CASE POPOLARI AI ROM A MILANO: ORA LA PROCURA INDAGA PER DISCRIMINAZIONE RAZZIALE
APERTO UN FASCICOLO SULLA BASE DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE CIVILE CHE HA ACCOLTO IL RICORSO DI 10 NOMADI PER LE CASE POPOLARI, PRIMA ASSEGNATE POI TOLTE….NEL PROGRAMMA DEL PDL C’ERA L’IMPEGNO A COSTRUIRE ALLOGGI POPOLARI SUFFICIENTI PER TUTTI: DOVE SONO?
Il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, ha aperto un fascicolo, per ora senza indagati nè ipotesi di reato, sulla base della sentenza del Tribunale civile di Milano che nei giorni scorsi ha accolto il ricorso presentato da 10 nomadi, a proposito delle case popolari assegnate e poi tolte dal Comune.
Nella sentenza si parla di possibili comportamenti omissivi del Comune di Milano per motivi di discriminazione razziale.
Il fascicolo, come ha spiegato il procuratore aggiunto Spataro, è stato aperto «d’intesa con il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati». Si tratta, ha aggiunto Spataro, «di un fascicolo iscritto al cosiddetto modello 45 e dunque non vi sono nè indagati noti o ignoti, nè ipotesi di reato».
È un fascicolo di «atti relativi all’assegnazione delle case Aler ai nomadi e trae origine dall’ordinanza del giudice Roberto Bichi del 20 dicembre scorso, nella quale si fa riferimento a possibili attività determinate da motivi di discriminazione razziale».
Il giudice civile, infatti, nella sua sentenza, con cui ha riconosciuto il diritto a 10 nomadi romeni di entrare nelle case popolari, che gli erano state prima assegnate e poi negate, aveva parlato di possibili ragioni di discriminazione razziale per i comportamenti omissivi del Comune di Milano.
L’amministrazione comunale, infatti, aveva prima stipulato una convenzione per assegnare le case ai rom e poi aveva fatto marcia indietro.
Mercoledì mattina si è tenuto un incontro con l’avvocato Alberto Guariso (che rappresentava i nomadi nel giudizio civile) e con don Massimo Mapelli della «Casa della carità ».
Saranno richieste informazioni anche al prefetto, che è anche commissario per l’emergenza nomadi in Lombardia.
In merito alle dichiarazioni del sindaco di Milano Letizia Moratti, che ha criticato la sentenza del tribunale civile, Spataro commenta: «Ovviamente alla magistratura non possono interessare le valutazioni politiche, le parole del sindaco Moratti non sono certamente nuove e in ogni caso vorrei ricordare che l’assegnazione delle case in questione alle 25 famiglie rom di via Triboniano fu frutto di una scelta dell’amministrazione comunale».
Dunque, secondo Spataro, «non si riesce a comprendere di quale invasione di competenze si parla», riguardo alla decisione del tribunale civile.
Infine, ha concluso Spataro, «che il mutamento di posizione del Comune sia avvenuto nei termini descritti nell’ordinanza è stato oggetto di una precisa intervista rilasciata dal prefetto di Milano il 30 ottobre al Corriere della Sera e richiamata dal giudice civile Bichi».
Il giudice nell’ordinanza aveva fatto riferimento a possibili ragioni di discriminazione razziale riguardo ai comportamenti omissivi del Comune e della Prefettura.
Apprendendo dell’inchiesta, il vicesindaco Riccardo de Corato si è detto «stupito», e ha parlato di «secondo intervento a gamba tesa» da parte della magistratura, dopo la sentenza del Tribunale civile.
«Spetta alla politica decidere i provvedimenti che riguardano l’amministrazione cittadina e non alla magistratura – ha commentato De Corato, in una nota -. Altrimenti conviene consegnare le chiavi della città ai giudici e ce ne andiamo tutti a casa. E va detto che non esiste una delibera che imponga la cessione di case ai rom. Il Comune ha solo concesso un affitto calmierato per 25 case Aler escluse dalla disciplina Erp e destinate a situazioni di fragilità sociale».
«La questione discriminazione razziale – ha continuato – è poi sconfessata a priori. Perchè nel momento in cui il prefetto, che è commissario all’emergenza nomadi, adotta un progetto di riqualificazione e messa in sicurezza dei campi autorizzati, e che prevede tra l’altro accompagnamento all’autonomia abitativa dei rom, piano finanziato dal ministero dell’Interno con 13 milioni di euro, be’, questa è la prova provata che ci prendiamo a cuore del problema. Se fossimo razzisti, governo, prefetto, Comune, non avremmo scucito un euro».
La tesi di de Corato andrebbe benissimo se il Comune, dopo aver assegnato la casa popolare ai 10 rom e dopo aver concordato il loro allontanamento dal campo precario di via Triboniano, non gliela avesse negata in un secondo momento.
Perchè quando si firma un patto lo si rispetta, invece che stare dietro alle stronzate della Lega.
Quello del Comune era un atto dovuto .
E finiamola con la guerra tra poveri e le relative speculazioni.
Invece che mettere gli uni contro gli altri, che si pensi a costruire un numero sufficiente di case popolari, come era scritto nel programma del Pdl, invece che raccontare palle mediatiche.
Se i senza casa fossero ad es 1.000 e gli appartamenti popolari corrispondenti a tal numero, nessuno si lamenterebbe e finirebbe ogni polemica.
Se invece a qualcuno fa comodo non costruirle, per poi fomentare odio razziale, è giusto che ne risponda al Paese tutto e ai giudici nei casi specifici.
Noi non abbiamo simpatia o antipatia per nessuno: chi si comporta bene e non ha risorse va aiutato, che sia italiano o straniero.
Lo Stato dovrebbe soprattutto aiutare gli indigenti, non certo i benestanti che non ne hanno bisogno.
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