“AMBULANTI DEVONO PARLARE ITALIANO”: MA L’ANTITRUST BOCCIA GIUSTAMENTE IL REGOLAMENTO DEL COMUNE DI MONDOVI’
LE LEGGI VIGENTI NON RICHIEDONO QUESTO REQUISITO, LA MULTA DI 450 EURO DATELA A CHI IMBRATTA LE STRADE
Per vendere un panino, l’acqua minerale o una busta di patatine, il commerciante e l’ambulante straniero devono parlare l’italiano, con tanto di attestato a comprovarlo.
Succede a Mondovì (in provincia di Cuneo), dove il Regolamento di Polizia urbana fissa questa condizione per l’esercizio delle attività commerciali.
Ma ora l’Antitrus boccia giustamente la norma, che bolla come anti-concorrenziale.
Sotto accusa è l’articolo 66 ter del Regolamento che chiede allo straniero di avere in mano un titolo di studio preso in Italia oppure un’altra certificazione rilasciata “da enti che il ministero riconosce”.
Validi anche gli attestati dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (Ctp). A parlare italiano – dice ancora il Regolamento – deve essere il titolare dell’attività commerciale oppure un suo socio, oppure ancora un dipendente.
Chi ignora questa disposizione va incontro ad una multa, da un minimo di 75 a un massimo di 450 euro.
Il Garante della Concorrenza, l’Antitrust, passa in rassegna le leggi nazionali in materia, in particolare il decreto legislativo 59 del 2010. Questo decreto richiede al commerciante oppure all’ambulante almeno uno di questi requisiti:
– la frequenza di un corso professionale per il commercio riconosciuto dalle Regioni
– due anni di esperienza nel commercio;
– un diploma, anche di scuola professionale, una laurea anche triennale con materie di studio che attengono al commercio e all’alimentazione.
L’italiano parlato non c’è.
Sempre il Garante della Concorrenza cita una sentenza della Corte Costituzionale (la 98 del 2013) che ha approvato una legge regionale della Lombardia (la numero 3 del 2012).
Anche questa legge regionale impone allo straniero l’italian speaking. Ma la Corte precisa che questa conoscenza non può essere un “imprescindibile requisito per avviare l’attività commerciale”.
Alla fine della sua analisi, dunque, il Garante contesta la norma di Mondovì perchè presenta “profili di criticità concorrenziale”. Introduce “ingiustificati ostacoli al libero esercizio dell’attività commerciale, non proporzionati alla tutela degli interessi generali”.
Per questo ora la Polizia urbana della cittadina piemontese avrà tempo 45 giorni per correggere questa regola.
(da “La Repubblica”)
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