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CHE COSA ACCADREBBE SE GLI AMERICANI SI SGANCIASSERO DALLA NATO, COME PAVENTATO DA TRUMP? OCCORREREBBE RIMPIAZZARE 80 MILA SOLDATI STATUNITENSI SUL CAMPO E PRENDERE IL POSTO DEGLI USA NEL COMANDO DELLE OPERAZIONI MILITARI E DEI SERVIZI SEGRETI

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

IL GENERALE TRICARICO, EX VICECOMANDANTE DELLA MISSIONE NATO CHE HA FATTO LA GUERRA DEL KOSOVO: “AL MOMENTO, LA CAPACITÀ USA DI INTELLIGENCE È INSOSTITUIBILE. COSÌ COME LA CAPACITÀ DI ORGANIZZARE LA GUERRA, CHE NON SI IMPARA DALL’OGGI AL DOMANI”

Ci sono i soldati, 65 mila “fissi” e altri 20mila che servono a rafforzare il fianco Est – nei Paesi ai confini con Russia, Bielorussia e Ucraina – nel quadro dei battlegroups multinazionali. Ci sono oltre quaranta basi, dalla Groenlandia alla Turchia all’Italia di Sigonella e Aviano. Ma soprattutto c’è la leadership. Questi sono gli americani in Europa, presenti nella cornice dell’Alleanza atlantica.
È americano, e finora sarebbe stata una bestemmia pensare il contrario, il generale Alexus Gregory Grynkewich alla guida del Comando supremo delle potenze alleate in Europa (Saceur).
Se gli Usa lasciano la Nato Che cosa accadrebbe se presto gli americani si sganciassero dalla Nato e lasciassero l’Europa agli europei? Sotto il profilo quantitativo, non sarebbe difficile sostituire 70 o 80 mila soldati statunitensi.
Ma sotto il profilo qualitativo, è tutto un altro discorso. Dice il generale Leonardo Tricarico, che è stato Capo di stato maggiore dell’Aeronautica e vicecomandante della missione Nato che ha fatto la guerra del Kosovo: «Al momento, la loro capacità di intelligence è insostituibile. Così come la capacità di organizzare la guerra, che non si impara dall’oggi al domani».
Nel 1999, nella guerra condotta dalla Nato contro la Serbia di Milosevic, gli americani dimostrarono agli europei che cosa significa intelligence e capacità di comando e controllo.
L’intera campagna aerea che mise in ginocchio la Serbia fu guidata da un anonimo colonnello americano che aveva la funzione di “battlestaff director”, ossia “direttore delle operazioni di battaglia”. Ebbene, soltanto quel colonnello aveva
il quadro aggiornato, ora per ora, dei possibili obiettivi, delle difese, della contraerea, dei possibili danni collaterali. Era il frutto della gigantesca capacità di intelligence a stelle e strisce, ineguagliabile per i miseri e frazionati strumenti dei singoli Paesi europei.
«La capacità di intelligence – spiega Tricarico – è il combinato di osservazione satellitare, intercettazione elettronica, spionaggio sul campo, ma anche capacità di processare i dati». Nel frattempo si è aggiunta l’intelligenza artificiale e l’analisi dei social, che si sta rivelando un’arma potentissima per sapere tutto del nemico.
Secondo episodio emblematico: la Libia del 2011. La guerra aerea che la Nato condusse contro il regime di Gheddafi fu all’inizio tutta europea. Francesi e inglesi appena incassato il via libera delle Nazioni Unite (peraltro il Consiglio di Sicurezza aveva deliberato solo una “no-fly zone”) iniziarono i bombardamenti.
Dopo qualche giorno, per spinta dell’Italia che era stata presa in contropiede, il comando delle operazioni fu assunto dalla Nato. E da quel momento anche aerei italiani presero a bombardare le forze di Gheddafi. Non quelli americani, che si tirarono fuori e non vollero partecipare assolutamente alla guerra.
Ebbene, i primi 15 giorni furono caotici. Più dei libici, il pericolo erano gli alleati stessi. Nessuno sapeva bene dell’altro, dove si sarebbe trovato, che cosa avrebbe fatto, quale rotta avrebbe seguito
Anche quella volta, la situazione fu risolta affidando la leadership agli americani, che furono pregati di “prestarci” la
loro intelligence e un direttore delle operazioni. Nuova sicurezza europea Non sono tanto i numeri della presenza militare degli Stati Uniti in Europa, allora, a preoccupare gli europei, quanto le loro capacità
è da capire come sarà ridisegnata l’architettura della sicurezza nel Vecchio Continente. L’Alleanza ha una doppia guida: una politica, guidata dal segretario generale e composta essenzialmente dal Consiglio Nord Atlantico di cui fanno parte tutti gli Stati membri, e una militare, vale a dire il Comando supremo delle potenze alleate Shape, che ha sede a Mons, in Belgio
Shape è il comando strategico e ha alle sue dirette dipendenze i comandi operativi (tra cui la sede di Napoli) e quelli tattici che gestiscono le operazioni militari nei vari domini (terrestre, marittimo, aereo). Il comandante militare, come detto, è sempre un americano.
Europei sono il segretario generale (oggi l’olandese Mark Rutte, in precedenza il norvegese Jan Stoltemberg) e il presidente del Comitato dei Capi di stato maggiore (in questo momento, l’ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone). E dunque: ruoli e responsabilità come saranno suddivisi all’interno della Nato che verrà?
Se poi si parla con qualche esperto di cose militari, emerge che gli Usa sono indispensabili anche per diverse altre capacità: il trasporto aereo di uomini e mezzi, il genio militare che permette di allestire dal nulla una base in poco tempo, ovviamente la deterrenza nucleare. E poi la massa critica di armi ad alta tecnologia
A questo si aggiunga la nostra dipendenza dall’industria americana, che è l’unica in grado di sfornare grandi numeri di armamenti ad alta tecnologia. Su questo fronte, anche attraverso le iniziative Ue, gli europei stanno cercando di emanciparsi, ma è un processo lento.
L’Ue si sta muovendo con l’orizzonte del 2030, però molte iniziative in ambito militare richiedono più tempo. Basti pensare al progetto Gcap (Global Combat Air Programme) portato avanti da un consorzio tra Italia, Regno Unito e Giappone per la realizzazione di un caccia multiruolo di sesta generazione che non sarà in volo prima di dieci anni. Se tutto va bene. Per non parlare del ritardo clamoroso sul fronte satellitare o dell’intelligenza artificiale.
(da La Stampa)

