BERLUSCONI, IL DISCORSO SULLA DECADENZA: “CONSEGNANDO ME, STATE CONSEGNANDO VOI STESSI ALLA MAGISTRATURA”
LE ANTICIPAZIONI SUL CONTENUTO DELL’ULTIMO INTERVENTO CHE IL CAVALIERE TERRA’ IN SENATO MERCOLEDI’
“Consegnando me, con questo voto, state consegnando voi stessi alla magistratura”. È attorno a questo concetto che Silvio Berlusconi sta preparando il discorso che pronuncerà in Aula mercoledì. Un concetto politico, che suoni come una chiamata di responsabilità del Parlamento tutto. Che, trasformandosi in un mero esecutore, rinuncia alla sua autonomia e alla sua sovranità . Una “responsabilità storica” che mette la politica, tutta, nelle mani dei giudici e non più del popolo, rosso o azzurro che sia.
L’ex premier parlerà . Alzandosi in piedi, per l’ultima volta, a palazzo Madama.
L’idea di ricorrere a un trucco per guadagnare qualche altro giorno è stata accantonata.
Perchè a questo punto che tutto è scritto la mossa di “dimettersi” in modo che poi l’Aula voti le dimissioni a scrutinio segreto rischia di apparire un gesto “vile”.
Il Cavaliere vuole chiudere la sua esperienza parlamentare da lottatore. E da “statista”.
È questo il temine che ha usato con i suoi ai quali, a partire da Giuliano Ferrara, ha chiesto un bel po’ di appunti, per poi mettere mano al discorso personalmente.
Ma i contorni sono già definiti: “Voglio fare un discorso che passi alla storia” ha confidato ai fedelissimi. E un discorso che passi alla storia non è un comizio dai toni feroci.
Sono altre le sedi nelle quali pronunciare i consueti strali contro le toghe.
È politico, il discorso in Aula ed è rivolto alla politica. Capace di non trasmettere nel mondo l’immagine del Condannato sconfitto, astioso, prigioniero del rancore.
Ma capace di trasmettere l’immagine di un paese che rinuncia alla sua sovranità .
Ecco il cuore del messaggio.
La decadenza, il modo in cui ci si è arrivati senza sottoporre la legge Severino a un approfondimento, la scelta del voto palese, la fretta con cui la sinistra si è accodata alle decisioni dei giudici rappresentano una resa di un potere dello Stato a un altro, la resa della politica alla magistratura, una anomalia democratica: “Cacciando me — ripete il Cavaliere che già prefigura il momento in cui scandirà queste parole — state consegnando voi stessi alla magistratura. Con questo atto vi state assumendo una responsabilità storica, rinunciando a rappresentare la sovranità popolare che si esprime nell’autonomia del Parlamento e limitandovi ad eseguire le decisioni della magistratura. Da questo momento i leader democratici li sceglierà non più il popolo ma i pm”.
Berlusconi non ha ancora deciso se l’arringa sarà lunga o breve. Ma ha deciso che sarà senza astio e senza troppi riferimenti a quello che in privato chiama il disegno di “magistratura democratica”.
Perchè solo un discorso “politico” può trasmettere il messaggio che quella che appare la fine di una storia diventi l’inizio di una “nuova battaglia per la libertà ”.
Solo così si può evitare “l’effetto Craxi” di un leader al suo ultimo discorso. Non è un caso che proprio “evitare l’effetto Craxi” sia stata la regola di ingaggio consegnata ai fedelissimi in vista di mercoledì.
Ma anche ai big del partito cui ha chiesto di portare fuori dal Senato e davanti a palazzo Grazioli “un po’ di gente”.
Avere il suo popolo fuori non è solo un modo per sentire il calore in una giornata che si annuncia gelida. Ma è anche un modo per non lasciare la piazza ai grillini, considerati gli eredi di coloro che tiravano le monetine di fronte al Rafael: “Non farò la fine di Craxi” ripete Berlusconi in questi giorni. Perchè “continuo a combattere, non mollo”. E “non scappo”.
E c’è un motivo se, di tutte le voci e le congetture che circolano in questi giorni vissuti da molti come la fine di un epoca ce n’è una che dà al Cavaliere particolarmente fastidio: le chiacchiere sulla fuga.
È invece un nuovo tempo della “battaglia di libertà ” iniziata nel ’94 il messaggio che vuole comunicare l’ex premier. A tutti.
Ai nemici di sempre, la sinistra che per Berlusconi — oggi come allora – usa le procure per eliminare i leader che non batte nelle urne.
Al Colle, non contrasta la violazione dei diritti oggi come allora, quando Giorgio Napolitano da presidente della Camera non pronunciò una parola sull’abuso delle carcerazione preventiva, anche di fronte ai suicidi, e rinunciò a difendere un Parlamento paralizzato dal tintinnar di manette. La “resa”, appunto.
Ma è un discorso col quale l’ex premier vuole scuotere le coscienze anche di coloro che allora stavano con lui, e oggi si sono accodati, buoni ultimi, al partito di Napolitano, come Alfano.
Non è un caso che negli ultimi giorni Berlusconi ha cominciato a leggere le mosse di Angelino sotto una nuova luce.
Angelino che parla di “partito degli onesti” quando Berlusconi scricchiola a palazzo Chigi, che diventa praticamente montiano nell’anno del Professore e lancia le primarie per “andare oltre Berlusconi”, Angelino che conduce le trattative con Letta per fare col governo ciò che non è riuscito a fare nel partito trasformandolo nella cabina di regia della scissione.
La decadenza ha scavato un solco tra i due.
(da “Huffingtonpost”)
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