ALLUVIONE, LA FACCIA TOSTA DEI POLITICI
IL DOLORE DEL POPOLO GENOVESE E L’ODIOSA AUTOASSOLUZIONE DELLA CLASSE POLITICA
Genova si rialzerà . Come si è rialzata dopo le alluvioni del 1970 e del 1992. Anzi, ha già cominciato a rialzarsi in queste ore, segnate dal dolore per le donne e le bambine uccise dalla violenza dell’acqua.
Lo dimostrano il coraggio, l’abnegazione, la solidarietà dei quali hanno dato prova i genovesi di fronte alla tragedia.
Ma al dolore, e alla paura per quel che potrebbe ancora accadere nei prossimi giorni, si mescola un altro sentimento, la rabbia.
È vero, il diluvio che si è abbattuto sulla città è stato terribile, concentrato in poche decine di minuti, capace di spazzare via ogni cosa.
È vero, difendere e rendere sicura questa città , abbarbicata fra mare e montagne, è un compito ingrato e difficile.
Ed è difficile anche trovare il giusto mezzo fra l’allarmismo ingiustificato e la sottovalutazione del pericolo.
Come è innegabile che spesso i soldi a disposizione degli amministratori sono pochi, adesso poi pochissimi.
Tutto vero.
Però, di fronte a quelle madri morte, a quanto sembra proprio mentre andavano a prendere i loro bambini a scuola per portarli al sicuro a casa, come si fa a non farsi venire il dubbio che forse si è sbagliato a lasciare aperte quelle benedette scuole, che forse sarebbe stato meglio chiuderle? Non parlo di certezze, non parlo di autocritica, ma dell’ombra di un sospetto. E invece no.
Dal sindaco giù giù fino agli assessori è stato tutto un coro: ma va là , che sarebbe stato un disastro con i nonni che portano a spasso i nipoti.
A spasso? Con quell’uragano?
È vero: sul Fereggiano, che ha travolto due donne, la mamma albanese e le sue due figlie, erano stati fatti di recente dei lavori e laddove sono stati realizzati il torrente non è esondato.
Ma con che faccia tosta si può dire, come ha fatto ieri Marta Vincenzi, che “il disastro è avvenuto in zone messe in assoluta sicurezza”.
Assoluta sicurezza? Con sei morti tutti in un fazzoletto di un centinaio di metri?
Con che faccia si può affermare in coscienza, mentre ancora il fiume di fango corre per le strade della città , che il disastro “era imprevedibile” e che “non è colpa di nessuno”?
Imprevedibile dopo quel che è successo nello Spezzino e nelle Cinque Terre non più di dieci giorni fa?
Quanto alle colpe, sarebbe stata più appropriata una risposta diversa, chessò, «ancora non lo sappiamo, stiamo con la testa tutta sui soccorsi, poi rifletteremo, accerteremo e se ci sono colpe chi è colpevole pagherà il conto».
Sarebbero state parole anche quelle, d’accordo, parole che abbiamo sentito tante volte e alle quali spesso non sono seguiti i fatti; ma non un’assoluzione generale, immediata, senza alcun dubbio, senza bisogno neanche di fermarsi un momento a pensare.
Questo riflesso condizionato al quale i politici ci hanno abituato non è soltanto odioso in se stesso.
È grave soprattutto perchè negare i problemi oggi significa non risolverli domani e neanche dopodomani.
Significa lasciar sbollire la rabbia della gente e poi ricominciare come se nulla fosse successo.
E invece va detto chiaro: per la manutenzione del territorio a Genova e in tutta la Liguria non si è fatto e non si fa quel che si dovrebbe.
Si sono spesi “fior di milioni” come dice il sindaco?
Non erano abbastanza e i morti di ieri, come quelli di martedì scorso nello spezzino e alle Cinque terre, stanno lì a dimostrarlo.
Umberto La Rocca
(direttore de “Il Secolo XIX“)
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