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“IL GOVERNO MELONI? E’ UNA COMMEDIA ALL’ITALIANA. CI SONO SCENE DA CINEPANETTONE: I FRECCIAROSSA FERMATI DA LOLLOBRIGIDA OPPURE SANGIULIANO CON IL TAGLIO IN TESTA, CHE È UNA ROBA ALLA MASSIMO BOLDI”

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

IL REGISTA E SCENEGGIATORE FAUSTO BRIZZI A “UN GIORNO DA PECORA” PARLA ANCHE DEL FUTURO DELLA MOGLIE SILVIA SALIS, SINDACA DI GENOVA E POSSIBILE CANDIDATA ALLA GUIDA DELLA COALIZIONE ANTI-MELONI – “LE DIREI DI CONTINUARE A FARE IL SINDACO, LE PRIMARIE SONO UN SEGNO DI DEBOLEZZA”… “LA PERCENTUALE DI GRADIMENTO AL LIVELLO DI CONTE O SCHLEIN? E PENSATE CHE AL MOMENTO NON È ISCRITTA ALLA GARA…”

In che ruolo, al cinema, vedrei la premier Meloni? “In questo momento siamo una sorta di commedia all’italiana. Alcuni dei suoi ministri sembrano usciti da un film di natale, ci sono scene da cinepanettone: i Frecciarossa fermati oppure il taglio in testa, che è una roba alla Massimo Boldi”.
In quest’ottica “Meloni potrebbe fare una donna di potere, una virago, diciamo i ruoli che faceva Christian De Sica nei film di Natale. E chi potrebbe interpretare Schlein? La moglie di De Sica che studia e che sa tutto”. A rispondere alle domande dei
conduttori di Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, sui possibili ruoli cinematografici in cui vedrebbe i nostri politici è il regista e sceneggiatore Fausto Brizzi, marito della sindaca di Genova Silvia Salis. In che ruolo immaginerebbe, invece, Matteo Salvini? “Salvini è già dentro una commedia all’italiana. Come ruolo potrebbe fare…se stesso”.
Fausto Brizzi, regista, sceneggiatore e marito della sindaca di Genova Silvia Salis, oggi è stato ospite in studio di Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, dove tra cinema e politica ha raccontato il rapporto con la moglie, sindaca di Genova e, secondo alcuni, possibile candidata alla guida del c.sinistra, Silvia Salis. Come vi siete conosciuti? “Ad una festa di Natale, era il 17 dicembre del 2017. Dopo qualche decina di minuti sono andato dai miei amici e gli ho detto ‘ho conosciuto mia moglie’”.
Anche lei ha avuto lo stesso colpo di fulmine? “Silvia era un po’ sulle sue, ha pensato che fossi il solito romano che tende ad esagerare. Il giorno dopo le ho mandato due biglietti per il suo cantante preferito, Paolo Conte, dicendole: vacci con chi vuoi. E lei non mi ci porto’…” Andò con un altro? “No, credo che non ci andò proprio perché aveva altri impegni. Però un mese dopo eravamo fidanzati…” Anche quando le chiese di sposarla non le disse subito di sì. “Glielo chiesi mentre eravamo su una mongolfiera, un momento unico, e lei mi rispose: domandamelo tra un anno. Dopo 12 mesi le ho chiesto di nuovo e mi ha detto sì. Insomma, ho fatto un anno di prova”. Nonostante le sia un regista affermato, oggi viene visto come una sorta di ‘first gentleman’ di sua moglie. “Beh nei pass per gli eventi che la riguardano a me scrivono Fausto Salis – ha detto sorridendo il
regista a Un Giorno da Pecora -, e quando ci sono delle cene che la riguardano mi mettono al tavolo delle mogli”.
Avete dei nomignoli affettuosi che utilizzate l’uno con l’altra? “No, ci chiamiamo amore ma sui rispettivi telefoni siamo registrati come ‘Fausto marito’ e ‘Silvia sindaca’”. Com’è la vita in casa? “Vige il matriarcato, Silvia comanda da molto prima che diventasse sindaca”. Chi è dei due cucina? “A Genova cucina sua madre, a Roma cucino io”. Secondo alcuni sua moglie, che fino a poco tempo fa era quasi sconosciuta, potrebbe diventare la prossima leader del c.sinistra. Che spiegazione dà a questo successo così veloce?
“Da narratore devo dire che c’è un notevole ma naturale storytelling: Silvia è la figlia del custode del campo di atletica di Genova, che poi diventa atleta olimpica e poi fa la vicepresidente del Coni. La sua è una storia vera e quasi da film”.
Cosa risponderebbe a sua moglie se le chiedesse: ‘mi dovrei candidare alle primarie del c.sinistra’? “Le direi di continuare a fare il sindaco di Genova, perché c’è molto da fare. E poi anche Silvia ha detto che le primarie sono un segno di debolezza, così regali un assist alla concorrenza”.
Secondo un sondaggio di Youtrend sua moglie ha una percentuale di gradimento al livello di Conte o Schlein però. “E pensate che al momento non è iscritta alla gara. Per ora però è chiacchiericcio da sondaggi – ha concluso a Rai Radio1 – attualmente lei non è assolutamente in gioco”.
“Ho appena finito di girare un film sull’intelligenza artificiale, uscirà ad aprile. Il tema” della pellicola “è capire cosa accadrebbe se un influencer che tutti amano poi si scoprisse che,
in realtà, non fosse in realtà mai esistita. Il personaggio artificiale è interpretato da Taylor Mega, nel cast ci sono Laura Chiatti, Rocio Morales e Frank Matano”. Lo racconta a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, è del regista e autore Fausto Brizzi, intervistato da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro.
(da Un Giorno da Pecora – Radio 1)

