Destra di Popolo.net

SONDAGGIO IPSOS: CHI RIFIUTA IL VACCINO SALE AL 12%

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

I PIU’ FREDDI SONO GLI ELETTORI DI LEGA E FDI

I sondaggi politici di Ipsos illustrati oggi da Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera si occupano della vaccinazione contro il coronavirus Sars-CoV-2 e di cosa sta succedendo nell’opinione pubblica dopo gli eventi avversi delle trombosi segnalati per AstraZeneca, Johnson & Johnson e Pfizer-BioNTech.
Com’era prevedibile, dopo le notizie sulle morti dopo le trombosi del seno cerebrale e le decisioni di Aifa ed Ema, il clima attorno al siero dell’azienda anglo-svedese è molto peggiorato.
Ma lo scetticismo tocca anche gli altri vaccini. Non accenna a diminuire nei sondaggi politici la quota di coloro che non sono sicuri di volersi vaccinare o preferirebbero valutare quale vaccino fare tra quelli disponibili (20%).
Aumenta la quota di coloro che dichiarano esplicitamente di rifiutare il vaccino (dall’8% al 12%).
La preoccupazione è più diffusa tra le persone di condizione economica medio-bassa e bassa.
Tra costoro, infatti, i «cauti» e i «no-vax» rappresentano rispettivamente il 38% e il 41%. Contro il 32% del dato medio nazionale e il 22% delle persone abbienti.
Nonché il 27% di quelle di condizione medio alta.
Riguardo agli elettorati, si registra una percentuale più elevata di no-vax tra gli elettori della Lega (18%) e di Fratelli d’Italia (16%). Sorprende la quota limitata tra i pentastellati (6%), che in passato avevano espresso posizioni critiche nei confronti dei vaccini.
Le opinioni sulla gestione della campagna vaccinale da parte di Regioni e governo si dividono nettamente. In entrambi i casi prevalgono, sia pure di poco, le valutazioni negative (44% per il governo e 43% per le Regioni). Ma è interessante osservare le differenze nelle diverse aree geografiche: nel Nordovest vengono bocciate le Regioni e promosso il governo. Nel Nordest si registra il contrario, mentre nelle regioni del Centronord (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche) prevalgono i giudizi positivi sia sull’operato delle Regioni sia su quello nell’esecutivo. E nel Centro-sud (Lazio, Campania, Abruzzo e Molise) come pure nelle restanti regioni meridionali, il governo ne esce male. Mentre le Regioni deludono soprattutto nel Sud e nelle Isole.
Va sottolineato che i giudizi negativi sul governo prevalgono più tra i pentastellati (65%), nostalgici del governo Conte, rispetto agli elettori del principale partito di opposizione (FdI: 56%).
(da agenzie)

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CARTABELLOTTA PREOCCUPATO PER LE RIAPERTURE: “RISPETTO DELLE REGOLE O CI GIOCHIAMO L’ESTATE”

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

“RISCHIO RAGIONATO? SI VIAGGIA SUL FILO DEL RASOIO”

Che il governo abbia scelto l’azzardo lo ha ammesso lo stesso Draghi. Il problema (la Sardegna docet) è che c’è il rischio che qualcuno viva il tutto come la fine della pandemia e assembramenti, abbandono delle distanze e della mascherina possano fare il resto e si ripiombi nella tempesta.
“Se non osserviamo scrupolosamente i comportamenti, ci giochiamo l’estate. Perché il rischio ragionato delle riaperture viaggia sul filo del rasoio”.
Parole di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, all’indomani dell’annuncio delle riaperture di ristoranti, piscine e palestre e altre attività, a partire dal 26 aprile.
“Draghi non ha parlato di ‘rischio calcolato’, ma di ‘rischio ragionato’ che va incontro alle aspettative dei cittadini. Il rischio – sottolinea Cartabellotta – si può tradurre in opportunità di ripresa economica e della vita di ciascuno di noi, solo se tutti osserviamo scrupolosamente i comportamenti”.
(da agenzie)

