BERSANI: “DOVEVO PARLARE PRIMA”
NEL PD LA PAURA DEL GOVERNISSIMO… L’ALTOLA’ DI PRODIANI E GIOVANI TURCHI… DEMOCRATICI DIVISI, RESA DEI CONTI ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE
L’incubo peggiore del Pd prende forma nel pomeriggio. Ha le sembianze di un ministero di peso affidato a Renato Schifani e di una poltrona dell’esecutivo a disposizione di Renato Brunetta.
«Che vi aspettavate? — si infuria Pippo Civati — Non è che se noi mettiamo a Palazzo Chigi il vicesegretario, il Pdl sceglie come ministri le scamorze… ».
Perchè un conto è il governissimo, un altro l’abbraccio mortale con le incarnazioni più autentiche di vent’anni di berlusconismo.
In pochi minuti le correnti si riuniscono e i dubbi si moltiplicano, ma la balcanizzazione delle ultime settimane resta per qualche ora sullo sfondo.
Per molti dirigenti lo schema prospettato dal Pdl risulta semplicemente indigeribile.
Il primo a pensarla così è Enrico Letta.
Consapevole delle difficoltà , il premier incaricato riunisce i big del partito alla Camera.
Ci sono Franceschini e Bersani (D’Alema smentisce di aver partecipato).
Il nodo politico, però, quello resta tutto.
Letta ascolta tutti i dubbi del composito puzzle democratico.
I dalemiani non sono contrari per principio a un coinvolgimento diretto di alcuni pezzi da novanta nell’esecutivo. I nomi che circolano sono quelli di sempre, da D’Alema a Finocchiaro.
Le controindicazioni pure, perchè a quel punto difficilmente il giovane premier riuscirebbe a stoppare la presenza di berlusconiani di stretta osservanza nell’esecutivo.
A sera tocca proprio a Letta tirare le somme: «Per il momento si tratta di dialettica fisiologica». Non senza difficoltà , ma al momento il premier può contare su una fetta rilevante della classe dirigente dem.
E lo spettro di un Cavaliere pronto a dettare condizioni inaccettabili fa il resto.
Certo, i maldipancia non mancano.
I Giovani turchi, ad esempio, preferiscono non anticipare il giudizio sull’operazione: «Prima — spiegano — vediamo la composizione dell’esecutivo». Matteo Ofini, però, intercettato al Nazareno non si sottrae: «Noi la fiducia la votiamo».
Come faranno i veltroniani, assicura Andrea Martella.
Chi invece manifesta dubbi che superano il livello di guardia sono i prodiani.
Sandro Gozi, ad esempio, non si nasconde: «Il governo duri sei mesi».
E comunque con dentro Gelmini o Quagliariello «mi farebbe molto schifo».
Corradino Mineo, l’unico ad aver contestato la soluzione del Napolitano bis, propone una via d’uscita: «Voto la fiducia ma se mettono Schifani alla giustizia mi risolvono il problema.. ».
E Civati non sembra da meno: «Per ora voto no alla fiducia. Adesso basta! Serve un dibattito aperto».
La resa dei conti è fissata all’Assemblea nazionale del 4 maggio.
Per stoppare tentazioni scissioniste, il capogruppo Roberto Speranza ha inviato un sms promettendo un’assemblea appena saranno disponibili «novità ».
La riunione dei senatori, invece, è stata sconvocata. La segreteria, pur dimissionaria, marca ad uomo i dissidenti.
Bersani non rinuncia a togliersi qualche sassolino: «Cosa mi rimprovero? Di non aver detto prima qualcosa ai nostri».
Il segretario, comunque, dà una mano.
E ieri, prima di un pranzo accompagnato da un calice di Montepulciano alla “Scalinata”, ha confidato con un sorriso a un amico: «Io tengo duro, ma a volte mi sembrano tutti matti…».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply