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FATTO UN PAPA, SBUCANO GLI SCHELETRI NELL’ARMADIO: ROBERT FRANCIS PREVOST È STATO ACCUSATO DI AVER “INSABBIATO” CASI DI ABUSI SESSUALI DA PARTE DI PRETI. IL 25 MARZO IL “SURVIVORS NETWORK OF THOSE ABUSED BY PRIESTS”, IL GRUPPO DI SUPPORTO ALLE VITTIME DI PEDOFILIA NELLA CHIESA, HA INVIATO UNA LETTERA AI CARDINALI ELETTORI

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

PREVOST AVREBBE IGNORATO ALCUNE DENUNCE A CHICAGO (NON AVREBBE INFORMATO I DIRIGENTI DI UNA SCUOLA CATTOLICA DELLE ACCUSE SU UN SACERDOTE CHE ERA STATO AUTORIZZATO A VIVERE LÌ VICINO) E NON AVREBBE APERTO UN’INDAGINE FORMALE SU PRESUNTI ABUSI IN PERÙ

Il 25 marzo scorso, il più grande gruppo di supporto americano per le vittime di aggressioni sessuali da parte di preti aveva sporto denuncia in Vaticano contro l’allora cardinale Robert Prevost, accusandolo di aver insabbiato gli abusi sessuali dei suoi sacerdoti.
Lo ha detto Shaun Dougherty, presidente del consiglio di amministrazione di Survivors Network of Those Abused by Priests, al Washington Post. In una lettera di cinque pagine indirizzata ad alti funzionari del Vaticano il gruppo ha accusato Prevost di aver permesso a sacerdoti accusati di violenza sessuale su minori di continuare a predicare, senza indagare sulle accuse né allertare le autorità civili.
Il neoeletto Papa Leone XIV è accusato di aver “guardato dall’altra parte” quando si è trovato di fronte a denunce di abusi sessuali su minori da parte di sacerdoti nelle sue diocesi di Chicago e del Sud America
Robert Prevost, che giovedì è diventato il primo pontefice nordamericano, è stato accusato da un gruppo di sopravvissuti di non aver agito di fronte a denunce di abusi sia negli Stati Uniti che in Perù – preoccupazioni che, a detta loro, sono state comunicate ai cardinali che lo hanno eletto
“Restare in silenzio è un peccato. Non è ciò che Dio vuole da noi. Gesù vuole che fermiamo queste cose, non che creiamo un terreno fertile in cui gli abusi
sessuali possano proliferare”, ha dichiarato a DailyMail.com Lopez de Casas, vittima di abusi da parte del clero e vicepresidente nazionale della Survivors Network of those Abused by Priests (SNAP).
Si sostiene che Prevost abbia ignorato denunce a Chicago, dove è cresciuto, dopo che il sacerdote agostiniano padre James Ray fu autorizzato a vivere presso il convento St. John Stone a Hyde Park, nonostante fosse stato rimosso dal ministero pubblico anni prima a causa di accuse di abusi su minori.
Il nuovo papa, secondo quanto riportato, non avrebbe informato i dirigenti della scuola cattolica St. Thomas the Apostle, una scuola elementare a mezzo isolato dal convento, perché – a detta della Chiesa all’epoca – Ray avrebbe dovuto essere strettamente sorvegliato
Prevost è stato anche criticato per non aver aperto un’indagine ecclesiastica formale su presunti abusi sessuali perpetrati da due sacerdoti della diocesi di Chiclayo, in Perù, che ha guidato dal 2014 al 2023.
SNAP e altri gruppi affermano di aver informato i 135 cardinali elettori che lo hanno eletto del presunto immobilismo di Prevost su queste denunce.
“Questa persona sarà sottoposta a scrutinio da ogni lato”, ha dichiarato Lopez de Casas, che spera che l’elezione di Prevost accenda una luce più intensa sul problema degli abusi nella Chiesa.
“È utile per le vittime di tutto il mondo, perché ora abbiamo un papa che sarà osservato pubblicamente per le questioni in cui è stato coinvolto in passato”, ha aggiunto.
Lopez de Casas, 65 anni, è cresciuto a Galveston, in Texas, e afferma di essere stato abusato da insegnanti del sistema scolastico pubblico.
Prete pedofilo
Sua madre, sospettando che fosse successo qualcosa ma senza riuscire a identificarlo, lo mandò da un prete della parrocchia a Galveston, il quale gli chiese di mostrare cosa gli avessero fatto gli insegnanti.
“Fui poi abusato dal prete”, ha raccontato a DailyMail.com.
Tra le altre critiche, Prevost è stato accusato di non aver avviato un’indagine
ecclesiastica formale sui presunti abusi sessuali da parte di due sacerdoti della diocesi di Chiclayo, in Perù, che ha guidato dal 2014 al 2023
Il sito di informazione cattolica The Pillar ha riferito di accuse secondo cui la diocesi avrebbe gestito in modo scorretto le denunce presentate da Ana Maria Quispe e dalle sue sorelle minori, Juana Mercedes e Aura Teresa, contro padre Eleuterio Vásquez Gonzáles, risalenti al 2007.
Secondo The Pillar, accuse sono state mosse anche contro un altro sacerdote.
Le presunte vittime hanno affermato in una dichiarazione che, sotto la supervisione di Prevost, nel 2022 la diocesi avrebbe minimizzato i dettagli e la documentazione delle loro denunce inviate al Vaticano, impedendo intenzionalmente alla Chiesa di agire contro i sacerdoti accusati. Sostengono che la Chiesa abbia ignorato le loro segnalazioni.
(da agenzie)