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IL MONITO DI PREGLIASCO SULLE RIAPERTURE: “RESPONSABILITA’ DI TUTTI O SARA’ QUARTA ONDATA”

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

“BISOGNA AVERE L’ONESTA’ DI DIRE CHE SI PAGHERA’ UN PREZZO IN TERMINI DI VITTIME”

La road map delle riaperture tracciata oggi da Mario Draghi in conferenza stampa ha creato un brusìo di opinioni contrastanti tra gli esperti, tra chi è favorevole, chi ha guardato con scetticismo la decisione che ricordiamo è politica, e chi invece si è scagliato contro
Con le riaperture “il governo ha preso un rischio ragionato”, ha detto il presidente del consiglio Mario Draghi.
E’ così? Per Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano, la responsabilità adesso è di tutti, altrimenti la quarta ondata è dietro l’angolo.
“Dobbiamo essere concreti e sapere che questo significherà pagare un prezzo. Bisogna far capire che ci deve essere la responsabilità di ogni cittadino, di ognuno di noi nei comportamenti, a prescindere dalle cose che si potranno fare. Abbiamo già visto il ‘liberi tutti’ nelle zone gialle o peggio in quelle bianche, la difficoltà che c’è a non fare tutti insieme le cose che ci è permesso fare. E abbiamo già visto a cosa porta”.
“Ci vuole attenzione nelle aperture, come ha detto anche il premier britannico Boris Johnson, resta la necessità di fare attenzione e rispettare le regole. Altrimenti la road map delle riaperture può deviare. Perché – aggiunge il virologo – “è un rischio ragionato sì, ma che ci farà pagare comunque un prezzo in termini di malati, e quindi anche di ricoveri e di morti. Bisogna saperlo.”
Poi “l’estate ci aiuterà è chiaro, ma non dobbiamo per questo ricadere nel disastroso liberi tutti dello scorso anno. Bisognerà capire che ancora non si torna come prima, prima della pandemia, quando il Sars-Cov- 2 non esisteva. Il virus c’è, tenderà a diffondersi quanti più contatti ci sono, e con questo bisogna fare i conti e cambiare i comportamenti.
(da agenzie)

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IL SOTTOSEGRETARIO SILERI CRITICA LE RIAPERTURE DEL GOVERNO: “AVVENTATE. I NUMERI ANDAVANO CONSOLIDATI”

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

“L’ASPETTO SANITARIO DEVE PREVALERE SU QUELLO ECONOMICO”

