nella zona della stazione. Il fatto è avvenuto lo scorso 25 agosto.
Le violenze
Gli agenti si sono attivati dopo una telefonata al 113 che segnalava, appunto, un gruppo di 5 ragazzine minorenni che, senza alcun motivo, avevano preso di mira all’interno di un locale una straniera, claudicante ed affetta da problemi di salute, cominciando a ingiuriarla, deriderla e a spruzzarle ripetutamente acqua sul volto spruzzata con una pistola ad acqua, fino a sottrarle la stampella ortopedica.
La vittima aveva cercato di sottrarsi agli abusi, ma è stata seguita fino alla stazione con le giovani che continuavano a molestarla. Gli agenti hanno individuato le ragazzine: tre sedicenni, una diciassettenne e una tredicenne, tutte già note alle Forze dell’Ordine per minacce, lesioni, rapine, estorsioni, in particolare nei confronti di propri coetanei e di altri soggetti appartenenti alle fasce deboli. Alla tredicenne non è stato applicato il Daspo perché non perseguibile per età.
Impennata di reati tra i minori
Il questore Marco Odorisio ha osservato che “il fenomeno della devianza giovanile e della criminalità minorile vede sempre più abbassarsi l’età dei protagonisti, anche sotto la soglia dei 14 anni, che si caratterizzano per condotte antisociali o penalmente rilevanti”. Da inizio 2025 nella provincia sono 107 i minorenni segnalati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Venezia, 92 minori indagati in stato di libertà e 15
minori arrestati, principalmente per droga. Sono stati invece eseguiti a carico di minorenni 58 misure di prevenzione, prevalentemente Daspo “Willy” e avvisi orali, quasi il triplo rispetto allo stesso periodo del 2024 quando le misure di prevenzione personali a carico di minorenni erano state 20.

(da agenzie)

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REGIONALI CALABRIA: FRATELLI D’ITALIA CONTRO LA CANDIDATURA DELLA DOCENTE DI CESARE, TRIDICO LA DIFENDE: “ATTO INTIMIDATORIO”

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

“SI ACCANISCONO CONTRO UNA DONNA CHE PARLA DI DIRITTI E GIUSTIZIA SOCIALE E CANDIDANO PRESIDENTE UN INDAGATO PER CORRUZIONE: IPOCRITI”

La candidatura non è ancora ufficiale, ma le polemiche sono già infuocate. Fratelli d’Italia attacca Donatella Di Cesare, possibile capolista per Pasquale Tridico nella corsa alle regionali calabresi del 5-6 ottobre. E l’ex presidente dell’Inps difende la docente universitaria: “Sconcertato dalla campagna d’odio di FdI contro Di Cesare”.
A bersagliare la filosofa dell’Università La Sapienza è soprattutto Wanda Ferro, coordinatrice del partito di Giorgia Meloni in Calabria: “La candidatura della professoressa Donatella Di Cesare suscita seria preoccupazione, alla luce di sue precedenti dichiarazioni pubbliche, eccessivamente indulgenti, quasi assolutorie, in occasione delle morte della brigatista, mai pentita, Barbara Balzerani”.
Di Cesare era finita nelle polemiche per un suo tweet sulla morte della terrorista rossa a marzo 2024. Aveva scritto: “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna”. Compagna Luna era il nome di battaglia di Balzerani, che partecipò al sequestro Moro e alla strage della scorta, oltre che a svariati altri omicidi e fu, dopo la scissione delle Br nei primi anni Ottanta,
leader dell’ala militarista, le Br-Partito comunista combattente.
“Ricordo le forti e vive proteste che si sollevarono in quei giorni, e che coinvolsero anche il mondo accademico”, dice Ferro. “Ne va del rispetto delle vittime del terrorismo e delle loro famiglie”.
Tridico fa scudo alla professoressa: “Sono stupito e sconcertato dagli attacchi di Fratelli d’Italia contro Donatella Di Cesare, filosofa, pacifista e femminista, presa di mira utilizzando un vecchio tweet stravolto per attribuirle tesi mai sostenute e parole mai pronunciate”.
Per l’eurodeputato Cinquestelle, “che un partito di governo arrivi a mettere nel mirino una cittadina, la cui candidatura non è stata nemmeno ufficializzata, è un atto intimidatorio che mina la nostra democrazia. E dovrebbe preoccupare tutti”.
“Donatella Di Cesare – aggiunge l’ex presidente dell’Inps – ha sempre preso le distanze da ogni forma di violenza, scegliendo invece, come tante donne della sua generazione, di abbracciare il femminismo. Vorrei ricordare a Fratelli d’Italia che, mentre si accanisce contro una donna libera che parla di pace, diritti e giustizia sociale, insieme a Lega e Forza Italia hanno candidato presidente un indagato per corruzione. Questa – conclude Tridico – è l’ipocrisia del centrodestra”.