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L’APPARIZIONE DI LEONE XIV DALLA LOGGIA DELLE BENEDIZIONI CI DICE MOLTO SUL NUOVO PONTEFICE: SI È PRESENTATO CON UN DISCORSO SCRITTO, HA ESORDITO CON “LA PACE SIA CON VOI” ED È RISULTATO FREDDO, POCO COINVOLGENTE

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

A DIFFERENZA DI PAPA FRANCESCO, SI È RIMESSO TUTTI I PARAMENTI: C’È IL RITORNO DELLA MOZZETTA ROSSA, ALLA STOLA BORDEAUX

Non era di per sé del tutto fuori dalle attese, ma è indubbio che l’elezione del cardinale Robert Francis Prevost quale 267° successore di Pietro ha sorpreso molti commentatori e soprattutto la grande folla accorsa in piazza San Pietro.
Tuttavia, l’entusiasmo della piazza si è smorzato quando il cardinale Camerlengo ha pronunciato «Robert Francis», il nome di battesimo del nuovo eletto. Poi, dopo il suo affaccio dalla loggia principale della Basilica, il clamore e le grida «Viva il Papa» hanno riportato la scena sul cliché normale che caratterizza il primo incontro del popolo romano e cristiano con un nuovo pontefice, ma in un clima comunque in cui le menti di molti dei presenti erano abitate da curiosità e interrogativi.
È sembrato un pontefice abbastanza a suo agio .
Rispetto a Ratzinger, Wojtyla e Bergoglio erano figure meno conosciute, che tuttavia nel loro parlare a braccio hanno saputo toccare immediatamente i cuori. Il primo con quel «non so se posso spiegarmi bene nella vostra… nostra lingua italiana. Se mi sbaglio, mi correggerete», oltre il ricordare che veniva da una terra lontana.
Mentre Bergoglio con quei due gesti, il «buonasera» iniziale e quell’essere stato
chiamato dai cardinali dalla fine del mondo, ha fatto epoca e introdotto una comunicazione diretta e umana col suo popolo. Insomma, l’approccio di papa Prevost sembra essere stato un po’ più freddo, meno umanamente emotivo e coinvolgente. Forse l’immagine di un pastore dai tratti più essenziali o più avvezzo a svolgere dei ruoli direttivi.
Novità sono emerse anche nel primo messaggio offerto dal nuovo pontefice. È forse il primo papa (perlomeno se si guarda alla storia recente) che nel presentarsi a Roma e al mondo non si affida all’improvvisazione, ma legge un testo, scritto (pur velocemente) per l’occasione, con la sola eccezione di quando ricorda il periodo in cui è stato vescovo in una diocesi peruviana.
Si è trattato comunque di un discorso umanamente e cristianamente rilevante, a partire da quel «la pace sia con voi» che è il saluto con cui Gesù risorto si è presentato ai discepoli smarriti. Una pace che proviene dunque da Dio, che è il dono «disarmato e disarmante» da lui ricevuto, e che impegna anche noi e tutti a «costruire ponti», «ad essere un solo popolo in pace». E a questo punto il nuovo papa ha pronunciato un sentito grazie a Francesco, facendo intravedere una continuità di intenti circa il ruolo costruttivo che la Chiesa deve avere nel mondo, una Chiesa «missionaria», con le braccia aperte.
Molti, poi, avranno notato che papa Prevost si è rimesso tutti i paramenti. Non aveva più l’essenzialità esteriore del suo predecessore. Ha parlato come Francesco, ma nel vestiario era più vicino a Ratzinger. Anche questo può essere il segno della maggior importanza attribuita al ruolo pontificale, anche se con un portamento perlopiù disinvolto e non affettato.
(da La Stampa)

