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BERNINI RINUNCIA, SALVINI RESTA CON IL CULO PER TERRA

Marzo 23rd, 2018 Riccardo Fucile

“INDISPONIBILE A ESSERE IL CANDIDATO DI ALTRI, SENZA IL SOSTEGNO DEL MIO PRESIDENTE E DEL MIO PARTITO”

”È del tutto evidente che sono indisponibile ad essere il candidato di altri senza il sostegno del presidente Berlusconi e del mio partito”. Lo scrive su Twitter la senatrice di Forza Italia, Anna Maria Bernini.
In serata, è stata ricevuta da Silvio Berlusconi a palazzo Grazioli: era nell’aria che avrebbe rinunciato alla candidatura alla presidenza del Senato proposta da altri partiti come ”atto ostile” nei confronti di Forza Italia e “non concordata con i partner della coalizione”.
Nel pomeriggio, infatti, è tutto cambiato nel centrodestra. Quando Matteo Salvini ha annunciato di votare Bernini per ‘bruciare’ Paolo Romani al Senato è scoppiato il patatrac. L’ira di Silvio Berlusconi a stento contenuta.
A palazzo Grazioli, dove il Cav ha riunito una sorta di ‘consiglio di guerra’ con lo Stato maggiore azzurro, è un gran via vai. In serata arriva Umberto Bossi, da sempre alleato storico. Poi a varcare il portone di via del Plebiscito è Anna Maria Bernini per un ”breve colloquio” con l’ex premier.
Il clima interno alla coalizione è incandescente: si valuta ogni opzione. Non si sa chi voterà  Forza Italia al terzo scrutinio. ”La notte porta consiglio” dice il neo deputato Alessandro Cattaneo, uno degli ultimi rimasti in Transatlantico dopo il secondo scrutinio andato a vuoto a Montecitorio, insieme ai parlamentari Roberto Occhiuto, Maria Stella Gelmini e Gregorio Fontana.
C’è preoccupazione delle ricadute di una rottura dell’alleanza Forza Italia-Lega. Cosa succederà ? Si ricomincia da zero? Ogni schema è saltato. Si corre il rischio di dare un via libera a M5S-Lega per entrambe le presidenze o lotta dura senza paura?

(da agenzie)

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SILVIO ROCKSTAR A MONTECITORIO: “BERLUSCONI E’ COME MICK JAGGER”