Al quarto piano del ministero della Salute il sottosegretario Pierpaolo Sileri attende notizie sulla decisione definitiva per le riaperture del Paese. Nelle stesse ore del pomeriggio il premier Mario Draghi annuncia ufficialmente la data del 26 aprile per un via libera sperato da tempo.
Forse una buona notizia per chi da mesi si è guadagnato la fama di “aperturista” della prima ora. Definizione che ora più che mai pone Pierpaolo Sileri dall’altra parte della barricata, lì dove il ministro della Salute Roberto Speranza, conosciuto come rigorista, è alle prese con una mozione di sfiducia da parte dell’opposizione.
Sileri, il 26 aprile si riapre. Ristoranti anche di sera, sport, cinema e teatri all’aperto. Cosa ne pensa un’aperturista come lei?
«Che dobbiamo essere realisti. I dati di oggi raccontano di un miglioramento e questo fa ben sperare. Ma riaprire così in anticipo può essere sbagliato. C’è un decreto che scade il 30 aprile. La soluzione poteva essere quella di arrivare alla scadenza e ragionare sul mese di maggio con le colorazioni delle regioni. Già dai primi del mese alcuni territori sarebbero tornati in giallo, forse qualcuna in arancione o rossa. Sarebbe potuto essere necessario un sacrificio per lasciar consolidare i numeri e quindi riaprire progressivamente cinema, teatri e ristoranti, considerando come periodo sicuro quello a partire dal 15 maggio. E poi ancora più libero e sicuro quello a partire dai primi di giugno.
Per queste date appena citate riusciremo ad avere almeno i tre quarti di popolazione a rischio vaccinata con la prima dose. L’obiettivo è quello di arrivare alla protezione di gregge della popolazione più fragile. Abbiamo ancora almeno 4 milioni di persone tra i 70 e gli 80 anni e circa 1 milione di over 80 da vaccinare. Concludere con le loro somministrazioni e con quelle dei soggetti fragili più giovani vuol dire mettere in sicurezza la stragrande maggioranza delle persone che rischiano di finire in terapia intensiva. Solo a quel punto possiamo parlare di riaperture più complete».
Ora parla da rigorista. Eppure, rispetto al ministro Speranza, ha sempre avuto una posizione più possibilista in merito a riaperture e allentamenti.
«Questa contrapposizione non esiste e non è mai esistita. Non sono un aperturista cieco e neanche un rigorista bieco. Sono prima di tutto un medico. Cosa dico al paziente che si viene a curare da me e che vuole guarire il prima possibile perché deve tornare a lavorare? Dico che la ferita potrebbe guarire tra due settimane ma che considerato il disagio generale della sua condizione è possibile provare ad aggiornarci a una settimana. Questo per dire che le condizioni cliniche spesso devono incontrarsi con l’esigenza del soggetto. Su questo ovviamente qualcuno deve prendersi il rischio garantendo un controllo vigilato».
E allora perché in questo caso non è d’accordo con le riaperture “vigilate”?
«Perché ci sono momenti in cui la parte sanitaria deve necessariamente prevalere su quella economica. In altri si può agire al contrario. Aprire con una circolazione del virus di 20-25 casi ogni 10mila abitanti non è fattibile. Oggi siamo a 16 ogni 10mila. Molto meglio di un mese fa ma ancora molto lontani dall’ideale. Può essere fatto solo se si è raggiunta una grossa quota di vaccinati che ci permettono di essere certi che a un mese dalla somministrazione quel dato di incidenza calerà drasticamente. E questo anche con una dose soltanto, che garantisce una buona copertura preliminare».
Roberto Speranza è stato oggetto di una mozione di sfiducia da parte di Fratelli D’Italia. Si sente responsabile?
«Direi proprio di no. Se si colpisce Speranza si colpisce anche me e mai mi sognerei di esprimermi contro l’operato del ministro. Presentare una mozione di sfiducia in questo momento colpisce non solo Speranza ma anche me e Costa. Un anno fa la tensione da alimentare era quella tra governo centrale e regioni. Oggi questo. Se poi qualche superficiale vede nelle mie critiche alla parte amministrativa del ministero un attacco alla parte politica non ha capito nulla. La mozione è completamente inutile.
Riguardo ancora alle “ale” di cui si parla non si è capito che nell’uomo di scienza coesistono due volontà, quella che vuole chiusure tempestivamente e quella più cauta. Non sono opposte ma conseguenziali. La prevalenza dell’una o dell’altra sono basate sui numeri e sulla volontà di assumersi il rischio».
Due facce della stessa medaglia. Ma quindi perché la chiamano aperturista?
«Superficialità. Io sono stato tra i primi a dire di chiudere nella prima ondata, stessa cosa nella seconda ondata. Non è sensazione né politica, sono valutazioni con i numeri. Se chiudere e aprire sono due facce della stessa medaglia io sono il bordo».
È stato fatto il suo nome come possibile successore dell’attuale ministro della Salute.
«Io torno a fare il chirurgo. Il mio capitale non è quello della politica ma quello che facevo prima in sala operatoria. Non sono emigrato a 19 anni senza stipendio in America studiando e facendo ricerca, per poi venire a fare il politico. Sto servendo il Paese ma è una parentesi, il mio lavoro è un altro. Nessuno ci crede ma quando sarà il momento vedrete».
Ha sentito Speranza oggi?
«Certo e siamo tranquillissimi. Stiamo lavorando alla rete di ricerca per le varianti, si stanno cercando 10/15 milioni di euro per creare un coordinamento centrale affidato all’Istituto Superiore di Sanità».
La sfiducia non spaventa né divide quindi.
«Possibilità di sfiducia zero».
A proposito di sfiducia, quello sui vaccini è un tema che continua a preoccupare. Dopo Johnson e Johnson si pensa ad accordi unicamente da stringere con Pfizer e Moderna. È d’accordo?
«Credo che il futuro saranno i vaccini a mRna. Ad oggi coesistono entrambi i tipi di vaccino ma è ovvio che la scienza porterà a una produzione ingegneristica più raffinata. Detto questo non credo che nel breve periodo potrà essere fattibile. Astrazeneca e Johnson&Johnson sono due ottimi vaccini che riducono le chance di morte prossime alle zero con un numero di complicanze specifiche con un’incidenza di 1 caso ogni poco meno di un milione di vaccinazioni per Astrazeneca. Ogni volta che si fa una risonanza magnetica con mezzo di contrasto 1 persona ogni 500mila tac muore. A questo non si pensa perché è una pratica entrata nella nostra normalità. Questo tipo di vaccini ancora no. La forte cultura del sospetto va sradicata».
(da agenzie)

