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ELEZIONI IN ROMANIA, L’EUROPEISTA DAN RIBALTA LE PREVISIONI E VINCE IL BALLOTTAGGIO: CON IL 90% DI VOTI SCRUTINATI DAN 53,7%, SIMON 46,3%

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

BATOSTA PER I SOVRANISTI CHE GIA’ ERANO PRONTI A FESTEGGIARE

Il sindaco filoeuropeista di Bucarest, Nicusor Dan, è a un passo dalla vittoria del ballottaggio delle elezioni presidenziali in Romania, secondo i risultati quasi definitivi, con una spettacolare inversione di tendenza rispetto al primo turno. Dopo aver scrutinato oltre il 90% delle schede, il candidato centrista ha ricevuto quasi il 54% dei voti, rispetto al 46% del leader del partito nazionalista AUR, George Simion, che, nonostante i risultati, ha rivendicato la vittoria, accusando di «frode»
Nicusor Dan, matematico 55enne, centrista Ppro-Europa, un dottorato alla Sorbona alle spalle, sindaco di Bucarest dal 2020 con trascorsi da attivista anti corruzione: ha impostato la sua proposta sul rispetto dello Stato di diritto e su un’Europa forte e ha battuto la concorrenza del nazionalista Simion, 38enne senza laurea, leader di un giovane partito, l’Aur e grande ammiratore di Trump
che era riuscito a rastrellare consensi ovunque – tra giovani e vecchi, nelle aree urbane e rurali – presentandosi come il candidato che avrebbe «vendicato» Calin Georgescu, l’indipendente filorusso che ha stravinto a sorpresa a novembre nelle presidenziali poi annullate per sospetti di interferenze straniere, e che è stato escluso a marzo dalla nuova corsa elettorale per azioni anticostituzionali e illeciti nei finanziamenti elettorali.
Dan: “Nostra società vuole dialogo, non l’odio”
Dan ha parlato immediatamente dopo la diffusione degli exit poll. “Questo voto dimostra che i romeni vogliono il dialogo, non l’odio. La nostra società ha mostrato una forza impressionante”. Poi ha continuato, avvertendo i cittadini:
Chi è Nicusor Dan
Il filoeuropeista Dan, 55 anni, ha fatto campagna elettorale con la promessa di portare “cambiamento” e “onestà” in Romania sulla scia del voto annullato. Matematico, rieletto sindaco per un secondo mandato nel 2024, durante la
campagna elettorale ha condannato come “corrotto” e “arrogante” l’establishment politico al potere dalla fine del comunismo quasi quarant’anni fa.
Da quando è stato eletto sindaco per la prima volta nel 2020, Dan è orgoglioso di aver modernizzato il sistema di riscaldamento della capitale e i suoi impianti sportivi, riuscendo a far uscire la città dalla bancarotta.

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ELEZIONI PRESIDENZIALI IN POLONIA, VERSO IL BALLOTTAGGIO TRA L’EUROPEISTA TRZASKOWSKI AL 30,8% E IL CONSERVATORE NAWROCKI AL 29,1%

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

IL SECONDO TURNO IL PRIMO GIUGNO

Tutto come previsto, secondo gli exit poll del quotidiano Gazeta Wyborcza. Si andrà al ballottaggio nelle presidenziali polacche, con i due candidati principali, l’europeista Rafal Trzaskowski e il conservatore Karol Nawrocki, che nei sondaggi all’uscita delle urne ottengono entrambi circa il 30% delle preferenze. Ma rispetto ai sondaggi della vigilia Nawrocki avrebbe ottenuto un risultato assai migliore delle attese (era previsto un 23%) mentre Trzaskowski era dato al 32%.
La Polonia deve scegliere il successore di Andrzej Duda, presidente del Paese dal 2015 che, giunto al termine del secondo mandato, non poteva correre per il
terzo. Trzaskowski, sindaco di Varsavia, era sostenuto dal partito di governo Coalizione civica del primo ministro Donald Tusk.
Inseguiva il candidato di estrema destra Slawomir Mentzen a cui alla vigilia era attribuito il 14% e secondo gli exit arriverebbe al 15%.
Proprio gli elettori di Mentzen potrebbero essere cruciali nel secondo turno, se dessero il proprio appoggio a Nawrocki. Infatti il candidato del PiS si è subito appellato agli elettori dell’ultradestra per “salvare la Polonia” ed “evitare che Tusk (il premier, ndr) ottenga tutto il potere”. E Trzaskowski ha bollato Nawrocki come candidato “radicale”.
(da agenzie)