(da La Repubblica)

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“IL PM FA IL KILLER, IL GIORNALISTA NE SCRIVE”: UNA FRASE DI UN INDAGATO? NO DEL MINISTRO MUSUMECI (FDI)

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

E QUESTO ERA IL POLITICO SOVRANISTA “PRESENTABILE”, FIGURATI GLI ALTRI… LA REAZIONE DEI MAGISTRATI: “CI DELEGITTIMA, IMPARI A MISURARE LE PAROLE”

È bufera sulle parole del ministro della Protezione civile Nello
Musumeci, ospite ieri sera dell’Etna Forum a Ragalna, in provincia di Catania: “La magistratura è politicizzata, è sotto gli occhi di tutti”, ha detto l’ex presidente della regione Sicilia. “E gran parte dei magistrati che ha fatto carriera in Italia proviene dalle file della sinistra, alcuni erano anche dirigenti delle organizzazioni giovanili. Il magistrato ha il compito di fare il ‘killer’, la stampa ha il compito di darne notizia”.
E poi ancora: “Ci sono decine di casi di uomini e donne della politica, incriminati e sbattuti in prima pagina come mostri, accusati di chissà quante infamie, e dopo anni prosciolti in istruttoria o assolti perché il fatto non sussiste, ma intanto la carriera politica è stata distrutta per sempre”.
Protesta l’Associazione nazionale magistrati con una dura nota che definisce le dichiarazioni del ministro “gravi e offensive”: “Definire i magistrati ‘killer’ non è solo un insulto gratuito, ma un tentativo di delegittimare chi ogni giorno applica la legge nell’interesse dei cittadini”, scrive il sindacato delle toghe.
“Chi ricopre incarichi di governo dovrebbe misurare le parole, invece di alimentare sospetti e propaganda contro chi ha il solo compito – costituzionale – di rendere giustizia. I killer sono quelli che la magistratura italiana, in collaborazione con le forze dell’ordine, assicura alla giustizia rendendo l’Italia il Paese con il tasso di omicidi più basso dell’Unione europea. La magistratura non è né braccio armato né strumento politico: chi la descrive così dimostra di non avere rispetto né per le istituzioni né per la verità”.
Nel suo discorso, ieri sera, il ministro ha attaccato aspramente anche i giornalisti: “Non c’è dubbio che in questa filiera, una componente essenziale sia stata, nel passato, una certa stampa, non tutta. E ancora oggi, quando si pubblicano atti riservati da parte della magistratura, mi chiedo chi trasmette dal palazzo di giustizia alla redazione del giornale quel documento privato? E poi l’uso spregiudicato che ne fa la stampa non ha bisogno di
commenti”. Per poi concludere con un auspicio concilante: “Spero che magistratura e politica ritrovino equilibrio”.

(da La Repubblica)

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PAGATI 1 EURO L’ORA PER LAVORARE NELL’AUTOLAVAGGIO: ”COSTRETTI A TURNI DI 13 EURO AL GIORNO”