Marzo 23rd, 2018 Riccardo Fucile

ALLA CAMERA I FORZISTI ESTASIATI PER LE MOSSE DEL CAPO, BRUNETTA IMPERVERSA ALLA BUVETTE

Lo spettro di Silvio Berlusconi aleggia su Montecitorio nel giorno della prima seduta della Camera.
“Berlusconi è come Mick Jagger”, dice soddisfatto in Transatlantico il neo-deputato Andrea Ruggieri, nipote di Bruno Vespa e compagno della showgirl Anna Falchi.
Il suo leader, 82 primavere e una condanna definitiva sulle spalle, ha ancora voglia di dominare il palcoscenico. Il fattore B piomba con forza sui palazzi della politica romana, dove forse qualcuno pensava di essersi liberato di una figura ingombrante.
Le ultime mosse dell’anziano ex premier hanno sparigliato le carte e tolto certezze agli altri partiti.
Impuntarsi sul dialogo diretto con Luigi Di Maio, che non può sedersi al tavolo con lui, e sul nome di Paolo Romani per la guida del Senato, ha consentito a Berlusconi di far saltare i ponti tra Matteo Salvini e i 5 Stelle.
Rimettendo Forza Italia al centro del ring.
“Adesso siamo sulla breccia”, commentano ringalluzziti i forzisti, mentre passeggiano per i corridoi di Montecitorio. Mostrano gli sms ricevuti in mattinata, che li invitano a non scrivere nulla sulla scheda per l’elezione del presidente.
“Berlusconi è sempre lungimirante, ed è arrivato a Roma da pochi giorni”, commenta il neo-deputato siciliano Francesco Scoma.
Renato Brunetta si aggira tra il Transatlantico e la buvette con aria quasi sprezzante.
E ripete di fronte ai cronisti la strategia del suo partito per stanare i 5 Stelle: “Per il bene del Paese, è giusto che si incontrino i leader per individuare le figure più autorevoli per le presidenze”, scandisce il capogruppo uscente di Forza Italia, mentre le schede bianche si ammassano nelle urne sotto il banco della presidenza.
Gli fa eco Annagrazia Calabria: “Di Maio è stato vicepresidente della Camera, sa come funziona”. Alla prima votazione, conquistano due preferenze Brunetta, Alfonso Bonafede e due deputati di Leu: Rossella Muroni e Nico Stumpo. Quest’ultimo, appresa la notizia, sorride e scuote la testa, come a dire: “Questi sono matti”.
Sulla presidenza di Palazzo Madama, gli azzurri tirano dritto su Paolo Romani.
Al terzo scrutinio, quello da cui verranno fuori i due nomi per il ballottaggio, “noi votiamo Romani, che è il nostro candidato ma anche di tutto il centrodestra”, sottolinea Brunetta.
L’ipotesi che i 5 stelle votino un senatore del Pd non lo spaventa: “Faccino pure”, dice, mutuando il linguaggio del ragionier Ugo Fantozzi.
Che ai forzisti interessi stabilire un’interlocuzione con il Pd, lo si vede dai colloqui ripetuti tra Brunetta e alcuni big del partito già  di prima mattina. Alle nove e trenta discute prima con Dario Franceschini e poi con Lorenzo Guerini. “Votiamo scheda bianca”, annuncia Ettore Rosato, uscendo dalla riunione del gruppo dem in Sala della Lupa.
Al vertice partecipa anche il ministro dello Sport Luca Lotti, che mostra ai colleghi i video delle sue azioni più belle alla partita del cuore disputata pochi giorni fa.
“Finchè non c’è un accordo politico, non si arriva a nulla”, commenta il “gigante” di Fratelli d’Italia Guido Crosetto. Nessuno si aspetta granchè. Il clima di distensione è testimoniato dal numero di caffè battuti dal bar della buvette poco dopo le 14: 1500.
I bancomat sono stati presi d’assalto, e al piano terra il contante finisce in fretta. Forse qualcuno aveva voglia di festeggiare le rinnovate disponibilità  economiche. Si discute, si passeggia, e si attendono indicazioni dalle alte sfere.
Dentro l’aula, i rapporti di forza tra i partiti sono cambiati profondamente.
Il blocco centrale è occupato dalla pattuglia a 5 Stelle, che da sola conta 228 deputati. Di Maio siede di fianco a Roberto Fico. Il capo politico dei 5 Stelle, malgrado le manovre di Berlusconi, ha un aspetto rilassato. Scruta con soddisfazione le dimensioni del suo gruppo parlamentare. Uscendo dal catafalco, la cabina elettorale posta sotto la presidenza, imbuca la scheda lentamente, a favore di fotografi.
Lontanissimo dallo stato maggiore grillino, c’è Andrea Cecconi, ex fedelissimo del leader, espulso dal Movimento dopo lo scandalo rimborsi. Ha definito “carta igienica” il contratto di dimissioni firmato prima del voto. Oggi siede da solo, subito dietro i banchi del Partito democratico, e fa parte del gruppo Misto.
Non rispondono alla prima chiama nè Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Salvini e nome forte per la presidenza, nè il premier Paolo Gentiloni, impegnato nel Consiglio europeo a Bruxelles.
Accanto ai 5 Stelle ci sono i leghisti. 124 deputati da tutta Italia. Anche loro votano scheda bianca: “Ma Salvini ce lo ha detto: da un momento all’altro magari cambia tutto”, dice uno di loro. Durante lo spoglio, il presidente provvisorio Roberto Giachetti se la prende con Vittorio Sgarbi, che ride con i colleghi. “Chi non è interessato esca”, dice Giachetti, dopo aver tentato di placare le risate suonando la campanella.
Alla fine Sgarbi abbandona l’aula, ma all’esterno abbondano i colleghi pronti a scherzare assieme a lui. Per fare sul serio, bisognerà  aspettare almeno fino a domani.

(da “Huffingtonpost”)

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O ROMANI O MORTE: IL DIKTAT DI FORZA ITALIA PER IL SENATO, LE 24 ORE IN CUI BERLUSCONI HA FATTO SALTARE L’ASSE DI SALVINI CON DI MAIO

Marzo 22nd, 2018 Riccardo Fucile

IL CAV RIGUADAGNA LA SCENA E IMPONE LA SUA LINEA ANCHE A SALVINI.. FA CHIAMARE DI MAIO MA IL GRILLINO NON GLI RISPONDE…SCHEDA BIANCA PER PROTEGGERE ROMANI, MA CHI NE ESCE MALCONCIO E’ DI MAIO

