ALTRE CREPE NELLA MAGGIORANZA: M5S E LEGA DIVISI SU QUASI OGNI PROVVEDIMENTO
OGNI GIORNO SI APRE UN NUOVO FRONTE, DAL REDDITO ALL’ANTICORRUZIONE
Non sono dichiarazioni dell’ultima ora, ma sono lo stesso esplosive. “Il reddito di cittadinanza ha complicazioni attuative non indifferenti. Se riuscirà a produrre posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso”. Le parole di Giancarlo Giorgetti contenute nel consueto libro annuale di Bruno Vespa e sapientemente diffuse come anticipazioni hanno irritato non poco Luigi Di Maio.
Il vicepremier si è rapidamente confrontato con i suoi e ha deciso subito di gettare acqua su un incendio che rischiava di divampare, organizzando in fretta e furia una diretta su Facebook.
“Dopo la legge di bilancio, magari a Natale o subito dopo, si fa un decreto con le norme per reddito e pensioni di cittadinanza e riforma della Fornero — tranquillizza i suoi elettori – Lo faremo con un decreto, non un ddl perchè ci vorrebbe troppo e c’è emergenza povertà “.
Una polemica che si è rincorsa per tutto il giorno. Al punto che, a sera, da ambienti leghisti si fa trapelare un incontro chiarificatore tra Giuesppe Conte e lo stesso Giorgetti. “Siamo al lavoro per risolvere i problemi del paese – ha gettato acqua sul fuoco il sottosegretario alla presidenza del Consiglio – Siamo sorpresi dalle polemiche inutili e pretestuose. Il governo va avanti unito con Lega e 5 stelle sulle cose da fare a cominciare dal dossier alluvioni, bilancio. Con Europa discuteremo con tranquillità e con le idee chiare senza arretramenti”.
Un piccolo teatro per tranquillizzare il clima, ma andato in scena quando ormai i buoi erano scappati dalla stalla.
Anche perchè al momento delle due madri di tutte le riforme gialloverdi non c’è nulla. O meglio, c’è lo stanziamento di due fondi comunicanti per un totale di circa 17 miliardi, con la clausola però che se non saranno spesi potranno essere rimessi in cassa per abbassare l’asticella del deficit.
È evidente che tutta la partita si gioca qui, nelle pieghe dei tempi di partenza dei provvedimenti e, per quanto riguarda lo scivolo della Fornero, nella platea che deciderà di usufruirne.
“È un casino, una norma complessissima — spiega una fonte di governo — per questo per il reddito non si faceva in tempo a inserire l’articolato in manovra”. Le parole di Giorgetti non hanno fanno altro che accendere un riflettore su un elefante che da tempo è nel salotto del governo. Perchè la Lega non è mai stata convinta del provvedimento, e dal quartier generale del Carroccio a più riprese sono filtrate perplessità negli scorsi mesi.
Il ponte dei morti diventa così un campo minato per la maggioranza.
Scossa dalle fibrillazioni sul decreto sicurezza e sul soccorso nero di Fratelli d’Italia a rimpinguare i numeri delle possibili defezioni pentastellate.
Dalle polemiche sulle grandi opere, dal Tap al Tav passando per il Muos.
Dal blitz degli uomini di Alfonso Bonafede sul blocco della prescrizione dopo il primo grado, non concordata con l’alleato leghista.
E dallo scontro che si intravede all’orizzonte sulla norma per la trasparenza dei partiti contenuta nella legge anticorruzione, con i 5 stelle a difendere la norma e la Lega a presentare emendamenti dal retrogusto anti-Movimento.
C’è un’ansia comunicativa di Di Maio, che sovente lo port vicinissimo a far deragliare il treno.
È successo con la “manina” sul decreto fiscale, e la poco sensata corsa da Bruno Vespa a minacciare denunce.
Si è ripetuto con la lettera anti-dissidenti, che ha drammatizzato una situazione largamente sotto controllo.
Ed è corso a rintuzzare parole che Giorgetti ha pronunciato settimane fa, sapientemente diffuse ora come anticipazioni. Che testimoniano un clima di certo non favorevole, ma non novità sostanziali tali da dover correre ai ripari. Certo, magari impattano i sondaggi, che da settimane vedono costantemente i 5 stelle inseguire con affanno le camicie verdi.
Quella che avviluppa i due alleati è una specie di sindrome masochista.
Perchè il grande scoglio della manovra era stato doppiato evitando l’apocalisse dei mercati da più parti annunciata.
E gli stress test positivi per i colossi bancari del Belpaese arrivati oggi potevano puntellare ulteriormente il fronte gialloverde nella sua battaglia campale contro l’Europa. Invece l’avvitamento.
Perchè non passa giorno e provvedimento che gli alleati non si litighino una norma o un provvedimento, ora più ora meno.
Ed è in questo clima che è risuonato il secondo “le premier c’est moi” pronunciato da Giuseppe Conte, dopo quello pronunciato per convocare il Consiglio dei ministri che ha trovato la quadra per il decreto fiscale.
Commentando le parole di Matteo Salvini, che ha convocato la Lega in piazza per l’8 dicembre con lo scopo di “mandare un bel selfie a Juncker”, il presidente del Consiglio ha risposto piccato: “Sono io che interloquisco con le istituzioni europee e mi siedo al tavolo. Incontrerò Juncker nelle prossime settimane, ci tengo a illustrare personalmente i contenuti della manovra, frutto di un lavoro serio e responsabile”.
L’avvocato del popolo italiano ha assunto poi il patrocinio gratuito del cittadino Di Maio: “La riforma del reddito di cittadinanza partirà l’anno prossimo. Siamo ben consapevoli tutti noi- continua- non solo Giorgetti che è una riforma che va fatta con molta attenzione, per questo non l’abbiamo inserita adesso nella legge di bilancio, teniamo a farla bene con tutti i dettagli applicativi di cui sarà importante tenere conto”.
Il problema però è che spesso, troppo spesso, l’impressione è quella che Lega e 5 stelle non siedano dallo stesso lato del banco nel tribunale dell’agone politico.
Conte compreso.
(da “Huffingtonpost”)
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