Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
POLITICHE GIOVANILI, MUNICIPI FORTI E WELFARE: LA SFIDA DELL’EX OLIMPIONICA PER UNA GENOVA PIU’ GIUSTA
Ha lanciato il martello nei più grandi stadi del mondo: ha partecipato a due Olimpiadi
(Pechino 2008 e Londra 2012) e vinto dieci titoli italiani. Poi ha contribuito a guidare lo sport italiano dai vertici del CONI, prima donna a ricoprire il ruolo di vicepresidente.
Oggi Silvia Salis torna nella sua città, Genova, per candidarsi a sindaca, con un progetto civico che punta a ricucire le fratture sociali, riportare l’amministrazione vicino ai quartieri e restituire ai cittadini la possibilità di immaginare un futuro diverso.
Il suo percorso unisce sport, istituzioni e impegno civile, ma la scelta di entrare in politica nasce da una convinzione precisa: “Servono visione, partecipazione e coraggio, non solo grandi opere”.
A Fanpage.it Salis ha parlato della sua idea di città, delle responsabilità della politica nel lasciare indietro intere generazioni, delle sue battaglie contro le disuguaglianze e per il diritto alla casa, del bisogno urgente di riportare cultura e bellezza dove oggi ci sono solo degrado e marginalità.
Ma anche di cosa significhi per lei, dopo anni nei vertici dello sport, affrontare una sfida politica in prima persona, dentro una città che chiede risposte, e in contesti dove la presenza e la voce di una donna restano, ancora, tutt’altro che scontate.
Da atleta olimpica a vicepresidente del CONI, ora in campo per Genova. Qual è il passaggio personale e politico che l’ha portata fin qui? E cosa le piacerebbe rappresentare in questa fase per la città?
Sono sempre stata attratta dalle sfide, prima nello sport, che nella vita, mi ha dato soddisfazioni incredibili. Una volta terminato il mio percorso agonistico mi sono trovata lanciata in un’altra sfida. Come prima donna vicepresidente del CONI ho avuto modo di conoscere tante realtà in giro per l’Italia e per il mondo. Toccando con mano l’incredibile potenza dello sport come strumento di riscatto sociale, di rigenerazione e rilancio di aree e di comunità. Lo sport è trasversale, non ha colore politico e non discrimina per genere o per età. Quando poi si è presentata la possibilità di lanciarsi in questa nuova sfida, la candidatura a sindaca della mia città, Genova, devo ammettere che non ci ho dovuto pensare molto. Ho sempre avuto il desiderio di mettermi a servizio di un progetto ambizioso, con una visione a lungo termine. L’idea di poter contribuire a rilanciare la città che mi ha dato tanto e da cui sono partita per cominciare a conoscere il mondo. Mi piacerebbe che da questa esperienza nascesse una nuova forza propulsiva per Genova, che si ricominciasse a guardare al futuro. Vorrei che i genovesi vedessero in questi prossimi cinque anni la possibilità di tornare a immaginare una Genova diversa, che si riprenda il suo spazio non solo
in Italia, ma in Europa. Vorrei immaginare insieme ai genovesi la Genova del domani.
In molte narrazioni mediatiche il suo profilo sembra ancora filtrato attraverso lo sguardo maschile: prima donna che candidata, giovane che deve “dimostrare” qualcosa. Le parole sono sempre quelle dell’eccezione, mai della normalità. Come si risponde a questa lente? E quanto pesa ancora, anche nei partiti, questo tipo di sguardo?
Credo che questi “filtri”, questo modo di rappresentare il profilo dell’avversario, siano più un sintomo di debolezza che altro. Secondo me chi passa il periodo della campagna elettorale a offendere e provare di discreditare il candidato della parte avversaria anziché raccontare la propria proposta, spiegare le sue ragioni, fa un danno agli elettori, facendo scadere il dibattito politico a uno scontro personale, senza contenuti, che vede i genovesi non come decisori ma come spettatori di uno spettacolo che non si meritano. Io non ho mai accettato di seguire questo metodo, non mi sono mai prestata alla logica dell’attacco personale, ho cercato di raccontare la mia visione ai cittadini e alle cittadine, dialogando direttamente con loro .
Lei ha parlato spesso della necessità di rafforzare l’autonomia decisionale dei municipi. In che modo? E perché è così importante riportare le scelte amministrative più vicino alla vita dei quartieri?
