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ECCOLA L’ITALIA DEI RECORD BY GIORGIA MELONI: I SALARI REALI NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI (DUE E MEZZO CON LA DUCETTA A PALAZZO CHIGI) HANNO PERSO IL 10,5% DEL POTERE D’ACQUISTO …IL 23% DELLA POPOLAZIONE È A RISCHIO POVERTÀ O ESCLUSIONE SOCIALE

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

LA PRODUZIONE INDUSTRIALE NEL 2024 È DIMINUITA DEL 4% RISPETTO AL 2023, QUANDO GIÀ ERA CALATA DEL 2 (IN SPAGNA CRESCE DELLO 0,5) … L’OCCUPAZIONE CRESCE, MA SOLO IN SETTORI A BASSA PRODUTTIVITÀ E BASSO CONTENUTO TECNOLOGICO: IL PIL PER OCCUPATO È SCESO DEL 5,8% IN VENT’ANNI (IN FRANCIA, GERMANIA E SPAGNA CRESCE DELL’11.12%)

Le famiglie sono sempre più piccole e frammentate. Nel biennio 2023-2024 le persone sole costituiscono il 36,2 per cento delle famiglie e le coppie con figli scendono al 28,2 per cento. Secondo il Rapporto Istat, tra le cause instabilità coniugale, bassa fecondità e posticipo della genitorialità.
L’aumento delle persone sole interessa tutte le età, ma soprattutto gli anziani. Quasi il 40 per cento delle persone di almeno 75 anni vive da solo, in prevalenza donne.Famiglie ricostituite, coppie non coniugate, genitori soli non vedovi e persone sole non vedove rappresentano oggi il 41,1 per cento delle famiglie, segnando una trasformazione strutturale nella geografia familiare del Paese
Le retribuzioni contrattuali hanno perso tra il 2019 e il 2024 il 10,5% del potere d’acquisto a causa della forte crescita dei prezzi.
E’ quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat che chiarisce però che per le retribuzioni lorde di fatto per dipendente (quelli che tengono conto degli accordi
aziendali e individuali e dei cambiamenti della composizione dell’occupazione) la perdita del potere d’acquisto “è stata più contenuta e pari al 4,4% in Italia”, superiore al 2,6% della Spagna e all’1,3% della Germania. Nel 2024 nel settore privato dell’economia la produttività del lavoro si è ridotta del 2% (-0,2% quella del capitale).
L’Istat sottolinea che la produttività del lavoro per occupato nel 2024 si è ridotta dello 0,9% e dell1,4% per ora lavorata “come risultato dell’espansione dell’occupazione maggiore rispetto a quella del valore aggiunto”.
Nell’anno l’occupazione è cresciuta dell’1,5% con 352mila unità in più. In disoccupati si sono ridotti di 283mila unità mentre il tasso di disoccupazione è calato al 6,5%. Il dato sulla produttività, hanno spiegato i ricercatori, è legato alla composizione dell’occupazione che ha visto la crescita del lavoro ni settori ad alta intensità di lavoro e a bassa produttività come il turismo e la ristorazione.
La perdita del potere d’acquisto per le retribuzioni contrattuale è stata rilevante soprattutto a fine 2022 quando ha raggiunto il 15% mentre è scesa nel periodo successivo toccando a febbraio l’8,7%.
E’ risalita al 10% a marzo 2025. Guardando al reddito reale da lavoro per occupato (compresa quindi l’occupazione indipendente) l’Istat segnala che nel 2024 “è più elevato rispetto al 2014, anno di minimo dopo la grande recessione degli anni precedenti, ma più basso del 7,3% rispetto al 2004 (-5,8% per i dipendenti) per la perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione con riduzioni per tutte le classi di età”.
Nonostante il calo del reddito da lavoro, precisa l’Istituto, tra il 2004 e il 2024 il reddito familiare equivalente “è aumentato del 6,3%, grazie ai cambiamenti demografici (in particolare la riduzione della quota delle famiglie con figli), all’aumento del numero di componenti occupati e alla maggior diffusione della proprietà della casa di abitazione”. In pratica il reddito reale da lavoro per occupato si è ridotto ma quello delle famiglie è cresciuto grazie al fatto che in molti casi è entrato in casa un secondo stipendio e che la famiglia è meno
numerosa.
In Italia quasi un quarto della popolazione, il 23,1%, è a rischio povertà o esclusione sociale (+0,3 punti sul 2023) ma al Sud la percentuale sale di un punto e tocca il 39,8%.
Lo si legge nel Rapporto annuale dell’Istat. l’indicatore riguarda le persone che hanno almeno un fattore di rischio tra la povertà (un reddito inferiore al 60% di quello mediano), la grave deprivazione materiale e la bassa intensità di lavoro. L’Istat sottolinea che il rischio di povertà ed esclusione sociale cresce per gli individui che vivono in famiglie il cui principale percettore di reddito ha meno di 35 anni (dal 28,4% al 30,5% del totale).
Guardando alle caratteristiche familiari, spiega l’Istat, nel 2024 l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si conferma più bassa per chi vive in coppia senza figli, soprattutto se la persona di riferimento della famiglia ha almeno 65 anni (15,6%). Al contrario, l’incidenza è quasi doppia (30,5, in aumento dal 28,4% osservato nel 2023) per gli individui che vivono in famiglie in cui il principale percettore di reddito ha meno di 35 anni.
Rispetto al 2023, l’indicatore aumenta anche per chi vive in coppia con almeno tre figli (+2,8 punti percentuali), per i monogenitori (+2,9 punti), e per gli individui con almeno 65 anni che vivono da soli (+2,3 punti)
Per le coppie con uno o due figli, il rischio di povertà o esclusione sociale resta intorno al 19%, al di sotto della media nazionale (23,1%). La grave deprivazione materiale e sociale presenta forti disuguaglianze territoriali: nel 2024, colpisce l’1,3 per cento della popolazione nel Nord-est e il 12,1 per cento nel Sud, a fronte del 4,6 della media nazionale.
Anche le caratteristiche familiari influiscono molto: la quota sale al 7,9 per cento tra chi vive in coppie con tre o più figli e raggiunge l’11,4 nelle famiglie in cui il principale percettore di reddito è straniero, rispetto al 4,0 registrato tra le famiglie con percettore italiano.
I più diffusi segnali di deprivazione sono: l’impossibilità di permettersi una settimana di vacanza all’anno (31,4% nel 2024), la mancanza di risorse per affrontare una spesa imprevista (29,9%), l’incapacità di sostituire mobili danneggiati (15,8%) e, a livello individuale, la rinuncia ad attività a pagamento nel tempo libero (9,6%).
Le difficoltà economiche a sostenere spese impreviste sono particolarmente frequenti tra le famiglie monogenitore (36,2%), tra quelle con percettore giovane con meno di 35 anni (38,7%) o con cittadinanza straniera (54,7%). Va considerato inoltre – spiega l’Istat – “che eventi quali lo scioglimento di un’unione o il decesso di un componente familiare possono esporre le famiglie a un maggiore rischio di ritrovarsi in condizioni di disagio economico”.