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PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE, PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN?

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU’ MODERATO … HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI

Questa volta più che mai, vale il detto “Chi entra Papa al conclave esce cardinale”. Nei giorni scorsi il nome di Pietro Parolin è stato accreditato da tutti come il più probabile come nuovo pontefice.
Analisti, esperti, persino cardinali dalla lingua di legno si sono sbilanciati sostenendo che il Segretario di Stato di Bergoglio fosse l’unico in grado di ottenere il favore tanto dei porporati conservatori che di quelli progressisti.
Un clima di consenso quasi unanime culminato dopo la fumata bianca: il “Sole 24 Ore” si è sbilanciato al punto da titolare sul sito “Flash: anticipazione
Parolin in arrivo”, mentre il direttore, Fabio Tamburini, su Radio24 si diceva praticamente certo che il cardinale vicentino fosse il prossimo pontefice (“Tutto fa convergere verso di lui, il nuovo Papa sarà Parolin”).
Non certo una “previsione” isolata: secondo i vaticanisti interpellati dai sondaggisti di Youtrend, Parolin aveva il 38% di possibilità di essere il futuro Papa, seguito dagli altri italiani Zuppi e Pizzaballa.
I segnali che il fine diplomatico del Vaticano potesse essere il successore di Francesco sul Soglio di Pietro erano molti.
L’ultimo, certo il meno “autorevole”, il fatto che la notizia della fumata bianca ha fatto irruzione a “La Vita in Diretta” mentre si parlava dei biscotti preferiti da Parolin, con una diretta da Schiavon, il paese natale del porporato.
Il primo “endorsement” pesante, però, risale a 24 ore prima, quando il cardinal Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio e grande sponsor di Parolin, durante la messa “pro eligendo pontefice” ha fatto i “doppi auguri” al collega. Una frase che con il senno di poi vince il premio per “miglior gufata”.
Anche analisi predittive avevano dato per certa l’elezione di Parolin: dopo la fumata bianca, su Polymarket, il cardinale italiano era dato Papa con una probabilità del 70%.
La velocità con cui si è arrivati alla decisione, le supposizioni dei vaticanisti, tutto sembrava convergere sull’elezione a Papa del Segretario di Stato. E invece, è sbucato l’americano Robert Francis Prevost.
Cosa sia successo davvero nella Cappella Sistina, solo lo Spirito Santo lo sa. Di certo, bisogna osservare i pensieri, le simpatie, le antipatie, i calcoli, umani troppo umani, dei 133 cardinali elettori. E si può ipotizzare qualche ricostruzione.
Parolin partiva con una 40ina di voti (più o meno come Scola nell’elezione del 2013, quando vinse Jorge Mario Bergoglio). Probabile che quel bottino sia rimasto praticamente fermo nella seconda e terza elezione, non riuscendo a
sfondare le preferenze dei porporati. Secondo Alberto Melloni, esperto di Conclavi, alla terza votazione Parolin aveva 49 voti e Prevost 38.
Il nome del cardinale americano-peruviano si è via via consolidato (all’inizio solo tra i nordamericani, poi pian piano anche tra gli africani francofoni, che avrebbero guardato a lui con simpatia perché figlio di genitori francesi).
Nel momento in cui Parolin ha deciso di fare un passo indietro, chiamandosi fuori e vedendosi “tradito” dagli altri cardinali, i suoi voti sono confluiti su Prevost, portandosi dietro a cascata qualche decina di indecisi.
A favorire il travaso, la spaccatura tra gli europei, e tra gli italiani, il gruppo più nutrito del Conclave (17 cardinali) che pure stavolta non è riuscito ad avere voce in capitolo. Una sconfitta politica rilevante.
Come scrive oggi “la Stampa”: “Il flop della delegazione italiana al Conclave si fonda su una constatazione.
«Se hai quattro candidati e gli americani uno, perdi– rileva il diplomatico vaticano di lungo corso. Essersi presentati all’elezione pontificia con quattro papabili (Pietro Parolin, Matteo Zuppi, Pierbattista Pizzaballa, Giseppe Betori) non deponeva a favore del ritorno del pontificato in Italia dopo tre stranieri».”
Come raccontato qualche giorno fa da “El Pais”: “Le possibilità dei cardinali italiani” erano “esagerate da una distorsione ottica della stampa italiana”
La domanda è: perché i cardinali hanno impallinato Parolin? Un suo eventuale papato non sarebbe stato troppo in continuità con Bergoglio, visto che Parolin ha un profilo molto più moderato. Né si può pensare che gli si sia ritorto contro il suo scarso carisma visto che anche il “mite” Leone XIV non sembra provvisto dei crismi del leader trascinatore di folle.
Ha pesato, agli occhi dei porporati nordamericani, il suo “sbilanciamento” verso la Cina (è stato il fautore dell’accordo con Pechino sui vescovi)?
(da Dagoreport)

