ANTONIO TAJANI: “IO SONO IO, E NON DEVO DIMOSTRARE NIENTE A NESSUNO”
LO SFOGO DEL LEADER DI FORZA ITALIA, IRRITATO DA CHI DESCRIVE FRONDE INTERNE AL PARTITO
“Prima mi dicevano che portavo Forza Italia in dote a Salvini, ora dicono che la porto a Meloni. Ma io sono io, e non devo dimostrare niente a nessuno. Lo vedremo al congresso se Forza Italia rischia di sparire”. Antonio Tajani a petto in fuori.
Repubblica dà conto dei malumori interni agli azzurri dopo il voto sul Mes e paventa il rischio estinzione. Tajani – 70 anni, giornalista e politico, già presidente del Parlamento europeo, ora ministro degli Esteri e vicepremier – non la prende bene.
Alla Camera, dopo la conferenza in cui annuncia la federazione dei gruppi in Regione Lazio, tra Fi e Noi Moderati, ritorna giornalista, per fare le pulci al quotidiano di Molinari. “Il giornale oggi era fatto così: un pezzo contro di noi sui moderati in fuga, poi a fianco Schlein che fa il giro delle fabbriche per candidare gli imprenditori, e sotto una critica di Gelmini. Mi pare ci sia poco da aggiungere. Evidentemente diamo fastidio”.
Dallo sguardo corrucciato lascia trasparire un evidente compiacimento. Nessuno ha mai visto Tajani arrabbiato. Deve aver imparato dal suocero: una vita tra l’aeronautica e la banca. E l’imperativo del buon umore. Compie oggi 100 anni. “Sono attacchi che ci rafforzano, è indubbio”, dice il segretario di Fi. L’accusa è più insidiosa sul fronte interno, la svendita del berlusconismo.
“Ma di cosa parliamo? Berlusconi è in ogni cosa che facciamo. Con la famiglia vado d’accordo, siamo stati incisivi sugli extraprofitti bancari, siamo determinanti per il governo… tirino fuori uno straccio di prova”. A proposito di famiglia Berlusconi, a Rete 4 hanno cancellato il talk serale ad Augusto Minzolini, interprete del berlusconismo originario. “Mi dispiace ma io che ci posso fare? Sono in buoni rapporti con la famiglia Berlusconi ma non posso andare in un’azienda e dirgli chi mandare in onda”.
L’eredità del Cavaliere è in buone mani, assicura. Ma i mal di pancia interni? “Parlano di una presunta emorragia, ma la verità è l’esatto opposto: si avvicinano a noi da altri partiti. In Basilicata ha appena aderito un consigliere che viene dalla Lega, e nei prossimi 15 giorni saremo in grado di annunciare nuovi apporti al Parlamento europeo e anche in quello nazionale”.
Il segretario di Fi è convinto che ci sia uno spazio politico su cui investire, una rendita di posizione per una forza moderata come Forza Italia. “Lo dice Piepoli, non io. C’è uno spazio al centro. Del resto è normale che avvenga coi Cinque Stelle e il Pd di Schlein, così spostati a sinistra”.
Il ragionamento varrebbe anche a destra: e non solo per la Lega e i suoi rapporti con le forze dell’estrema europea di Identità e democrazia. Il voto sul Mes dimostra che anche Meloni si è calata in clima sovranista. “Vale anche a destra, è vero. A proposito, voglio essere chiaro: non è vero che dal Ppe mi abbiano chiamato per essere rassicurati sul Mes. Dopo di che, io non farò mai un’alleanza con quelli di Afd. Il problema non è la Lega, ma i suoi alleati. Con chi dice che i bambini disabili non possono stare in classe coi ‘normodotati’ io non ho niente da spartire”. Tra centristi e forzisti può esserci un avvicinamento. Maurizio Lupi dice che i sondaggi dimostrano che non vi pestate i piedi. Oggi i gruppi federati nelle regioni, domani un listone dei moderati alle europee. Se non fosse stato già usato, si direbbe che è il Terzo polo bis…
“Vediamo, vediamo. Noi non possiamo rinunciare al nostro simbolo. Ma con gli amici centristi ci sono molti punti di convergenza. Noi siamo più liberali, loro più democristiani. Ma queste sono piccole differenze”.
Al Senato un gruppo liberal-centrista avrebbe 24 componenti, la Lega ne ha 29. “Comunque vadano le europee noi saremo determinanti. Lo saremo in Italia, dove confermiamo la nostra lealtà al governo e la sinistra farebbe bene a non illudersi, non parteciperemo a operazioni contro l’esecutivo. Ma siamo decisivi anche in Europa. Il governo avrà bisogno del Ppe, e noi siamo il Ppe”.
E’ una prospettiva che si concretizza a seconda del risultato elettorale. A quanto è fissata l’asticella delle europee? Un conto è il 7 per cento, un conto andare a doppia cifra. “Non lo so. Io dico solo che c’è una ricerca del centro”.
(da Huffingtonpost)
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