80 EURO RIDOTTI A UNA TANTUM NEL 2014, I SOLDI VERI SOLO NEL 2015
SERVONO 6,6 MILIARDI QUEST’ANNO, LE COPERTURE STRUTTURALI NEL DDL STABILITà€, PER ORA IL BALLISTA ANNASPA
Gli 80 euro in busta paga da maggio? Ci saranno.
Tra Palazzo Chigi e Tesoro non c’è alcuna voce discordante in materia: la cosa è stata annunciata e verrà portata a termine.
Ma come? Qui c’è la novità che si va delineando nelle ultime ore: se — come ha promesso Matteo Renzi — si vuole che il provvedimento sia operativo da maggio bisognerà procedere per gradi: una tantum sul solo 2014 e il provvedimento strutturale dopo, in autunno per la precisione, con la legge di Stabilità .
Sarà lì che bisognerà mettere nero su bianco i dieci miliardi di risparmi (rectius tagli) che garantiranno lo sgravio fiscale nei secoli dei secoli.
Ecco un breve riassunto della situazione ad oggi.
I tempi per mantenere la solenne promessa del primo ministro sono stretti: prima bisogna approvare il Documento di economia e finanza (Def), che va spedito a Bruxelles entro il 15 aprile (ma si punta ad anticipare di una decina di giorni), e solo dopo si potrà formalizzare il decreto che “regala” 80 euro al mese ai redditi medio-bassi per tutto quest’anno.
Il costo dell’operazione, come si sa, è di dieci miliardi l’anno: il prezzo, però, scende a 6,6 miliardi se si applica solo agli otto mesi rimanenti del 2014 (da maggio a dicembre).
È questa la cifra che Renzi deve trovare subito, in attesa di predisporre le coperture strutturali per l’autunno: quelle — semmai ce la farà a trovarle — dovrà ricavarle dal menù dei tagli alla spesa pubblica che gli sottoporrà il commissario Carlo Cottarelli. Dieci miliardi strutturali dal 2015: vasto programma.
L’operazione sull’anno in corso invece è più semplice, ma non meno pericolosa e si basa in larga parte sul famigerato Def.
Al Tesoro lo stanno scrivendo proprio in questi giorni e quel testo dovrà garantire due cose a Renzi: la possibilità di elevare un po’ il deficit restando sotto il tre per cento in rapporto al Pil e quella di utilizzare un po’ di risparmi da interessi sul debito pubblico. Quest’ultima cosa è più facile visto il buon andamento delle aste dei titoli di Stato negli ultimi mesi, la prima invece rischia di esporre il governo a una discreta figuraccia e di rendere ancor meno amichevoli i rapporti tra Palazzo Chigi da un lato e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco dall’altro.
In breve, il punto è questo.
Il governo Letta aveva previsto una crescita del Prodotto per il 2014 dell’1 per cento; la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale, invece, hanno messo nero su bianco un +0,6 per cento.
La differenza non è senza effetti pratici: la minor crescita si riflette, ovviamente, sul rapporto tra disavanzo-debito e Pil. Senza ulteriori interventi, insomma, e con una crescita del prodotto dello 0,6 l’Italia potrebbe ritrovarsi con un deficit al 2,9 circa del Pil anzichè al 2,6: in sostanza senza alcuno spazio di manovra (ogni decimale, per capirci, vale una possibile spesa di 1,5 miliardi di euro).
E qui scatta il problema: Padoan ha già dichiarato pubblicamente che il suo Def avvicinerà le previsioni di crescita di Commissione e Fmi.
Se così fosse, le coperture per gli 80 euro al mese di Renzi per il 2014 rischiano di essere complicate da trovare.
La soluzione potrebbe essere quella di scontare fin d’ora, per così dire, l’effetto sul Pil delle misure già annunciate da Renzi: gli investimenti nell’edilizia scolastica e sul dissesto idrogeologico, lo sgravio dell’Irpef e, soprattutto, l’immediato pagamento dei debiti commerciali della P.A. grazie a Cassa depositi e prestiti.
Tenendo conto di tutto questo, la tentazione di Palazzo Chigi è addirittura di far salire la previsione di crescita dall’un per cento secco fino a 1,1-1,2 per cento guadagnando un po’ di fiato nella corsa alla promessa elettorale da 6,6 miliardi di euro.
D’altronde, come ha detto ieri lo stesso Renzi, è la crescita la risposta alla “contestazione e all’antipolitica”.
Intanto si comincia con quella di carta.
Il Tesoro, comunque, è al lavoro sulle simulazioni per portare a casa il taglio Irpef senza effetti distorsivi sulle aliquote marginali: il lavoro è complicato, ma il campo da gioco sono le detrazioni sul lavoro dipendente e basta, spiegano dal ministero smentendo la ricostruzione di Repubblica secondo cui gli 80 euro arriveranno attraverso un “bonus”.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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