ABBRACCIO ALLA CGIL: “CERTE COSE NON SUCCEDEVANO NEMMENO NEGLI ANNI ’70”
AL PRESIDIO POLITICI, SINDACALISTI, STUDENTI
Sono passati pochi minuti alle 10 quando parte per la prima volta Bella Ciao davanti alla sede della Cgil vìolata ieri dall’estrema destra.
Il pezzo di strada intorno al civico 25 di Corso d’Italia, a Roma, è un pullulare di persone e bandiere. Il rosso del sindacato, ma anche i colori di Libera e degli studenti dell’Udu, dell’Arci.
Hanno risposto in tanti alla chiamata del sindacato: ritrovarsi davanti a quel luogo simbolico, all’indomani della devastazione messa in atto da un gruppo di manifestanti di Forza nuova che ieri hanno sfruttato l’iniziativa dei no green pass per risalire il centro di Roma, arrivare fino alla sede del sindacato e forzare le porte per entrare e danneggiare quello che gli si parava davanti.
Ma non sono tanto i danni materiali a indignare i manifestanti, parecchi, venuti anche da altre città italiane. È il gesto che fa rabbia, il fatto che sia potuto succedere.
“In un Paese ricostruito grazie alla lotta antifascista è inaccettabile che formazioni che al fascismo si richiamano siano potute crescere fino a diventare così sfrontate da assaltare la nostra sede”, dice ad Huffpost Ubaldina Santinelli.
Fazzoletto rosso al collo, è arrivata da Gubbio e ha una lunga storia nel sindacato. “Mi sono iscritta nel 1974, avevo 19 anni”, ricorda. E di partiti di estrema destra dice ancora: “Ci sono le leggi che ne impedirebbero l’esistenza, eppure nessuno fa niente. Hanno usato la scusa del green pass, ma è chiaro che le loro intenzioni sono ben altre”.
Tra i manifestanti c’è Gianni Cuperlo, già deputato di centrosinistra, ora nella direzione nazionale del Pd. Qualcuno gli va incontro, lo saluta prima che si avvicini all’ingresso della Cgil.
“Quello che è successo ieri è un attacco senza precedenti – dice ad Huffpost – mai accaduto neanche negli anni Settanta in cui la violenza era una costante. Da settimane, mesi, assistiamo a tentativi di infiltrazioni violente delle manifestazioni dei no green pass”. Chi protesta pacificamente, continua, “va convinto con argomenti razionali”. Contro chi usa la violenza, invece, “è necessaria una risposta unitaria, delle istituzioni e dei sindacati”. E questa risposta passa anche “dallo scioglimento delle organizzazioni di estrema destra, che sembrano sempre più organizzazioni criminali più che politiche”.
Si fanno le 10.30, avanza la Fiom, “ora e sempre resistenza”, gridano i militanti mentre si fanno largo. Riparte Bella Ciao, questa volta con più forza di prima.
Le bandiere sventolano sotto il cielo azzurro di questa domenica romana di sole caldo e vento freddo.
Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, inizia a parlare. “Quella di ieri è una ferita democratica, un atto di offesa alla Costituzione nata dalla Resistenza, un atto che ha violentato il mondo del lavoro e i suoi diritti”, dice. “Vorrei che fosse chiaro che se qualcuno ha pensato di intimidirci, di metterci paura, di farci stare zitti, deve sapere che la Cgil, il movimento dei lavoratori sono quelli che hanno sconfitto il fascismo in questo Paese, hanno riconquistato la democrazia: non ci intimidiscono, non ci fanno paura”, continua. Un messaggio chiaro, che sarà ribadito sabato prossimo, 16 ottobre, in una manifestazione convocata a Roma: “Si chiamerà ‘Mai più fascismo’, questo dice tutto di quale sarà il programma”.
Landini ringrazia le istituzioni per gli attestati di solidarietà, ma pochi chiede a gran voce quello che tutta la piazza, dallo studente al vecchio delegato sindacale, vorrebbe: “Tutte quelle formazioni che si richiamano al fascismo vanno sciolte e questo è il momento di dirlo con chiarezza”.
L’applauso di chi lo ascolta è lungo, scrosciante. Landini coglie l’occasione per mandare due messaggi: uno al governo, uno all’Europa.
“Il cambiamento non può avvenire senza il mondo del lavoro. E questo cambiamento passa anche per la riforma delle pensioni, per gli ammortizzatori sociali. Abbiamo bisogno di responsabilità collettiva”.