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“BOICOTTIAMO OCCHIUTO”: LA CONTROMOSSA DI TAJANI, PRE-PENSIONATO DA PIER SILVIO, CHE DÀ ORDINE A DIRIGENTI E PARLAMENTARI DI FORZA ITALIA DI NON PARTECIPARE AL CONVEGNO CHE TRA 4 GIORNI SANCIRA’ LA NASCITA DELLA CORRENTONA DI ROBERTO OCCHIUTO (BENEDETTA DA MARINA E PIER DUDI BERLUSCONI)

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

ALL’EVENTO ORGANIZZATO DAL GOVERNATORE DELLA CALABRIA CI SARANNO L’AD DI TIM PIETRO LABRIOLA, IL PRESIDENTE DI MONTE DEI PASCHI NICOLA MAIONE E IL GIORNALISTA MEDIASET NICOLA PORRO … IL CONTRO-EVENTO DI TAJANI SECCATO DALL’ENNESIMA STILETTATA DI PIER SILVIO

Telefonate, messaggi e inviti. Partiti negli ultimi giorni verso dirigenti di partito e parlamentari di Forza Italia con unico obiettivo: chiedere di non partecipare al convegno In libertà a Palazzo Grazioli che sancirà la nascita della corrente del presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto in Forza Italia.
L’evento è stato organizzato dall’ex deputato azzurro Andrea Ruggieri e vedrà come ospite d’onore proprio il governatore della Calabria che nelle ultime settimane ha più volte fatto trapelare l’intenzione di avere un ruolo più nazionale nel partito. Poi ci sarà l’amministratore delegato di Tim Pietro Labriola, il presidente di Monte dei Paschi Nicola Maione e il giornalista Mediaset Nicola Porro. Ma non sono escluse sorprese dell’ultimo minuto (ieri Ruggieri ha pubblicato una storia su Instagram annunciando che da oggi farà i primi “spoiler” degli ospiti)
Ma se il panel ormai è consolidato, non lo è chi deciderà di partecipare in platea. E, quindi, aderire di fatto alla nuova corrente di Occhiuto.
Negli ultimi giorni diversi parlamentari e dirigenti azzurri si sono posti il problema se andare o meno dando un esplicito appoggio alla scalata del partito di Occhiuto ma, allo stesso tempo, rischiando una forma di ritorsione interna dei fedelissimi di Tajani.
Mercoledì, dunque, a Palazzo Grazioli (storica residenza romana di Silvio Berlusconi), dalla platea la “corrente” di Occhiuto
inizierà anche a contarsi.
Non è un caso, secondo quanto riferiscono diversi deputati che chiedono di restare anonimi, negli ultimi giorni i fedelissimi del segretario Tajani abbiano chiesto più o meno esplicitamente a molti di loro di non partecipare all’evento di mercoledì per non dare adito a “strumentalizzazioni” e per evitare “di dare immagini di spaccature interne”.
Non solo: proprio negli stessi giorni il ministro degli Esteri sarà impegnato nella diciottesima conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori alla Farnesina da lunedì e martedì, spostandosi poi mercoledì e giovedì a Milano.
Un evento che servirà come momento di “riflessione” sulle “priorità strategiche” dell’Italia e che riunirà tutti i 150 ambasciatori delle sedi diplomatiche italiane nel mondo. Giornate istituzionali che saranno aperte dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Nelle ultime ore, però, ai parlamentari e dirigenti di Forza Italia è arrivato un invito, tramite messaggio, dalla segreteria di Tajani: “Se hai imprenditori del tuo territorio puoi farli partecipare perché sarà molto utile per chi vuole esportare e internazionalizzare – è il contenuto dell’invito letto dal Fatto – Ci si può registrare per l’incontro diretto con gli ambasciatori”.
Una richiesta rivolta agli imprenditori che ha fatto sollevare qualche perplessità tra i colleghi di partito, perché coinciderà proprio con il giorno del convegno di Occhiuto segnalando quale sarà la priorità del segretario in quei giorni.
Il ministro degli Esteri vede con sospetto e preoccupazione le mosse del governatore della Calabria soprattutto alla luce delle dichiarazioni di giovedì di Pier Silvio Berlusconi che ha spiegato al segretario che servono “nuove facce e nuove idee” per Forza Italia. Un’uscita che ha seccato non poco Tajani (non ci sarebbero stati contatti delle ultime ore con la famiglia Berlusconi) anche se ha dato l’ordine ai suoi di non rispondere, non alimentare polemiche e cercare di far cadere la questione.
Nonostante questo, dopo le parole di Berlusconi, è in bilico il capogruppo alla Camera Paolo Barelli che sta cercando una forma di compensazione politica.
Resta il timore per le mosse di Occhiuto che può contare anche su un buon rapporto personale con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni
(da Il Fatto Quotidiano)