L’amministrazione di una comunità funziona così, più si è vicini ai problemi del territorio più è facile conoscerne le varie sfaccettature, e quando la comunità coinvolge centinaia di migliaia di persone è inevitabile che l’amministrazione “centrale” abbia bisogno di presidi più calati sui singoli quartieri . La riforma del 2021 voluta da Marco Bucci e dalla destra ha di fatto allontanato il comune dai cittadini, accentrando tutto il potere a Palazzo Tursi, ma dimenticandosi di ascoltare le voci dal territorio. Io credo che il modo migliore per dare risposte immediate, veloci, alle richieste di chi vive nei municipi che compongono Genova sia quello di ridare autonomia gestionale a questi municipi. Dargli modo di decidere come spendere le risorse che gli spettano. Ascoltando i cittadini ogni giorno e lavorando con il tessuto sociale e produttivo per costruire insieme le soluzioni.
Genova è una città che vive contraddizioni forti: alcuni quartieri sono diventati
simbolo di ghettizzazione sociale, e in altri mancano presìdi fondamentali come consultori, centri antiviolenza, spazi per giovani e famiglie. Qual è la sua idea di prossimità e giustizia territoriale?
La prossimità dell’amministrazione e la giustizia territoriale si ottengono ridando voce a chi è cresciuto e ha dedicato il suo tempo e fatica per fare amministrazione nel proprio municipio, incontrando quotidianamente gli abitanti sul territorio. Per colmare in tempi certi le disuguaglianze è necessario, come dicevo prima, avere le risorse per farlo e snellire la burocrazia per poterle stanziare e avviare i progetti.
Cultura e welfare sono spesso le prime voci a essere tagliate. Ma sono anche quelle che possono tenere insieme una comunità. Come si rilancia una città anche da qui? Che spazio darebbe alla cultura, alle politiche giovanili, al diritto all’abitare e al sostegno alle fragilità?
Una città si rilancia dal welfare. Al centro la persona con il suo progetto di vita, le persone il cui futuro è strettamente legato al futuro della città. La mia intenzione è riorganizzare i servizi alla persona, attraverso una cultura non solo dell’inclusione e del superamento delle difficoltà ma una cultura che mette al centro l’emancipazione e la realizzazione di chi sceglie di stare a Genova o di venire a vivere a Genova. Quando si sta bene in una città si investe in essa e per essa e questa è l’unica strada per superare fenomeni complessi come la denatalità e l’invecchiamento di una popolazione. Un approccio di sistema è la soluzione che va al superamento dei bonus, ma si impone risposte concrete di sollievo ma anche di sostegno.
Sul tema ambientale, Genova vive una contraddizione evidente: è ancora fortemente dipendente da un modello industriale ed energetico inquinante, e al tempo stesso vulnerabile ai cambiamenti climatici. Che ruolo dovrebbe giocare la città nella transizione ecologica?
Naturalmente la transizione ecologica non è un tema solo cittadino, è un tema nazionale e globale. Le risposte che possono essere date da un’amministrazione comunale, specialmente per quanto riguarda la politica industriale che coinvolge realtà multinazionali calate nel tessuto cittadino genovese. Quello che un’amministrazione comunale può fare è confrontarsi con le realtà produttive della città, costruendo con loro una strategia volta alla sostenibilità, alla
transizione verso mezzi di produzione che possano avere un impatto ambientale quanto meno significativo, senza per questo rinunciare alla loro necessità di essere competitive sul mercato internazionale. La sfida non è semplice, ed è quella di mantenere e ampliare le capacità attrattive della città per le aziende, senza rinunciare a fare la nostra parte per quanto riguarda la sostenibilità ambientale delle filiere produttive. La capacità di interfacciarsi con queste realtà con autorevolezza è la chiave per essere efficaci nell’azione del Comune.
Che idea ha dello sviluppo urbano degli ultimi anni a Genova? Grandi opere e waterfront sono stati al centro del dibattito, ma la partecipazione dei cittadini sembra essere rimasta ai margini. Qual è il suo modello alternativo di città?
Per rispondere a questa domanda si dovrebbe fare una premessa; in questi anni la città ha usufruito di risorse provenienti dall’Unione Europea che hanno rappresentato un’opportunità irripetibile per le amministrazioni locali. Sto parlando dei fondi del PNRR. Questi fondi sono stati utilizzati per fare una progettazione a mio avviso completamente calata dall’alto, è mancato l’ascolto dei cittadini, dei comitati, delle realtà produttive, di chi avrebbe potuto esprimere un’opinione informata. Chi era al governo del Comune e della Regione ha preferito spendere milioni in progettazioni e in grandi opere che ancora oggi non hanno portato nessun miglioramento alla qualità di vita delle genovesi e dei genovesi, ha generato solo cantieri infiniti e disagi, senza nessuna condivisione con i cittadini. Io credo che quando si decide di mettere in atto un’opera di rinnovamento della città il primo passaggio debba essere il confronto con chi vive sul territorio, ascoltando tutti. l’amministrazione deve poi prendere una decisione, ha la responsabilità di non rimanere immobile, ma ha il dovere di dialogare. Fare amministrazione non significa imporre la propria decisione su chi ti ha delegato la responsabilità di governare, significa, secondo me, riuscire ad integrare la propria visione con quella di chi è impattato dalle decisioni che prendi. Per quanto riguarda il waterfont è stata un’operazione prevalentemente commerciale, che non ha dato reali risposte alle richieste dei cittadini, è stato un tentativo di riqualificazione di un’area che poteva essere pensato meglio a mio avviso, anche considerando che c’è un solo spazio pubblico, il palasport, che sarà circondato da un centro commerciale.