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

COSI’ NEL SENESE VENIVANO SFRUTTATI QUATTRO LAVORATORI STRANIERI

Quattro lavoratori pagati appena un euro all’ora, con turni massacranti, impiegati in un autolavaggio al di fuori di ogni norma contrattuale. E tre di loro dormivano nel luogo di lavoro, senza le condizioni igieniche o sanitarie minime per garantire la loro sicurezza.
Questa è la ricostruzione della Procura di Siena – le cui indagini sono ancora in corso – sulla situazione di un autolavaggio a Torrita di Siena, in Toscana. Oggi i carabinieri e la guardia di finanza hanno messo l’azienda sotto controllo giudiziario, e hanno sequestrato beni per poco più di 40mila euro: la somma che, secondo gli inquirenti, il datore di lavoro avrebbe guadagnato sfruttando i suoi dipendenti.
Come detto, l’inchiesta che è partita ad aprile di quest’anno è ancora in atto. L’accusa è di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ma tutte le persone coinvolte sono presunte innocenti e siamo ancora lontani da un eventuale processo. Finora gli inquirenti hanno messo insieme i pezzi – con testimonianze e riprese, ma anche pedinamenti dei soggetti in questione – per capire in che situazione vivevano i lavoratori dell’autolavaggio in questione.
A quanto risulta, lo stipendio (naturalmente in nero) valeva all’incirca un euro all’ora. Una somma ben più bassa di qualunque contratto collettivo nazionale possa prevedere. Anche i turni non rispettavano alcuna normativa sul lavoro: i dipendenti lavoravano dalle dieci alle tredici ore consecutive, senza poter fare pause. E non erano previsti giorni di riposo settimanali. Tre dei quattro lavoratori avrebbero persino dormito nella struttura: un ‘dormitorio’ improvvisato in un autolavaggio che chiaramente non era attrezzato per ospitare delle persone, e non permetteva di vivere in condizioni igienico-sanitarie accettabili. Condizioni che quindi, stando alla ricostruzione della Procura, erano di vero e
proprio sfruttamento.
Le indagini hanno richiesto la collaborazione dei carabinieri dell’ispettorato del lavoro e del nucleo forestale della più vicina Rapolano Terme. Dopo mesi di documentazione con varie tecniche, è intervenuta anche la guardia di finanza che ha messo in campo i suoi strumenti di analisi per mettere in luce la situazione patrimoniale del titolare dell’impresa di autolavaggio. In questo modo, le autorità hanno ricostruito i guadagni che si possono ricollegare al presunto sfruttamento dei quattro dipendenti.
Per ora l’inchiesta va avanti. Oggi è venuta alla luce perché il giudice per le indagini preliminari ha disposto che l’azienda venisse messa sotto controllo giudiziario. L’autolavaggio non sarà chiuso, ma proseguirà con un amministratore nominato da tribunale, così che non ci siano effetti negativi per i lavoratori e per il valore dell’azienda, soprattutto perché vale la presunzione di innocenza. Nel frattempo, comunque, è scattato anche il sequestro (disposto sempre dal gip) delle somme che secondo la Procura sono frutto del reato. Si parla, complessivamente, di 40.045 euro.

(da Fanpage)

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L’ITALIA E’ IL PAESE UE DOVE SI LAVORA MENO PRIMA DI ANDARE IN PENSIONE IL CONFRONTO CON GLI ALTRI

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

LA VITA LAVORATIVA MEDIA DEGLI ITALIANI E’ DI SOLO 32,8 ANNI… CI SONO MOLTI ANZIANI, MA SI LAVORA PER POCHI ANNI, OCCUPAZIONE MOLTO BASSA PER I GIOVANI

La vita lavorativa media degli italiani è la seconda più corta in tutta l’Unione europea, quasi alla pari con l’ultimo posto. Lo ha rilevato Eurostat, relativamente al 2024. In Italia in media si lavora per 32,8 anni prima di andare in pensione (l’ultimo gradino della classifica è occupato dalla Romania con 32,7 anni). La media europea è di 37,2 anni. Il motivo è che i giovani incontrano molti ostacoli a entrare nel mondo del lavoro. Questo, unito al fatto che la popolazione è sempre più anziana, rischia di mettere in seria difficoltà il sistema pensionistico nei prossimi anni. A rilevarlo è stato uno studio condotto dalla Confederazione nazionale dell’artigianato (Cna).
La vita lavorativa, dunque, è di poco meno di 33 anni. Nei 27 Paesi dell’Ue si lavora circa 37 anni, Spagna e Francia sono vicini alla media mentre in Germania si toccano i 40 anni di carriera; ai primi posti ci sono Danimarca (42,5 anni), Svezia (43) e Paesi Bassi (43,8 anni). Esattamente undici anni in più, in media, rispetto agli italiani.
Di per sé, non è un problema che la vita lavorativa sia breve. Ma in Italia ci sono anche moltissimi pensionati, che nei prossimi anni aumenteranno ancora: l’età media nel Paese è di 48,7 anni (nettamente la più alta in tutta Europa) e il 39,8% della popolazione è over 55. Se chi lavora lo fa per ‘pochi’ anni, non versa contributi a sufficienza per pagare tutte queste pensioni. E così il sistema non si regge in piedi.
Non solo l’Italia è già lo Stato con la spesa pensionistica più alta in assoluto in proporzione al Pil (il 15,5%), ma la sua popolazione ha anche un’aspettativa di vita parecchio lunga. Gli italiani arrivano in media a 83,5 anni, superati solo dalla Spagna con 84 anni. Anche qui, si parla ovviamente di un dato positivo, ma che nel contesto delle pensioni contribuisce a complicare le cose.
Insomma, ci sono pochi giovani, nascono pochi bambini (il numero medio di figli per donna è 1,21 contro la media europea
di 1,38) e i pensionati tendono a vivere parecchio a lungo. In questa situazione, sempre dal punto di vista del sistema pensionistico, servirebbe almeno una buona occupazione giovanile per compensare le cose. Ma si sa che non è così. La vita lavorativa è breve in Italia non perché si vada in pensione presto, ma soprattutto perché i giovani faticano a entrare nel mondo del lavoro, senza contare che molti quando ce la fanno devono fare i conti con carriere discontinue. Così che, nonostante le buone condizioni di vita offerte altrimenti dall’Italia (basta guardare alla speranza di vita), molti scelgono di andare all’estero.
Nella fascia tra i 15 e i 24 anni, sempre secondo i dati Eurostat, l’occupazione italiana è al 19%. Un dato estremamente basso se paragonato alla Germania (51,2%), ma anche alla media Ue (34,9%). L’aumento dell’occupazione rivendicato dal governo Meloni negli ultimi anni c’è stato, ma soprattutto per i più anziani: tra gli under 30 le cose sono cambiate poco. In Italia gli under 25 occupano solo il 4,7% dei posti di lavoro disponibili: un dato che non è ancora tornato ai livelli pre-crisi economica, dato che nel 2005 era al 6,1%. In Germania è al 10,1%, in Francia al 9,1%, in Spagna al 6%. La difficoltà più grande sembra essere quella di un vero ricambio generazionale, ma se non si riesce ad affrontarla per il sistema pensionistico saranno guai.

