ANCHE A GEMONIO, PAESE NATALE DI UMBERTO BOSSI, FRATELLI D’ITALIA HA SUPERATO LA LEGA, E TRA I FEDELISSIMI DEL SENATUR LA FIDUCIA NEL “CAPITONE” È AI MINIMI
“CI AVEVANO PROMESSO L’INDIPENDENZA DELLA PADANIA E SIAMO ANCORA QUI A TRATTARE UN’AUTONOMIA VAGA. DA FAN DI FONTANA, CI È TOCCATO VOTARE MELONI”
«Qui siamo nordisti, lumbard e bossiani, non italiani, leghisti e salviniani. Il crollo degli elettori e la subalternità della Lega rispetto a Fratelli d’Italia va cercata nel distacco dai territori da parte di Salvini, referente di un partito nazionale qualunque. Questa è la vittoria personale di Fontana, non la riscossa del segretario».
I clienti del bar Duca di Gemonio, a due passi dalla villa dove vive Umberto Bossi, non sono stati leghisti per caso. L’ex bar Sesi, quando l’Umberto si spartiva il potere con Silvio Berlusconi, è stato la culla della Lega, la vera buvette della seconda repubblica. I fedelissimi riuniti per aspettare l’esito delle regionali restano “gli amici del senatur”: protagonisti del suo Comitato Nord, che fino all’ultimo contende al Capitano la guida del partito in Lombardia.
«Ci avevano promesso l’indipendenza della Padania — dice Riccardo Visconti, autotrasportatore in pensione — invece vent’anni dopo siamo ancora qui a trattare su un’autonomia vaga e uguale per tutte le regioni italiane, Meridione compreso. A questo punto, da fan di Fontana, mi è toccato votare Meloni”.
Gemonio, come Cazzago Brabbia, paese natale del ministro Giancarlo Giorgetti, da icona del celodurismo storico ha minacciato di trasformarsi nella sua tomba varesotta. Lo spettro di ridursi a un terzo di FdI, proprio nella terra del governatore Attilio Fontana e del suo predecessore Roberto Maroni, invece si è dissolto.
Anche nella sua terra-simbolo del leghismo FdI si conferma primo partito: la Lega però tiene e dalle politiche di settembre il suo elettorato torna a crescere proprio grazie all’exploit della lista del governatore. «Resta il fatto — dice a Cazzago la commessa Chiara Franzetti — che rispetto al 2018 la Lega è dimezzata, mentre FdI moltiplica per dieci il suo 3%. Fontana rimane governatore, ma sarà costretto a rispondere alla Santanché, non a Salvini. Leghisti e autonomisti così non hanno futuro e rischiamo la fine dei berlusconiani».
Come «un fortino sotto assedio», ripete lo zoccolo duro leghista, «condannato ad essere messo progressivamente alla porta da un potere sempre più nazionalista e centralista».
A tarda sera la sintesi leghista del bar di villa Bossi: «La Lega tiene solo perché Fontana vince, nonostante scandali e massacro-sanità dell’era Covid. Salvini conta sempre meno anche in Lombardia e per questo gli ultimi cinque anni del governatore si profilano in forte salita». Lapidario Davide Galimberti, sindaco Pd di Varese: «C’era voglia di invertire la rotta — dice — ma la domanda di una sinistra unita e allargata non è stata soddisfatta. L’ennesima occasione persa».
(da “la Repubblica”)
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