A DESTRA VOLANO GLI STRACCI: LA MAGGIORANZA SI SPACCA SU ROTTAMAZIONE E TAGLIO ALL’IRPEF
GIORGIA MELONI DAVANTI AI COMMERCIALISTI PARLA DI SFORBICIATA AL CUNEO E LODA MAURIZIO LEO, “DIMENTICANDOSI” DI GIORGETTI. CHE ALZA I TACCHI E SE NE VA SENZA PARLARE … LA LEGA PRETENDE UN’ALTRA ROTTAMAZIONE, FORZA ITALIA E FDI CHIEDONO PRIMA DI TAGLIARE LE TASSE AL CETO MEDIO – PECCATO CHE I SOLDI PER ENTRAMBI I PROVVEDIMENTI, NON CI SIANO
Tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia è un catfight continuo: ci si strappano i capelli e le faide si rincorrono, nonostante il “successo” indiretto ottenuto con il flop del referendum di Landini-Schlein-Conte, che non ha raggiunto il quorum.
Dietro la facciata di coesione, nella maggioranza si sta infatti consumando una guerra per bande su quasi ogni dossier.
Giorgia Meloni, che ha un occhio rivolto alle elezioni regionali di ottobre, il vero test decisivo per il futuro del Governo, ha aperto la campagna elettorale con una doppietta di interventi, prima martedì agli Stati generali dei commercialisti, e poi ieri con un videomessaggio all’assemblea di Confcommercio.
Entrambi gli appuntamenti sono stati un’occasione ghiotta per la “Statista dei due mondi” (Garbatella e Colle Oppio), per sventolare la questione acchiappavoti del fisco.
La sora Giorgia ha promesso una riduzione della pressione fiscale per il ceto medio, che sotto il suo governo è aumentata dal 41,7 al 42,6% (dati Istat).
Il carico di tasse verso i pochi italiani tar-tassati è diventato insostenibile, e la premier, come scrive “La Stampa”, “deve correre ai ripari, e con una certa urgenza, per non lasciare gioco facile alle opposizioni”.
Martedì, durante il suo intervento agli Stati generali dei commercialisti, con il solito gioco di prestigio comunicativo, la Ducetta ha nascosto i guai dell’economia italiana (salari bassi, tasse alte), elogiando l’attività del Governo e lodando in particolare il lavoro di Maurizio Leo, viceministro all’Economia di Fratelli d’Italia, che la premier ha piazzato a Via XX Settembre come un cagnaccio alle calcagna di Giorgetti.
Peccato che la Ducetta si sia dimenticata di sottolineare l’intenso lavoro del ministro Giorgetti, che da due anni e mezzo trotta per tamponare i buchi di bilancio e salvare la cassa, che piange, di fronte alle richieste dei partiti di maggioranza.
Una “dimenticanza”, quella della Meloni, che ha provocato un gran giramento di cojoni al ministro leghista, che di fronte alle parole della sua premier, peraltro contrarie alla linea del suo segretario, Matteo Salvini (che del ceto medio se ne impipa, e pensa solo agli autonomi con la rottamazione), ha deciso di non prendere la parola (il suo intervento era previsto).
Curioso che per scovare la notizia dello scazzo tocchi prendere “il Messaggero” del filo-governativo Caltagirone (il “padrone di Roma” negli ultimi tempi s’è molto adontato con la Lega per la questione Bpm), mentre il “Corriere”, e anche “Repubblica” e “Stampa” la nascondono.
Il sempre mite Giorgetti ha alzato i tacchi e sbattuto la porta agli stati generali dei commercialisti, decidendo di non intervenire.
In compenso, però, qualche ora dopo ha rilasciato un’intervista a “Fanpage”, in cui marca la distanza dalla “sua premier: “Tenere
insieme taglio delle tasse e pace fiscale? Solo se ci sono le condizioni e sta a me crearle”.
Il guaio è proprio questo: la maggioranza sul fisco è incartata tra veti incrociati e mirabolanti promesse irrealizzabili. Matteo Salvini chiede una nuova rottamazione, a cui Forza Italia si oppone con tutte le sue forze.
L’ha ribadito oggi Antonio Tajani: “È un provvedimento una tantum, non è un provvedimento strutturale. Si può fare, ma prima riduciamo l’Irpef, così diamo veramente una mano al ceto medio”.
Nel mezzo, c’è il leghista Giorgetti, che conoscendo bene lo stato disastrato delle casse dello Stato, non perde tempo in chiacchiere: i soldi per entrambe non ci sono, scegliete.
E così, il fisco si aggiunge alla già nutrita lista di dossier divisivi per la maggioranza: ormai ogni piccola decisione è causa di scazzo. Si va dalla posizione di Forza Italia sulla cittadinanza (Tajani è favorevole allo ius scholae), allo scazzo per il risiko bancario (Tajani aveva aperto ad Orcel, evocando un ammorbidimento del golden power e questa ipotesi Giorgetti ha minacciato le dimissioni), fino al caos totale sul terzo mandato.
La possibilità di permettere ai governatori di rimanere in sella riguarda soprattutto i governatori leghisti (Zaia in Veneto, in scadenza quest’anno, Fedriga in Friuli Venezia-Giulia e Fontana in Lombardia, che terminano il mandato nel 2028).
Eppure, nelle ultime ore, si è registrata una “strana” presa di posizione da parte di Roberto Vannacci, vicesegretario del Carroccio.
L’ex Generale è andato nella tana del leone, a Treviso, a tuonare contro il terzo mandato: “Le regole non si cambiano in corsa, sotto elezioni”.
Una sparata che arriva il giorno dopo il consiglio federale del
Carroccio, e sui cui molti militanti storici mugugnano. Il ragionamento è: non si è mai visto un vicesegretario di partito parlare contro i propri governatori
Del resto, la scalata del cantore della “X mas” al partito è vista con molto sospetto dalla base del Nord-est: Vannacci è considerato un alieno, che allontanerà la Lega dai suoi territori per trasformarla in un partito di estrema destra nazionale, prendendo il posto di Salvini al momento giusto (e quest’ultimo per ora abbozza non potendo rinunciare alla valanga di consenso, il 2-3% alle Europee, mobilitata dal “generale al contrario”)
Kryptonite per i moderatissimi Zaia e Fedriga, e anche per il più realista Attilio Fontana. In un’intervista alla “Stampa” di qualche giorno fa, il governatore lumbard si è lanciato in un’insolita invettiva contro Salvini (“Il ponte sullo Stretto? Io penso a quelli lombardi”) e poi proprio contro Vannacci: “Se qualcuno vuole cambiare pelle lo deve comunicare anche a noi.
La Lega resta un partito autonomista che difende i territori, e da questi valori non possiamo e non vogliamo prescindere. Anche il generale Vannacci dovrà far sentire la sua voce da autonomista sincero”
(da Dagoreport)
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