TRUMP SI ARRENDE A PUTIN ED È PRONTO A SFILARSI: “SULL’UCRAINA SI COMBATTE UNA GUERRA TRA EUROPEI. CI SONO DI MEZZO GRANDI EGO. SENZA INTESA TRA RUSSI E UCRAINI, MI TIRERÒ INDIETRO E LORO DOVRANNO CONTINUARE”
IL PRESIDENTE USA, CHE DICE NO ALLE RITORSIONI CONTRO MOSCA E NON SI DICE PREOCCUPATO DALLE TRUPPE DI PUTIN AL CONFINE CON LA FINLANDIA, SI PREPARA A SACRIFICARE L’UCRAINA SULL’ALTARE DEGLI AFFARI DA CONCLUDERE IN RUSSIA, PREVIA COSTRUZIONE DI UN ALIBI CHE GLI CONSENTA DI SCARICARE LA COLPA SU ZELENSKY, PER GIUSTIFICARE IL FALLIMENTO DELLA PROMESSA ELETTORALE DI CHIUDERE LA GUERRA IN 24 ORE
L’interpretazione più benevola è che Trump non abbia ancora capito le reali intenzioni di Putin, perciò si lascia raggirare.
Quella più cinica è che si prepara a sacrificare l’Ucraina sull’altare degli affari da concludere in Russia, previa costruzione di un alibi che gli consenta di scaricare la colpa su Zelensky, per giustificare davanti ai suoi stessi sostenitori il fallimento della promessa elettorale di chiudere la guerra nel giro di 24 ore dal ritorno alla Casa Bianca.
Qualunque sia la valutazione corretta tra queste due ipotesi, il giorno dopo la telefonata col capo del Cremlino è difficile trovare analisti americani disposti a non giudicarla come una resa a Mosca.
L’interpretazione autentica l’ha offerta lo stesso presidente, parlando con i giornalisti lunedì sera: «Ci sono di mezzo grandi ego. Ma penso che qualcosa succederà. Se non succederà, mi tirerò indietro e loro dovranno continuare», ossia negoziare direttamente russi e ucraini, o continuare a combattere. Quindi ha aggiunto: «Questa era una situazione europea. Avrebbe dovuto rimanere una situazione europea».
Parlando ieri davanti alla Commissione Esteri del Senato il segretario di Stato Rubio, ex falco anti russo convertito all’accondiscendenza trumpiana, si è difeso così dagli ex colleghi che lo accusavano di presiedere alla ritirata Usa dal mondo: «Non è stata revocata alcuna sanzione contro i russi. Ogni singola misura in vigore sotto la precedente amministrazione rimane.
Quindi questa idea abbiamo rinunciato alla leva finanziaria non è vera. Oggi abbiamo la stessa leva finanziaria che avevamo sotto la precedente amministrazione». Il problema è proprio questo e non può sfuggire a Rubio, al
netto della difesa d’ufficio del governo di cui fa parte.
Ora che il leader del Cremlino è diventato chiaramente l’ostacolo, rifiutando la tregua sollecitata dalla Casa Bianca, Washington dovrebbe accettare l’evidenza che le misure adottate finora non sono sufficienti e quindi rafforzarle. Restare fermi equivale ad una resa, davanti al no di Putin a Trump, nonostante le molte concessioni elargite prima ancora di iniziare il negoziato.
Perché Zelensky, come ha notato il Wall Street Journal, «ha accettato tutte le richieste del presidente, ottenendo nulla in cambio. Il Cremlino invece le ha rifiutate, ottenendo quanto voleva».
A cominciare dalla rinuncia degli Usa alla tregua, accontentandosi invece della promessa di redigere un memorandum con le richieste massimaliste di Mosca per ridurre l’Ucraina a vassallo, per poi usarlo come base di partenza della trattativa.
Putin, secondo il New York Times, si comporta così perché pensa che sta vincendo. Avanza di circa tre miglia al giorno sul terreno e il calo del prezzo del petrolio si è stabilizzato sui 65 dollari a barile, consentendo di continuare a finanziarie la guerra, a meno che Trump non imponga le minacciate sanzioni secondarie, che però lui stesso ha definito ieri «una cattiva idea», oppure il G7 canadese del mese prossimo abbassi a 30 dollari il tetto del prezzo del greggio acquistabile dalla Russia.
In teoria il Congresso Usa potrebbe agire di propria iniziativa, approvando la legge scritta dal senatore repubblicano Graham, per imporre dazi del 500% ai paesi che comprano energia da Mosca. L’altra leva sarebbe il desiderio di Putin di normalizzare le relazioni e liberarsi delle sanzioni. Lui spera che Donald lo faccia, senza salvare l’Ucraina, perché è attirato dalle ricchezze della Russia
(da agenzie)
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