C’è un momento in cui è saltato ogni schema. O meglio la ricerca di un candidato condiviso. Ed è iniziata la grande forzatura su Paolo Romani.
È stato quando mercoledì sera, a palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi ha alzato la cornetta e ha chiamato la Batteria, dunque non un contatto diretto, segno che non aveva neanche il numero: “Mi cercate Luigi Di Maio, per favore?”.
L’altro, raggiunto dall’operatore, non si rende disponibile al colloquio. Non prende la telefonata.
Ed è al quel punto che quel che gran seduttore del Cavaliere, dopo il tentativo privato, ci prova sfacciatamente in pubblico, chiedendo un incontro tra i leader.
Ventiquattrore dopo, in un ufficio della Camera, si incontrano i capigruppo di tutti i partiti, al termine di una giornata confusa, segnata dal no di Di Maio a Romani e dalla richiesta di un incontro per cercare, ancora una volta, soluzioni condivise.
E quelli di Forza Italia, senza tanti distinguo da parte dei pari grado leghisti, ribadiscono la stessa richiesta: “Di presidenze si parla con Silvio Berlusconi”.
Una condizione, per il leader dei Cinque Stelle, semplicemente indigeribile.
Perchè è evidente che Di Maio non potrà  mai accettare una stretta di mano col Caimano, come Renzi ai tempi della “profonda sintonia” sul Nazareno.
Ed è bastata solo l’ipotesi di un flirt a creare pressione della sua opinione pubblica e degli intellettuali vicini (leggete ad esempio Paolo Flores D’Arcais).
Questo Berlusconi lo sa bene e il gioco è proprio questo: nella sua puntigliosa richiesta di un gesto, diciamo così, d’attenzione, c’è la volontà  di rompere con i Cinque Stelle, di rompere al tempo stesso quel gioco di sponda di Salvini con Di Maio, stabilendo una interlocuzione col Pd.
E non è un caso che se al Senato Romani non ha l’ostilità  del Pd, l’altro candidato alla Camera, il leghista Giancarlo Giorgetti è un altro molto stimato dal Pd.
Due nomi, insomma, con cui si rompe coi Cinque Stelle.
In altri tempi, in una situazione del genere — un Parlamento senza alcun vincitore, un complesso iter per la formazione del governo — si sarebbe cercata una soluzione condivisa.
Stavolta, al momento lo schema è: incasso il mio candidato al Senato, a maggioranza e anche forzando, e poi si vede il resto. Romani o morte.
C’è un dettaglio, ma neanche tanto, che svela il senso dell’operazione.
Quando si riuniscono i gruppi di Forza Italia, il capogruppo e candidato allo scranno più alto di Palazzo Madama, annuncia che, nelle due votazioni previste per venerdì, si vota “scheda bianca”. E lo stesso faranno gli alleati di centrodestra.
Segno che non c’è un accordo, questo è chiaro, ma non solo. È la mossa per “non bruciare” il candidato del centrodestra.
Il ragionamento è questo: alle prime due votazioni serve la maggioranza assoluta, e non ce la fa, dunque meglio non spendere il nome; alla terza, dove serve la maggioranza dei presenti, si candida e, secondo il pallottoliere, può prendere 137-139 voti; alla quarta, quando c’è il ballottaggio, arriva primo.
Questo lo schema. Costringendo Salvini a sostenerlo.
E qui veniamo al cuore della questione. Perchè è vero che Salvini è contrariato, anche dispiaciuto per come stanno andando le cose e nel corso della giornata ha dato più di un segnale di insofferenza parlando di una trattativa “azzerata” e mantenendo un dialogo aperto con Di Maio.
E nel corso del vertice a palazzo Grazioli ha chiesto di valutare nomi alternativi di Forza Italia capaci di allargare verso i Cinque Stelle, che aspettano solo un nome diverso da Romani per chiudere un accordo su entrambe le camere.
Però il punto strutturale è che il leader della Lega può “spingere” ma non può e non vuole rompere la coalizione, perchè il patto politico di fondo con Forza Italia regge. Sarà  indicato come premier alle consultazioni, presentandosi in tal modo come il leader del centrodestra.
E se vuole fare questo giro è costretto a tenere unito il centrodestra. E infatti, al netto di tutti i dispiaceri, dichiara che il centrodestra “voterà  compatto”.
In fondo il capogruppo uscente è sì figura che fa saltare l’interlocuzione con i Cinque stelle ma è anche un esponente di spicco di quel blocco nordista di Forza Italia, come il governatore della Liguria Giovanni Toti che ha già  in Salvini se non il leader naturale quantomeno una naturalità  di percorso comune, in prospettiva.
La presidenza del Senato non è solo questione di regolamenti e indirizzo dei processi legislativi, è un ruolo politico di rilievo tout court.
E il “cedimento” di Salvini presenta dei vantaggi in termini di consolidamento di questa cintura nordista dal Friuli alla Liguria e in un Parlamento dove gli eletti sopra il Po.
Ricapitolando, in sintesi, le ultime 24 ore che hanno fatto saltare tutti gli schemi.
La mossa di Berlusconi brucia il dialogo con i Cinque stelle, prefigurando una forzatura e un percorso che, sulla carta, tutela il candidato di Forza Italia.
Salvini spinge per cambiare cavallo ma non può permettersi una clamorosa rottura. Domani scheda bianca, per non bruciare nessuno.
Al momento di bruciato ci sono solo i ponti coi Cinque Stelle.

(da “Huffingtonpost”)