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UNA MANOVRA A MISURA DI MEDIASET. PIER SILVIO BERLUSCONI GODE PER LA PROSSIMA FINANZIARIA: DOPO LO SCAZZO TRA LEGA E FORZA ITALIA, LA MAGGIORANZA HA DECISO DI TAGLIARE 20 MILIONI DESTINATI A RADIO E TELEVISIONI LOCALI CHE, NEL LORO PICCOLO, FANNO CONCORRENZA AL “BISCIONE”

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

MA IL PIACERE È DOPPIO PER “PIER DUDI”: IL GOVERNO DECIDE DI SFORBICIARE 30 MILIONI, IN TRE ANNI, ALLA RAI, PER LA GIOIA DI MEDIASET

Il più contento è il senatore Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d’Italia: domenica sera, alle 23, il primo voto in commissione sulla manovra per il 2026 (a quasi due mesi dalla presentazione del ddl), sarà sul suo famoso emendamento sull’oro di Banca d’Italia. Alla fine del lavoro matto e disperatissimo di Giancarlo Giorgetti con la Bce, quel testo – che sarà depositato oggi – dirà che i lingotti li detiene sempre Bankitalia, la quale li gestisce
come crede, però specifica che appartengono “allo Stato e al popolo”.
L’ultimo confronto, ad esempio, ha riguardato un argomento assai caldo in questi giorni: il futuro dei giornali e, più precisamente, il Fondo per il pluralismo che, a vario titolo, finanzia l’editoria (342 milioni nel 2026, che saliranno a 353 e poi 360 milioni nel biennio successivo con un aumento di 40 milioni all’anno rispetto a quanto previsto finora).
Il governo aveva presentato un emendamento alla Manovra che faceva salire di 60 milioni i soldi destinati ai giornali, settore malmesso, com’è noto, e che ha bisogno (tra le altre cose) di una nuova tornata di pre-pensionamenti e di fondi per la gestione delle crisi aziendali.
Contestualmente, però, l’esecutivo tagliava di 20 milioni i sostegni alle radio e televisioni locali, peraltro assegnando ogni potere di decisione sui fondi al Dipartimento editoria di Palazzo Chigi, escludendo cioè i vecchi co-protagonisti, il Tesoro e il ministero delle Imprese, competente sull’emittenza locale: non è un caso che Adolfo Urso abbia espresso parere negativo sull’emendamento, definendo pure il taglio di 20 milioni “intollerabile”.
Alla fine il forzista Alberto Barachini, il sottosegretario con delega all’editoria, ci ha dovuto ripensare, soprattutto per la contrarietà della Lega, tradizionalmente vicina a radio e tv locali, al contrario del partito Mediaset – sottolineano fonti parlamentari – assai poco propenso a finanziare concorrenti delle tv del Biscione: il taglio dovrebbe essere rientrato (sarà cancellato con un sub-emendamento o nel maxi su cui il governo
porrà la fiducia in Aula) e i giornali avranno un po’ meno soldi di quanti speravano.
Lo stesso Barachini ha ammesso la sconfitta quasi in chiaro ieri sera: “Stiamo lavorando sul maxi-emendamento e c’è un impegno importante del governo a sostenere tutta l’editoria”.
Non così bene è andata alla Rai, che invece – dopo i tagli degli anni scorsi – si vede sottrarre altri 10 milioni l’anno per il prossimo triennio, cui dovrà far fronte adottando “misure di razionalizzazione (…) dei costi di funzionamento e di gestione”.
Un’altra norma che non scontenterà di certo la principale concorrente della tv di Stato, mentre ha fatto preoccupare assai il Cda meloniano di Viale Mazzini (“a rischio i grandi eventi”) e inalberare pure il sindacato interno di destra, Unirai.
Soldi in più, invece, arrivano per il pozzo senza fondo delle Olimpiadi Milano-cortina, quelle “a costo zero”, a cui nel 2026 sono destinati altri 60 milioni per “esigenze di carattere logistico”, mentre dal 2027 l’Aci cara a Geronimo La Russa, figlio di, si ritroverà a bilancio 50 milioni in più l’anno sotto forma di minori tagli rispetto a quelli decisi nelle vecchie manovre.
Non hanno parenti illustri, evidentemente, i ricercatori italiani, per i quali il governo fa davvero poco. A fronte di un problema enorme, cioè 15 mila precari entrati nelle accademie e negli enti di ricerca grazie al Pnrr, il governo stanzia 50 milioni in due anni (peraltro col trucco), che bastano se tutto va bene a dare lavoro a meno di 2 mila ricercatori: è in sostanza la rinuncia a rivitalizzare l’università italiana.
Col trucco, si diceva, perché non è affatto detto che atenei ed enti di ricerca possano davvero usare quei soldi: il testo del governo prevede, infatti, che quel personale dovrà essere pagato almeno per metà da università ed enti “entro le proprie facoltà assunzionali”, cioè nel quadro dei loro attuali piani organici.
(da Il Fatto Quotidiano)