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I SOLITI ITALIANI: SONO I PIÙ NUMEROSI, I PIÙ AUTOREVOLI, I PIÙ “PAPABILI” E POI FINISCONO GIUBILATI: IL FLOP CLAMOROSO DEI CARDINALI TRICOLORE AL CONCLAVE SI SPIEGA CON LA SPACCATURA E GLI ODI RECIPROCI TRA LE VARIE FRONDE. PAROLIN, ZUPPI, PIZZABALLA

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

QUESTA VOLTA I CANDIDATI SPENDIBILI C’ERANO. ANZI, ERANO TROPPI SECONDO I DIPLOMATICI VATICANI DI LUNGO CORSO: “SE NE HAI QUATTRO, E GLI AMERICANI UNO, PERDI” …“IL FATTO DI ESSERE DIVISI HA DEPOTENZIATO GLI ITALIANI, MENTRE PREVOST HA RACCOLTO I VOTI DELLE AMERICHE, DELLA CURIA E DEI PORPORATI ASIATICI”

Il flop della delegazione italiana al Conclave si fonda su una constatazione. «Se hai quattro candidati e gli americani uno, perdi– rileva il diplomatico vaticano di lungo corso.
Essersi presentati all’elezione pontificia con quattro papabili (Pietro Parolin, Matteo Zuppi, Pierbattista Pizzaballa, Giseppe Betori) non deponeva a favore del ritorno del pontificato in Italia dopo tre stranieri».
E aggiunge: «La nomina di Prevost è frutto di una mediazione: un curiale di breve corso e un pastore missionario.
Parolin nelle prime due votazioni ha avuto un buon numero di preferenze, ma in terza è calato e a quel punto ha fatto confluire i suoi voti su Prevost per dare un messaggio di comunione e celerità.
Il fatto che sia stato nominato subito un candidato che non era nella prima fila dei papabili significa che dopo il pranzo di ieri hanno individuato questa soluzione».
Inoltre «il fatto di essere divisi ha inevitabilmente depotenziato i cardinali italiani, mentre Prevost durante le congregazioni generali aveva ben figurato raccogliendo così i voti degli elettori delle Americhe, della Curia e anche dei porporati asiatici che si sono orientati su di lui invece che su Luis Tagle.
Prevost è un uomo metodico e come si è visto dal ritardo nell’uscita a San Pietro dopo la fumata bianca ha scritto il discorso improvvisando solo i saluti in spagnolo».
Determinante appunto Timothy Dolan, il cardinale di New York, l’uomo del presidente americano Donald Trump in Vaticano.
Dolan ha lavorato per ricucire le anime divise della chiesa americana. Gli anti trumpiani come Mc Elroy, Wolton Gregory e i super conservatori alla Di Nardo e lo stesso Dolan hanno capito che era arrivato il momento di giocare come una squadra. Al pontificio collegio nordamericano si sono fatti i veri giochi.
Dolan sicuro di sè twittava e dispensava i soliti sorrisi. Intanto contava i voti per Francis Prevost, un profilo perfettamente spendibile: statunitense di nascita ma missionario in Perù, solido in dottrina, curiale come ex prefetto della Congregazione per i vescovi, fluido in italiano, inglese ovviamente e spagnolo.-

