PARLA BILL EMMOTT: IL MIO FILM FILM CENSURATO DAL MAXXI
ABBIAMO SOLO RACCONTATO L’ITAIA, ALLA TATE NON SAREBBE MAI SUCCESSO
Beh, non mi sarei sorpreso se fosse stato un governo guidato da Silvio Berlusconi a impedirmi di tenere la mia anteprima italiana al museo d’arte MAXXI.
Sarebbe stato normale, dopo che mi ha citato in giudizio due volte per diffamazione.
Ma mi lascia letteralmente sbalordito che la prima, prevista a Roma il 13 febbraio, del mio documentario sull’Italia, «Girlfriend in a Coma», sia stata cancellata dalla Fondazione MAXXI dopo una consultazione con il ministero dei Beni Culturali.
La prima avrebbe dovuto essere un evento riservato agli ospiti invitati.
Ed era stato previsto che questi includessero i leader di tutti i partiti politici, così come gli uomini d’affari al vertice, i giornalisti, gli ambasciatori, i personaggi intervistati dal film: potete immaginare il tipo di persone.
Sarebbe stato ospitato da Terravision, la compagnia di autobus aeroportuali che è stata registrata in Gran Bretagna a causa delle difficoltà di gestire un’impresa in Italia.
Terravision aveva anche ospitato un lancio del mio libro «Forza, Italia» a Roma nel novembre 2010.
Così mi ritrovo a chiedermi: sarebbe potuto accadere in qualsiasi altra democrazia occidentale? La motivazione fornita dal MAXXI è che, essendo una fondazione privata che gestisce un museo sotto il controllo del ministero della Cultura, non ha il permesso di ospitare eventi che potrebbero essere considerati «politici», data l’imminenza delle elezioni.
Il punto davvero più curioso è che nessuno al MAXXI ha effettivamente visto il nostro film, e nemmeno chiesto di vederlo.
Ma comunque, questo sarebbe successo al British Museum o all’equivalente del MAXXI per l’arte contemporanea a Londra, diciamo la Tate Modern o l’Istituto d’Arte Contemporanea (dove in realtà abbiamo debuttato nel Regno Unito a novembre)?
La risposta è no, certo che no.
Se un giornalista italiano, anche lavorando con un regista inglese, avesse fatto un film sulla Gran Bretagna (Che so, un «Boyfriend in a Coma») e avesse prenotato un cinema in uno di quei musei per proiettare il film un paio di settimane prima delle elezioni britanniche, nessuno si sarebbe dato pena.
Nessun ministero sarebbe intervenuto. Nessuna fondazione privata si sarebbe preoccupata per la «politicità » del film.
Al contrario: avrebbero apprezzato l’attenzione, l’importanza, il fatto di partecipare, in quanto istituzione culturale, a uno dei principi fondamentali della democrazia: la libertà di espressione.
Allora, che conclusioni posso trarre?
In primo luogo che al MAXXI sono sulla difensiva.
Hanno vietato un film senza averlo mai visto, giusto nel caso potesse dare adito a polemiche.
In secondo luogo, ritengo che con questa mentalità difensiva troppi italiani, il che significa in particolare quelli che operano nella politica e occupano posizioni ufficiali pubbliche, non vogliono affrontare e capire la verità e la realtà di ciò che è accaduto in Italia negli ultimi 20 anni.
Oh, certo, il nostro film non è l’unica versione di quella verità .
Ma si tratta di un tentativo onesto, indipendente, di illustrare agli italiani il punto di vista di questo solidale, affettuoso osservatore straniero, per aiutare gli italiani come gli stranieri a comprendere la situazione in Italia e ciò che va fatto.
È stato fatto apposta per suscitare un dibattito.
E se il momento giusto per provocare quel dibattito, nella capitale d’Italia, non è una campagna elettorale, non so quale possa essere il momento giusto.
Spero sinceramente che il MAXXI e il ministero della Cultura cambino idea e annullino la folle decisione.
Ma in ogni caso, «Girlfriend in a Coma» verrà rappresentato in Italia durante la campagna elettorale.
E in molte città italiane.
Forse non al MAXXI, con un pubblico di leader politici ed economici che il museo avrebbe dovuto essere orgoglioso di ospitare.
Bill Emmott
(da “La Stampa”)
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