Molti giovani oggi si sentono esclusi dalla politica e da qualsiasi possibilità concreta di incidere sul proprio territorio. Lei rappresenta anche una generazione diversa da quella che governa da anni. Come si restituisce ai giovani fiducia e spazio, non solo retorico, nella vita pubblica?
I giovani da Genova spesso se ne vanno, per studiare, per lavorare, ma raramente ritornano, questo perché la città non risponde alle necessità che le nuove generazioni possono avere, sotto molti aspetti, da quello dell’offerta di lavoro qualificato, dignitoso e che permetta di avere prospettive come comprare una casa, mantenere una famiglia, al trasporto pubblico o quello dell’offerta di spazi dove esercitare la propria creatività, dove poter studiare, abitare, condividere momenti di socialità, anche dopo le 21. C’è bisogno di uno sviluppo di spazi pubblici aperti anche fino a tardi per praticare sport, aprire sportelli con personale qualificato che possa permettere loro di essere supportati anche da un punto di vista psicologico. La fiducia ai giovani si restituisce dando loro una prospettiva di vita in questa città. Che li spinga a immaginare come potrebbe essere la loro vita a Genova, partecipando allo sviluppo e al progresso di questa città.
Parità di genere, diritti civili, lotta alla violenza: non sono solo battaglie simboliche, ma scelte amministrative. Cosa manca oggi a Genova per essere davvero una città che non lascia indietro nessuno?
Oggi a Genova manca prima di tutto la volontà di collaborare con chi si batte su questi temi da anni. Negli ultimi anni non c’è stato un reale dialogo, una reale attenzione per questi temi, si è preferito lasciare al Terzo Settore il compito di occuparsi degli ultimi. Abbiamo la fortuna, a Genova, di avere una rete sociale fatta da cooperative, società di mutuo soccorso, volontari, donne e uomini che dedicano il loro tempo, spesso anni, decenni della loro vita ad aiutare chi è in difficoltà, sotto molteplici punti di vista. Sopra le Spalle di questa città è stato lasciato un peso eccessivo, non riconoscendogli l’enorme lavoro da loro svolto. La cosa importante, secondo me è integrare l’attività di chi già fa molto privatamente, con le strutture del Comune che in questi anni hanno dovuto fare fronte alle difficoltà crescenti del territorio di Genova e non solo. Serve anche un lavoro di educazione, di formazione, che permetta a chi opera per l’amministrazione comunale in questi ambiti di saper fare fronte ai problemi che negli anni sono anche, in parte, aumentati e cambiati.
Se dovesse indicare una priorità assoluta per i primi cento giorni, quale sarebbe? E con quale metodo intende lavorare: con una squadra civica, o all’interno di un progetto politico più ampio?
Avvieremo subito il percorso che serve a cancellare la riforma Bucci che ha limitato le competenze dei Municipi accentrando al Comune risorse e poteri. Avere municipi nel pieno delle proprie funzioni in termini di manutenzioni, cura del verde, rapporti con i cittadini e le associazioni, è essenziale per risolvere i problemi quotidiani di vivibilità della città, e anche per avvicinare la pubblica amministrazione alle persone.
(da Fanpage)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
“ALTRO CHE PONTE FRA LE DUE SPONDE DELL’ATLANTICO, È IL PONTE LEVATOIO DELL’ITALIA. CI HA ISOLATI IN EUROPA, RIDOTTI AI MARGINI. PER MELONI CONTA DI PIÙ IL PHOTOSHOP, RISULTARE FOTOGENICA ALLE CERIMONIE UFFICIALI, ANZICHÉ ESSERE NEI LUOGHI DOVE SI DECIDE”
«Giorgia Meloni mente sapendo di mentire: sia quando vanta i progressi dell’economia ma viene smentita dall’Istat, sia quando rivendica una centralità sullo scacchiere internazionale che nessuna cancelleria le riconosce».
Da ex premier Matteo Renzi guarda sbigottito alle mosse della prima ministra: «Gli ultimi dieci giorni sono l’incredibile sunto della totale inadeguatezza di questo governo e della presidente del Consiglio».
Non sarà una critica preconcetta la sua, senatore?
«Sono fatti e numeri a sconfessare la premier e la sua propaganda su economia e politica estera. Basta metterli in fila».
Non è vero che l’economia va a gonfie vele?