(da agenzie)

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IL CARDINALE PREVOST, DIVENUTO PAPA LEONE XIV, HA VOTATO ALLE ULTIME QUATTRO ELEZIONI STATUNITENSI E IN 3 PRIMARIE REPUBBLICANE

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

LA “CNN” ANALIZZA I REGISTRI ELETTORALI DELL’ILLINOIS, DOVE PREVOST ERA REGISTRATO: NEL 2016, L’ALLORA CARDINALE ANDÒ A VOTARE PER SCEGLIERE IL CANDIDATO ALLA PRESIDENZA PER IL “GRAND OLD PARTY”. LA SCELTA ERA TRA TRUMP (CHE SI IMPOSE CON LARGA MAGGIORANZA), TED CRUZ, JOHN KASICH E MARCO RUBIO

Papa Leone XIV ha votato per Donald Trump o per un altro candidato? La Cnn accende i riflettori sull’elettore Robert Prevost. Il cardinale statunitense, eletto nuovo Papa dal Conclave nella giornata dell’8 maggio, è registrato come elettore a New Lenox, nell’area di Chicago, in Illinois. Secondo i dati citati dall’emittente, Prevost ha votato in 4 elezioni generali e in 3 primarie repubblicane. I registri dell’Illinois, in particolare quelli della Will County, evidenziano che il cardinale è andato alle urne per le elezioni nel 2012, 2014, 2018 e 2024.
Gli elettori dell’Illinois non devono registrarsi come membri di un partito politico ma possono scegliere per quale schieramento votare durante le primarie. I documenti mostrano che Prevost ha partecipato alle primarie repubblicane del 2012, del 2014 e del 2016. In particolare, a marzo 2016, nelle primarie repubblicane per scegliere il candidato alla presidenza, in Illinois si impose Trump con 556.916 voti davanti a Ted Cruz, John Kasich e Marco Rubio. Come è noto, Trump ottenne la nomination e a novembre divenne presidente con la vittoria alle elezioni contro Hillary Clinton.
(da agenzie)

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LA NUOVA DISCESA IN CAMPO DI MARINA BERLUSCONI: NEL GIORNO IN CUI VIENE ELETTO IL PRIMO PAPA AMERICANO DELLA STORIA, LA FIGLIA DEL CAV SI POSIZIONA CONTRO TRUMP: “SONO PREOCCUPATA PER QUELLO CHE FA, E QUELLE CHE ERANO SOLO PREOCCUPAZIONI FINO A POCO TEMPO FA, SI SONO TRASFORMATE IN REALTÀ”

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

UN MESSAGGIO ANCHE A GIORGIA MELONI, CHE RIVENDICA LA SUA “SPECIAL RELATIONSHIP” CON IL TYCOON – LE LODI DI PRASSI AL GOVERNO E L’ATTACCO ALLE MULTINAZIONALI AMERICANE: “LO STRAPOTERE DELLE BIG TECH MI PREOCCUPA DA SEMPRE, PERCHÉ NON SI ERA MAI VISTA UNA SIMILE CONCENTRAZIONE DI POTERE E DI RICCHEZZA”