Nel 2024 un italiano su dieci (9,9%) ha riferito di avere rinunciato negli ultimi 12 mesi a visite o esami specialistici, principalmente a causa delle lunghe liste di attesa e per la difficoltà di pagare le prestazioni sanitarie.
Lo scrive l’Istat nel Rapporto annuale 2025, con dati che testimoniano l’affanno della sanità pubblica: la rinuncia a prestazioni vitali per la prevenzione e la cura è in crescita sia rispetto al 2023, quando era al 7,5%, sia rispetto al periodo pre-pandemico quando il dato era 6,3%, “soprattutto per l’aggravarsi delle difficoltà di prenotazione”. Secondo il documento, nel 2024 la spesa pubblica per prestazioni sanitarie è salita a 130,1 miliardi dai 123,767 miliardi del 2023.
“Le previsioni più recenti per il 2025 sono di un rallentamento della crescita rispetto all’andamento già moderato del 2024, come conseguenza principalmente degli effetti dell’evoluzione delle politiche commerciali globale”. Lo scrive Istat nel rapporto 2025 facendo riferimento alle stime di crescita fra cui quelle del Fmi (+0,4%) e Banca d’Italia e Mef (+0,6%) contro lo 0,7% registrato nel 2024.
Le prospettive per il 2025 – spiega l’istituto statistico – sono condizionate “dalle possibili evoluzioni delle tensioni geopolitiche internazionali che rendono ogni previsione soggetta ad ampi margini di incertezza”. Istat nota anche il “netto miglioramento” dei conti pubblici con la discesa dell’indebitamento netto dal 7,2% al 3,4% del Pil e un debito cresciuto di sette decimi al 135,3%, meno di quanto stimato da Psb e Commissione europea, per la spesa per interessi (2
decimi) e la ridotta crescita del Pil.
In Italia tra i 25 e i 64 anni appena il 65,5% risultava avere nel 2023 almeno il diploma, una percentuale molto più bassa della Germania (83,1%) e della Francia (83,7%) e comunque di oltre dieci punti inferiore alla media Ue a 27 (79,8%. Quindi oltre un terzo degli italiani in età da lavoro ha un titolo non superiore alla terza media.
E’ quanto emerge dal Rapporto annuale presentato dall’Istat che sottolinea come l’istruzione sia una risorsa fondamentale per lo sviluppo individuale e collettivo ed elemento strategico per la crescita del Paese e per le opportunità individuali.
Nel nostro Paese la quota dei 25-34 anni con un titolo di istruzione terziaria raggiunge nel 2024 il 31,6% ma nonostante il miglioramento resta lontano dall’obiettivo europeo per il 2030 del 45%. In Italia la quota delle persone tra i 18 e i 24 anni che risultano aver abbandonato la scuola senza aver raggiunto il diploma o una qualifica (i cosiddetti early leavers) è del 9,8%.
L’abbandono è più alto tra i ragazzi (12,2%) rispetto alle ragazze (7,1%). Tra i giovani di cittadinanza straniera il tasso di abbandono è tre volte quello dei cittadini italiani ( (24,3% contro l’8,5%). Conta molto la situazione familiare con il 22,8% di abbandoni tra i giovani con genitori con al massimo la licenza media e appena l’1,2% se i genitori sono laureati.
L’Italia è tra i Paesi europei maggiormente colpiti per perdite economiche dovute ad eventi climatici estremi: nel periodo 1980-2023, si colloca al secondo posto nell’UE27 con circa 134 miliardi di euro, dopo la Germania con 180 miliardi e prima della Francia con 130 miliardi.
Lo evidenzia l’Istat nel suo rapporto annuale ricordando che il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre a livello globale dal periodo pre-industriale, il secondo in Europa dopo il 2020 e in Italia dopo il 2022. ·
Dal 2005 al 2024 l’Italia ha triplicato la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili raggiungendo circa 130 Twh, contro quasi 380 in Germania, oltre 160 in Spagna e 150 in Francia; in questi ultimi due Paesi, tuttavia, il nucleare – considerato energia pulita – concorre rispettivamente per altri 55 e 380 Twh.
Cresce la quota di produzione netta di energia elettrica da fonti rinnovabili (trainata soprattutto dal fotovoltaico).
Nel 2024 questa ha rappresentato il 49,0 per cento del totale, contro circa il 16,1 per cento nel 1990 e circa il 40 per cento nel 2014. A confronto con il 2014, sono cresciute le quote dell’eolico e, soprattutto, del fotovoltaico, mentre si sono ridotte quelle delle altre fonti. L’idroelettrico, nonostante un calo della quota di quasi 10 punti percentuali, continua a rappresentare circa il 40 per cento della produzione delle rinnovabili, seguito dal fotovoltaico e dall’eolico.
Tra il 2008 e il 2023 in Italia il livello del Pil è cresciuto dell’1,4 per cento in termini cumulati, ma si sono ridotte le pressioni sull’ambiente generate dal sistema economico: del 23,1 per cento il Consumo di energia delle unità residenti, di oltre il 32 per cento le Emissioni climalteranti (cosiddetti gas a effetto serra) e di circa il 40 per cento il Consumo materiale interno.
In Italia quasi un quarto della popolazione (il 24,7% pari a 14 milioni 573mila persone) ha più di 65 anni mentre ci sono quasi 4,6 milioni di persone che hanno superato gli ottanta. E’ quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat presentato oggi che sottolinea come gli over ottanta abbiano ormai superato i bambini con meno di 10 anni di età (4 milioni 326mila). Se si guarda a 25 anni fa i bambini di questa età erano 2,5 volte gli over 80 mentre cinquanta anni fa il rapporto tra bambini e grandi anziani era 9 a uno.
Gli individui con almeno 100 anni hanno superato all’inizio 2025 quota 23.500 unità, al massimo storico. I ragazzi fino a 14 anni sono 7 milioni e 19mila unità, meno della metà degli over 65. Al primo gennaio 2025 la popolazione residente in Italia è pari a 58 milioni 934mila unità (-0,6 per mille sull’anno).
Nel 2024 ci sono state 370mila nascite a fronte di 651mila decessi con un saldo naturale negativo per 281mila unità. Guardando ai percorsi di vita delle generazioni l’Istat segnala che il tasso di nuzialità realizzato entro i 40 anni era di 879 ogni mille donne tra quelle nate nel 1933 mentre è sceso a 578 per quelle nate nel 1983
Crescono le nuove forme familiari: le unioni libere soni oltre 1,7 milioni e le famiglie ricostituite coniugate sono 840mila. Per la generazione del 1983 la media è di 1,44 figli per donna mentre era a 2,31 per le nate nel 1933. Se nel 1999 solo 10 nati su cento avevano genitori non coniugati nel 2023 la quota è più che quadruplicata (42,4%).
(da agenzie)

