ATTENTO ITALO, SE INIZI CON LA TASSONI PASSI ALLE METANFETAMINE
ANDREA SCANZI: “PER BOCCHINO ANCHE LA CEDRATA POTREBBE DIVENTARE PERICOLOSA”
Otto giorni fa, lunedì 14 ottobre, Otto e mezzo. È il gran (?) giorno del varo dell’accordo Italia-Albania. Bocchino, stranamente filo-governativo e ancor più stranamente identico per contenuti (si perdoni la parola) a Donzelli (con rispetto parlando), parla di operazione storica, che fungerà da deterrente e che tutti copieranno (“anche i laburisti inglesi”, e qui sono in molti a pensare “e sticazzi!”).
Mi permetto di elencare tutte le falle dell’operazione, prevedendo (e non ci voleva nulla) che tutti e 16 i migranti sarebbero stati rimandati di lì a poco in Italia a seguito della sentenza della Corte di Giustizia europea. Ovviamente Bocchino glissa, non entra nel merito (non lo fa mai) e lascia intendere che quella sentenza è roba da niente.
Come sempre la realtà gli darà pienamente ragione. In un mondo normale, ma anche solo non capovolto, Bocchino avrebbe fatto ammenda e chiesto scusa. Macché. Il patriota Italo rovescia la narrazione e si scaglia contro la magistratura rossa, comunista e va da sé eversiva. Passano i giorni, lui continua a interpretare a modo suo la sentenza della Corte dell’Unione europea e due giorni fa tappa a È sempre Cartabianca. Qui, alla domanda sul fatto che è delirante – come ha deliberato il governo Meloni – ritenere “paesi sicuri” Egitto e Bangladesh (le due nazionalità dei migranti tornati in Italia dopo la costosissima scampagnata in Albania), evita come sempre di rispondere e ribatte che, stando ai giudici europei, dovremmo ritenere qualsiasi paese del mondo insicuro. “Allora anche gli Stati Uniti non sarebbero sicuri, perché in Texas c’è la pena di morte” (testuale). Certo: è proprio questo il senso. E pure l’Italia non andrebbe reputata sicura, perché in effetti in certe periferie non si può camminare da soli di notte. Dunque le torture del regime egiziano (do you remember Regeni?) equiparate a Rozzano o la Magliana: leggenda Italo!
Si passa al caso Open Arms. Qui Bocchino alza il tiro: anticipando le parole di La Russa (i due si copiano a vicenda e se ne vantano), ripete che l’unico “sovrano” deve essere il popolo che elegge, e se il popolo ha votato la Meloni allora la Meloni deve in buona sostanza poter fare il gran ca**o che vuole senza che i giudici rompano troppo le p*lle. Tesi affascinante e soprattutto democratica, a metà strada tra la monarchia assolutista e Bokassa. “Lo hanno detto anche i Padri costituenti”, insiste Bocchino, “i politici non possono soggiacere come gli altri cittadini alla giustizia”. Tu pensa: Calamandrei voleva Craxi e Toti impuniti, e io non me n’ero accorto. Oltretutto Bocchino si gasa da matti se i processi riguardano politici di centrosinistra: evidentemente, in quei casi lì, Calamandrei aveva previsto un trattamento diverso. “Serve l’autorizzazione della Giunta in Parlamento”, ripete Italo, e neanche sa che infatti Salvini è a processo dopo l’autorizzazione della Giunta. Poi cita la mail del procuratore Marco Patarnello di Magistratura democratica, usandola come prova di un sistema giudiziario palesemente bolscevico e stalinista (e qui anche Ilaria D’Amico, con quel suo approccio eternamente renzian-calendiano, nel suo piccolo pare esaltarsi).
Passano i minuti e Bocchino è sempre lì. Adesso si parla di droghe. Bianca Berlinguer gli chiede che senso abbia vietare la cannabis light. Lui: “Perché si comincia così e si arriva al crack” (sic). Provo a dire: “Al limite questo potrebbe valere per la cannabis, ma nella light non c’è niente…”. Risposta geniale: “Appunto: proprio perché dentro non c’è niente, è un ottimo inizio per poi drogarsi”.
Ragionamento granitico. Quindi, stando così le cose, andrebbe vietata anche la Coca Cola, perché dentro non c’è niente e quindi è perfetta per avvicinarsi alla cocaina. E magari andrebbe vietata pure la cedrata, perché – si sa – si comincia con una Tassoni e poi ci si butta in un amen sulle metanfetamine. Daje Italo!
(da Il Fatto Quotidiano)
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