«Meloni si è superata l’altro giorno alla Camera, quando ha spiegato che se lo spread è sotto i 100 punti base significa che i nostri titoli di Stato vengono considerati più sicuri di quelli tedeschi. Ma non occorre una laurea per sapere che si tratta di una castroneria, detta però con una sicumera tale che tutti
ministri l’hanno applaudita, tranne il povero Giorgetti che era allibito. E vogliamo parlare dei dati Istat?»
«Oggi l’Istat svela che il debito pubblico è cresciuto, la povertà è aumentata, le liste d’attesa si sono allungate: nel 2024, non dieci anni fa. L’Istituto nazionale di statistica, i cui vertici sono nominati dal governo, ha smentito tutta la narrazione di Meloni, aggiungendo che i salari reali sono diminuiti del 10,5% negli ultimi cinque anni. Metà dei quali trascorsi sotto questo esecutivo. L’opposto di quanto sempre sostenuto dalla premier».
E sulla politica estera?
«Ha fatto ancora peggio. Ha scelto di scendere dal treno per Kiev in virtù di una bizza con Macron. Poi si è accorta di aver sbagliato e si è collegata in videocall. Dopodiché a Tirana era talmente obnubilata che al summit dei Volenterosi ha preferito la sceneggiata con Edi Rama.
Salvo convocare i giornalisti per esibirsi in una falsità clamorosa: ovvero che se lei non aveva partecipato è perché la riunione serviva per mandare i soldati sul terreno. Una figuraccia planetaria».
Forse pensava che i colleghi non avrebbero osato correggerla?
«Ha fatto quella dichiarazione alle 18,45, giusto in tempo per i Tg della sera, convinta che nessuno dei leader internazionali se ne sarebbe accorto. Ma non funziona così. Non quando c’è in ballo una trattativa delicata come quella sulla pace in Ucraina.
E infatti “occhio alle fake news” ha subito avvisato Macron, dandole uno schiaffo morale, poi assestato pure da Merz. In politica estera non si può raccontare tutto e il suo contrario, spero che abbia imparato la lezione».
Questa postura restituisce l’immagine di un’Italia inaffidabile?
«Intanto restituisce l’immagine di un’Italia governata da una bugiarda. La quale[…] ha anche apparecchiato un vertice fra Vance e von der Leyen che erano a Roma per l’insediamento del papa.
Lei ne ha approfittato e ha raccontato un’altra bugia: che era il primo incontro fra i due, mentre si erano già visti a Parigi, al vertice sull’IA, che Meloni aveva disertato per antipatia nei confronti di Macron»
Il suo legame con Trump è però innegabile, non può tornare utile all’Europa?
«Un’altra favola. Trump non ha bisogno di mediatori. Parla con chiunque lui ne abbia voglia. […] Figuriamoci se ha bisogno di Meloni […]. Semmai è la premier che prova a ritagliarsi un ruolo perché non sa che pesci prendere: altro che ponte fra le due sponde dell’Atlantico, è il ponte levatoio dell’Italia. Ci ha isolati in Europa, ridotti ai margini».
Intanto grazie a Trump la premier è rientrata fra i Volenterosi.
«Appunto, da sola non ci sarebbe mai riuscita. […] Per Meloni conta di più il photoshop, risultare fotogenica alle cerimonie ufficiali, anziché essere nei luoghi dove si decide».
Però ha telefonato a papa Leone per proporgli di ospitare in Vaticano l’incontro Putin-Zelensky.
«Ma non è un’idea sua. L’avevano già proposta Parolin e Zuppi, poi ribadita da Leone XIV Ora Meloni prova a metterci il cappello. Si intesta la diplomazia vaticana, non avendone una sua. Ma in fondo la capisco: se si affida a Tajani sta fresca».
(da agenzie)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LA RICHIESTA RIGUARDA ANCHE UN ALTRO EURODEPUTATO AZZURRO, SALVATORE DE MEO … SECONDO L’ACCUSA, MARTUSCIELLO AVREBBE RICEVUTO 6.700 EURO DAL LOBBISTA DI HUAWEI, NUNO WAHNON MARTINS, CHE È STATO SUO CONSIGLIERE A BRUXELLES
Come prevedibile, la procura di Bruxelles chiede al parlamento europeo di rimuovere
l’immunità che protegge il capo delegazione FI Fulvio Martusciello coinvolto nel caso delle presunte corruzioni di europarlamentari per favorire Huawei, il colosso delle telecomunicazioni cinese.
Non c’erano invece avvisaglie che la richiesta potesse riguardare gli eurodeputati azzurri Salvatore De Meo e Giusi Princi, il bulgaro di Renew Nikola Minchev e il socialista maltese Daniel Attard.