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LA TURBO-ATLANTISTA MELONI HA FATTO INCAZZARE GLI ITALO-AMERICANI: LA STRETTA SULLA CITTADINANZA AGLI ORIUNDI, CHE PUNTAVA A RESTRINGERE LE MAGLIE PER FRENARE IL BOOM DI RICHIESTE DA BRASILE E ARGENTINA, COLPISCE ANCHE I FIGLI E I NIPOTI DI ITALIANI NEL NORD DEL CONTINENTE

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

SEMPRE PIÙ STATUNITENSI SONO INTERESSATI AL PASSAPORTO ITALIANO, SOPRATTUTTO DOPO IL RITORNO DI TRUMP. E ORA PROMETTONO BATTAGLIA: “SIAMO ARRABBIATI E FRUSTRATI. ABBIAMO PRESO QUESTA DECISIONE SUL PIANO PERSONALE E CI PREPARIAMO A COMBATTERE”

La decisione dell’Italia di inasprire le regole sulla cittadinanza per i discendenti degli emigrati all’estero ha scatenato un’ondata di proteste negli Stati Uniti, che ospitano una vasta diaspora italiana. Per lungo tempo, Roma ha consentito a qualsiasi discendente diretto di cittadini italiani vissuti nel Paese a partire dal 1861 di ottenere un passaporto italiano.
Ma il governo di destra guidato da Giorgia Meloni sta restringendo i criteri di idoneità ai soli figli e nipoti di cittadini italiani, dopo un’impennata di domande provenienti dall’America Latina.
Le nuove regole, entrate in vigore a marzo e trasformate in legge martedì, hanno suscitato costernazione oltreoceano, dove alcuni cittadini statunitensi stanno valutando il trasferimento in Europa, soprattutto dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
«Le persone sono molto arrabbiate e frustrate», ha dichiarato l’avvocato Marco Permunian, fondatore di Italian Citizenship Assistance, un’organizzazione che aiuta gli americani a documentare la loro discendenza.
«La comunità italo-americana ha sempre avuto un forte senso di orgoglio per le proprie origini, e molti hanno preso questa decisione sul piano personale», ha
aggiunto Permunian. «Molti si stanno preparando a combattere questa legge. Sono molto motivati e non intendono lasciar perdere».
Fonti informate sulla questione hanno riferito che l’amministrazione Trump [era preoccupata per il numero di latinoamericani che utilizzavano passaporti italiani per entrare negli Stati Uniti senza visto, restando poi nel Paese in modo permanente.
Meloni ha mantenuto rapporti amichevoli con Trump, con il quale condivide una posizione rigida in materia di immigrazione.
Negli Stati Uniti vivono circa tra i 16 e i 20 milioni di italo-americani, i cui antenati emigrarono per lo più tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, quando la comunità rappresentava oltre il 10% della popolazione statunitense. Milioni di altri si trasferirono in America Latina nello stesso periodo.
Roma ha sostenuto che fino a 80 milioni di persone potevano vantare un diritto alla cittadinanza secondo le vecchie regole — più dell’intera popolazione attuale dell’Italia. Il sistema era sovraccarico, con un arretrato di 60.000 domande provenienti dall’estero, secondo le autorità.
Il governo Meloni ha cominciato a inasprire le regole alla fine di marzo, con un decreto d’urgenza che ha modificato con effetto immediato i criteri di idoneità. Il governo ha poi trasformato le regole in legge, approvata definitivamente dal parlamento martedì.
Alcuni parlamentari statunitensi hanno messo in guardia dal fatto che la decisione di Roma «rischia di alienare» decine di migliaia di italo-americani che avevano «investito tempo, sforzi e risorse finanziarie significative» per preparare la domanda di cittadinanza italiana.
«In un momento in cui la relazione transatlantica è sottoposta a nuove pressioni, le voci rassicuranti di 20 milioni di italo-americani rappresentano ponti tra le nostre nazioni», si legge in una lettera firmata dai quattro co-presidenti della Italian American Congressional Delegation
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha difeso la decisione come risposta necessaria all’aumento di cittadini latinoamericani che ottenevano passaporti italiani non per trasferirsi in Italia, ma per viaggiare più facilmente negli Stati Uniti e in Europa.
«La concessione della cittadinanza è una cosa seria», ha dichiarato. «Non deve diventare uno strumento per fare viaggi a Miami o in altri luoghi con un passaporto europeo».
Nell’ultimo decennio, il numero di cittadini italiani residenti all’estero è aumentato del 40%, passando da 4,6 milioni a oltre 6,4 milioni — trainato soprattutto dall’aumento dei doppi cittadini.
Il senatore Marco Lisei, esponente del partito Fratelli d’Italia di Meloni, ha affermato che Roma non aveva altra scelta che riformare regole che venivano abusate da persone con scarso interesse per l’Italia.