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BERLUSCONI PREPARA LA TRAPPOLA A SALVINI E DI MAIO

Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile

APRE AL M5S E PROPONE UN ACCORDO DI PROGRAMMA TRA CENTRODESTRA E M5S, MA SE I GRILLINI DICONO DI NO…

Silvio Berlusconi apre all’accordo con la Lega e il MoVimento 5 Stelle e Forza Italia potrebbe ottenere la presidenza del Senato.
Ieri la svolta decisiva per la trattativa sulle presidenze delle Aule (in ballo anche il candidato governatore in Friuli Venezia Giulia, dove Fedriga ha sorpassato Tondo) che a questo punto potrebbe preludere a un accordo tra centrodestra e M5S per il governo.
Dopo giorni di stallo nelle trattative Berlusconi ha incontrato in privato Salvini alla vigilia del vertice esteso del centrodestra.
Carmelo Lopapa su Repubblica scrive che l’ex premier e il capo leghista si trovano d’accordo sulla necessità  di far valere e dar peso al 37 per cento che fa del centrodestra la coalizione vincente. Allo stesso tempo, come va ripetendo da tempo Salvini, Berlusconi riconosce che non si possano chiudere le porte al primo partito, il M5S, e così raccoglie la sfida e rilancia.
«Noi non abbiamo preclusioni nei confronti del Movimento e pensiamo si possa trovare un’intesa su un governo di programma», conferma nel colloquio col capo leghista e poi nelle ore successive agli altri dirigenti di Forza Italia. Si tratterebbe di un accordo basato su alcuni punti fondamentali in tema di economia, lavoro, sicurezza, immigrazione.
Se poi saranno i grillini a dire no — è il ragionamento del leader forzista — allora il quadro si ribalterà : si assumeranno loro la responsabilità  del mancato accordo, Salvini non potrà  più rompere per accordarsi da solo con Di Maio e, in caso di ritorno alle urne, la colpa ricadrebbe su chi ha fatto saltare il tavolo.
A quel punto, secondo Berlusconi, il no del M5S all’accordo di programma con il centrodestra aprirebbe spazio a un’altra alleanza, quella che il Cavaliere considera più fattibile: con il Partito Democratico.
Che però non potrebbe certo gestire in prima persona Salvini. Così la “sua” Forza Italia tornerebbe al centro dell’agone politico come garante dell’accordo tra centrodestra e PD.
Per il candidato a Palazzo Madama si fanno i nomi di Paolo Romani e Annamaria Bernini. Il primo però è già  stato bocciato dai grillini che si appellano a un processo in cui è coinvolto per peculato per aver lasciato utilizzare un telefono di servizio alla figlia.
Il punto però sarà  l’accordo e non il nome su cui si farà . Perchè il MoVimento 5 Stelle si troverà  così costretto a votare un candidato dell’odiato Berlusconi per rispettare il patto che porterà  uno dei loro alla Camera.
E già  questo sarebbe di per sè abbastanza shockante. Ancora di più però lo sarebbe l’apertura a un accordo di programma con il centrodestra: i grillini sanno che nessuno a destra vuole il loro candidato presidente del Consiglio e non ci sono possibilità  nemmeno per i nomi del governo che Di Maio ha anticipato alla fine della campagna elettorale.
Su chi si può fondare un accordo con il centrodestra? Quando Gianni Letta ha chiesto un incontro ai grillini o una telefonata con Silvio Berlusconi è arrivato in risposta un no secco. Ma se non vogliono sporcarsi con il telefono, come potrebbero sporcarsi con un governo?
Per questo Claudio Tito su Repubblica sostiene invece che il tutto faccia parte di una trappola tesa da Berlusconi a Salvini e Di Maio.
Perchè se i grillini risponderanno con un no alle avance del Cavaliere, Salvini dovrà  decidere cosa fare della sua coalizione.
Tagliare i ponti con Forza Italia significa infatti allearsi con Di Maio in posizione subalterna. Adesso può dire di rappresentare il 37 per cento degli italiani, da solo ne vale il 17. I pentastellati quasi il doppio.
Qualsiasi governo di quel tipo, vedrebbe Di Maio a Palazzo Chigi. Il capo lumbard può certo alzare ancor di più il tiro: minacciare una riforma elettorale con un premio di maggioranza che curvi il sistema politico in senso bipolarista. Ma si tratta di una scommessa terminale: deve puntare a conquistare il restante 20 per cento del centrodestra per essere competitivo con i grillini.
Salvini dovrebbe poi mettere nel conto la crisi in tutte le giunte regionali e comunali a guida leghista, a cominciare dalla Lombardia. E forse fronteggiare la scissione della corrente maronian-bossiana. E alla fine misurarsi anche con un altro centrosinistra.
Che a quel punto diventerà  l’unico ed esclusivo punto di riferimento di tutti gli elettori impauriti dalla svolta destrorsa e anti-europea impressa da M5S e Lega.
Il bipolarismo, insomma, potrebbe assumere un altro carattere. Non quello immaginato tra grillini e leghisti, ma tra populisti e antipopulisti.
Ecco la trappola del Cavaliere, pensata ad uso e consumo di Salvini e del fronte filoleghista dentro Forza talia.
L’agnellino Berlusconi insomma potrebbe fregare tutti ancora una volta. E intanto anche nel M5S c’è chi si prepara a un’evenienza del genere. Tentando ancora la strada del dialogo con il Partito Democratico. Che potrebbe passare per la candidatura alla presidenza della Camera di Roberto Fico, che è l’ala “sinistra” del M5S e potrebbe aiutare il dialogo e il compattamento delle fila di chi tra i grillini non vuole assolutamente un accordo con il centrodestra e con Salvini.
Oppure, se proprio questo dovesse arrivare, si troverebbe nel ruolo di garanzia che non gli permetterebbe di sabotarlo.