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DOPO L’APPELLO DI PIER SILVIO BERLUSCONI, OCCHIUTO: “VOGLIO FORZA ITALIA PIU’ LIBERALE, MA NON SFIDO TAJANI”

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

MA SE LA VUOI PIU’ LIBERALE PERCHE’ GOVERNI IN CALABRIA CON I SOVRANISTI? BASTA PAGLIACCIATE USO GONZI

“Nessuna sfida alla leadership di Tajani”, dice il vicesegretario di Forza Italia e il governatore calabrese Roberto Occhiuto. Ad Atreju risponde così a una domanda sul convegno ‘In libertà’ in programma mercoledì prossimo dicembre a Palazzo Grazioli. “Quella da 17 è solo un’iniziativa per discutere insieme su come rendere Forza Italia e il centrodestra un po’ più liberali”, precisa l’esponente azzurro che ha inoltre escluso l’ipotesi di un suo nuovo ruolo nel partito.
Nei giorni scorsi Pier Silvio Berlusconi è tornato a invocare “facce nuove” in Forza Italia. “Ho gratitudine vera per Antonio Tajani e per tutta la squadra di FI, hanno tenuto in piedi il partito dopo la scomparsa di mio padre, cosa tutt’altro che facile. Ma per il futuro ritengo che siano inevitabilmente necessarie facce nuove, idee nuove e un programma rinnovato”, le parole del vicepresidente e amministratore delegato di Mfe parlando con i giornalisti durante gli auguri di fine anno negli studi Mediaset.
“Assolutamente a favore del rinnovamento costante di Forza Italia. È quello che stiamo facendo”, è stata la replica a distanza del segretario di Forza Italia, Antonio Tajani.
(da agenzie)

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ADDETTO ALLE PULIZIE TROVA UNA BORSA CON 10.000 EURO ALL’AREOPORTO DI FIUMICINO: “HO DECISO DI CONSEGNARLA SUBITO”

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

OMAR NDIAYE: “I MIEI GENITORI MI HANNO INSEGNATO CHE QUANDO SI TROVA QUALCOSA BISOGNA RESTITUIRLA”

Si chiama Oumar Ndiaye, l’uomo di 45 anni che ha trovato una borsa con diecimila euro in contanti all’aeroporto di Fiumicino e ha deciso di consegnarla alla polizia aeroportuale. Il 45enne, che lavora come addetto alle pulizie per l’azienda La Lucente Spa, attorno alle 7 del mattino, stava svolgendo il suo turno di lavoro quando ha notato una borsa abbandonata vicino a una porta dello scalo C.
Si è avvicinato e ha visto che era piena di denaro: “Non avevo visto in vita mia così tanti soldi. Non ci ho pensato un attimo, i miei genitori mi hanno insegnato che quando si trova qualcosa bisogna restituirla”, ha raccontato al quotidiano Il Corriere della
Sera. L’ha quindi coperta con un telo e l’ha portata alle forze dell’ordine.
Prima di farlo, ha raccontato tutto alla moglie (anche lei lavora nello stesso scalo aeroportuale) che gli ha subito dato ragione nel voler consegnare tutto alla polizia. Dopo aver fornito spiegazioni agli investigatori sul punto esatto in cui l’avesse ritrovata, è tornato a lavorare. Una volta saputo di quanto accaduto, il suo gesto è stato oggetto di passaparola tra colleghi e altro personale. Tutti, infatti, si sono complimentati con lui per quanto fatto. Piano piano, quindi, la voce è arrivata anche ai vertici dell’azienda che ha voluto riconoscere pubblicamente il suo gesto.
Ndiaye, che è residente a Fiumicino da vent’anni dove vive con la moglie (che anche lei lavora all’aeroporto di Fiumicino) e due figli, da un anno ha un contratto a tempo indeterminato con La Lucente: “Mi hanno detto che ho fatto un bel gesto”. Ha poi aggiunto: “Sono contento del mio lavoro, con cui riesco a mantenere la mia famiglia”.
(da agenzie)

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“PRIMARIE? SÌ, ANCHE SE NON CAMBIA LA LEGGE ELETTORALE” GOFFREDO BETTINI, GRAN TESSITORE DEM DELLA COALIZIONE ANTI-MELONI