«La destra conservatrice ha sempre considerato gli italiani all’estero i migliori ambasciatori dell’Italia… un patrimonio straordinario», ha dichiarato al Financial Times. «Ma poi è emerso un vero e proprio traffico di cittadinanze, che ha costretto il governo a intervenire»
La mossa improvvisa di Roma ha irritato la diaspora italiana negli Stati Uniti, poiché molti si sono accorti che il loro percorso verso una possibile cittadinanza era stato bloccato.
«Un giorno ne hai diritto, il giorno dopo no», ha dichiarato Jacopo Zamboni, socio dirigente della società di consulenza londinese Henley & Partners. «Avrà sicuramente un impatto enorme».
Gruppi come la National Italian American Foundation (NIAF) e gli Italian Sons and Daughters of America hanno fatto pressione per evitare che il decreto d’urgenza diventasse legge permanente.
La NIAF è riuscita a ottenere alcune concessioni: le persone la cui domanda di cittadinanza era in una fase avanzata continueranno ad avere diritto secondo le
vecchie regole. Inoltre, Roma sta consentendo alle persone che avevano perso la cittadinanza italiana dopo essere state naturalizzate negli Stati Uniti di riottenere il passaporto italiano.
Fino al 1992, l’Italia non riconosceva la doppia cittadinanza, quindi gli immigrati che si naturalizzavano come cittadini statunitensi dovevano rinunciare a quella italiana. Il governo italiano aveva inizialmente previsto di escludere anche questi doppi cittadini dal diritto al passaporto italiano, ma ha fatto marcia indietro dopo intense pressioni.
Tuttavia, Robert Allegrini, presidente della NIAF, ha affermato che l’associazione è «delusa» dal fatto che i cambiamenti renderanno «ancora più difficile» per i discendenti degli immigrati italiani avanzare richieste di cittadinanza.
(da agenzie)

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“THE DONALD” HA NOMINATO CHARLES KUSHNER AMBASCIATORE USA IN FRANCIA E IL SENATO HA RATIFICATO LA SCELTA: IL 71ENNE È IL PADRE DI JARED KUSHNER, MARITO DI IVANKA TRUMP. L’UOMO È STATO CONDANNATO A DUE ANNI PER EVASIONE FISCALE E CORRUZIONE DI TESTIMONI: TRUMP GLI CONCESSE LA GRAZIA PRESIDENZIALE

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

CHARLES KUSHNER DURANTE UN PROCESSO HA AMMESSO DI AVER RECLUTATO UNA PROSTITUTA CON L’OBIETTIVO DI COMPROMETTERE UN ALTRO SUO COGNATO PER IMPEDIRGLI DI TESTIMONIARE CONTRO DI LUI

«Il futuro ambasciatore degli Stati Uniti in Francia. Leggete la sua biografia: ne vale la pena», dice Gérard Araud, uno dei più celebri alti funzionari francesi, già principe della diplomazia tra Washington, New York e Tel Aviv, e il suo stringato commento dice molto di come è stata accolta a Parigi la notizia: il Senato di Washington ha approvato, con 51 voti favorevoli e 45 contrari, la nomina di Charles Kushner, 71enne immobiliarista ed ex consigliere della Casa Bianca, ad ambasciatore in Francia. Charles è il padre di Jared Kushner, il marito di Ivanka Trump, figlia del presidente Donald Trump.
Descritto dal consuocero Donald come un «formidabile imprenditore, filantropo e uomo d’affari», Charles Kushner ha ottenuto la grazia presidenziale nel dicembre 2020 dopo essere stato condannato a due anni di carcere per evasione fiscale e corruzione di testimoni nel 2005
Un curriculum in effetti poco ortodosso per un incarico che almeno in teoria dovrebbe essere molto importante, in uno dei Paesi chiave dell’Unione europea. Eppure, questa è stata la scelta del presidente Trump, che il Senato non ha avuto la forza di contestare.
Durante uno dei processi che l’hanno coinvolto, Charles Kushner ha ammesso di aver reclutato una prostituta con l’obiettivo di compromettere il cognato, all’epoca coinvolto in un’indagine federale sul finanziamento illegale di una campagna elettorale. L’incontro in una stanza d’albergo è stato filmato con una videocamera nascosta. Charles Kushner ha poi inviato il video a sua sorella, con lo scopo di ricattarla e impedirle di testimoniare contro di lui.
All’epoca, Chris Christie, ex governatore del New Jersey e procuratore del caso contro Charles Kushner, aveva descritto la vicenda come «uno dei crimini più ripugnanti e disgustosi» di cui si fosse mai occupato. Durante l’udienza di conferma davanti alla Commissione Esteri del Senato il 1° maggio, Charles Kushner è stato interrogato a lungo sul suo passato giudiziario e ha ammesso le sue colpe.
Charles Kushner assumerà il suo incarico a Parigi in un momento delicato per le relazioni franco-americane, tra le polemiche per i dazi e le posizioni divergenti sulle responsabilità nel conflitto russo-ucraino.
Un altro consuocero del presidente, il miliardario Massad Boulos padre del marito di Tiffany (figlia di Donald Trump e Marla Maples) era stato nominato nel dicembre scorso consigliere speciale per gli Affari mediorientali.
(da agenzie)