Il nome di Martusciello era emerso nelle scorse settimane dal mandato di arresto europeo emesso dalla magistratura belga che aveva portato in carcere (subito ai domiciliari e poi in libertà) per associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio la sua assistente Lucia Simeone per un bonifico di appena mille euro ricevuto dal lobbista di Huawei, Nuno Wahnon Martins.
Nello stesso momento in Belgio finivano in manette quattro persone accusate di aver corrotto una quindicina di europarlamentari per favorire Huawei.
Lobbisti che avrebbero «retribuito» un europarlamentare, il cui nome non veniva riportato, per stilare una lettera che poi era stata firmata da otto colleghi, tra cui Martusciello ed altri 4 italiani, ma non De Meo e Princi. [
Martusciello avrebbe ricevuto da Nuno Wahnon Martins, che è stato suo consigliere a Bruxelles, 6.700 euro, secondo l’accusa belga che annotava che l’europarla-mentare campano aveva firmato «emendamenti legislativi favorevoli a Huawei».
Agli atti c’è anche un’intercettazione in cui l’ italo-belga Valerio Ottati, altro ex assistente di Martusciello e poi lobbista Huawei, dice che i cinesi «spesso oltrepassano il limite e addirittura pagano per gli emendamenti».
Per gli inquirenti di Bruxelles, i lobbisti avrebbero corrotto gli eurodeputati con migliaia di euro, pranzi, viaggi e regali, come biglietti per le partite di calcio dell’Anderlecht.
Al laziale De Meo e alla calabrese Princi verrebbe anche riferita la partecipazione ad un aperitivo il 25 giugno 2024 nella piazza che si trova davanti alla sede del parlamento.
Salvatore De Meo accoglie «con stupore» l’iniziativa belga respingendo ogni accusa, Princi si dice vittima di uno scambio di persona perché il giorno dell’aperitivo si trovava a «Reggio Calabria alla recita scolastica di mia figlia» e comunque la sua proclamazione ad eurodeputata è avvenuta solo una
settimana dopo.
(da Corriere della Sera)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
I GIUDICI SOTTOLINEANO IL COMPORTAMENTO DEI DIRIGENTI DI LARGO ARENULA PER “COPRIRE” DELMASTRO: “LE CHIARE CLAUSOLE CON CUI SI LIMITAVA LA DIVULGAZIONE DELLE NOTIZIE SU COSPITO SONO DIVENTATE POCO PIÙ CHE CONSIGLI, DA NON PRENDERE NEPPURE TROPPO SUL SERIO…”
Le notizie «comunicate dal sottosegretario Andrea Delmastro all’onorevole Donzelli hanno comportato un pericolo per la tutela e l’efficacia della prevenzione e repressione della criminalità». In 42 pagine di motivazioni il tribunale di Roma demolisce la condotta del sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove nella vicenda Cospito, condannandolo in primo grado a otto mesi per rivelazione di segreto di ufficio.
Nella sentenza infatti non solo il collegio (presieduto da Francesco Rugarli) sostiene che le notizie fossero coperte dal segreto e che, quella rivelazione, ha minato il lavoro dell’antimafia.
Ma ha anche fatto notare come il ministero della Giustizia (per esempio: l’attuale capa di gabinetto, Giusi Bartolozzi, o Lina Di Domenico, che dopo essere stata al centro di un braccio di ferro con il Quirinale per il Dap, è stata nominata al vertice di un dipartimento del ministero) abbiano cercato di aiutare Delmastro.
«Dall’istruttoria – si legge in sentenza – risulta chiaro come nessuno dubitasse che le notizie sui rapporti e le intese tra Cospito e i detenuti di criminalità organizzata, e più in generale con Cospito, fossero notizie delicate e riservate, che non dovessero avere una libera circolazione.
Molto è invece cambiato quando le notizie sul Cospito e sui suoi rapporti durante la detenzione con altri detenuti sono diventate notizie di libera diffusione e le chiare clausole con cui se ne limitava la divulgazione poco più
che consigli, da non prendere neppure troppo sul serio, che si potevano legittimamente ignorare».
«Ecco perché Nordio deve venire a scusarsi in aula» ha detto ieri Benedetto delle Vedove battibeccando in aula con il capogruppo di FdI, Galeazzo Bignami Secondo i magistrati le notizie rivelate dal sottosegretario e usate come arma politica da Donzelli contro i colleghi de Pd che avevano visitato in carcere Cospito, «rivelavano che i detenuti erano controllati e ascoltati, anche al di fuori delle previsioni normative e quanto da loro detto era oggetto di relazioni di servizio».
