ALESSIA PIPERNO: “FAHIMED KARIMI CONDANNATA A MORTE ERA IN CELLA CON ME”
LA BLOGGER PARLA DELLA MAMMA DI TRE BAMBINI E ALLENATRICE DI PALLAVOLO, CONDANNATA A MORTE DAL REGIME IRANIANO PER AVER DATO UN CALCIO A UN PASDARAN
Alessia Piperno, la travel blogger romana rimasta in carcere in Iran per 45 giorni, torna a scrivere sul suo profilo Instagram raccontando alcuni particolari della prigionia che l’ha provata a tal punto da non avere ancora la forza per parlarne pubblicamente.
Stavolta il post, corredato da due foto, è dedicato alla sua compagna di cella per 34 giorni, Fahimeh Karimi. Mamma di tre bambini e allenatrice di pallavolo, condannata a morte per avere dato un calcio a un pasdaran. Lei le cantava “Bella ciao” nei momenti in cui era disperata.
Il dolore di Alessia è ancora vivo e emerge ancora una volta la sua voglia di impegnarsi per le donne iraniane.
“Un giorno è uscita dalla cella per andare in infermeria, e non è più tornata. Tra di noi non ci sono state grandi conversazioni, dal momento che io non parlavo farsi e lei non parlava inglese. Ma eravamo unite dallo stesso dolore e dalle stesse paure – scrive la giovane sul suo profilo – Ho cercato il suo nome ogni giorno da quando sono tornata, per controllare se avessero liberato anche lei. Invece mi sono trovata davanti a un articolo con il suo volto con scritto ‘condannata a morte’. Cosa serve per fermare tutto questo? Cosa c… serve?”, si chiede la romana che sta seguendo, di certo, le evoluzioni della lotta per i diritti delle donne in Iran.
Piperno ripercorre la convivenza tra le due donne in cella. L’altra foto è quella di un cielo stellato. “Sei bianca come quel muro, sarà che a forza di guardarlo, ha mangiato i tuoi respiri. Siamo nascoste in un punto cieco qui, le tue urla sono come il silenzio, fai a pugni con la porta e calpesti le tue stesse lacrime. “AZADI! AZADI! (Libertà. Libertà, ndr)”. Ti canto Bella ciao, e tu ti metti a piangere, altre volte mi batti le mani. Vorrei dirti di più, ma che ti dico?”, è un passaggio del lungo post.
La travel blogger, ritornata a Roma il 10 novembre dopo essere stata scarcerata, scrive che Fahimeh gridava i nomi dei suoi tre figli e aggiunge una frase che fa pensare a possibili ritorsioni nel carcere di Evin: “Aprono quella porta perché fai troppo rumore, ma siamo carne senza vita noi, e ci schiacciano come foglie secche, ascolta, loro non hanno cuore. Ti butti a terra con la testa tra le mani, premi con le dita contro le tue tempie, vuoi strappare i tuoi pensieri, farli uscire dalle tue orecchie, sono sabbie mobili, lo so bene”.
Una descrizione di giorni tormentati dentro alla cella. Conclude così il suo secondo post a una settimana dal primo: “Domani è un giorno nuovo, magari saremo libere, anche se si, hai ragione, te l’ho detto anche ieri. Arriva la pasticca che ci canterà la ninna nonna, ti prendo la mano, è quel poco che posso fare, metti la testa sotto la coperta, almeno lì le luci sono spente, guarda il cielo, le vedi anche tu le stelle? Buona notte Fahimeh”.
(da La Repubblica)
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