BAGATELLE PER UN MASSACRO: VIA KAKA, DENTRO FELTRI
SI IMBARBARISCE IL CONFRONTO POLITICO, TRA INFORMATIVE, CASELLARI GIUDIZIARI E DIVIETO DI FARE DOMANDE… BERLUSCONI FACEVA MEGLIO A RISPONDERE E A FARE AUTOCRITICA… MA I RESPINGIMENTI SONO PEGGIORI DEGLI INSULTI E I TG TACCIONO SULLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI INTERNAZIONALI
Non sappiamo se l’assunzione di Vittorio Feltri alla direzione de “il Giornale” sia costata quanto il premier ha incassato dalla cessione di Kaka al Real Madrid, pensiamo di no.
Ma i primi effetti delle due manovre di mercato si sono viste, su entrambi i fronti. Sconfitta secca del Milan nel derby ed effetto boomerang per lo scoop (o presunto tale) del quotidiano di proprietà del fratello di Silvio.
Saltata la Perdonanza, ecco le parole di fuoco del cardinal Bagnasco che ha definito “disgustose” le tesi accusatorie di Feltri verso Boffo, direttore di Avvenire, calato il gelo con il Vaticano.
Sino alla farsa della disponibilità di Bossi e Calderoli (che coppia…) di recarsi loro in Vaticano a mediare, dimenticando di essere stati i primi, una settimana fa, a minacciare la Santa Sede di rivedere il Concordato. Povero Letta, giunto pare a un passo dalle dimissioni, nel cercare di tenere a freno gli “intemperanti”.
Feltri ha agito di sua iniziativa? Probabile. Ma certamente Silvio non era all’oscuro. Sono stati forse sbagliati i tempi, ma la miccia era stata innestata.
La famosa “informativa” pubblicata da Feltri, in realtà non risulterebbe agli atti, ma gli sarebbe stata passata dalla stessa fonte che l’aveva inviata a suo tempo ai vescovi italiani. Da qui ora la polemica sull’ipotetica longa manus dei servizi segreti.
Anche questa volta il centrodestra è riuscito a farsi del male da solo, i giornali sono diventati “gazzette di guerra” per la resa dei conti tra signorie economiche, clan politici, potentati editoriali.
Al grido infantile “Ha iniziato prima lui”, siamo arrivato allo scannamento mediatico.
Si risponde non sui fatti contestati, ma cercando di infangare il pulpito da cui viene la predica, una strada senza uscita che non fa parte dello stile che dovrebbe avere il civile confronto politico.
Berlusconi ha cambiato la squadra ( e non ci riferiamo alla cessione di Kaka, in questo caso), scegliendo una strategia aggressiva per rispondere a “Repubblica”.
Non solo la querela (giudicata ridicola dall’informazione estera), ma direttori d’attacco ( Feltri al posto di Giordano, sostituito da Belpietro a “Libero”), per una fase nuova che punta sugli attacchi personali all’avversario.
E Feltri ha rispolverato un vecchio patteggiamento (che non vuol dire condanna) del direttore dell’Avvenire, Boffo, per minarne la credibilità morale.
Siamo tra quelli che riteniamo che si dovrebbe predicare e razzolare bene, se possibile. Ma, non potendo dimostrare i fatti, in assenza di un giudizio nel merito da parte dell’autorità giudiziaria, l’unico argomento che Feltri ha agitato alla fine sarebbe la presunta omosessualità del Boffo.
Della quale sinceramente non credo freghi nulla a nessuno, essendo lui libero, nello Stato italiano, di avere le preferenze sessuali che gli pare.
Poi decideranno i suoi datori di lavoro se ha le capacità professionali di fare il direttore di “Avvenire”.
Non è stato eletto dal popolo, come Silvio Berlusconi, che invece al popolo sovrano dovrebbe rispondere.
Non siamo neanche tra coloro che avrebbero querelato “Repubblica” solo perchè pone 10 domande da mesi: bastava rispondergli, se non si aveva nulla da nascondere, ma più che al quotidiano di Mauro, forse era necessario andare in Tv e chiedere scusa al popolo italiano per un comportamento “non sobrio”.
E poi c’è una incongruenza grave: che senso ha querelare i giornali che riportano le dichiarazioni della D’Addario & Co. ed evitare invece di querelare la D’Addario stessa, che è la fonte delle notizie?
Qua si dimostra la debolezza del premier: la D’Addario ha le prove di quanto sostiene e il buon avv. Ghedini l’ha sconsigliato di sporgere querela, è chiaro anche ai ciechi.
E allora che senso ha tutta questa operazione di attacco?
Se uno avesse fatto autocritica, a quest’ora la polemica sarebbe finita in archivio per mancanza di argomenti. Invece no, ci si ostina a dichiararsi immacolati, a proporsi per le processioni, salvo poi dimostrare di non saper controllare nè un alleato politico ( la Lega che voleva rivedere il Concordato), nè un proprio dipendente ( il direttore Feltri).
Altro che “decido io”, qua ormai Silvio decide ben poco.
E poi non dimentichiamo che tutto ha origine dal caso Noemi, dove non è stata la stampa ad attaccare il premier, ma la moglie, con argomentazioni precise e successivamente chiare nei riferimenti, circa le frequentazioni del marito.
Le bagatelle posso rimanere tali se non si diventa presidente del Consiglio, quando si ha un ruolo di questo genere l’intero Paese rischia un massacro, questa è la considerazione di fondo.
Ma tutto questo rischia di oscurare un altro più grave aspetto che ci farà giocare a breve la reputazione internazionale: i respingimenti illeciti che il governo sta compiendo nel canale di Sicilia.
L’accordo bilaterale con la Libia è solo carta straccia di fronte alle convenzioni internazionali che l’Italia ha firmato.
Quindi o si toglie la firma e si esce dalla comunità internazionale o la si rispetta, non ci sono alternative. Non si possono respingere i migranti senza prima accertarne la provenienza e il diritto all’asilo politico per coloro che provengono da Paesi in guerra.
Quello che sta facendo Maroni è contro la legge e i trattati internazionali, piaccia o no.
E non c’entra il risparmio economico: con quello che abbiamo regalato a Gheddafi, manterremmo 20.000 profughi l’anno per tutta la vita, la loro e quella dei loro figli e dei loro nipoti.
Basta raccontare palle: nell’Europa civile non si opera così.
E, da uomini di destra vera e sociale, ci disgusta questa politica razzista che ci sta sputtanando in tutto il mondo.
E se qualcuno si lamenta di queste critiche da destra, vuol dire che di destra, nel cuore, nell’anima e nell’intelligenza non ha nulla.
Vive solo in funzione dell’odio verso il diverso e del mito del portafoglio gonfio: ci auguriamo che il peso del suddetto sia tale che costituisca zavorra sufficiente per affogarlo nelle località alla moda della Costa Smeralda.
E senza motovedette che lo possano salvare all’ultimo minuto.
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