“AIUTARE CHI HA BISOGNO CONTA PIU’ DEI SOLDI”: PARLA MARCO SANTACATTERINA, LICENZIATO DALLA PIZZERIA IN PROVINCIA DI VICENZA PER LA QUALE FACEVA LE CONSEGNE PERCHE’ È ANDATO IN EMILIA ROMAGNA PER DARE UNA MANO DOPO L’ALLUVIONE E HA SALTATO IL WEEEKEND DI LAVORO
“IL MIO CAPO MI HA SCRITTO ‘SEI UN COGLIONE, UN BUFFONE, MI FAI RIDERE’. PRENDEVO 30 EURO A SERATA”… “A CESENA, TRA IL FANGO, SORRIDEVANO ANCHE SE AVEVANO PERSO TUTTO. E CERCAVANO, LORO, DI TIRARE SU IL MORALE A ME”
È giovedì 18 maggio e dall’Emilia-Romagna arrivano le immagini di quel fango che devasta paesi e campagne. Marco le guarda e decide che andrà a spalarlo, quel fango. Si fa uno scrupolo, avvisare il suo datore di lavoro. Anche se è un lavoro precario e debole, uno di quelli che vanno e vengono: fa il rider per una pizzeria di Thiene, provincia di Vicenza. Contratto a chiamata. Marco Santacatterina, poco più che ventenne, studia all’Università e lavoricchia: vive nei dintorni, ancora con i suoi genitori. Una pizza dopo l’altra, una notte dopo l’altra.
Prende il telefono e scrive al titolare: «Sabato e domenica non posso venire, vado a fare il volontario tra gli sfollati». Riceve questa risposta: «Sei un coglione, un buffone, mi fai ridere. Vai pure ad aiutare, io mi troverò qualcun altro. Bye bye». Conseguenza: licenziato.
Ora racconta la sua storia, ma ha un ultimo riguardo: niente nome della pizzeria. E quindi niente gogna social, grandinerebbero attacchi e veleni. Parliamone, dice, ma senza bersagli.
Giovedì lei manda quel messaggio. A questo punto che cosa succede?
«Mi prendo del buffone e del coglione, appunto. Il venerdì sera mi presento lo stesso, perché era previsto che lavorassi.
Entro nel locale e il titolare mi fa: “che cosa ci fai tu qui?”. Ho capito che era finita. Ho salutato e me ne sono andato».
Che mestiere era? Quanto guadagnava?
«Prendevo circa 30 euro a serata ma l’avrei fatto anche se fossero stati mille. Non sono ricco, i soldi vanno e vengono. Aiutare è qualcosa di più».
Andare ad aiutare gli sfollati dell’Emilia Romagna: è stato un gesto estemporaneo o di cose del genere ne aveva già fatte?
«Non ho mai fatto volontariato e non frequento i social. Dell’alluvione me l’ha detto mia madre. Una cosa simile è successa anche qua in Veneto nel 2010, dove abito io. Ero bambino ma ricordo quei giorni. Vedendo il dramma dell’Emilia-Romagna ho pensato: posso fare qualcosa».
E cos’ha fatto?
«Mi sono messo in contatto con la Protezione civile di Bologna, ma non essendo iscritto non potevo aggregarmi. Allora ho cercato i gruppi Telegram: sabato e domenica sono andato a Cesena con mia sorella Sara. In pizzeria c’erano due fattorini che potevano coprirmi. Non credo che rischiasse il fallimento».
Che esperienza è stata?
«Breve ma profonda. E paradossale. Sorridevano anche se avevano perso tutto. E cercavano, loro, di tirare su il morale a me. Sono tornato con il cuore pieno di speranza».
Sembra una favola al contrario, senza lieto fine.
«Io lì ci lavoravo da inizio marzo e non ho mai avuto problemi. Da quando in qua i soldi sono più importanti della gente che sta male?».
Ora il lavoro l’ha perso. Per privilegiare la morale.
«Mica provo odio. I miei genitori hanno capito che non avevo colpe, sto ricevendo molta solidarietà. Mi ha chiamato anche il sindaco di Thiene. L’aiuto conta più dei soldi»
(da Open)
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