Boccia senza appello Donald Trump, promuove il governo di Giorgia Meloni pur invitandolo a continuare nell’azione coerente e coordinata con l’Europa, si augura una stretta sulle big tech che mettono a repentaglio la democrazia e rivendica con orgoglio l’Opa di Mfe-Mediaset sulla tedesca Prosieben
È una Marina Berlusconi che ha molta voglia di parlare quella che arriva alla libreria Rizzoli di Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, scelta come nuovo luogo iconico del gruppo Mondadori, fresco di restyling, negli istanti esatti in cui da piazza San Pietro arriva la notizia che il nuovo papa è l’americano Robert Francis Prevost.
La presidente della casa editrice di Segrate e del gruppo Fininvest ne approfitta per una battuta sul possibile ruolo del Pontefice come ricucitore dei rapporti fra Stati Uniti ed Europa.
«Dai papi ci si possono aspettare tanti miracoli, tante cose positive. Speriamo che possa anche aiutare da questo punto di vista» scherza, ma solo fino a un certo punto. La sua valutazione di ciò che sta accadendo a Washington […] non potrebbe essere più allarmante.
«Sono preoccupata in generale per quello che Trump fa – spiega- . E obiettivamente quelle che erano solo preoccupazioni fino a poco tempo fa, durante la campagna elettorale, si sono purtroppo trasformate in realtà».
La figlia primogenita di Silvio Berlusconi critica duramente i primi cento giorni di Donald Trump alla Casa Bianca «per aver inferto un colpo durissimo alla credibilità dell’America e quindi dell’Occidente» e per aver fatto vacillare «quelle che erano le certezze su cui era stato costruito l’ordine politico ed economico del dopoguerra».
Quindi, dopo aver sottolineato che il suo sguardo sul futuro è comunque positivo «perché l’America è sempre l’America, e l’America non è solo Trump»,
spera che il presidente americano sia costretto a «rivedere un po’ tutto» e «a fare marcia indietro».
Per quanto riguarda il governo italiano, i giudizi sono all’opposto più che lusinghieri.
Marina Berlusconi loda in particolare la gestione dei conti pubblici «nonostante i vincoli europei stringenti» e «l’eredità pesantissima di un passato fatto di bonus a pioggia e di soldi pubblici usati come bancomat», la serietà dimostrata in politica estera in un contesto «di una difficoltà forse senza precedenti» – una serietà che si augura possa proseguire anche in futuro «in modo coerente e coordinato con l’Europa» – e il modo in cui la presidente del Consiglio sta gestendo il dossier dazi cercando di mantenere unite Italia, Europa e Stati Uniti.
Positivo, in quest’ottica, è anche il giudizio sul ruolo di Forza Italia che è «garanzia di equilibrio, moderazione e buon senso» all’interno della maggioranza di governo e sul suo leader Antonio Tajani che «si sta dimostrando un’ottima guida».
«Da figlia di Silvio Berlusconi che ha dedicato a Forza Italia trent’anni – dice la manager – scalda il cuore vedere come questo partito non solo esiste ancora ma ha ripreso a crescere».
Davanti ai cronisti – con i quali si intrattiene per un quarto d’ora prima di salutare il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, il sottosegretario con delega all’Editoria Alberto Barachini, oltre a una nutrita rappresentanza di quel salotto buono milanese per il quale a fare gli onori di casa c’è la dottoressa Melania Rizzoli – Marina Berlusconi affronta anche i temi economici che più le stanno a cuore. Il primo affondo è sullo strapotere delle big tech.
«Forse l’unica cosa che non mi dispiace dei dazi è il danno che fanno a questi signori» ragiona a voce alta, pur ammettendo di non essere «molto ottimista» sulla regolamentazione e su un possibile accordo di armonizzazione fiscale nonostante i tentativi europei in tal senso.
Non sono solo «la concorrenza sleale» nei confronti dei media tradizionali, la
questione delle tasse e quella occupazionale a impensierirla.
La numero uno di Fininvest invita ad approfondire i teorici dell’illuminismo oscuro che sarebbero alla base della Weltanschauung di alcuni di questi magnati.
«Lo strapotere delle Big tech mi preoccupa da sempre – aggiunge – perché non si era mai vista una simile concentrazione di potere e di ricchezza nelle mani di pochi soggetti, che si accompagna anche a una capacità di influenzare l’opinione pubblica senza precedenti.
E quello che preoccupa ancora di più è che si muovono in una totale assenza di regole e di limiti».
Quasi a fare da contrappeso a questo scenario c’è invece il capitolo sull’espansione europea di Mfe-Mediaset, che proprio ieri ha ricevuto l’ok della Bafin (la Consob tedesca) all’Opa su Prosieben.
La presidente di Fininvest ringrazia più volte il fratello Pier Silvio e la sua squadra, dicendosi soddisfatta di quello che definisce un «progetto industriale» che mira a diventare un campione europeo capace di competere sui mercati globali e allo stesso tempo di portare avanti «il modo di fare impresa di nostro padre».
(da agenzie)