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

“ELLY SCHLEIN SARÀ LA CANDIDATA PREMIER DEM. MA I GAZEBO SERVONO, ANCHE CON UN CANDIDATO CIVICO. RENZI È COLLOCATO NETTAMENTE ALL’OPPOSIZIONE. DA ALESSANDRO ONORATO SI ESPANDE UN MESSAGGIO POSITIVO. C’È SPAZIO PER TUTTI, SENZA VETI E COMANDI SOLITARI” … “LA DESTRA CHE ASSUME NEL SUO PANTHEON PASOLINI? PIER PAOLO ERA UN MARXISTA, VOTAVA COMUNISTA”

Domani a Roma ci sarà l’Assemblea nazionale del Pd. Il campo progressista sembra una tela di Penelope, torna a disfarsi sulla politica estera. Sono i giorni della complicatissima trattativa per il cessate il fuoco in Ucraina. E secondo Goffredo Bettini – ex senatore, oggi direttore della resuscitata rivista Rinascita – non si può non partire da qui.
Lei è d’accordo con le parole di Giuseppe Conte, «lasciamo fare a Donald Trump»?
Le ha spiegate, io le ho interpretate da subito come a dire che così tanti sono stati gli errori dell’Europa che si è arrivati a far decidere tutto a Trump. Non un auspicio, ma una dolorosa constatazione.
Una constatazione anche che nel campo progressista c’è un baratro sull’Ucraina?
No, e questa polemica contro Conte non la condivido: ha portato i Cinque stelle stabilmente nel campo progressista. Ha dato una mano, più di ciò che è apparso, per varare la coalizione in Toscana, Marche, Campania e Puglia. Ma ha un vincolo: la sua comunità politica è esigente e combatte e vota solo se è convinta. È giusto che chieda tempo per un percorso di consultazione nei territori. Parallelamente confronto e sintesi servono anche a noi del Pd. Sui temi cruciali. Nel frattempo ogni iniziativa unitaria della coalizione nella società e nelle istituzioni va cercata. Occorre incalzare Meloni sull’evidente fallimento nell’azione di governo.
Fra i temi cruciali c’è l’antisemitismo: vi siete divisi sulla proposta di Graziano Delrio, nata da una definizione di antisemitismo che avevate già accettato.
L’antisemitismo richiama la parte orrida della civiltà occidentale. Gli ebrei sono stati e sono una testimonianza di impegno, cultura, arte, forza interiore. La parte “molle” e “vegetativa” di molti popoli li ha invidiati e perseguitati. Ogni ferita ai loro sentimenti è disgustosa. Poi, però, c’è il governo di Israele. In molti periodi un piccolo Davide democratico, oggi un gigante spietato guidato da un criminale fuori controllo. Tenere distinti i due piani è difficile ma indispensabile. Ecco perché ogni iniziativa va pensata e promossa con il massimo della collegialità. Delrio ha sentito il dovere di fare qualcosa. In buona fede, ma ha agito da solo, o con un piccolo gruppo. Questo ha portato a una certa eterogenesi dei fini.
Il correntone ha chiesto più dibattito interno. Dall’Assemblea di domani ci sarà più dibattito nel Pd?
All’assemblea di Montepulciano non ho partecipato. Ho preferito proporre le mie idee presentando Rinascita, una rivista con piccoli mezzi ma una grande ambizione: unire politica e cultura. Ma la discussione è sempre utile. Ce n’è un urgente bisogno. A Montepulciano ho ascoltato interventi di valore, ma molto diversi tra loro. È emerso un generale orgoglio di partito per le vittorie in Puglia e Campania, ma non una linea. C’è stato un benefico rafforzamento di Elly Schlein che pressoché tutti hanno incoronato per la premiership. Ora sta di fronte a noi la costruzione della coalizione, tema abbastanza assente a Montepulciano.
La questione premiership resta il convitato di pietra dell’alleanza?
Il Pd ha Schlein. Sarà la proposta di tutto il Pd. Se la coalizione non potrà o non vorrà accettare il criterio che il partito maggiore indica il nome, ci saranno le primarie. E io le auspico, a prescindere del cambio della legge elettorale.
Anche con un candidato civico?
Sì. Tutto quello che sta emergendo da lì è degno di attenzione. Matteo Renzi è collocato nettamente all’opposizione. Da Alessandro Onorato si espande un messaggio positivo. Occorre muoversi in modo molto concreto, dal basso, con vero spirito civico, evitando politicismi e manovre di vertice tese a cambiare la natura della coalizione. C’è un grande spazio per tutti dove confluire senza veti e comandi .
La destra assume nel suo pantheon Pier Paolo Pasolini. Lei lo ha conosciuto: era “anche” un po’ di destra?
No. Pasolini era un marxista, votava comunista e aveva fiducia nei giovani comunisti di allora. La destra ha sentito un’affinità con il poeta sui temi della tradizione e dei valori antichi. Ma non ha colto la profondità del suo ragionamento. In lui non c’era una nostalgia “passiva” del tempo passato, in attesa che torni; ma una nostalgia “attiva”, di combattimento, capace di sottrarsi al consumismo che distrugge i valori e le forme autentiche della vita. Dittatura e violenza per lui portavano al dispotismo anarchico e all’“inferno” di Salò, dove ogni espressione umana si trasforma in cosa, a disposizione della pura forza.
(da agenzie)

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MEDICINA, GLI STUDENTI CHE HANNO CONTESTATO BERNINI: “SE NOI SIAMO INUTILI, LEI COSA CI FA AL GOVERNO?”