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ASSASSINATO A MADRID ANDRIY PORTNOV, POLITICO UCRAINO ACCUSATO DI TRADIMENTO PER AVER LAVORATO PER LA RUSSIA

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

UN COMMANDO L’HA ELIMINATO CON CINQUE COLPI DI PISTOLA

La Scuola Americana di Madrid è una delle scuole più rinomate del Paese. Secondo i media locali, è stato attivato il protocollo per le sparatorie prevista e nessuno può entrare o uscire dalla scuola.
Sebbene i fatti siano ancora oggetto di indagine da parte della polizia, non sono stati segnalati altri feriti in seguito alla sparatoria che, secondo quanto riferito da fonti della polizia ai media spagnoli, potrebbe essere un possibile regolamento di conti.
L’incidente è coinciso con l’ingresso degli studenti a scuola, ma secondo la scuola tutti gli studenti sono al sicuro.
La scuola privata, situata a breve distanza dal centro di Madrid, è stata fondata all’inizio degli anni ’60 e ha guadagnato popolarità sia per la sua qualità accademica che per la sua esclusività. Il corpo studentesco è internazionale, con solo il 27% degli studenti di nazionalità spagnola, e i figli di personaggi famosi come Cristiano Ronaldo e Thibaut Courtois hanno studiato qui.
Chi era Andriy Portnov, l’uomo di nazionalità ucraina ucciso a Madrid
Portnov è stato un collaboratore tra il 2011 e del 2014 dell’ex presidente ucraino Viktor Yanukovich, spodestato quell’anno dalla rivoluzione di Euromaidan
In seguito è diventato vice capo di gabinetto, supervisionando le questioni giudiziarie. Portnov ha lasciato l’Ucraina nel giugno 2022, attraverso la frontiera con la regione romena della Transcarpazia.
Inserito nella lista nera dell’Ue per uso improprio di fondi statali e violazioni dei diritti umani in Ucraina, Portnov è stato indagato dai servizi segreti ucraini per le sue affinità con la Russia
(da agenzie)

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“IN FRANCIA UN SINDACO CHE RIFIUTASSE DI INDOSSARE LA FASCIA TRICOLORE SAREBBE COSTRETTO ALLE DIMISSIONI IN POCHI MINUTI”: ALDO CAZZULLO CONTRO KATHARINA ZELLER, PRIMA CITTADINA (MADRELINGUA TEDESCA) DI MERANO CHE SI È SFILATA LA FASCIA TRICOLORE DURANTE LA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO IN MUNICIPIO

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

“NOI ITALIANI DISPREZZIAMO LO STATO, LO CONSIDERIAMO UN NEMICO, ALTRO DA NOI (LE TASSE NON SONO FORSE ‘PIZZO DI STATO’?). SE DIETRO NON C’È UNO STATO, NON CI SONO ISTITUZIONI SOLIDE ALLORA ANCHE I SIMBOLI FINISCONO PER DIVENTARE VUOTI”

Alla neoeletta sindaca di Merano sono bastati pochi secondi per indossare e poi disfarsi della fascia tricolore. Gesto ben poco istituzionale per chi dovrebbe ricoprire un ruolo pubblico che vale da Vetta d’Italia a Capo Passero. Resta la conferma che in giro per il mondo (… e fin tanto che resteranno i confini!) ci sono minoranze che non hanno consapevolezza della fortuna che hanno e di dove stanno!
In Francia un sindaco che rifiutasse di indossare la fascia tricolore o comunque di onorare la bandiera sarebbe costretto alle dimissioni in pochi minuti. Questo
perché in Francia esiste uno Stato ed esiste un establishment. Quando l’ho scritto a proposito del caso Marine Le Pen, sono stato accusato nientepopodimeno che dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio di essere un antidemocratico.
In realtà, in Francia il tanto esecrato Emmanuel Macron — il candidato dell’establishment — ha vinto le elezioni due volte contro Marine Le Pen, in modo abbastanza netto: 66 a 34 la prima volta, 60 a 40 la seconda. E non è stata l’élite a eleggerlo, è stato il popolo francese, che magari non lo amava, ma in netta maggioranza l’ha preferito alla candidata della destra sovranista
Avere uno Stato e avere un establishment non significa che pochi decidono per tanti. Significa che esiste un collegamento tra élite e popolo, che condividono un sistema di valori, il primo dei quali è la consapevolezza di se stessi, il rispetto delle istituzioni, l’amore per la patria e di conseguenza per la propria bandiera (un legame che peraltro anche in Francia vacilla). In Italia chi ha parlato di «sovversivismo delle classi dirigenti» rischia talora di avere ragione.
Che a rifiutare il tricolore sia una sindaca eletta anche con i voti della destra nazionalista italiana è soltanto un apparente paradosso. Noi italiani disprezziamo lo Stato, lo consideriamo un nemico, altro da noi (le tasse non sono forse «pizzo di Stato»?). E se l’incredibile gesto della sindaca di Merano indigna gran parte dell’opinione pubblica è semmai perché amiamo invece la patria, l’Italia, la bandiera.
Ma non riusciamo a stabilire un nesso tra le due cose. Se dietro non c’è uno Stato, non ci sono istituzioni solide, non c’è un sistema Paese (se preferiamo questa parola al detestato establishment), allora anche i simboli finiscono per diventare vuoti, o comunque per manifestare un sentimento più che un’appartenenza, un afflato più che una forza.
Aldo Cazzullo
(da il Corriere della Sera)