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MERZ SCARICA SUBITO GIORGIA MELONI, A MANCO 24 ORE DALL’INCONTRO A PALAZZO CHIGI: “GERMANIA, FRANCIA E GRAN BRETAGNA VOGLIONO SENTIRE IL PRESIDENTE AMERICANO, DONALD TRUMP, PRIMA DELLA TELEFONATA CON PUTIN”

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

E LA “PONTIERA” GIORGIA? COME MAI NON È STATA MANCO CONSIDERATA PER LA CHIAMATA? NON ERA UN “PARTNER STRATEGICO ASSOLUTAMENTE DA COINVOLGERE”?

Germania, Francia e Gran Bretagna vogliono sentire il presidente americano Donald Trump prima della sua telefonata domani con Vladimir Putin. A riferirlo e’ stato il cancelliere tedesco Friedrich Merz, a margine della cerimonia per l’intronizzazione di Leone XIV
Con il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Kei Starmer “abbiamo concordato di sentire nuovamente il presidente americano per preparare questa discussione”, ha spiegato.
Di questo, ha riferito, ha discusso anche con il segretario di Stato americano, Marc Rubio.
Fonti del governo tedesco hanno spiegato che alla telefonata avrebbe dovuto partecipare anche il primo ministro polacco Donald Tusk, che pero’ ha rinunciato visti gli impegni legati alle elezioni presidenziali di oggi.
(da agenzie)

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SE VUOI LA PACE, PREPARA LA GUERRA. L’EX DIRETTORE DI “THE ECONOMIST”, BILL EMMOTT: “PER I PAESI EUROPEI È VITALE INCREMENTARE LA SPESA PER LA DIFESA E LE LORO CAPACITÀ MILITARI, PORTANDOLE A UN LIVELLO TALE DA FUNGERE DA DETERRENTE NEI CONFRONTI DI UN FUTURO ATTACCO RUSSO. L’UNICO MODO CONCRETO DI TUTELARE LA PACE IN UNA ZONA OSTILE È RENDERE L’IDEA DI GUERRA TROPPO ONEROSA PER LA RUSSIA”

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

“I LEADER EUROPEI CONCORDANO SUL FATTO CHE QUESTA È UNA GUERRA DELL’EUROPA. È GIUNTO IL MOMENTO DI DIMOSTRARE CHE LE LORO NON SONO PAROLE AL VENTO”