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

AD ATREJU LA MINISTRA AVEVA ATTACCATO GLI STUDENTI DEL SEMESTRE FILTRO, DEFINENDOLI “POVERI COMUNISTI” E “INUTILI”

“Poveri comunisti”, così ha esordito la ministra Anna Maria Bernini dal palco di Atreju, citando Berlusconi come in un revival d’altri tempi. Poi, rivolgendosi agli studenti che la contestavano da sotto il palco, ha aggiunto un giudizio ancora più tagliente: “Siete inutili”. È stato il momento in cui la ministra dell’Università ha lasciato la sedia, afferrato il microfono e trasformato un confronto già precario in un monologo. I ragazzi del semestre filtro erano arrivati lì proprio per far sentire la loro voce: volevano spiegare che le prove d’ingresso sono piene di errori, che le lezioni si svolgono in modo caotico, che l’80% rischia di essere tagliato fuori e che, per molti, quel sistema sta diventando una pressione insostenibile. Ma non hanno potuto dire nulla. Sul palco, Bernini ha preferito liquidarli. Solo dopo ha ammesso due errori nei test di Fisica e ha parlato di un possibile correttivo per riequilibrare l’accesso a Medicina, con il rischio, senza precedenti, che i posti disponibili restino scoperti. Nel frattempo, la protesta continua a crescere e gli avvocati che seguono i ricorsi parlano di una riforma “irregolare” e “pasticciata”, addirittura in contrasto con la Costituzione. Intanto la realtà quotidiana degli studenti racconta un’altra storia: giovani che stanno male, che tornano in terapia, che vivono il semestre filtro come un limbo in grado di far perdere un anno intero.
Fanpage.it ha parlato con alcuni di loro, presenti ieri ad Atreju: Leonardo Dimola, studente iscritto al semestre filtro di Medicina, e Ilaria Vinattieri di UDU – Sinistra Universitaria.
Partiamo dal semestre filtro: quali sono le difficoltà più immediate e più gravi che state vivendo con questa riforma?
I problemi sono sostanzialmente due: quelli didattici e quelli legati alla salute mentale. Sul piano didattico, partiamo già da un paradosso: si chiama “semestre”, ma è durato un mese e mezzo. In questo mese e mezzo abbiamo dovuto sostenere tre esami universitari di livello molto più alto rispetto a quelli che fino all’anno scorso affrontavano gli studenti del primo semestre di Medicina. Era semplicemente impossibile prepararsi in modo adeguato.
Le lezioni poi sono state un altro problema enorme. Nelle università più grandi metà erano in presenza e metà online; in quelle più piccole quasi tutte a distanza. E anche dove erano “in presenza”, spesso era una presenza fittizia: dieci aule collegate a una sola aula principale, con un solo docente per tutti. Non esisteva la possibilità di fare domande o avere un confronto vero. Gli stessi professori ci dicevano: “Non sappiamo cosa aspettarci all’esame”. Questo dà la misura del caos.
Un caos che è esploso anche nelle prove: test anticipati, domande sbagliate, irregolarità… cosa significa nella pratica quotidiana?
Esatto: i test sono un capitolo a parte. Da una parte sono circolate prove in anticipo, perché c’è chi le ha pagate o chi è stato avvantaggiato, e questo è inaccettabile. Dall’altra, molte domande erano copiate pari pari dai quiz degli anni precedenti, quando la ministra aveva promesso un esame “universitario”, non un test a crocette. E poi ci sono stati proprio errori oggettivi: nella seconda prova di Fisica due domande erano sbagliate. La ministra lo ha ammesso soltanto ieri (ad Atreju). Ma questo lascia aperte domande enormi: come vengono valutati i compiti
Come si corregge un errore del genere. Poi c’è la questione della graduatoria: rischiate davvero di perdere un anno?
Sì. È questo che intendevamo anche ieri quando dicevamo “ci fate perdere un anno”. La follia è che, se non prendi almeno 18 (318 con il punteggio totale), non solo resti fuori da Medicina: resti fuori anche dai corsi affini, come Biologia o Chimica. E questo significa che a gennaio potresti ritrovarti senza nessun corso in cui iscriverti. La ministra probabilmente correggerà questo punto, ma ad oggi la norma è questa.
Parlate spesso anche di una questione economica e di accesso, mi spieghi meglio?
Il Ministero si è appoggiato all’app The Faculty per la preparazione ai test, ma le simulazioni serie erano solo quelle “avanzate” e a pagamento. Non c’è stata una simulazione ufficiale gratuita per tutti. È assurdo che un percorso pubblico, che decide il futuro di decine di migliaia di ragazzi, venga delegato a un soggetto privato.
I dati dei primi risultati sono drammatici: si parla dell’85% di bocciati in Fisica. Che effetto ha questo sulle vostre vite quotidiane e sulla vostra salute mentale?
Un effetto devastante. Oltre allo stress per la competizione interna, perché qui non sei collega, sei avversario: non passi appunti, non condividi nulla perché potresti “regalare” un posto a qualcun altro, c’è proprio un livello di pressione che non è normale. Sui gruppi WhatsApp dei corsi circolano messaggi inquietanti: gente che dice “mi voglio ammazzare”, “non dormo più”, “mi cadono i capelli”, “non riesco a mangiare”, “il semestre filtro è un suicidio assistito legalizzato”. Questi messaggi li
abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. Non sono esagerazioni: io li ho salvati tutti.
E poi ci sono i numeri: 65mila iscritti all’inizio, 50mila alla prima prova. Significa che 15mila persone hanno rinunciato ancora prima di arrivarci, perché il sistema era ingestibile. Noi, intanto, abbiamo già avviato una diffida al Ministero, un reclamo al Comitato Europeo dei Diritti Sociali e stiamo preparando un ricorso collettivo con il nostro avvocato. In caso di vittoria, gli studenti entreranno in soprannumero.
A proposito di pressione, veniamo a quanto è successo ad Atreju. La ministra vi ha chiamato “poveri comunisti” e poi “inutili”. Vi chiedo: che cosa significa per voi che un ministro dell’Università definisca inutili gli studenti che dovrebbe rappresentare? E cosa racconta questo episodio sul rapporto, o la sua assenza, tra istituzioni e mondo universitario?
È stato gravissimo. E paradossalmente non è tanto la battuta sui “comunisti” la parte peggiore. Quella è folkloristica, insomma.
La cosa inaccettabile è che una ministra della Repubblica dia degli “inutili” agli studenti. Se noi siamo inutili, che cosa ci sta a fare lei? A cosa serve una ministra dell’Università, se non a rappresentare proprio noi? Per questo stiamo preparando un contenuto in cui chiediamo le sue dimissioni. Se considera inutili gli studenti, la sua funzione istituzionale è svuotata§Bernini ha anche detto che vi ascolta “da mesi”, cosa rispondete?
Che è semplicemente falso. Noi siamo maggioranza nel Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, eletti a maggio. Ma non veniamo convocati da maggio. Oggi è dicembre. Se l’organismo nazionale che rappresenta gli studenti non viene
ricevuto perché non è a maggioranza di destra, questo è un problema democratico enorme. Parliamo di rappresentanza negata.
Come interpretate questa mancanza di ascolto istituzionale
Povertà intellettuale e incapacità politica nel confrontarsi con chi non è allineato.
(da agenzie)