Inverosimile ancora secondo i giudici l’ipotesi che Delmastro non sapesse, «come hanno sostenuto la difesa e la procura», «la natura riservata delle informazioni: è laureato in legge, avvocato penalista, sottosegretario con delega agli Istituti di pena, parlamentare di lungo corso
(da La Repubblica)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
CONSIGLIERI REGIONALI E STAFF ANDRANNO 5 GIORNI A MADRID PER LA FESTA DEL 2 GIUGNO. IL COSTO? 70MILA EURO – MA PURE LE MISSIONI PRECEDENTI AL VINITALY E AL SALONE DEL LIBRO NON SONO STATE NIENTE MALE
Non ditelo ai tartassati d’Abruzzo appena omaggiati dell’aumento dell’Irpef per via del
bucone da oltre 100 milioni nei conti nella sanità.
A dispetto dei sacrifici imposti ai cittadini, per i vertici della Regione non è affatto tempo di tirare la cinghia, tra stipendi d’oro e tutto il resto, comprese le missioni su cui non si risparmiano affatto: a maggio una trasferta con i fiocchi a Torino per il Salone del Libro e prima, ad aprile, la quattro giorni di Verona per il Vinitaly.
Ma tra pochi giorni la partenza di Lorsignori sarà addirittura top di gamma.
Per celebrare degnamente la Patria in occasione della Festa della Repubblica, il presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri di Forza Italia sarà Madrid dal 30 maggio al 3 giugno con al seguito un nutrito staff: capo di gabinetto, portavoce, addetto all’ufficio stampa, dirigente del servizio Affari generali e comunicazioni, solo a stare stretti.
La missione in Spagna infatti è per todos caballeros visto che l’intero parco dei consiglieri regionali è stato autorizzato a unirsi alla compagnia di Sospiri “fermo restando che sono giustificate le assenze eventualmente registrate alle riunioni degli organi istituzionali per l’intero periodo di partecipazione all’evento”.
Quanti partiranno e soprattutto a che prezzo? Intanto è certo che per lo sbarco d’Abruzzo in terra iberica il Consiglio regionale sgancerà 70 mila euro e una bella fetta serviranno a coprire le spese vive per l’evento clou del 2 giugno: per essere “ospiti d’onore” dell’Ambasciata d’Italia dove si terrà un gran banchetto in salsa abruzzese, saranno reclutati in loco sei cuochi, 20 camerieri, 5 addetti alla logistica che insieme ai costi d’allestimento fanno un conticino da 11.240 euro. E poi mettici pure la ciccia, ossia altri 15.526 euro per la voce “alimenti” da trasportare a Madrid e necessari a mettere a tavola gli invitati. Piatto ricco, mi ci ficco: vamos!
E non potranno di certo mancare arrosticini, pallotte cacio&ova, parrozzi e tutte le prelibatezze della cucina tradizionale dal momento che l’obiettivo è un menu che “esalterà le migliori e più rappresentative pietanze della gastronomia abruzzese di eccellenza su scala provinciale, accompagnate dalle migliori etichette di vini” come si legge nel programma predisposto da Casa Abruzzo,
l’associazione senza scopo di lucro nata appena un anno fa che, a fronte di un compenso richiesto di 20 mila euro a copertura dell’incomodo, ha messo a punto il cenone del 2 giugno all’Ambasciata e una serie di eventi collegati dedicati alla promozione del brand Abruzzo.
Ma pure le missioni precedenti non erano state niente male. Come al Vinitaly per il quale il presidente del Consiglio Sospiri era stato autorizzato a recarsi a Verona per l’intero periodo dal 6 al 9 aprile “unitamente a un dipendente con funzioni di supporto”, come tutti i consiglieri abruzzesi interessati a partecipare all’evento anche se nel loro caso con “il relativo previsto trattamento di missione limitatamente a un solo pernottamento” e comunque fatta salva la giustifica per “le assenze eventualmente registrate alle riunioni degli organi istituzionali nel periodo considerato”.
Idem per il Salone del Libro di Torino per cui Sospiri è stato autorizzato a partecipare (sempre con un dipendente con funzioni di supporto al seguito) per tutto il tempo dal 15 al 19 maggio. Evento per il quale la giunta Marsilio ha investito non poco e chiesto pure al Consiglio regionale di compartecipare alle spese di gestione dello stand abruzzese “al fine di una migliore riuscita dell’evento”. Costo? 7.000 mila euro per l’acquisto di gadget. E 15 mila di spese per servizi di viaggio e soggiorno.
(da il Fatto Quotidiano)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LA FOTO RELATIVA A UN CASO DI STUPRO E OMICIDIO DI OLTRE 100 DONNE AFRICANE IN CONGO SPACCIATA DAL CIALTRONE COME UNA STRAGE DI BIANCHI IN SUDAFRICA
Donald Trump, un po’ come Grok, l’intelligenza artificiale integrata nel social
network X di Elon Musk, ha alimentato le teorie sul fantomatico “genocidio bianco” in Sudafrica. Per raggiungere il suo obiettivo, ha mostrato alcune immagini e storie durante la visita alla Casa Bianca del presidente sudafricano Ramaphosa. Di fatto, il Presidente americano ha diffuso elementi fuorvianti in mondovisione.