È facile dichiarare di essere un pacificatore, molto più difficile è riuscire aarrivare alla pace. Più facile è anche cominciare le guerre, rispetto al porvi fine.
Queste sono le semplici verità dietro il continuo protrarsi dei conflitti in Ucraina e Gaza, queste sono il motivo per cui Donald Trump ha trascorso questa settimana in Medio Oriente a far soldi, più che la pace.
Queste stesse verità, tuttavia, sono anche il motivo per cui per i Paesi europei è così vitale incrementare la spesa per la Difesa e le loro capacità militari, portandole a un livello tale da fungere da deterrente nei confronti di un futuro attacco russo. L’unico modo concreto di tutelare la pace in una zona ostile è rendere l’idea di guerra troppo onerosa per la stessa Russia, un’idea da non prendere nemmeno in considerazione.
L’Ucraina possiede armi e munizioni a sufficienza per difendersi e ostacolare l’avanzata dei russi, ma non sufficienti a respingerli o ad arrecare danni gravi all’interno del territorio russo.
Per tutto ciò, Putin preferisce prendere tempo nella speranza che le scorte di armi ucraine si riducano sempre più. Ciò spiega perché ha mandato a Istanbul una delegazione di nullità, invece di recarsi di persona a negoziare con il presidente ucraino Zelensky.
Se l’Europa o l’America avessero esercitato valide pressioni su Putin, le cose sarebbero potute andare diversamente. Lo scorso fine settimana, i leader europei hanno minacciato di applicare alla Russia sanzioni nel caso in cui Puti n non avesse accettato il cessate-il-fuoco entro il 12 maggio ma, quando sono stati proposti i colloqui di pace di Istanbul, hanno preferito non concretizzarle.
Poiché ha formulato quella minaccia e ha conseguito ben poco a Istanbul, adesso sull’Europa ricade l’onere di dimostrare che le minacce non sono soltanto parole a vanvera.
Evidentemente, è improbabile che altre sanzioni abbiano un impatto profondo su un uomo che ha scelto di fare della guerra la sua crociata personale ma, fatta una minaccia, adesso bisogna darle seguito.
Se decidessero una buona volta di accogliere la proposta di Kaja Kallas, Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza – consegnare all’Ucraina i 300 miliardi di euro in riserve della banca centrale russa confiscati nel 2022 –, i leader europei manderebbero un segnale molto forte.
In Belgio sono custoditi i due terzi di quegli asset e il Primo ministro di quel Paese, Bart de Wever, ha obiettato dicendo che confiscarli sarebbe “un atto di guerra”. Ha ragione. Ma questo è precisamente il motivo per cui quegli asset andrebbero confiscati e consegnati all’Ucraina.
Innumerevoli leader europei concordano sul fatto che questa è una guerra dell’Europa, non soltanto la guerra dell’Ucraina.
È giunto il momento di dimostrare che le loro non sono parole al vento. Il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz dice che vuole che l’esercito del suo
Paese sia il più forte in Europa e ha lanciato l’idea di mandare in Ucraina i missili Taurus a lunga gittata che il suo predecessore aveva rifiutato.
Adesso Merz deve dare seguito alle sue parole con le azioni e convincere gli altri leader europei a seguirne l’esempio. Non è chiaro se Trump capisca davvero quello che serve a porre fine a una guerra: l’accettazione da entrambe le parti del fatto che porre fine a un conflitto è un’alternativa migliore che continuare a combattere.
Una cosa del genere non accadrà da sola nel corso di colloqui privati tra lui e Putin, come va dicendo Trump, a meno che il presidente americano non sia pronto a minacciare azioni sufficienti a convincerlo che lui per primo insieme alla Russia andrà incontro a parecchi guai, nel caso la guerra continui.
L’unica vera sicurezza per l’Europa arriverà da quello che essa farà per sé stessa, dando seguito alle minacce che proferisce ma, soprattutto, sviluppando le capacità di cui ha bisogno.
Per riuscirci, prima di ogni altra cosa le occorre denaro, in parte messo insieme con i prestiti collettivi. In secondo luogo, però, è indispensabile una nuova comprensione condivisa del vecchio concetto di deterrenza della Guerra Fredda.
È probabile che il tuo potenziale nemico si impegnerà maggiormente a mantenere la pace soltanto quando ti vedrà forte e in possesso della volontà politica di agire
Al momento, malgrado tutti gli incontri tra leader britannici, francesi, tedeschi e di altri Paesi, nonostante tutte le parole coraggiose, è evidente che Putin non considera l’Europa in questi termini. È arrivato il momento di convincerlo che sarebbe meglio farlo.
(da La Stampa)

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DOMANI IL PREMIER BRITANNICO STARMER E URSULA VON DER LEYEN FIRMERANNO UN ACCORDO PER RIAVVICINARE IL REGNO UNITO ALL’UE. NON È UNA SCONFESSIONE TOTALE DELLA BREXIT, MA CI SIAMO VICINI