(da “NextQuotidiano”)

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“NON TI PAGO PIU’, MA TI VOGLIO BENE”

Marzo 20th, 2018 Riccardo Fucile

SILVIO BERLUSCONI SCRIVE ALLE OLGETTINE

“Cara, sarai venuto a conoscenza che da alcune settimane sono state depositate le motivazioni relative agli incredibili processi sulle cene in casa mia. Inutile dirti che non c’è nessun riguardo per te e per gli altri ospiti delle nostre cene e che continua su di noi l’ignobile denigrazione che tutti abbiamo assurdamente dovuto subire”. Inizia in questo modo la lettera del 29 dicembre 2013 che Silvio Berlusconi scrive a ciascuna delle circa 20 ragazze indagate nell’inchiesta ‘Ruby ter’ per spiegare perchè, da quel momento, non le avrebbe più aiutate economicamente. Nella lettera, tra gli atti depositati dalla Procura di Milano al Tribunale del riesame, l’ex premier ribadisce a ognuna delle ragazze il suo affetto.
Berlusconi spiega che la scelta di non pagarle più è stata presa dai suoi legali in vista di possibili, nuovi guai giudiziari: “Ma c’è qualcosa in più – scrive -. C’è che l’aiuto che io, seguendo l’impulso della mia coscienza, ho continuato a dare a te e alle altre ospiti per lenire gli effetti della devastazione che questi processi hanno causato alla vostra immagine, alla vostra dignità , alla vostra vita, rischia di essere incredibilmente strumentalizzato ipotizzando addirittura dei possibili reati a carico non solo mio ma anche vostro. A questo punto i miei legali pur comprendendo la generosità  e l’altruismo della mia iniziativa, mi invitano con assoluta determinazione, a non continuare con il sostegno economico mensile, perchè si potrebbe attribuire al mio aiuto e alla mia accettazione una finalità  diversa da quella reale. Per queste ragioni sono obbligato a sospendere da gennaio ogni mio contributo”.
“Sono sicuro – conclude l’ex premier – che tu sei consapevole di quale attacco mi è stato inflitto da una magistratura militante, che fa un uso politico della giustizia per eliminare l’unico ostacolo che si è opposto e che si oppone alla definitiva presa del potere da parte della sinistra. Questa è l’Italia di oggi. Un’Italia senza giustizia, dove per avere giustizia devi rivolgerti alla Corte Europea di Strasburgo come sto facendo per correggere l’assurda e l’indegna sentenza del primo agosto (Mediaset Cassazione). Mi spiace, mi spiace tanto. Spero, a processo finito, di poterti rivedere e riabbracciare. Ti voglio bene. Silvio”.

(da “Huffingtonpost”)

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BERLUSCONI: “SE SALVINI PENSA SOLO AI SUOI INTERESSI CADONO LE GIUNTE REGIONALI”

Marzo 19th, 2018 Riccardo Fucile

SE LA LEGA PRENDE LA PRESIDENZA DEL SENATO IN ACCORDO CON IL M5S, FORZA ITALIA NON INDICHERA’ PIU’ SALVINI COME PREMIER DEL CENTRODESTRA

Berlusconi comincia a muoversi, a prendere le misure a Salvini, facendo sapere che il capo leghista è stato incaricato dal centrodestra solo a formare un governo, ma non è il leader del centrodestra.
Il messaggio sembra sia stato recapitato a molti protagonisti del difficile gioco politico post-elettorale.
E pare che sia arrivato anche a Luigi Di Maio. In sostanza, una cosa è l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, tutt’altra la partita del governo.
E allora, sostiene l’ex Cavaliere, si tolgano tutti dalla testa che Forza Italia possa rimanere fuori da questo primo round: se la Lega vuole il più alto scranno di Palazzo Madama, al Quirinale non verrà  più indicato Salvini come premier.
A quel punto verrà  fatto un nome diverso, non più del Carroccio. Sarà  un esponente azzurro.
Berlusconi non crede, infatti, alla buona fede del leader leghista, è convinto che stia facendo il doppio gioco, nonostante lui rassicuri che mai e poi mai porterà  alla deflagrazione del centrodestra.
Ad Arcore però hanno già  caricato i cannoni.
Ieri in prima pagina Il Giornale titolava «La bugia della Lega». Matteo, è la tesi, apre a un governo con i 5 Stelle per la legge elettorale, ma alla fine sarebbe un esecutivo a tutti gli effetti.
A quel punto sarebbe fuori dalla coalizione, con tutto quello che ne consegue. Niente viene escluso, anche l’ipotesi di far saltare le giunte in cui il centrodestra governa insieme.
A rischio quindi Lombardia e Liguria, soprattutto, mentre nel caso del Veneto Forza Italia non avrebbe la forza di mettere in crisi la giunta guidata da Luca Zaia non foss’altro per i numeri bulgari che in quella Regione ha la Lega.
. Berlusconi non si fida e qualche giorno fa ne ha parlato al telefono con Roberto Maroni. L’occasione della telefonata è stato il compleanno dell’ex governatore lombardo. L’ex Cavaliere lo ha chiamato per fargli gli auguri e il discorso, ovviamente, è finito sul rompicapo post-elettorale.
E in particolare delle mosse di Salvini, sull’avvicinamento tra Matteo e Luigi, i due giovani leoni della politica che vorrebbero diventare i protagonisti assoluti di un nuovo bipolarismo, passando per un accordo sulla legge elettorale con premio di maggioranza. Con la Lega asso pigliatutto nel campo di Forza Italia, sul territorio, tra amministratori e la periferia.
Guarda caso ieri Maroni, ospite nella trasmissione «In Mezz’ora» da Lucia Annunziata, ha ripetuto in continuazione un concetto: mai un governo Lega-M5S.
Poi ha aggiunto di fare il tifo per «un governo di larghe intese che garantirebbe la compattezza del centrodestra e potrebbe durare un anno per una legge elettorale fatta bene. C’è già  la data: il 26 maggio 2019, quella prevista per le europee».
Maroni ha confermato che Berlusconi teme «l’Opa di Salvini su Forza Italia e vuole e a tutti i costi evitarlo». Così «come evitare elezioni anticipate in autunno». L’avvertimento di Maroni, chiaramente frutto della conversazione telefonica con Berlusconi, aveva come punto di caduta la sopravvivenza delle alleanze, a cominciare da quelle regionali. L’ha detto così: «Se ci fosse la rottura dell’alleanza, qualche conseguenza sul governo delle regioni ci sarebbe, è una questione di coerenza politica. Penso sia una cosa utile da evitare».
Anche per il governo di Luca Zaia, Maroni ha fatto notare che «è una questione di coerenza perchè io non posso governare con una forza politica che a Roma è invece all’opposizione». Problemi anche in Liguria, dove Toti «ha una maggioranza risicatissima. La vedo dura».
«Con la rottura dell’alleanza di centrodestra – ha concluso l’ex governatore – si tornerebbe a votare in Lombardia». In fondo Salvini è giovane, può aspettare. Lo sostiene pure Berlusconi. Matteo è «ambizioso e scalpita», ma se tiene fede al centrodestra unito e non mette i bastoni tra le ruote a un governo di larghe intese, non insistendo nell’essere lui il candidato premier, il prossimo anno potrà  andare a Palazzo Chigi.