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A CHE SERVE LA PARTENZA DEL GIRO DALL’ALBANIA? A TIRARE LA VOLATA A EDI RAMA, IN CARICA DAL 2013, CHE PUNTA A ALLUNGARE IL SUO PREMIERATO

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

“LA CORSA ROSA È UN’OCCASIONE DI PUBBLICITÀ IMMENSA E RIENTRA NEL PACCHETTO DELL’ACCORDO SUI MIGRANTI SIGLATO CON MELONI. NEOCOLONIALISMO, COME ALTRO DEFINIRLO?” … IL GOVERNO ITALIANO È SPONSOR DELLA MAGLIA CICLAMINO

Il Giro è un sogno che gli albanesi non hanno mai sognato, un foglio in coda ad altri scivolato da tavoli più importanti, certo, e piombato tra le strade ventose di Tirana, dove rare biciclette si muovono in un traffico da metropoli asiatica. Il Giro allarga i suoi confini oltre l’Adriatico, in giorni delicati per il paese da cui, un tempo, si partiva verso l’altra riva e un’altra vita.
Edi Rama, in carica dal 2013, punta ad allungare il suo premierato. «Il Giro è un’occasione di pubblicità immensa» spiega Detjon Begaj, consigliere comunale a Bologna, «e rientra nel pacchetto dell’accordo sui migranti siglato con Meloni. Neocolonialismo, come altro definirlo?».
Il governo italiano, attraverso il ministero degli Esteri e quello del Made in Italy, è sponsor della maglia ciclamino. Rama, ex cestista, del resto punta molto sullo sport: a Parigi 2024 l’Albania ha finalmente rotto il suo digiuno di medaglie olimpiche con due bronzi nella lotta vinti da due russi naturalizzati, Chermen Valej e Islam Dudaev. L’italiana Lara Colturi, diventata albanese per lo sci, è candidata al podio sulla neve a Milano-Cortina 2026.
Il ciclismo in Albania è una stanza con tre sedie, una delle quali occupata dallo stesso presidente federale dal 1999. Nel 2013 l’Albania è però salita sul podio del Mondiale juniores: il terzo, Iltjan Nika, fu preceduto da Mathieu Van der Poel e Mads Pedersen. Nika oggi accompagna i turisti in bici per le strade della Maremma
La Durazzo—Tirana finirà su un lungo viale lastricato, a pochi passi dalla piramide dedicata un tempo a Enver Hoxha. La città è un misto, ora, di molte cose e molte epoche. E il Giro la visita dopo aver perlustrato i monti che la circondano per una tappa che Wout Van Aert etichetta come «assai nervosa».
Roglic e Ayuso dovranno mettere già davanti le loro squadre, mentre sentiranno sotto le ruote la salita di Gracen e di Surrel, due dentelli non innocui.
(da agenzie)

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ALGORITMO 1 – VATICANISTI 0 : UN SOFTWARE DELL’UNIVERSITÀ BOCCONI AVEVA AZZECCATO IL NOME DEL PAPA. IN CIMA ALLA TOP FIVE C’ERA PROPRIO ROBERT FRANCIS PREVOST

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

IL TWEET PROFETICO DI MONIA VENTURINI, GIORNALISTA DEL TG1: “SECONDO ME VINCE PREVOST, IL PAROLIN AMERICANO”