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TRUMP SI ARRENDE A PUTIN ED È PRONTO A SFILARSI: “SULL’UCRAINA SI COMBATTE UNA GUERRA TRA EUROPEI. CI SONO DI MEZZO GRANDI EGO. SENZA INTESA TRA RUSSI E UCRAINI, MI TIRERÒ INDIETRO E LORO DOVRANNO CONTINUARE”

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE USA, CHE DICE NO ALLE RITORSIONI CONTRO MOSCA E NON SI DICE PREOCCUPATO DALLE TRUPPE DI PUTIN AL CONFINE CON LA FINLANDIA, SI PREPARA A SACRIFICARE L’UCRAINA SULL’ALTARE DEGLI AFFARI DA CONCLUDERE IN RUSSIA, PREVIA COSTRUZIONE DI UN ALIBI CHE GLI CONSENTA DI SCARICARE LA COLPA SU ZELENSKY, PER GIUSTIFICARE IL FALLIMENTO DELLA PROMESSA ELETTORALE DI CHIUDERE LA GUERRA IN 24 ORE

L’interpretazione più benevola è che Trump non abbia ancora capito le reali intenzioni di Putin, perciò si lascia raggirare.
Quella più cinica è che si prepara a sacrificare l’Ucraina sull’altare degli affari da concludere in Russia, previa costruzione di un alibi che gli consenta di scaricare la colpa su Zelensky, per giustificare davanti ai suoi stessi sostenitori il fallimento della promessa elettorale di chiudere la guerra nel giro di 24 ore dal ritorno alla Casa Bianca.
Qualunque sia la valutazione corretta tra queste due ipotesi, il giorno dopo la telefonata col capo del Cremlino è difficile trovare analisti americani disposti a non giudicarla come una resa a Mosca.
L’interpretazione autentica l’ha offerta lo stesso presidente, parlando con i giornalisti lunedì sera: «Ci sono di mezzo grandi ego. Ma penso che qualcosa succederà. Se non succederà, mi tirerò indietro e loro dovranno continuare», ossia negoziare direttamente russi e ucraini, o continuare a combattere. Quindi ha aggiunto: «Questa era una situazione europea. Avrebbe dovuto rimanere una situazione europea».
Parlando ieri davanti alla Commissione Esteri del Senato il segretario di Stato Rubio, ex falco anti russo convertito all’accondiscendenza trumpiana, si è difeso così dagli ex colleghi che lo accusavano di presiedere alla ritirata Usa dal mondo: «Non è stata revocata alcuna sanzione contro i russi. Ogni singola misura in vigore sotto la precedente amministrazione rimane.
Quindi questa idea abbiamo rinunciato alla leva finanziaria non è vera. Oggi abbiamo la stessa leva finanziaria che avevamo sotto la precedente amministrazione». Il problema è proprio questo e non può sfuggire a Rubio, al
netto della difesa d’ufficio del governo di cui fa parte.
Ora che il leader del Cremlino è diventato chiaramente l’ostacolo, rifiutando la tregua sollecitata dalla Casa Bianca, Washington dovrebbe accettare l’evidenza che le misure adottate finora non sono sufficienti e quindi rafforzarle. Restare fermi equivale ad una resa, davanti al no di Putin a Trump, nonostante le molte concessioni elargite prima ancora di iniziare il negoziato.
Perché Zelensky, come ha notato il Wall Street Journal, «ha accettato tutte le richieste del presidente, ottenendo nulla in cambio. Il Cremlino invece le ha rifiutate, ottenendo quanto voleva».
A cominciare dalla rinuncia degli Usa alla tregua, accontentandosi invece della promessa di redigere un memorandum con le richieste massimaliste di Mosca per ridurre l’Ucraina a vassallo, per poi usarlo come base di partenza della trattativa.
Putin, secondo il New York Times, si comporta così perché pensa che sta vincendo. Avanza di circa tre miglia al giorno sul terreno e il calo del prezzo del petrolio si è stabilizzato sui 65 dollari a barile, consentendo di continuare a finanziarie la guerra, a meno che Trump non imponga le minacciate sanzioni secondarie, che però lui stesso ha definito ieri «una cattiva idea», oppure il G7 canadese del mese prossimo abbassi a 30 dollari il tetto del prezzo del greggio acquistabile dalla Russia.
In teoria il Congresso Usa potrebbe agire di propria iniziativa, approvando la legge scritta dal senatore repubblicano Graham, per imporre dazi del 500% ai paesi che comprano energia da Mosca. L’altra leva sarebbe il desiderio di Putin di normalizzare le relazioni e liberarsi delle sanzioni. Lui spera che Donald lo faccia, senza salvare l’Ucraina, perché è attirato dalle ricchezze della Russia
(da agenzie)

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BURIONI: “SONO SBIGOTTITO DALLA GRAVE DECISIONE DEL GOVERNO DI NON VOTARE IL NUOVO PATTO CONTRO LE PANDEMIE DELL’OMS. COSI’ L’ESECUTIVO CEDE AI NO VAX”

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

IL VIROLOGO: “IL SOVRANISMO E’ UN CONCETTO POLITICO MA I VIRUS NON SONO NAZIONALISTI. NEL CENTRODESTRA CI SONO ESPONENTI CHE PROPAGANDANO BUGIE SCIENTIFICHE PERICOLOSE: QUANDO SI TRATTA DI VIRUS SIAMO SULLA STESSA BARCA, LE RISPOSTE POLITICHE A EMERGENZE BIOLOGICHE SONO SBAGLIATE”