(da “La Stampa”)

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L’OPERAZIONE “ADOTTA UN CINQUESTELLE” E’ GIA’ INIZIATA

Marzo 15th, 2018 Riccardo Fucile

SCOUNTING VERSO M5S MA NON SOLO, OBIETTIVO RASTRELLARE PARLAMENTARI, ALLONTANARE DI MAIO DA SALVINI E RAFFORZARE BERLUSCONI

L’operazione è partita ad Arcore, neanche tanto sottotraccia.
Quel “fatevi un amico” tra i 5 Stelle pronunciato da Silvio Berlusconi di fronte ai suoi parlamentari è tutt’altro che una battuta. È il segno visibile di uno “scouting” che c’è, anche se non si vede.
La caccia è partita, soprattutto verso il mondo pentastellato, ma non solo. Con l’obiettivo di rastrellare parlamentari per formare un governo. E a quel punto dire a Salvini: “La maggioranza c’è ma il candidato non sei tu”.
Comunque una maggioranza che allontani lo spettro di un ritorno al voto. Perchè è chiara la posta in gioco del derby all’interno del centrodestra tra Berlusconi e Salvini. Il leader della Lega la evoca apertamente: un premio di maggioranza alla legge elettorale vigente, poi si torna alle urne, “unico modo per non prendere in giro gli italiani”.
È questo il vero “asse” tra Salvini e Di Maio.
Ecco i numeri, squadernati sul tavolo della war room di Arcore. Il riparto dei seggi non è ancora definitivo. Ma secondo le ultime stime, il Movimento 5 Stelle può contare su 229 deputati e 114 senatori. La Lega ha 124 eletti a Montecitorio e 57 a Palazzo Madama. Alla Camera dunque Lega e Cinque stelle hanno, assieme, 353 deputati, una trentina in più della quota necessaria; a palazzo Madama 171 senatori, 13 in più della quota necessaria.
Una maggioranza che consente un governo “elettorale”, che permetta a grillini e leghisti di aggiustare il Rosatellum secondo i loro desideri. Poi, al voto, nemici come prima sulle spoglie di Forza Italia e del Pd.
Rompere questa maggioranza potenziale è il primo step di ogni manovra.
L’ex premier sa bene che le truppe pentastellate sono un mondo tutto da scoprire. Non un universo compatto. Ci sono, ad esempio, gli otto espulsi per la storia dei rimborsi. E poi tanti volti nuovi, arrivati in Parlamento quasi per caso, poco esperti delle dinamiche di Palazzo, e magari sensibili all’agio dei velluti e alle lusinghe dei benefici derivanti dal nuovo status.
Un vecchio amico del Cavaliere gli ha raccontato di un colloquio con un neo eletto: “Mi ha detto che quando ha visto il suo nuovo stipendio gli è preso un colpo. Prende in un anno quello che guadagnava in dieci. Sai, si è iscritto alle parlamentarie, è lì per caso. Mi ha detto: col cavolo che mi taglio lo stipendio per darne più della metà  al movimento”.
Musica per i professionisti dello scouting. Quella vecchia volpe di Maurizio Gasparri sorride sornione. Dice all’HuffPost: “I 5 Stelle hanno sempre avuto una dispersione di persone. Quindi chi li conosce? Chissà  come si comporteranno…
Un’emorragia di parlamentari 5 Stelle stroncherebbe sul nascere ogni gioco di sponda tra Salvini e Di Maio. E cambierebbe i rapporti di forza a destra. Questo il punto: “Salvini — ripetono ossessivamente i berlusconiani – non farà  un governo con Di Maio, perchè ha troppo da perdere a fargli da stampella. Non è questo il disegno. Ma non vuole che nasca un governo di centrodestra, preferisce tornare al voto o stare all’opposizione preparandosi a lanciare l’Opa alle prossime elezioni”.
È in questo clima di veleni e sospetti che i contatti, all’interno della coalizione, sono al minimo. E non c’è aria di un nuovo vertice.
Indicative del clima da separati in casa le parole di Giorgia Meloni, in conferenza stampa: “Vorrei che si credesse un po’ di più nell’ipotesi di un governo del centrodestra”. Un messaggio evidentemente rivolto a Salvini. L’altro è: se il leader della Lega non riuscirà  a fare il premier, dovrà  essere lui stesso “a indicare un nuovo nome”. Non il voto, appunto.
Tornando ad Arcore. Lo scouting non riguarda solo i pentastellati. Qualche azzurro che conta nei giorni scorsi si è fatto due chiacchiere con Pier Ferdinando Casini, fresco di elezione nella rossa Bologna.
Un “sondaggio” per capire quanti, nel Pd, sarebbero disponibili a sostenere un governo di centrodestra, non a guida Salvini. Uomini “responsabili”, pieni di buona volontà , che hanno a cuore la “stabilità ” e il “bene del paese”.
Perchè Silvio Berlusconi vuole un governo di centrodestra, ma lavora per un governo non guidato da Salvini. Per la serie: i numeri ci sono, ma il candidato non puoi essere tu.
E poi c’è Roberto Maroni, perno di questo disegno all’interno della Lega. È solo l’inizio, a quindici giorni dalle lunghe consultazioni. Che consentono un lungo corteggiamento alle tante anime nuove appena arrivate nei palazzi del potere, delle lusinghe, delle irresistibili tentazioni che non cambiano mai.

