ADDA PASSA’ ‘A NUTTATA: ANCHE QUEST’ANNO LA MANOVRA SI FA L’ANNO PROSSIMO
LA LEGGE DI BILANCIO E’ UNA SEMPLICE MANUTENZIONE DELL’ESISTENTE TRA LA CONFERMA DI MISURE GIA’ ATTUATE (IL TAGLIO DELLE TASSE SUL LAVORO) E I RINNOVI DI CONTRATTI SCADUTI… E’ POCO IMPATTANTE PER LA NOSTRA ECONOMIA
L’anno scorso, di questi tempi, la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, promettevano agli italiani che la prima vera manovra di bilancio sarebbe stata quella di quest’anno. Promessa abbastanza comprensibile visto che allora il governo si era insediato da poche settimane e quasi tutte le risorse disponibili servivano per contrastare l’aumento di gas e luce dovuto alla guerra in Ucraina. Ebbene, l’anno è passato e ci ritroviamo più o meno nella stessa situazione del 2022: a causa della “delicata situazione economica, influenzata negativamente dalla spinta dell’inflazione, dall’aumento dei costi energetici, dall’incertezza globale causata dal conflitto russo-ucraino e dalla recente crisi in medio-oriente” – Giorgetti dixit -, anche per quest’anno il governo sovranista si limiterà a una legge di bilancio essenzialmente di mantenimento dello status quo, con poche misure, temporanee e poco impattanti sulla crescita economica.
Una manovra nella quale ancora non si intravede ancora quale vuole essere la politica economica di questo governo e per fortuna neanche le numerose e poco credibili promesse di campagna elettorale. Insomma, anche quest’anno la vera legge di bilancio Meloni&Giorgetti la vediamo l’anno prossimo (e sarà già la terza).
Se infatti andiamo a mettere in fila le principali misura di spesa, ci si rende subito conto che si tratta di conferme o rinnovi di misure già esistenti.
Basta partire dai 10 miliardi che serviranno per il taglio alle tasse sul lavoro: si tratta di prorogare l’insieme di misure che sono state prese negli ultimi due anni da Draghi prima e da Meloni poi.
Per capirci, se non ci fosse stata questa conferma, i dipendenti con redditi medio-bassi si sarebbero visti diminuire il proprio stipendio di 80-100 euro al mese.
La premier poi ha ricordato che saranno messi 5 miliardi sul piatto per i rinnovi dei contratti del pubblico impiego: anche in questo caso stiamo parlando di un atto dovuto, visto che tanti contratti pubblici aspettano il rinnovo da un bel po’ di anni, anni in cui i lavoratori si sono trovati a vedere ridotto il potere d’acquisto a causa del galoppo dell’inflazione. Infine, anche i tre miliardi in più per la spesa sanitaria in realtà nascondono una partita di giro: due di questi tre vanno infatti a integrare il Fondo sanitario nazionale che senza questo intervento sarebbe calato nel 2024 da 135 a 133 miliardi.
Quindi alla fine della fiera i soldi in più per la sanità si riducono a un solo miliardo di euro.
Le uniche risorse che davvero sono in più rispetto allo stato attuale sono quei 4 miliardi destinati ai redditi fino a 50mila euro che concretizzano il primo step della riforma delle tasse.
L’accorpamento delle prime due aliquote Irpef infatti “regala” ai contribuenti 260 euro di tasse in meno all’anno. Un aiutino contro l’inflazione che tuttavia – proprio come il taglio del cuneo fiscale – è finanziato solo per quest’anno: ciò significa che il governo l’anno prossimo si troverà punto e a capo con la necessità di trovare i miliardi necessari a confermare le misure (10 per il cuneo e 4 per il taglio dell’Irpef).
L’unico dato positivo di questa manovra è che effettivamente è prudente e equilibrata se la vediamo dal lato dei conti pubblici.
La gran parte dei 24 miliardi sono finanziati in deficit, è vero, stiamo parlando di ben 16 miliardi, però siamo ancora a livelli accettabili e che probabilmente saranno accettati dai rigoristi di Bruxelles.
Per gli altri 8 miliardi ci saranno sforbiciatine di spesa e l’aumento di qualche tassa, come a esempio le accise sui tabacchi.
Insomma, una composizione delle coperture che dovrebbe reggere al giudizio delle agenzie di rating prima e dei mercati finanziari poi. Che poi è il vero obiettivo finale di questo governo, ammesso dal suo stesso ministro dell’Economia.
Qui basta riavvolgere il nastro a quando Giorgetti disse qualche giorno fa: “Tutte le mattine ho il problema di vendere il nostro debito pubblico e devo essere accattivante per convincere gli investitori ad avere fiducia”. E “accattivante” in termini contabili significa solo una cosa: fare una manovra che non faccia schizzare all’insù deficit e debito ovvero che non destabilizzi il bilancio statale. Obiettivo che per ora sembra raggiunto, aspettando il giudizio finale dell’Unione Europea.
(da Huffingtonpost)
Leave a Reply