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

I TABLOID CONSERVATORI SONO FURIOSI: “È UNA RESA, PAGHEREMO DI NUOVO CENTINAIA DI MILIONI ALL’UE” … IL PRINCIPALE PATTO SARÀ SULLA DIFESA: IL REGNO UNITO POTRÀ ATTINGERE AL FONDO REARM EU, CON ALCUNE LIMITAZIONI, E IN CAMBIO DI UNA RETTA ANNUALE – LA LIBERA CIRCOLAZIONE, LA PESCA, I PASSAPORTI: COSA CAMBIERÀ

Domani Regno Unito ed Unione Europea firmeranno il primo grande accordo post Brexit, in un vertice a Londra nell’ambito del “reset” promosso dal primo ministro britannico Keir Starmer: ovvero un sensibile riavvicinamento di Londra all’Ue. Tanto che i tabloid oggi sono già furiosi: “Sarà il vertice della resa, in cui pagheremo di nuovo centinaia di milioni alla Ue”, tuona il Mail On Sunday, o “provate a toccare la Brexit e vedrete le conseguenze”, minaccia Nigel Farage sul Sunday Express.
Repubblica può rivelare che saranno due i documenti che firmeranno Starmer, la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen e il leader del Consiglio europeo Antonio Costa.
Il primo sarà una dichiarazione sulle sfide comuni che i due blocchi dovranno affrontare insieme nei prossimi anni. Qui emergerà un patto su Difesa e Sicurezza tra Uk e Ue, che dovrebbe concedere a Londra e alla sue imprese la possibilità di attingere al fondo Rearm europeo da almeno 150 miliardi di euro, ma a diverse condizioni: le imprese britanniche dovranno formare consorzi con quelle europee per i singoli progetti e il Regno Unito dovrà pagare una “retta” annuale, come già accade per esempio dopo esser rientrata nel programma scientifico comunitario di Horizon, per cui Londra accredita circa 2,5 miliardi di euro all’anno sui conti della Ue.
Allo stesso tempo, ci sarà un passo importante sulla sicurezza comune. Il Regno Unito parteciperà infatti ufficialmente al cosiddetto “Pesc”, ovvero la
piattaforma politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea, e anche così si spiega la presenza al vertice di domani di Kaja Kallas, l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Ue.
Il secondo documento, invece, sarà un memorandum di intesa su altre aree. Innanzitutto, verranno poste le basi per controlli fitosanitari, di carne e dei prodotti animali più rapidi, cosa che farà piacere a Starmer e alle piccole e medie imprese britanniche del settore che hanno avuto enormi problemi burocratici e finanziari ad esportare in Ue negli ultimi anni.
In questo pacchetto, verrà anche rinnovato, probabilmente per 3 o 4 anni, lo status quo degli accordi sulla pesca. Che, nonostante la Brexit, ancora permettono ai pescatori europei di operare in acque britanniche – altro punto che farà infuriare brexiter e tabloid. Nel secondo documento si parlerà anche di immigrazione e lotta comune contro il crimine organizzato, e di strategie per abbassare i costi energetici e le emissioni.
Ci sarà anche una base di accordo sulla mobilità giovanile: ossia i giovani europei e britannici under 30 potranno liberamente studiare e lavorare dall’altra parte della Manica, ma per un periodo limitato di tempo, in base a quote di accessi prestabilite e senza avere accesso al welfare.
L’Ue ha chiesto fortemente il ritorno dell’Erasmus e delle rette universitarie ridotte per gli europei (come avveniva prima della Brexit), ma su questo tema i britannici non hanno ceduto. Tuttavia, i cittadini del Regno potranno tornare a
utilizzare gli e-gates alle frontiere della Ue, ossia scannerizzando semplicemente il passaporto ai tornelli automatici per entrare nell’Unione

(da La Repubblica)