All’Europa che da ultimo accetta addirittura che siano costruiti muri antimigranti, purché non siano pagati dall’Ue, manda a dire: “Non è il momento di costruire muri e recinti, in Italia o in Europa. L’unità del mondo del lavoro e’ la condizione per una crescita democratica del nostro Paese. Per questo con Cisl e Uil abbiamo immediatamente deciso che era necessario rispondere mettendo in campo senso civico e democratico”.
Poi l’appello: “Riformare il Paese vuol dire applicare i principi fondamentali della Costituzione, a partire dal diritto, al lavoro, fino alla partecipazione di lavoratori alle scelte delle imprese. Da domani l’apertura, la partecipazione, la ripresa di parola deve essere in ogni luogo di lavoro, in ogni città e condominio. È il momento di uscire, di non aver paura, di riprenderci la parola, abbiamo la forza, e la ragione dalla nostra parte, andiamo avanti”. Quando il segretario finisce di parlare la folla resta ancora un po’ davanti alla sede della Cgil. Tempo dei saluti, dell’appuntamento a sabato 16, quando probabilmente a Roma arriverà anche chi non è riuscito a esserci oggi.
La piazza di oggi è la risposta giusta all’attacco di ieri, è il pensiero comune. “Con l’atto gravissimo di ieri è stato preso di mira il mondo del lavoro, quello di sinistra in particolare, Forza Nuova non fa altro che soffiare sul fuoco, sfruttando primai no vax, poii no green pass”, ci dice Fabrizio Zannotti, un bell’accento toscano, segretario della camera del lavoro di Livorno.
Poi c’è Giuseppe, maglietta rossa della Fiom, origini napoletane ma una vita a Roma. E tanta rabbia per quello che è successo ieri: “Sono dei violenti e dei vigliacchi, capaci di agire solo quando non c’è nessuno a fronteggiarli”.
Accanto a lui c’è Gloria Salvatori, della Fiom Roma e Lazio. “Questi rigurgiti di fascismo vanno stroncati sul nascere”, ci dice. E poi ricorda quanto i sindacati, all’inizio della pandemia, si sono battuti sulla sicurezza sul lavoro. L’idea sul green pass non cambia: “Avremmo preferito l’obbligo vaccinale, si poteva fare, anche perché vaccinarsi è un gesto collettivo. Non siamo stati ascoltati e quindi, in vista del 15 ottobre, continuiamo a chiedere che i tamponi per chi non è ancora immunizzato siano pagati dalle aziende”.
Tra i tanti che hanno alle spalle una lunga storia di sindacato, emerge qualche giovane. Gli studenti dell’Udu sono raccolti vicino alla porta che ieri è stata forzata dagli estremisti. Volti freschi, idee chiare: “Quello che è successo ieri non doveva essere permesso, io non voglio un futuro in cui accadano cose del genere. Ma quella di oggi è la giusta risposta”, dice Matilde, studentessa di Filosofia alla Sapienza. In piazza c’è anche una rappresentanza di Libera, con Diego, volontario del settimo municipio di Roma che ricorda quanto l’estrema destra romana è stata legata con ambienti della criminalità.
Quando la folla si dirada compaiono anche i passeggini: Giuseppe è con un suo amico, entrambi hanno un figlio piccolo in braccio – “siamo la risposta vivente al patriarcato”, scherza l’amico – non è iscritto al sindacato, ma è lì per solidarietà: “Gli arresti che sono stati fatti ieri sono un buon segnale – ci dice – ma bisogna tenere alta la guardia. Perché il problema non è anche culturale, non si limita ai fatti violenti”.
Sono quasi le 11.30 quando l’area davanti alla sede della Cgil si svuota.
Passa Roberto Gualtieri, candidato sindaco di Roma per il centrosinistra. C’è chi gli stringe la mano, chi gli fa l’in bocca al lupo, chi gli chiede un selfie. A chi gli domanda di commentare l’assenza dell’altro candidato al ballottaggio risponde: “Non voglio fare polemiche. Mi aspetto e spero che tutti siano uniti a difesa della democrazia, della Costituzione, dei valori del nostro Paese e che non ci siano ambiguità nè furbizie nei confronti di frange violente per cui non si può avere nessuna forma di tolleranza. Spero ci sia chiarezza da parte di tutti”. E chiarezza è ciò che chiede anche la piazza, nell’attesa che chi di dovere si pronunci concretamente sull’eventuale scioglimento delle formazioni neofasciste.
(da Huffingtonpost)
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