Il video delle croci bianche lungo una strada
Donald Trump, alla presenza del leader sudafricano, ha mostrato un video che riprende una lunga fila di croci bianche lungo una strada in Sudafrica, commentando così la scena: «È una cosa orribile. Questi cimiteri sono sconvolgenti. Oltre 1.000 contadini bianchi, e quelle auto sono in fila per offrire il loro amore la domenica mattina».
In realtà, la vera storia di quelle croci è ben diversa e non si tratta affatto di un cimitero. La scena mostra una manifestazione svoltasi nel settembre 2020, organizzata dopo l’omicidio di due agricoltori a Normandien, in Sudafrica:
People showed their support in the fight against farm murders. Today 5 September at Normandien. Glen and Vida Rafferty were murdered a week ago on their farm at Normandien and were laid to rest in a private ceremony today
Le vittime furono Glen Rafferty, 63 anni, e Vida Homann Rafferty, 60 anni. I due autori dell’omicidio furono condannati, nel 2022, rispettivamente all’ergastolo e a 21 anni di prigione, riconosciuti colpevoli di omicidio, furto con scasso e altre circostanze aggravanti.
Secondo la ricostruzione emersa durante il processo, i criminali si erano introdotti illegalmente nell’abitazione dei due agricoltori mentre erano assenti, rubando cellulari, gioielli, un computer portatile e altri oggetti di proprietà della coppia. Decisero poi di attendere il loro rientro per costringerli ad aprire una cassaforte che non erano riusciti a scassinare.
La strage del Congo, non del Sudafrica
Proseguendo con la presentazione di presunti casi volti a dimostrare l’esistenza di un “genocidio bianco” in Sudafrica, Donald Trump si concentra su un’immagine che sembrerebbe ritrarre una scena del crimine.
Si tratta della stampa di un articolo intitolato “Parliamo dell’Africa, dove ti porta il tribalismo“, pubblicato il 13 febbraio 2025 sul sito American Thinker.
La foto, però, non fa alcun riferimento a omicidi di uomini bianchi in Sudafrica.
Basta cliccare sulla didascalia per scoprire che si tratta di un fotogramma tratto da un video che documenta una strage di oltre 100 donne avvenuta in Congo, e non di una strage di “bianchi” in Sudafrica:
Over 100 women raped, burnt alive during mass jailbreak in Congo amid rebel conflict. Horrific atrocity follows the escape of thousands of male inmates amid chaos. Chaos unfolded as a Rwandan-backed rebel group entered the Congo’s Goma last week. Senior UN official says female inmates were attacked inside Goma’s Munzenze prison. Watch to know more!
(da Open)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
MATTARELLA SI E’ OPPOSTO AL TENTATIVO DELLA LEGA DI DEMANDARE I CONTROLLI AL VIMINALE
Il decreto Infrastrutture è stato emanato ieri sera dal presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella. Dal testo licenziato dal Quirinale e spedito alle Camere per il ddl di conversione è stato depennato però un passaggio, a cui il leader della Lega, Matteo Salvini, teneva molto. Tanto da parlarne lunedì, accanto al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella conferenza stampa successiva al Cdm che ha varato il provvedimento.
Su richiesta del Quirinale, è stato cancellato l’articolo che assegnava la competenza dei controlli antimafia per il ponte sullo Stretto a una struttura centralizzata presso il Viminale, diretta dal prefetto Paolo Canaparo. Significava «centralizzare l’esito dei controlli», questa era la teoria di Piantedosi (e Salvini), «a testimonianza che siamo molto impegnati su ogni azione di prevenzione».
I tecnici del Colle hanno però evidenziato che le norme dei controlli antimafia esistono per tutte le opere pubbliche e sono rigorose. Quelle richieste erano invece norme speciali, senza che ve ne fosse bisogno e certamente non più stringenti. D’altronde l’idea di stabilire una struttura di missione, delegando a
un prefetto tutta la mole di controlli antimafia, è stata usata finora solo per eventi d’emergenza o straordinari, come i terremoti. Oppure per l’Expo o le Olimpiadi. Non sarebbe insomma opportuno estendere la stessa disciplina a un’opera di rilevanza strategica come il ponte di Messina, considerando anche la zona su cui dovrà sorgere.
Rilievi maldigeriti, eufemismo, dalla Lega. Fonti del ministero dei Trasporti ufficialmente ieri sera parlavano di «grande sorpresa e amarezza per la decisione».