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SUPERATI 3 MILIONI DI MORTI PER COVID, IN BRASILE TURNI NOTTURNI NEI CIMITERI

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

IL VIRUS CORRE ANCHE IN INDIA, CON 2 MILIONI DI CASI AD APRILE

Il bilancio globale dei decessi legati al coronavirus supera la soglia dei tre milioni (dati Johns Hopkins University) mentre la corsa all’immunizzazione continua e Paesi come l’India sono alle prese con una impennata delle infezioni e nuove misure restrittive. Oggi la capitale indiana, New Delhi, entra in lockdown per il fine settimana, mentre la seconda nazione più popolosa del mondo registra più di 200.000 nuovi casi giornalieri.
Il virus continua a diffondersi anche in Asia: l’India ha registrato oltre due milioni di nuovi casi solo nel mese di aprile, nuove chiusure sono state imposte in Bangladesh e in Pakistan.
In Giappone, l’aumento delle infezioni ha alimentato le speculazioni su un annullamento delle Olimpiadi, già rinviate l’anno scorso a causa della pandemia. Il primo ministro giapponese, Yoshihide Suga, nel suo primo incontro con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha detto che il suo governo sta ascoltando gli esperti e sta facendo “tutto il possibile” per prepararsi ai Giochi di Tokyo in programma a luglio.
In Brasile, secondo Paese al mondo per numero di vittime, il vertiginoso aumento dei morti nello stato di San Paolo ha costretto il sindaco della città più ricca e popolosa del Paese ad adattare la pianificazione funeraria: ora, oltre ad assumere più personale e veicoli, sono stati aggiunti turni notturni in quattro dei 22 cimiteri comunali, dove vengono scavate 600 tombe ogni giorno. Ma nonostante l’alto tasso di infezione, il governo dello stato ha annunciato che consentirà la riapertura di attività commerciali e luoghi di culto da domani.
(da agenzie)

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ALLO STUDIO DEL GOVERNO UN PASS PER GIRARE L’ITALIA, SUL MODELLO DEL “GREEN PASS” EUROPEO

Aprile 16th, 2021 Riccardo Fucile

SPOSTAMENTI CONSENTITI CON VACCINO FATTO O TAMPONE, MA CI VORRA’ ANCORA TEMPO

L’idea alla base del “pass” per spostamenti tra Regioni di colori diversi è quella di anticipare il “green pass” europeo. In cosa consisterà il certificato, di cui Draghi ha parlato in conferenza stampa, non è ancora definito e i tempi di introduzione “non saranno brevi”, ma fonti qualificate di governo spiegano che si guarda al modello del pass europeo.
L’ipotesi è che contenga l’indicazione del vaccino effettuato, o l’avvenuta guarigione da Covid-19 o il risultato negativo di un tampone effettuato nelle 48 ore precedenti allo spostamento.
Chi è in possesso del pass avrebbe la possibilità di muoversi liberamente su tutto il territorio nazionale e avere l’accesso a determinati eventi, sia culturali che sportivi. Per ora – sottolineano le fonti – si tratta di un work in progress, un’ipotesi. Il premier Draghi ha avanzato la proposta durante la cabina di regia, e avrebbe avuto l’ok dei ministri presenti.
(da agenzie)