(da “Huffingtonpost“)

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ALTA TENSIONE NEL CENTRODESTRA, L’IRA DI BERLUSCONI SUL POSSIBILE ACCORDO LEGA-M5S: “COSI’ SALTA TUTTO”

Marzo 13th, 2018 Riccardo Fucile

NEL MIRINO LA SCENEGGIATA ANTI-EUROPEISTA DI SALVINI A BRUXELLES E LE TRATTATIVE SOTTO BANCO CON I GRILLINI… CHE ABBIA CAPITO CHE A SALVINI INTERESSA SOLO IL PARTITO E NON IL CENTRODESTRA?

Le parole di Salvini a Strasburgo hanno l’effetto di una miccia. Che fa divampare l’incendio della rabbia a palazzo Grazioli, a poche ore dal vertice con i tre leader del centrodestra.
Una rabbia a stento controllata nei giorni scorsi verso l’alleato che pare “fregarsene” di ogni minimo vincolo di coalizione. E tratta con i Cinque stelle sulle presidenze della Camere.
Le antenne azzurre hanno registrato che il lavoro degli sherpa leghisti e pentastellati è in fase molto avanzata. E prevede una camera ai Cinque Stelle, l’altra alla Lega.
Due gli schemi possibili: Giancarlo Giorgetti sullo scranno più alto di Montecitorio e Danilo Toninelli a palazzo Madama. Oppure Riccardo Fraccaro alla Camera e un leghista al Senato.
Ma Salvini preferisce la prima opzione perchè vuole evitare di indicare Roberto Calderoli, unica figura in grado di ricoprire il ruolo al Senato. Sebbene sia una figura storica della Lega e di indubbia competenza, riconosciuta anche dagli uffici tecnici del Senato, non è considerato fedele espressione del nuovo corso della Lega.
È una manovra che la dice lunga sulle reali intenzioni di Salvini.
Di fatto certifica che non vuole provare a fare un governo che “parta dal centrodestra” tentando di allargare ad altre forze.
Un’impressione rafforzata dalla esplosiva conferenza stampa a Bruxelles. Trapelano giudizi di fuoco dall’inner circle di Berlusconi sulla “sceneggiata” che sembra fatta apposta per spaventare i mercati, e non solo: “Ma che diavolo è andato a fare? Campagna elettorale per ribaltare il tavolo?”.
Invece di presentarsi come volto di una coalizione che vuole governare, è andato a scandire il suo “me ne frego” sulla governance europea e sul tema del bilancio post Brexit, annunciando lo sforamento del tre per cento e ventilando anche allarmistici “piani b”: “L’euro era, è e rimane una moneta sbagliata, ma i nostri esperti lavorano a un piano B se da Bruxelles arrivassero solo dei no”.
Cosa significhi nel merito questo piano B non l’ha capito nessuno, ma politicamente il segnale è chiaro: colui che si propone come candidato premier del centrodestra sta continuando la sua campagna elettorale su un programma che non è neanche quel minimo comun denominatore contenuto nei famosi dieci punti.
È chiaro che, su questi presupposti, serve un chiarimento, come si sarebbe detto una volta, franco e schietto.
I due, Berlusconi e Salvini, sono tornati separati in casa in un clima di sospetto e difficile coabitazione. Il primo si è convinto che l’alleato in fondo non voglia governare, ma stare all’opposizione di un governo Pd-Cinque stelle, anzi di un qualunque governo, si chiami del presidente o di scopo, per tornare al voto lanciando
Il secondo registra con crescente diffidenza i segnali lanciati dal Cavaliere a Mattarella e al Pd, in nome di un governo che dia stabilità  all’Italia.
Avanti così si annunciano giorni assai complicati. E un duro braccio di ferro dall’esito imprevedibile, tra due partiti che hanno quasi lo stesso numero di eletti: tra Camera e Senato 170 gli azzurri, 182 la Lega.
E sulle presidenze si rischia davvero una rottura: “Se si accorda con i Cinque stelle — dicono nell’inner circle di Berlusconi — salta tutto, e saremo costretti a non votare neanche Giorgetti alla Camera”.
E domani, a pranzo è convocato tutto lo stato maggiore di Forza Italia, a conferma della delicatezza del momento.