Quella di astenersi è una decisione «grave», una scelta politica sovranista in un settore, la prevenzione di epidemie e pandemie, «che dovrebbe essere guidato dalle evidenze scientifiche».
Roberto Burioni, immunologo del San Raffaele di Milano, da tempo impegnato anche in battaglie a favore della vaccinazione, è «sbigottito» come molti suoi colleghi e esponenti del mondo medico dalla scelta del governo di non votare il nuovo patto sulle pandemie dell’Oms. Il documento approvato ieri con i voti favorevoli di ben 124 Paesi, anche se ridimensionato rispetto a tre anni fa quando si è iniziato ad elaborarlo, viene infatti definito da più parti come «storico».
Burioni, si aspettava una presa di posizione del genere da parte dell’Italia?
«No, la decisione del governo è molto grave, perché nel malaugurato caso che dovesse esserci una pandemia, cosa che noi tutti ci auguriamo non avvenga, è fondamentale farsi trovare preparati. E rispondere da soli non è proprio possibile. Una volta si parlava di “giro del mondo in 80 giorni”, ora si fa in 80 ore. L’abbiamo visto col Covid, che ci ha messo appena due settimane ad arrivare qui da noi dalla Cina. Ormai il nostro pianeta è un villaggio globale».
Il governo ha parlato all’Oms di sovranità degli Stati nella gestione della sanità. Che ne pensa?
«La sovranità è un concetto politico, sul quale si può essere d’accordo o meno, e io rispetto chi ha quella visione. Ma i virus non lo riconoscono, i virus non sono nazionalisti, non si bloccano alla frontiera. Non fanno differenza tra un essere umano e l’altro, che viva in un posto o in un altro, che sia povero o ricco».
E se arrivasse una nuova pandemia?
«Se dovessimo affrontare un nuovo virus tutti sulla stessa barca la collaborazione tra Stati sarebbe fondamentale. È sbagliato dare una risposta politica a un’emergenza biologica. Quando si parla di salute è così: l’antibiotico non è sovranista o di sinistra o altro. Serve per curare un malato. Punto».
Ma perché l’Italia a Ginevra si è astenuta?
«Me lo chiedo anch’io. Mi pare una posizione che non appartiene a un medico di grandissimo prestigio e valore come il nostro ministro della Sanità Orazio Schillaci. Però all’interno della maggioranza ci sono diversi esponenti importanti che propagandano bugie scientifiche pericolose, contro i vaccini e altro
Anche qui non ne faccio una questione politica, perché ad esempio me la sono presa con la Toscana perché ammette nel suo sistema sanitario l’omeopatia. Però questa scelta di Ginevra non ci fa percepire come partner affidabili se si presenta un’emergenza. Se quando devo fare un conto mi dici che due più due fa cinque, o peggio proponi di non usare la calcolatrice, non mi fido tanto».
Nella decisione di astenersi avrà pesato il mondo No Vax, da sempre contrario al documento dell’Oms?
«Certo, ma chi governa deve capire che queste persone al di là delle idee che esprimono sono poche, rumorose e pericolose. Fare le cose pensando a loro è una sciocchezza, perché la grande maggioranza degli italiani sono persone serie, la pensano molto diversamente. Chi urla al fuoco può svuotare un teatro anche se è da solo. Ma gli riesce una sola volta, poi basta».

(da agenzie)

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IL GOVERNO FINISCE IN PEZZI SUL TERZO MANDATO: FRATELLI D’ITALIA DOPO IL VOTO CONTRARIO DELLA LEGA IN CDM APRE A UNA GENERICA DISCUSSIONE SUI LIMITI AI MANDATI DEI PRESIDENTI

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

MURO DI FORZA ITALIA CON TAJANI CHE AFFERMA: “DUE MANDATI SONO ABBASTANZA”

Sul terzo mandato siamo laici», dice Giovanni Donzelli, braccio destro di Giorgia Meloni dentro FdI, il giorno dopo le bizze in Cdm sul tema. Anche Francesco Lollobrigida, capo-delegazione dei Fratelli al governo, fa sapere che a via della Scrofa «non ci sono pregiudizi » nel discutere di una legge nazionale (con tempi e modi tutti da vedere).
Può suonare come un’apertura ai desiderata leghisti, versione che sposa pubblicamente Matteo Salvini: «È importante che i cittadini possano scegliere, quindi se si riapre la riflessione ben venga». In realtà, diversi big del Carroccio temono che sia solo un modo per tirarla per le lunghe. Dribblare la questione, per l’ennesima volta
I governatori del Nord già si sono attrezzati, del resto. E domenica sera, a cena alla Scuola Grande di San Rocco, innaffiata dai migliori vini veneziani, hanno iniziato a sondare i colleghi del resto dello Stivale, approdati in laguna per il festival delle regioni. Trasferitisi a palazzo Balbi, sede della giunta veneta, in una seduta straordinaria della conferenza delle Regioni hanno limato un testo che chiede a Palazzo Chigi di riaprire il dibattito sui limiti ai mandati dei presidenti. Testo un po’ di compromesso, alla fine, per far sì che venisse votato anche dai governatori di centrosinistra presenti, dal toscano Giani al pugliese Emiliano.
E naturalmente col sigillo del campano Vincenzo De Luca. Il documento, visionato da Repubblica, chiede un «doveroso approfondimento sulla disciplina sui limiti per gli organi di vertice degli enti territoriali». Una revisione, si legge ancora, «improntata a criteri di equilibrio e responsabilità, potrebbe favorire una maggiore continuità amministrativa e la valorizzazione delle esperienze di governo maturate, rispettando la volontà del corpo elettorale».
Con questa carta in tasca, domani il presidente del Friuli Venezia Giulia, Max Fedriga, vedrà Meloni a Palazzo Chigi. La premier avrebbe dovuto essere a Venezia, ma un’influenza l’ha trattenuta a Roma.
«Non siamo fatti di ferro», la difende il governatore alla vigilia del rendezvous , «anche lei è umana e si ammala ». Si fa quasi conciliante, il friulano. Sperando che il governo non tratti la sua regione (a statuto speciale) come il Trentino, che ieri l’altro si è visto impugnare la legge che avrebbe consentito al presidente Maurizio Fugatti un terzo giro da governatore. Più tranchant il veneto Luca Zaia: «L’impugnativa del governo? Temeraria. Il problema è nazionale».
Anche il lombardo Attilio Fontana chiede «chiarimenti» all’esecutivo, perché «l’autonomia delle regioni è un principio non derogabile».
Tutta la maggioranza, 24 ore dopo il patatrac in Cdm, con Salvini che ha messo a verbale la contrarietà degli ex lumbard all’impugnativa, lavora
comunicativamente per calmare le acque. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è sicuro che «la questione in generale sarà riconsiderata ». Lollobrigida sostiene che l’incidente «non intacca la coesione del governo». E ci sarebbe pure «amplissima » disponibilità a discutere.
Anche perché i tempi, ricordano altri esponenti di FdI, sarebbero lunghi: bisogna aspettare la pronuncia della Consulta sul Trentino. Per la Campania ci sono voluti mesi. Nel merito, le divergenze restano tutte.
(da La repubblica)

