IL CANCELLIERE TEDESCO SCHOLZ SI È ACCORTO CHE PER MANTENERE L’ATTUALE FORZA LAVORO ENTRO IL 2030 AVRÀ BISOGNO DI 400MILA MIGRANTI ALL’ANNO E PER QUESTO SPALANCA LE FRONTIERE TEDESCHE
I MIGRANTI ARRIVATI IRREGOLARMENTE SEGUONO UN CORSO PER IMPARARE UN LAVORO… ANCHE LA FRANCIA SEGUE IL MODELLO TEDESCO… IN ITALIA NON CAPISCONO UNA MAZZA
A differenza di molti dei suoi vicini europei focalizzati sulla repressione dell’immigrazione clandestina, Berlino tiene un discorso di apertura al fine, in particolare, di attirare manodopera
La Germania – scrive il corrispondente di Le Monde – si distingue sempre più dal resto dell’Unione europea (UE) quando si tratta di politica migratoria. Ciò è stato confermato dai discorsi di Olaf Scholz venerdì 10 febbraio a Bruxelles. Al termine di un vertice in cui i 27 Stati membri hanno concordato di rafforzare le frontiere esterne dell’UE, il cancelliere tedesco ha certamente ribadito la sua determinazione a combattere l’immigrazione clandestina, ma ha ricordato che la politica migratoria dell’UE non può essere ridotta a questo unico obiettivo: “Quasi tutti i Paesi europei hanno un grande bisogno di manodopera qualificata e l’immigrazione legale è necessaria per garantire che in futuro avremo abbastanza lavoratori per pagare le nostre pensioni e contribuire al funzionamento della nostra economia”, ha sottolineato.
All’interno dell’UE, la Germania non è la sola a difendere questa linea. In Francia, anche il progetto di legge sull’immigrazione, presentato il 1° febbraio al Consiglio dei Ministri, concilia fermezza e apertura: da un lato, rafforzando le possibilità di espulsione, in particolare degli stranieri che commettono reati, e dall’altro, facilitando la regolarizzazione dei lavoratori senza documenti nei “lavori richiesti”.
Per quanto riguarda l’immigrazione per motivi di lavoro, il testo prevede anche la creazione di un permesso di soggiorno “per talenti” destinato a facilitare l’arrivo di medici, farmacisti, dentisti e ostetriche stranieri.
Tuttavia, le differenze tra Parigi e Berlino sono importanti quanto le somiglianze. È sorprendente notare quanto l’aspetto repressivo sia poco enfatizzato dal governo sull’altra sponda del Reno. Quando i ministri tedeschi parlano di immigrazione, lo fanno soprattutto in chiave positiva, come soluzione alle pressanti esigenze di manodopera del Paese. Secondo l’Agenzia federale del lavoro, il Paese avrà bisogno di 400.000 immigrati all’anno entro il 2030 per mantenere l’attuale forza lavoro.
Per affrontare questa sfida, la coalizione di Olaf Scholz non è rimasta inattiva. Da quando è salito al potere nel dicembre 2021, sono stati aperti diversi progetti. Il primo riguarda gli stranieri che beneficiano di una Duldung (“tolleranza”), uno status che consente alle persone prive di permesso di soggiorno di rimanere in Germania senza il rischio di essere espulse, o perché sono in pericolo nel loro Paese d’origine, o perché non hanno un documento d’identità, o perché la loro salute è troppo fragile, o perché stanno seguendo una formazione professionale.
A questi stranieri “tollerati” – la maggior parte dei quali sono richiedenti asilo respinti – il governo vuole offrire migliori prospettive di regolarizzazione. Rivolto a coloro che hanno un Duldung da più di cinque anni, il testo del governo Scholz prevede che venga loro concesso un permesso di soggiorno di prova di un anno, al termine del quale potrà essere prorogato se soddisfano determinate condizioni, in particolare una buona padronanza del tedesco.
Il secondo progetto mira a facilitare le condizioni di accesso al mercato del lavoro. A tal fine, il governo intende semplificare il riconoscimento dei diplomi stranieri e introdurre un sistema a punti, ispirato al modello canadese, che consenta ai candidati all’immigrazione con competenze desiderabili di cercare lavoro in Germania.
La terza area di lavoro riguarda il diritto di accesso alla cittadinanza. In questo ambito, il governo vuole ridurre da otto a cinque anni (come in Francia) il periodo dopo il quale gli stranieri legalmente residenti in Germania possono essere naturalizzati. Inoltre, prevede di non limitare più la possibilità della doppia cittadinanza ai cittadini dell’UE. Discussa da più di vent’anni, questa riforma ha suscitato le ire dei conservatori, che sono riusciti a rinviarla durante il periodo di cancellierato di Angela Merkel (2005-2021).
Allentando le condizioni per ottenere la cittadinanza tedesca, il governo di Olaf Scholz sta recuperando il tempo perduto piuttosto che creare una rivoluzione. Con circa 100.000 naturalizzazioni all’anno, ovvero circa l’1% degli stranieri residenti sul suo territorio, la Germania è uno dei dieci Paesi dell’UE con il tasso più basso. C’è quindi ancora molta strada da fare prima di raggiungere la vetta della classifica.
Dal punto di vista politico, il segnale inviato da Berlino non è meno forte. In un’Europa in cui, da Stoccolma a Roma, passando per Copenaghen, Vienna e Amsterdam, la priorità è ridurre i flussi migratori e controllare le frontiere, il governo tedesco sta facendo sentire la sua voce in un modo unico.
Motivata dalle esigenze di manodopera di un Paese che non può contare sul declino demografico per mantenere la propria forza lavoro, questa politica si basa su una visione della Germania che va oltre le sole questioni economiche. Una visione che Olaf Scholz ha esposto nell’unico libro che ha pubblicato, Hoffnungsland (“Terra della speranza”, Hoffmann und Campe, 2017).
In questo saggio di quasi trecento pagine, scritto all’indomani della crisi migratoria del 2015-2016 – durante la quale la Germania si era già distinta dalla maggior parte dei suoi vicini accogliendo più di un milione di rifugiati provenienti dal Medio Oriente devastato dalla guerra – l’allora sindaco di Amburgo scriveva, tra l’altro, quanto segue:
“La Germania è diventata una terra di speranza per molte persone in tutto il mondo, proprio come gli Stati Uniti. (…) In uno dei suoi libri, Barack Obama, allora giovane senatore, ha parlato dell’audacia di sperare. Molti di coloro che sono venuti da noi hanno portato questa audacia. Questo è un aspetto importante dell’immigrazione. La possibilità e la volontà di uscire dalla miseria sociale sono incentivi potenti, di cui tutto il Paese può beneficiare”.
(da agenzie)
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