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“SONO DISPIACIUTO CHE CI SIANO PERSONE CHE SI NUTRONO D’ODIO”: LA REAZIONE DEL MICROBIOLOGO E SENATORE DEM, ANDREA CRISANTI, DOPO CHE UN GRUPPO DI NO VAX HA IMBRATTATO I MURI DELLA SUA VILLA IN PROVINCIA DI VICENZA CON SCRITTE OFFENSIVE COME “CRIMINALE”

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

“PER COMPIERE UN’AZIONE DEL GENERE LA FRUSTRAZIONE DEV’ESSERE REALE. UNA MANIFESTAZIONE DI VIOLENZA, INCIVILTÀ. HO PULITO TUTTO PRIMA CHE ARRIVASSE MIA MOGLIE” – “LA SCORTA? MI AUGURO CHE NON SI ARRIVI A QUESTO, SAREBBE UN FALLIMENTO PER IL PAESE…”

«Sono andato a sporgere denuncia ma le forze dell’ordine mi hanno detto che non era necessario perché si tratta di un reato perseguibile d’ufficio. Ora le indagini terranno in considerazione anche i video delle telecamere della zona».
Sono passate poco più di 48 ore dall’episodio di violenza e vandalismo avvenuto a villa Priuli Crisanti, nella frazione di Villa del ferro a Vicenza dove abita il virologo Andrea Crisanti.
Lì alcune persone nella notte tra mercoledì e giovedì mentre l’uomo dormiva all’interno della sua abitazione, hanno imbrattato i mattoni intorno alla piscina e il muro della villa con della vernice rossa e con scritte offensive: «Criminale», «A te la villa, ai vaccinati gli effetti avversi».
Sull’episodio sono intervenuti i carabinieri della sezione investigativa del comando provinciale, già arrivati a villa Crisanti nella mattinata di giovedì. E ora è stata aperta un’indagine.
Le telecamere hanno ripreso tutto?
«Sì, qui abbiamo sempre allarme e telecamere attaccate quindi si vede tutto alla perfezione. Non si sono avvicinati alla villa per non far scattare l’allarme sonoro, hanno imbrattato la piscina con la vernice e tirato con la fionda il resto della pittura contro il muro.
Dai video la scena si vede molto bene. Non saranno però gli unici video analizzati: non ci sono molte persone che passeggiano in centro a Villa del ferro alle due di notte, diciamocelo, le telecamere della zona li hanno ripres
sicuramente».
Cosa pensa di questo episodio?
«Mi fa molta tristezza devo dire. La prima cosa che mi viene in mente è che ci sono persone che evidentemente vivono un grande disagio psichico ed emotivo, e cercano un canale per esprimerlo. Questa è l’analisi che faccio. Sono dispiaciuto che ci siano persone che si nutrono d’odio in questo modo, le scritte sui muri passano, l’infelicità no. Voglio dire per compiere un’azione del genere la frustrazione dev’essere reale, anche perché lo scontento si può esprimere in diversi modi. Questo mi sembra estremo. Una manifestazione di violenza, inciviltà. Io credo che violenza ed intimidazioni non possano trovare spazio in una democrazia».
La giustizia seguirà il suo corso ma lei ha scelto di tenere i toni bassi
«Penso che sia la risposta migliore. Disarmiamo le parole, come ha detto il Papa. Io anche pensando a queste persone ci credo sul serio».
È una cosa forte da dire 48 ore dopo aver subito questo attacco
«Se uno si interessa di politica, specialmente in situazioni di questo tipo, penso che debba chiedersi cosa pensa chi fa una cosa del genere, cosa pensa la gente. Di quello che provo io, diciamocelo, alle persone non interessa giustamente. Mi chiedo cosa si può fare per ridurre la tensione, ecco».
Lei e la sua famiglia avete paura?
«No. Aumenteremo la sorveglianza ma non credo sia necessario preoccuparsi.
In paese abbiamo avuto grandi manifestazioni di solidarietà. Qualcuno aveva paura che il mio approccio di tenere aperta la villa svanisse ma li ho rassicurati.
Quanto a mia moglie ci siamo adoperati per risistemare prima che tornasse. E’ stata più una cura nei suoi confronti che altro. Quando fai politica ti abitui ai toni forti, alle situazioni stressanti, ma non vale per tutti.
Lei stava venendo qui per godersi un po’ di relax e un po’ di tempo con me e i nostri amici quindi non era pronta. E visto che non fa politica la vive in maniera diversa, ne coglie solo l’aspetto di violenza. Io forse riesco ad elaborare meglio».
Qualcuno ha parlato della possibilità di una scorta
«Mi auguro che non si arrivi a questo. Quando si mette sotto scorta qualcuno per le sue idee il Paese ha fallito. Certo Se ci fossero questioni di sicurezza, accetterei. Ma chiederei che fosse meno invasiva possibile per la mia famiglia e per i soldi dei contribuenti».