Il testo comunque approderà così in Parlamento. Al termine di un iter già tribolato: il consiglio dei ministri si sarebbe dovuto riunire mercoledì scorso, per licenziare il testo. Ma proprio per i dubbi del Quirinale su alcune parti del provvedimento la seduta era stata sconvocata all’ultimo minuto: il presidente Mattarella in quel momento era in trasferta in Portogallo. Al rientro al Quirinale, lunedì scorso il Cdm ha dato il via libera. Ieri, il nuovo intervento, che ha irritato il Carroccio.
Proprio nelle ore in cui Salvini parlava di «un passo in avanti importante», riferendosi all’ultimo via libera al progetto del Ponte arrivato dal ministero dell’Ambiente. La commissione tecnica ha espresso infatti parere positivo sulla “valutazione di incidenza”, sostenendo che sia compatibile con le direttive Ue. Il deputato rossoverde Angelo Bonelli già annuncia però una nuova segnalazione alla magistratura: «Siamo di fronte a un vero e proprio blitz contro il diritto europeo».
(da agenzie)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
UCCISO DA UN DRONE RUSSO, IL SUO CORPO NON E’ STATO ANCORA RECUPERATO… “HA COMBATTUTO PER GLI IDEALI IN CUI CREDEVA”
“Manuel non era un mercenario; era un ragazzo coraggioso, partito per difendere ciò in cui credeva, anche a rischio della vita. Purtroppo al momento non si può verificare nulla”. Sono le parole dei genitori di Manuel Mameli, il giovane sardo morto in Ucraina, ucciso in combattimento probabilmente da un drone russo nei pressi di Pokrovsk, in un’area attualmente occupata dalle forze di Mosca.
Intervistati da La Nuova Sardegna, i familiari del soldato sembrano conservare una flebile speranza che sia ancora vivo (“non sappiamo se è deceduto o se è solo ferito”, dicono) nonostante ieri siano stati chiamati dai suoi commilitoni, secondo i quali non solo Manuel sarebbe morto, ma la posizione del corpo ne
renderebbe molto difficoltoso e pericoloso il recupero. Anche dall’Ambasciata italiana in Ucraina ancora nessuna conferma ufficiale.
La sorella risponde agli insulti sui social
La notizia della scomparsa del 25enne, originario di Selargius (Cagliari) ha gettato i suoi familiari e amici nello sconforto, nonostante tutti sapessero perfettamente che la sua scelta di andare a combattere in Ucraina fosse carica di rischi. Non pochi, soprattutto sui social, hanno però riversato sul giovane parole cariche di odio e disprezzo: “Mentre certi commentano con cattiveria e ignoranza da dietro uno schermo, mio fratello ha avuto il coraggio di metterci la faccia, la pelle, la vita. Anche non per la sua patria. Lui ha scelto di difendere ciò in cui credeva, e ha avuto più dignità in un solo giorno di quanta molti ne abbiano in una vita intera. Non è un ‘mercenario’. È un uomo. È un figlio. È un fratello”, ha dichiarato la sorella.
Anche la zia ha espresso lo stesso sconcerto: “Ci vuole niente per infangare una persona, leggo certi commenti da brivido, ma avete un cuore? Una coscienza? Mio nipote è fino a prova contraria un essere umano”.
Mameli era arruolato regolarmente nella Legione Internazionale, la formazione che raccoglie volontari stranieri al fianco dell’esercito ucraino.
(da Fanpage)
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Maggio 22nd, 2025 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE MAURIZIO FUGATTI SILURA LA VICE DI FDI, LA MELONIANA GEROSA. UNA RITORSIONE CONTRO IL PARTITO DELLA PREMIER CHE HA IMPUGNATO LA LEGGE CHE CONSENTIVA LA RICANDIDATURA
Alta tensione in Trentino Alto Adige. Con la Lega contro FdI. E le scorie del caso terzo
mandato che continuano ad avvelenare il clima nel centrodestra.
Dopo la decisione del Consiglio dei ministri di impugnare la legge della Provincia autonoma di Trento sul terzo mandato il presidente dell’ente Maurizio Fugatti ha firmato un nuovo decreto relativo alla ripartizione delle competenze fra gli assessori provinciali.
Vice presidente sarà Achille Spinelli che assume anche la competenza in materia di famiglia. Silurata la meloniana Francesca Gerosa, che resta seduta in Giunta ma viene di molto ridimensionata.
Una decisione conseguenza dell’impugnazione, da parte del governo per scelta decisiva di FdI, della legge della Provincia autonoma di Trento che aumenta da due a tre i mandati per il governatore. In Cdm i ministri leghisti si sono opposti. Solo dopo FdI ha aperto ad un dialogo.
Ma per Fugatti non basta. Il presidente ha accusato il governo di una grave violazione dell’autonomia annunciando che la Provincia si difenderà alla Consulta e invitando i leader nazionali a risolvere la questione. E scatta la ritorsione
(da agenzie)
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