(da “Huffingtonpost”)

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COMPRAVENDITA SENATORI, BERLUSCONI RISCHIA DI PAGARE DI TASCA PROPRIA

Marzo 13th, 2018 Riccardo Fucile

LA CORTE DEI CONTI INDAGA SUI TRE MILIONI DI EURO FINITI A DE GREGORIO CHE FECE CADERE IL GOVERNO PRODI

Se Silvio Berlusconi crede che il caso della presunta compravendita di Sergio De Gregorio, ex senatore dell’Italia dei valori, appartenga ormai al passato, si dovrà  ricredere.
La procura della Corte dei Conti del Lazio ha infatti aperto un fascicolo sui tre milioni di euro finiti nei conti del Movimento Italiani nel Mondo di De Gregorio, passato nel 2007 al centrodestra e tra gli artefici della caduta del secondo governo Prodi.
Ora il Cavaliere rischia di pagare di tasca propria gli effetti finanziari di quel tracollo politico. I magistrati contabili sono infatti pronti a chiedergli un maxi-risarcimento per il danno d’immagine subito dallo Stato e per la progressiva crescita dello spread innescata dalla caduta dell’esecutivo di centrosinistra.
L’indagine delle toghe di viale Mazzini è partita dopo la fine del processo penale a carico del leader di Forza Italia. In primo grado, l’8 luglio 2015, Berlusconi era stato condannato a tre anni di reclusione per corruzione dal tribunale di Napoli assieme all’ex direttore dell’Avanti, Valter Lavitola.
Poi, in appello, il 20 aprile 2017 era arrivata la prescrizione. Con una pesante nota a margine: per i giudici di secondo grado, l’ex premier “ha pacificamente agito come privato corruttore e non certo come parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni”.
“Le dazioni di denaro effettuate da Berlusconi, tramite Lavitola, a De Gregorio sono state effettuate – si legge ancora nelle motivazioni di quella sentenza – quale corrispettivo della messa a disposizione del senatore e, quindi, della sua rinuncia a determinarsi liberamente nelle attività  parlamentari di sua competenza, e non certo come mero finanziamento al Movimento Italiani nel Mondo. Tant’è vero che il 24 gennaio 2008, votando la sfiducia alla maggioranza della quale solo quattro mesi prima faceva parte, De Gregorio contribuì a mettere la parola fine al secondo esecutivo guidato da Romano Prodi”.
A questo punto il dossier è finito alla Corte dei Conti, che ha delegato le indagini alla Finanza sugli effetti della caduta del governo sullo spread.
Il 6 maggio 2008, ultimo giorno prima dell’addio del professore, la differenza tra il valore dei Btp italiani e dei Bund tedeschi era fermo a 43,3. Da lì in poi il valore è salito senza soluzione di continuità : alla fine del governo Berlusconi IV era arrivato a 522,8 punti. L’ipotesi dei pm contabili è che il boom possa essere contestato proprio ai protagonisti dell’inciucio.
Ma non è finita qui. Capitolo danno all’immagine: la Corte dei Conti può chiedere fino al doppio del valore della tangente pagata o intascata da un pubblico ufficiale o da un dipendente della pubblica amministrazione. E, sebbene il reato sia caduto in prescrizione, i giudici di secondo grado sono stati molto chiari rispetto alla condotta tenuta da Berlusconi e da De Gregorio: “È del tutto pacifico che Berlusconi abbia agito, direttamente o attraverso Lavitola, con assoluta coscienza di corrompere un senatore, compensando la condotta del pubblico ufficiale contraria ai suoi doveri di parlamentare con l’ingente somma di tre milioni di euro”.
Che, raddoppiati, fanno salire l’ipotetico danno erariale a sei milioni di euro.

(da “La Repubblica”)

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