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GIORGIA MELONI FA LA PORTIERA E IMPROVVISA UN TRILATERALE CON JD VANCE E URSULA VON DER LEYEN A PALAZZO CHIGI PER “RISPONDERE” ALL’ESCLUSIONE DEL VERTICE DEI “VOLENTEROSI” DI TIRANA E FAR VEDERE CHE CONTA ANCORA QUALCOSA

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

SI MUOVE SULLE UOVA: SUBITO PRECISA DAVANTI A URSULA CHE LA COMPETENZA PER IL COMMERCIO È DELL’UE, E L’ITALIA VUOLE SOLO “AIUTARE” IL DIALOGO… LA VON DER LEYEN È UN PO’ STRANITA DALLA SITUAZIONE, IL VICEPRESIDENTE AMERICANO OSTENTA IL SOLITO SGUARDO LUCIFERINO

“Grazie a JD Vance e von der Leyen per avere accettato l’invito. Un mese fa a Washington avevo proposto al presidente Trump un incontro, sono molto orgogliosa di ospitare due dei leader di Ue e Usa per iniziare un dialogo”.
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nella fase iniziale, aperta alla stampa, dell’incontro con il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
“Spero che la giornata di oggi possa essere un primo incontro e un nuovo inizio”. “Ci sono materie che sono di competenza della Commissione europea. Il ruolo dell’Italia è aiutare il dialogo”. “Permettetemi di ringraziare tutte le persone, uomini e donne, che hanno lavorato per consentire che anche oggi fosse una giornata perfetta che – ha spiegato – dà lustro all’Italia, alla sua capacità organizzativa e alla sua capacità di ospitare i propri omologhi”.
“Sappiamo quanto è importante la relazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti per un Occidente forte, per la nostra civilizzazione” e “anche per le nostre relazioni economiche, che valgono il 30% dell’intercambio mondiale”.
“Ci sono alcuni temi che sono competenze della Commissione, quindi il ruolo dell’Italia è di favorire un dialogo franco e aperto”, ha proseguito la presidente del Consiglio.
“Per quanto riguarda il commercio, il nostro è il commercio più proficuo al mondo con più di mille miliardi di dollari all’anno”. Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen prima del trilaterale a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni e il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance. “Per noi è importante che alla fine dei conti ci sia un accordo positivo per entrambe le parti”, ha aggiunto, riferendosi a un possibile accordo sui dazi tra Ue e Stati Uniti.
(da agenzie)

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NON GLI FU CONSENTITO DI ANDARE IN BAGNO DOPO ESSERSI URINATO ADDOSSO, L’OPERAIO DI STELLANTIS ALLA FINE HA VINTO: CONDANNATA L’AZIENDA

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

IL SINDACATO UBS: “UNA SENTENZA CHE RESTITUISCE DIGNITA’ AL LAVORATORE”