Si può indovinare, attraverso lo studio delle reti relazionali, personali e digitali, chi verrà eletto papa?
Prova a rispondere uno studio di tre esperti dell’Università Bocconi: Giuseppe Soda, Alessandro Iorio e Leonardo Rizzo.
I tre hanno applicato i metodi dell’analisi delle reti sociali ( social network analysis ) al collegio cardinalizio.
Obiettivo: se non proprio azzeccare il successore di Francesco, individuare i fattori che fanno emergere un cardinale come papabile.
Gli studiosi hanno costruito un modello basato su tre fonti e tre criteri. Le fonti sono: gli incarichi ufficiali (dicasteri, commissioni, eccetera); le linee di consacrazione episcopale; le relazioni informali
I tre criteri che determinano, fra i papabili, quelli che hanno più chance di essere eletti sono: lo «status», misurato con un indice che premia i cardinali non solo connessi a molti altri, ma a quelli più influenti; il «controllo informativo», che identifica i cardinali che fungono da snodo fra gruppi diversi; la capacità di costruire coalizioni, calcolata con un indice composito. Infine, il modello tiene conto dell’età dei papabili
Conclusione: la Top five dei cardinali per status vede al primo posto lo statunitense Robert Prevost, seguito da Lazzaro You Heung-sik (Corea del Sud), Artur Roche (Regno Unito), dal francese Jean-Marc Aveline e dall’italiano Claudio Gugerotti.
I primi 5 posti per «controllo informativo» spettano, nell’ordine, allo svedese Anders Arborelius, all’italiano Pietro Parolin, all’argentino Vìctor Fernàndez, al canadese Gérald Lacroix e allo statunitense Joseph Tobin.
Infine, la classifica per «capacità di coalizione» è guidata dal filippino Luis Antonio Tagle, seguito dallo spagnolo Angel Fernàndez Artime, di nuovo dal canadese Gérald Lacroix, dal congolese Fridolin Besungu e dal brasiliano Sérgio da Rocha.
(da Il Corriere della Sera)

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BILL GATES CONTRO ELON MUSK: “ I SUOI TAGLI UCCIDONO I BAMBINI POVERI”

Maggio 9th, 2025 Riccardo Fucile

E ANNUNCIA UNA DONAZIONE DA 200 MILIARDI DI DOLLARI

Bill Gates contro Elon Musk. La fame nel mondo ha acceso un durissimo scontro tra due dei più influenti miliardari del pianeta. Da un lato, il fondatore di Microsoft e filantropo di lungo corso; dall’altro, l’uomo più ricco del mondo
Al centro dello scontro, i tagli drastici avvenuti a febbraio all’Usaid, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, voluti da Musk in qualità di capo del Dipartimento per l’Efficienza governativa. «L’uomo più ricco del mondo che uccide i bambini più poveri non è una bella immagine», ha dichiarato Gates al Financial Times. Il riferimento è ai tagli dell’80% dei fondi umanitari disposti da Musk, circa 30 miliardi di dollari in meno, che stanno già avendo effetti in aree critiche del pianeta: dalla chiusura di un ospedale a Gaza alla sospensione di cure per la prevenzione dell’Hiv madre-figlio in Mozambico.
Bill Gates donerà 200 miliardi di dollari
«Mi piacerebbe che Musk andasse lì di persona, a guardare negli occhi i bambini che oggi contraggono l’Hiv a causa di quei tagli», ha aggiunto Gates in un’intervista a Reuters. Il 69enne filantropo ha poi annunciato un gesto concreto: donerà 200 miliardi di dollari entro il 2045 e chiuderà in anticipo la Bill & Melinda Gates Foundation, nata nel 2000. «Per la prima volta, il numero di morti nel mondo tornerà a salire. E saranno milioni in più», ha detto. La chiusura della Bill & Melinda Gates Foundation è fissata per il 31 dicembre 2045. Fino a quella data, il 99% del suo patrimonio sarà destinato a salute pubblica, istruzione e lotta alla fame nei Paesi in via di sviluppo. Dal 2000 a oggi, la fondazione ha già erogato oltre 100 miliardi di dollari dalla sua nascita, risalente a 25 anni fa. I prossimi vent’anni ne usciranno altri 200.
(da agenzie)

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