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L’ESERCITO ISRAELIANO SPARA AL PASSAGGIO DEI DIPLOMATICI, L’IRA DELLA UE.

Maggio 21st, 2025 Riccardo Fucile

ITALIA E FRANCIA CONVOCANO GLI AMBASCIATORI,,, L’ANP: “ATTO DELIBERATO”

Momenti di alta tensione si sono verificati oggi a Jenin, in Cisgiordania, dove un’unità delle Forze di Difesa Israeliane (Idf) ha sparato colpi di avvertimento in aria durante una visita diplomatica internazionale. Il gesto ha provocato panico tra i membri della delegazione, composta da 25 ambasciatori e diplomatici provenienti da Europa, Asia, Medio Oriente e America Latina.
L’incidente è avvenuto nei pressi del campo profughi della città palestinese. Ad essere coinvolto anche il viceconsole italiano coinvolto, che è rientrato comunque illeso al consolato, ha fatto sapere il ministro degli Esteri Antonio Tajani dopo averci parlato. Il governo però è su tutte le furie per quanto accaduto. «Chiediamo al governo d’Israele di chiarire immediatamente l’accaduto. Le minacce contro i diplomatici sono inaccettabili», ha detto Tajani, che nel pomeriggio, sentita la premier Giorgia Meloni, ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore israeliano in Italia «per avere chiarimenti su quanto accaduto a Jenin». Iniziativa intrapresa, fa sapere il governo come riporta l’Ansa, non solo alla luce dell’episodio di oggi, «ma anche nel contesto più ampio della drammatica situazione nella Striscia di Gaza».
L’ira di Francia e Ue
Anche la Francia ha convocato l’ambasciatore israeliano a Parigi bollando come «inaccettabile» l’azione a Jenin dell’esercito israeliano. Dura la condanna arrivata anche dall’Alto rappresentante dell’Unione europea, Kaja Kallas: «Ogni minaccia alla vita dei diplomatici è inaccettabile, chiediamo a Israele di indagare e di assegnare la responsabilità di questo incidente». Kallas ha inoltre ricordato che Israele è firmatario della Convenzione di Vienna, che impone l’obbligo di garantire la sicurezza del personale diplomatico.
«Sono stati sparati colpi di avvertimenti ma sono pur sempre spari», ha evidenziato l’Alto rappresentante, che solo ieri sera aveva annunciato al termine del Consiglio Esteri Ue come una vasta maggioranza degli Stati membri abbia sostenuto l’idea di lanciare una revisione dell’Accordo di associazione Ue-Israele.
Le scuse di Israele
L’esercito israeliano si è scusato per «l’incidente», dicendosi «rammaricato» per aver sparato colpi di avvertimento in aria «e aver provocato l’inconveniente». Secondo una prima ricostruzione fornita dall’Idf, la
delegazione si sarebbe allontanata dal percorso autorizzato, entrando in una zona considerata non sicura. Una pattuglia operativa avrebbe quindi esploso colpi in aria per motivi precauzionali. «Non ci sono stati né danni né feriti», ha dichiarato un portavoce militare, aggiungendo che nei prossimi giorni saranno avviati contatti con i rappresentanti dei Paesi coinvolti e incontri diretti con i diplomatici per condividere gli esiti preliminari dell’indagine.
L’Anp: «Atto deliberato e illecito»
Il ministero degli Esteri palestinese chiarisce sul suo account X che la delegazione diplomatica internazionale coinvolta nell’incidente a Jenin «stava svolgendo una missione ufficiale per osservare e valutare la situazione umanitaria e documentare le violazioni perpetrate dall’esercito israeliano contro il popolo palestinese». «Questo atto deliberato e illecito costituisce una palese e grave violazione del diritto internazionale», aggiunge il ministero palestinese, chiedendo protezione internazionale per il popolo e il personale diplomatico che opera in Palestina. L’Anp ha, inoltre, diffuso sui social alcuni video che mostrano il momento degli spari: si vedono soldati israeliani aprire il fuoco in aria dall’interno del campo profughi, mentre i membri della delegazione – tra cui giornalisti e fotografi – si allontanano rapidamente verso i veicoli.

(da agenzie)

 

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