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DRAGHI: “RIAPERTURE GRADUALI DAL 26 APRILE, CI PRENDIAMO UN RISCHIO RAGIONATO”. MA QUANTE VITTIME CI COSTERA’ NON LO DICE

Aprile 16th, 2021 Riccardo Fucile

PRIMA I RISTORANTI PERCHE’ PARE SIANO LA PRIORITA’ DEGLI ITALIANI CHE MUOIONO DI FAME, POI SCUOLE, PISCINE E PALESTRE… SPOSTAMENTI TRA REGIONI GIALLE VERSO META’ MAGGIO

“Si può guardare al futuro con un prudente ottimismo e con fiducia”. Lo ha affermato il presidente del Consiglio Mario Draghi, aprendo il suo incontro con i giornalisti.
La conferenza stampa si tiene al termine di una cabina di regia che è durata due ore e mezza e che è servita per un confronto sulla strategia di riaperture.
Significativa la presenza di Roberto Speranza – dopo che di recente al premier si era affiancato il prof. Franco Locatelli – molto criticato dalla Lega. “Ringrazio il ministro Speranza per tutto il lavoro che precede questa decisione e che l’ha permessa” ha rimarcato il premier. “credo che le critiche al ministro Speranza dovessero trovare pace fino dall’inizio, perché erano infondate e ingiustificate, ho già detto che lo stimo e l’ho voluto io”.
Mario Draghi ha detto che dalla cabina di regia è emerso che “si anticipano al 26 aprile l’introduzione della zona gialla”, con un cambiamento rispetto al passato: “si dà precedenza alle attività all’aperto e alle scuole”. Quindi ristorazione a pranzo e a cena all’aperto e presenza a scuola al 100%.
“Oggi il Governo ha preso un rischio, un rischio ragionato, fondato sui dati, che sono in miglioramento. Questo rischio che abbiamo preso e che sicuramente incontra le aspettative dei cittadini però si fonda su una premessa, che quei provvedimenti che governano il comportamento nelle attività riaperte siano osservati scrupolosamente”. Se lo saranno, ci sarà una “probabilità molto bassa” di tornare indietro.
È previsto che “dal 15 di maggio riaprano le piscine all’aperto, dal 1 giugno le attività connesse alle palestre, dal 1 luglio le attività di natura fieristica, ci sono fiere importanti a luglio nel nostro Paese. E’ un percorso che ci consente di gestire una fase di transizione.
Resterà quindi la divisione dell’Italia in fasce di colore giallo, arancione e rosso e a riprendere l’attività dal 26 aprile saranno scuole, ristoranti, teatri e cinema all’aperto. Consentita anche l’attività fisica all’esterno.
Nel corso del suo intervento Draghi ha poi parlato degli spostamenti tra Regioni gialle, specificando che verranno consentiti a breve, mentre per quelli tra zone arancioni e rosse sarà introdotto un “pass“. Un secondo step per le riaperture potrebbe essere fissato il 17 maggio, consentendo la mobilità fra le Regioni.
(da agenzie)

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INTERVISTA A FABIO CICILIANO DEL CTS: “RIAPERTURE? FRUTTO DI UNA SCELTA POLITICA, I DATI NON AIUTANO”

Aprile 16th, 2021 Riccardo Fucile

“80% DI VACCINATI ENTRO L’ANNO? NO, NON CI CREDO”