(da agenzie)

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I CINESI NON SONO COLONIALISTI? ANDATELO A CHIEDERE AI LORO VICINI

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

PER SBUGIARDARE LA PROPAGANDA DI PECHINO, È SUFFICIENTE LIMITARSI AL PASSATO RECENTE. HA PARTECIPATO ALL’AGGRESSIONE CONTRO LA SUCOREA (1950-53), HA ATTACCATO L’INDIA (1962), HA INVASO IL VIETNAM (1979). POI CI SONO LE REPRESSIONI IN TIBET, LO STERMINIO DEI MUSULMANI, RINCHIUSI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO

L’organo del partito comunista cinese, il Quotidiano del Popolo , espone «La Nuova teoria della sicurezza di Xi». Sfida le dottrine occidentali delle relazioni internazionali, come il realismo (o realpolitik) e il liberalismo. Offre una visione sull’ascesa della Cina: in quanto potenza globale sarà «diversa dagli egemoni del passato».
Propone «un’innovazione sistemica: il pensiero tradizionale è centrato sullo Stato, invece la nostra sicurezza globale guarda all’umanità nel suo complesso. È la manifestazione di una visione olistica del mondo, rappresenta una trasformazione del paradigma teorico».
La dottrina di Xi «supera la teoria occidentale secondo cui la sicurezza è antagonistica; al contrario afferma l’indivisibilità della sicurezza. La teoria occidentale sostiene che gli Stati debbano massimizzare il potere per garantire la propria sicurezza, cercando di costruirla sull’insicurezza altrui.
Così, quando la potenza di un paese cresce, provoca la reazione di altri attraverso corse agli armamenti. Quando uno Stato non ha abbastanza potere per garantire la propria sicurezza, ricorre ad alleanze militari, dirette contro terzi. Questo aggrava i conflitti. Invece il principio cinese della sicurezza indivisibile rifiuta la logica selettiva, spinge a passare dalla frammentazione all’integrazione sistemica».
Non è una risposta specifica a Trump.
Questa propaganda antioccidentale risale all’inizio del millennio, sotto Bush e Obama.
Da allora il partito comunista diffonde il concetto che la Cina «è una potenza pacifica, non ha mai praticato il colonialismo dei bianchi, non invade e non fa guerra».
I paesi vicini sanno che la realtà è diversa. Per limitarsi al suo passato recente e comunista: la Cina ha partecipato all’aggressione contro la Corea del Sud (1950-53), ha attaccato l’India (1962), ha invaso il Vietnam (1979), ha scagliato le forze armate contro i propri civili (Pechino 1989), ha represso con interventi militari rivolte etniche nelle sue colonie interne, regioni storicamente non-cinesi (Tibet, Xinjiang, 2008-2009), ha calpestato gli impegni presi sull’autonomia di Hong Kong (2019-2021). Inoltre moltiplica le prepotenze militari per intimidire tutti i vicini con cui ha contese territoriali. Ma la storia non conta, Pechino incassa la disponibilità del Grande Sud globale a legittimare la narrazione di Xi. E alla Parata ci saranno pure Serbia e Slovacchia, un tempo nella sfera imperiale russa, oggi destinatarie di importanti investimenti cinesi.

(da agenzie)

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CHE BRAVO TRUMP: CON IL TAPPETO ROSSO IN ALASKA, HA SPINTO PUTIN A BOMBARDARE PIÙ FORTE L’UCRAINA

Agosto 31st, 2025 Riccardo Fucile

LA STORICA ANNE APPLEBAUM: “È STATO UN DISASTRO: L’HA CONVINTO CHE GLI CONVIENE CONTINUARE LA SUA OFFENSIVA MILITARE E HA RAFFORZATO LA SUA CERTEZZA CHE PUÒ VINCERE SUL CAMPO”… “IL VECCHIO ALLEATO AMERICANO NON C’È PIÙ. SE L’UE ASPIRA A MANTENERE LA PROPRIA SOVRANITÀ, LA SUA LIBERTÀ, ALLORA NON NECESSITA SOLTANTO DI UNA NUOVA STRATEGIA DI DIFESA MILITARE, MA ANCHE DI UNA PROPRIA AUTONOMA POLITICA ESTERA UNITARIA”

« Dobbiamo prendere atto che ci troviamo di fronte al totale fallimento della strategia negoziale di Donald Trump e del suo tentativo di rabbonire e ingraziarsi Vladimir Putin. L’Europa deve prenderne atto e agire di conseguenza», commenta al telefono la storica e specialista dell’Est europeo Anne Applebaum.
Come spiega il fallimento della diplomazia americana?
«Trump aveva steso il tappeto rosso per Putin il 15 agosto in Alaska. Gli aveva prospettato trattati economici bilaterali molto
convenienti. Ma in verità è stato un completo disastro: ha convinto Putin che gli conviene continuare la sua offensiva militare e ha rafforzato la sua certezza che può vincere sul campo».
Cosa può fare l’Europa?
«Può fare la differenza iniziando a dire molto chiaramente che la strategia di Trump sino ad ora non ha funzionato. So che nessuno vuole offendere personalmente il presidente americano, lo abbiamo visto bene anche nel suo ultimo incontro a Washington con Zelensky e i massimi leader europei, però è davvero tempo di dire pane al pane e vino al vino: ha fallito».
Dunque?
«Occorre elaborare una strategia diversa. Deve crescere una via europea».
Inutile insistere sulla debolezza europea vero? Le divisioni interne, i diversi modi di rapportarsi con il regime di Putin. Ci sono anche visioni opposte sul mandare o meno truppe europee come garanzie di sicurezza per l’Ucraina…
«Tutto questo è molto vero. Ma se l’Europa non sarà capace di coordinarsi, allora i russi continueranno ad attaccare. Tanto più gli europei resteranno divisi quanto più proseguirà la guerra».
La soluzione?
«Solo una: i russi devono capire che non possono vincere la guerra. Purtroppo ad ora Trump fa credere a Putin di avere il coltello per il manico.».
Come legge gli attacchi personali di Macron contro Putin?
«Ormai abbiamo capito tutti che Putin non è interessato alla pace. Trovo molto utile che Macron lo dica apertamente: la guerra continua soltanto per il fatto che Putin non intende smettere. Siamo di fronte a una dinamica estremamente pericolosa.
Ascoltiamo con attenzione le parole di Putin: lui insiste nel ribadire che ogni luogo dove nel passato erano presenti soldati
russi deve potenzialmente tornare alla Russia. Questo include Berlino, i Paesi Baltici, la Polonia e persino Parigi. Siamo tutti minacciati da un dittatore guidato da un’ambizione illimitata».
Le lezioni da trarre?
«Gli europei potrebbero capire che il vecchio alleato americano non c’è più. Se l’Unione europea aspira a mantenere la propria sovranità, la sua libertà, allora non necessita soltanto di una nuova strategia di difesa militare, ma anche di una propria autonoma politica estera unitaria».
E gli ucraini?
«Sono incredibili. Sono il nostro esercito migliore, i soldati più innovativi al mondo. La loro capacità di resistenza, l’utilizzo avveniristico dei droni, le loro vittorie sul Mar Nero, adesso gli attacchi sulle raffinerie russe: sono episodi bellici da studiare nelle accademi Le industrie militari ucraine sono all’avanguardia, hanno imprenditori, ingegneri, tecnici-soldati eccezionali. Gli ucraini assolutamente sono parte della difesa europea e devono restarlo nel futuro, guai se passassero alla Russia».
Funziona il nuovo accordo per cui l’Europa paga le armi americane per l’Ucraina?
«Avrei preferito fossero armi prodotte dagli europei. Ma ci sono limiti, dunque bene così. Se questo è il modo per fare arrivare armi agli ucraini non ho obiezioni».

(da Corriere della Sera)

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