BORGHEZIO ATTACCA SALVINI: “A NESSUNO FOTTE NIENTE DEL PONTE SULLO STRETTO, SIAMO DIVENTATI IL PARTITO DEGLI APPALTI”
E FOMENTA LA BASE CONTRO IL SEGRETARIO: “LO VOTANO PERCHE’ SCRITTO SUL SIMBOLO, MA SE CI FOSSE SCRITTO NUTELLA NON CAMBIEREBBE NULLA”
Alessandra Todde ha vinto le elezioni per il ruolo di Presidente della Sardegna, vedendo il centrodestra uscirne come perdente. E il leghista Mario Borghezio è tornato alla carica: “È la conseguenza di aver accettato, da parte della Lega, la sostituzione di un candidato identitario come Solinas. Bisognava resistere”. E su Calenda: “Il suo è un partito della partitocrazia…”
Dopo la sconfitta della destra alle elezioni regionali in Sardegna, che hanno visto vincitrice Alessandra Todde, abbiamo intervistato Mario Borghezio, storico esponente della Lega della prima ora e rappresentante dell’ala dei puri e duri, per chiedergli come vadano le cose a Palazzo. Di chi è la responsabilità? C’è una parte dei leghisti nostalgici di Bossi? A quanto pare sì: “Votano Salvini perché la Lega adesso si presenta alle elezioni con un simbolo su cui c’è scritto grosso come una casa Salvini. Ma se ci fosse scritto Nutella, voterebbero lo stesso”. E su Calenda: “Non confondiamo sacro e profano. Quello di Calenda è un partito della partitocrazia italiana, che è uno degli aspetti della mafiosità politica”. E, per quanto riguarda la politica estera? Essendo questa un pomo della discordia per molte alleanze tra partiti, lui ci dice cosa ne pensa della possibile vittoria di Trump in vista delle prossime elezioni.
Mario Borghezio, come valuta il risultato delle elezioni in Sardegna?
Credo che sia la conseguenza di aver accettato, o aver dovuto accettare da parte della Lega, la sostituzione di un candidato identitario, come Solinas, rappresentativo del forte sentimento identitario e autonomista dei sardi. Si è scelto, invece, un rappresentante partitico molto meno in sintonia con questo sentimento diffuso.
E che cosa bisognava fare?
Bisognava resistere. Si è scesi a un compromesso perché si è sbagliato.
Ha già una sua idea di Alessandra Todde?
Penso che sia un personaggio di cui dobbiamo ancora scoprire sia i lati positivi che quelli meno. Ma l’esperienza Bossi mi ha insegnato che chi vince ha ragione.
A proposito di Bossi, lui ha detto di soffrire a vedere la Lega in questo modo. Concorda?
L’errore più grave che la Lega potrebbe commettere è quello di dimenticare la propria natura di movimento politico assolutamente e imprescindibilmente identitario.
Salvini però sta dando una sua linea alla Lega.
Non mi sembra che spostare le scelte di punta politiche su quelle come il ponte dello stretto abbia un legame anche solo fantasioso con le esigenze del territorio. Se c’è qualcosa di cui non gliene fotte proprio niente ai siciliani e ai calabresi è proprio il ponte sullo stretto. A tutto l’apparato di potere che in Italia storicamente condiziona la politica, e che si chiama partito degli appalti, interessa molto invece. Ma un partito identitario non condiziona le proprie scelte ai desiderata del super partito degli appalti.
Lei è della Lega ma non si riconosce nel leader del suo partito. Non è un po’ strano?
Io sono della Lega ma mi riconosco esclusivamente nella natura identitaria di un movimento che tale è e che tale deve restare. La Lega è quello e chi si allontana da quello sbaglia. I risultati si sono visti
Ma come mai se non si riconosce in questo partito ne fa ancora parte?
Perché per quanto mi riguarda la Lega non è né Borghezio né Salvini. La Lega è la sua storia, la sua identità e i suoi militanti. Secondo me i veri leghisti la pensano come me.
Ma sono tanti a votare Salvini
Votano Salvini perché la Lega adesso si presenta alle elezioni con un simbolo su cui c’è scritto grosso come una casa Salvini. Ma se ci fosse scritto Nutella, pensando che comunque c’è il guerriero e che dietro c’è la Lega, voterebbero persino nutella.
Ma, ragionando in questi termini, non sta svilendo lo stesso partito a cui lei appartiene?
No, perché penso che l’attaccamento alla natura originaria del movimento sia il marchio di fabbrica dell’azione politica di Borghezio. Io non sono uno che cambia partito perché è in minoranza rispetto ai centri decisionali o perché emarginato rispetto ai centri decisionali del movimento. Mi sentirei leghista anche se pensassi che la maggioranza dei militanti non lo è più. Anche se penso che la maggioranza dei militanti sia identitario è profondamente leghista.
(da mowmag.com)
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