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DUE TASSE PER I PACCHI LOW COST? CINQUE EURO IN TOTALE E PAGHERANNO I CONSUMATORI

Dicembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

DOPO IL CONTRIBUTO ITALIANO ARRIVA IL DAZIO EUROPEO: LA TASSA VERRA’ CARICATA SUL PREZZO FINALE

Due, tre o addirittura cinque euro. La tassa sui pacchi low cost extra Ue entrerà in vigore a luglio dopo l’ok nella legge di bilancio. Ma intanto anche l’Unione Europea ha deciso di mettere un dazio sulle microspedizioni dell’e-commerce. Sempre con la soglia del valore a 150 euro. La misura rimarrà in vigore fino alla riforma delle dogane comunitarie, prevista nel 2028. E varrebbe 3 euro. È stata pensata per tassare i prodotti di Shein, Temu e AliExpress, ma «a pagare saranno ancora una volta i consumatori», avverte il Codacons. Con 4,6 miliardi provenienti dai Paesi extra Ue, il 91% dei pacchi dalla Cina, e il dazio da tre euro, calcola l’associazione, «i consumatori europei andrebbero incontro ad una maggiore spesa di 13,8 miliardi di euro l’anno».
La tassa sui pacchi low cos
La deadline per entrambi i balzelli è il primo luglio. La relazione tecnica all’emendamento spiega che «i tempi necessari per la predisposizione dei sistemi di monitoraggio» necessari ad avviare l’applicazione effettiva dell’obolo sono «ipotizzati pari a sei mesi». Quindi il Mef si aspetta di incassare 122,5 milioni nel 2026 e 245 nel 2027. Ma l’incrocio tra il contributo italiano (che vale anche per i pacchi in uscita dall’Italia) e il dazio europeo potrebbe farne cadere uno. «i tempi necessari per la predisposizione dei sistemi di monitoraggio» necessari ad avviare l’applicazione effettiva dell’obolo sono «ipotizzati pari a sei mesi», ha spiegato l’Ue.
Tasse su tutti i prodotti
Secondo La Stampa, poi, se un pacco contiene più esemplari di uno stesso articolo la tassa verrebbe applicata una sola volta. Per prodotti diversi (per esempio un paio di jeans e una maglietta), sarà necessario pagare tre euro per ogni articolo. Ma questo presuppone che i pacchi vengano aperti o che ne venga dichiarato il contenuto, che sarebbe quindi successivamente soggetto a verifica. Il Corriere della Sera spiega che in teoria la tassa dovrebbe pagarla il venditore, ma è evidente che invece verrebbe caricata sul prezzo finale al consumatore. L’emendamento del governo si richiama al «rispetto della normativa Ue in materia doganale e fiscale» e quindi la tassa italiana, se verrà approvata, dovrà poi essere armonizzata con le nuove regole europee.
(da agenzie)

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