Arriva la parola fine sulla disputa legale tra Stellantis e un operaio a cui non fu consentito di andare in bagno durante il turno di lavoro. Sulla vicenda si è espressa la Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’azienda contro la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila, chiudendo di fatto un braccio di ferro giudiziario durato più di otto anni.
La vittoria dell’operaio contro Stellantis in tutti i tribunali
L’episodio su cui sono stati chiamati a esprimersi i supremi giudici risale al febbraio 2017, quando all’operaio di Sevel-Fca – oggi Stellantis – si urinò addosso ma non gli fu consentito di andare in bagno né di cambiarsi i vestiti. La vicenda suscitò grande clamore mediatico e spinse l’organizzazione sindacale Usb a proclamare uno sciopero immediato. In primo grado, il tribunale di Lanciano (Chiesti) diede ragione al lavoratore, che secondo i giudici ha subìto «una lesione alla dignità personale verificatasi sul luogo di lavoro», in violazione dell’articolo 2.087 del codice civile. Stellantis fece ricorso, ma anche in secondo grado la Corte d’Appello dell’Aquila diede ragione all’operaio. L’azienda presentò dunque un altro ricorso, spingendo la disputa legale fino alla Cassazione. Anche qui, il verdetto dei giudici è sempre lo stesso, con Stellantis che viene condannata anche a pagare le spese legali dell’operaio.
Usb: «Una sentenza che restituisce dignità»
Tra i primi a esultare per la sentenza della Cassazione c’è l’Usb, che esprime «soddisfazione per una sentenza che restituisce dignità a un lavoratore che ha
avuto il coraggio di intraprendere un percorso giudiziario per evitare che episodi simili potessero ripetersi». L’organizzazione sindacale ricorda quindi la «lunga e dolorosa vicenda giudiziaria parallela che ha coinvolto l’allora coordinatore regionale Usb lavoro privato, Fabio Cocco, denunciato all’epoca per diffamazione aggravata a mezzo stampa insieme al lavoratore. Il relativo procedimento si è concluso con l’archiviazione da parte del Gip del Tribunale di Lanciano nel 2020».
(da agenzie)

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GAZA, L’ARTISTA CHE DIPINGE L’ASSENZA DI AIUTI UMANITARI: “COSI’ LE SCATOLE VUOTE DIVENTANO TELE: L’ARTE E’ LA MIA UNICA LIBERTA’”

Maggio 18th, 2025 Riccardo Fucile

“NON ESISTE UNA VITA NORMALE DA RAPPRESENTARE”

Tra le macerie delle abitazioni rase al suolo, le tende dei palestinesi sfollati e l’eco incessante dei raid aerei, Hussain Aljrjawy continua a disegnare. Ha 18 anni, vive nel nord di Gaza dove negli ultimi giorni le forze israeliane hanno intensificato i bombardamenti, ed è uno dei tanti artisti dell’enclave palestinese. Più volte costretto ad abbandonare la sua casa, Hussain ha dovuto interrompere gli studi universitari a causa del conflitto. «Anche mentre parlo l’esercito di Israele ha appena pubblicato una nuova mappa di evacuazione per le aree vicine a noi e, naturalmente, non c’è più nessun posto dove poter fuggire. Quindi, sia io che i miei amici e parenti, non lasceremo i nostri luoghi», dice a Open. L’arte è la sua «unica libertà», non è soltanto espressione: è resistenza e denuncia, forse memoria. Sebbene nei territori della Striscia ormai manchi tutto, compresi pennelli, matite, tele e tempere, gli artisti non si sono arresi alla distruzione. Così, i sacchi degli alimenti diventano supporti improvvisati, le scatole vuote degli aiuti umanitari, che non entrano a Gaza da ormai troppo tempo a causa del blocco totale imposto da Benjamin Netanyahu, si fanno volti e scene quotidiane.
Una creatività che resiste nel mezzo di una crisi umanitaria senza precedenti. A confermare la gravità della situazione è anche l’ultimo rapporto dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC), diffuso nei giorni scorsi: secondo i dati, circa 470 mila persone nella Striscia stanno affrontando livelli estremi di fame, mentre l’intera popolazione vive in condizioni di insicurezza alimentare acuta. Per l’organizzazione mondiale della sanità (Oms), 57 persone, per lo più bambini, sono già morte di fame dal 2 marzo, giorno in cui è iniziato il blocco degli aiuti da parte del governo israeliano. Da settimane le agenzie umanitarie avvertono di una carenza critica di tutto, dal cibo all’acqua pulita, dal carburante ai medicinali. Tanto da spingere l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, a parlare di «una spinta verso un cambiamento demografico permanente a Gaza, che viola il diritto internazionale ed equivale a una pulizia etnica».
In questo tragico scenario, gli artisti palestinesi continuano a fare arte. Le loro opere «sono interamente dedicate al racconto della guerra»: storie di uomini, donne e bambini sfollati che patiscono la fame e la distruzione, famiglie che piangono per la perdite dei propri cari. «Non c’è uno sfogo che ci permette di disegnare altro. Non esiste una vita normale da rappresentare», ci dice. «I miei dipinti parlano di me, di due milioni di gazawi e della realtà che viviamo: è dolorosa, ma è vera e reale. La mia presenza qui a Gaza, in queste circostanze – prosegue -, mi spinge a disegnare di più e a condividere i miei dipinti perché è il
modo con cui posso comunicare. È vero, è difficile, e ho perso amici artisti a causa di questa guerra, e ovviamente ho paura per la mia vita, ma continuo a disegnare perché l’arte è la mia unica libertà». L’ultimo dipinto si chiama Voices of Hunger: Gaza is Starving (Gaza ha fame, ndr). Mostra una famiglia palestinese seduta in silenziosa attesa di un pasto. «L’arte è ciò che vedo e che provo», spiega l’autore. «È il modo in cui analizzo e percepisco le cose che mi circondano: se sono stato sfollato, troverai che tutto ciò che disegno parla di sfollamento. Se bombardano vicino a me, mi troverai a disegnare su quello. Quindi il disegno sono io — sono le mie emozioni, è ciò che attraverso e che vivo».
La distruzione culturale
Numerosi artisti di Gaza sono alla ricerca di uno spazio dove esporre le proprie opere. I bombardamenti hanno, infatti, devastato gran parte del patrimonio culturale della Striscia, cancellando luoghi d’arte e memoria. Nel febbraio di quest’anno, il ministero palestinese del Turismo e delle Antichità, citato dal team EAMENA dell’Università di Oxford, ha reso pubblico un rapporto dettagliato sull’entità dei danni inflitti ai beni culturali. Il documento evidenzia come 316 siti storici siano stati esaminati, e almeno 138 risultino gravemente danneggiati, molti dei quali completamente distrutti. Secondo quanto riportato, il 71% di questi danni è attribuibile a bombardamenti aerei e attacchi dell’esercito israeliano, aggravati poi da demolizioni operate con bulldozer e
incursioni di mezzi corazzati. I raid hanno colpito duramente il tessuto culturale del territorio: decine di centri, musei, opere artistiche e manufatti, tra cui dipinti, ceramiche e manoscritti sono stati demoliti o rovinati, e oltre 50 artisti sono stati uccisi negli attacchi. Una ferita profonda che non riguarda soltanto la perdita materiale, ma colpisce le fondamenta stesse della memoria collettiva e della continuità culturale di Gaza. E, forse, anche per questo Hussein vuole lasciare l’enclave per «continuare gli studi, far viaggiare i dipinti per il mondo, organizzare mostre e poter essere presente alle esposizioni», ci confida. La sua arte, come quella di tutti gli artisti palestinesi, è una forma di resistenza che supera i confini. In un mondo che troppo spesso volta lo sguardo altrove, queste opere ci obbligano a fermarci, a guardare in faccia la realtà, a interrogarci su ciò che accade. E, soprattutto, a non restare indifferenti.
(da Open)

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