«Ricordo il senso di impotenza che avevamo davanti ai 900 morti. Qualsiasi soluzione sembrava non avere effetto. Una guerra che non si dimentica». Esperto di medicina delle catastrofi, uomo di Polizia e rappresentante del Dipartimento della Protezione Civile, Fabio Ciciliano è uno dei primissimi membri del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid in Italia. «Immunità di gregge? Non per il 2021»
Dopo il Benin invaso dall’emergenza Aids, dopo l’esplosione del reattore di Fukushima, dopo l’epidemia di colera ad Haiti e il terremoto in Iran, il dirigente medico della Polizia di Stato Fabio Ciciliano, un anno fa, è corso in Italia per dare aiuto in quella che definisce «la situazione più difficile che abbia mai dovuto gestire». Membro della prima ora del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid-19 del nostro Paese, fu chiamato dall’ex capo della Polizia Gabrielli, ora sottosegretario alla presidenza del Consiglio scelto da Mario Draghi, per far parte del primo gruppo di esperti incaricato di guidare la nave in tempesta.
Esperto in medicina delle catastrofi, per un anno segretario del Comitato, è rimasto tra i componenti anche del nuovo Cts voluto da Draghi, ora in rappresentanza del Dipartimento della Protezione Civile. Oggi, insieme altri altri 10 membri, deciderà da un punto di vista tecnico e scientifico, se le proposte di riaperture di bar, ristoranti, piscine e stadi, avanzate ieri dalle Regioni italiane, potranno essere approvate.
Dottore, cosa succederà oggi?
«Ci vedremo intorno alle 14 per l’analisi dei dati forniti dalla Cabina di Regia e lì, nel caso in cui il protocollo delle Regioni arriverà sul nostro tavolo, si discuterà. Il punto di partenza ovviamente saranno i dati che l’Istituto superiore di sanità ci fornirà».
Bene, ma perché questa decisione da prendere? Ci si aspettano dati incoraggianti?
«Non credo. Quella di fronte a cui ci troviamo è un’evidente esigenza politica. E non le nascondo che questo ogni volta mi provoca un certo imbarazzo. Non mi sono mai posto nella posizione di dover decidere tra le due ale, rigorista o aperturista. Il dato di fatto più pericoloso è che si sta registrando un’assuefazione al rischio. Questo perché l’idea di dover sopravvivere con il poco che è rimasto ancora per molto tempo spaventa troppo la popolazione
Considerazioni condivisibili, ma sicuramente non di tipo strettamente tecnico. Che tipo di decisione è quella di oggi, scientifica o politica?
«Il confine a questo punto è sottile ma deve essere mantenuto saldo. Come tecnici siamo chiamati ad esprimerci sulla base della situazione epidemiologica e su null’altro. Chiaro è che il dialogo con la politica non può non esserci. Ricordo che la decisione ultima spetta al governo».
Ma l’analisi del Cts è tra le più attese. Ci avviamo a riaperture graduali di molte attività e spazi sociali. Da tecnico, possiamo effettivamente permettercelo?
«L’anno scorso abbiamo cominciato a riaprire il 3 maggio con la selvicoltura e l’edilizia dopo un periodo di chiusura totale per poi a fine mese riaprire le attività economiche. Lo abbiamo fatto con numeri e dati epidemiologici completamente abbattuti. La scelta politica nella seconda ondata è stata invece quella di sostenere le difficoltà del Paese con la conseguenza di misure di contenimento più larghe e una maggiore diffusione del virus. In tutto ciò l’arrivo delle varianti non ha aiutato, l’impatto è ancora forte, con un virus di fatto molto più potente nella capacità di diffondersi. L’unico modo per fermare la circolazione è evitare il più possibile il contatto tra le persone».
Ma si riapre
«Un’obiezione sensata ma come detto prima: le decisioni sono politiche».
Green pass vaccinale per stadi e cinema? Tamponi all’entrata dei ristoranti? Verso cosa è più fattibile orientarsi per le operazioni di controllo?
«Attualmente non credo nel green pass, il numero di vaccinati è troppo basso. C’è un fondamento etico che questa misura andrebbe a minare diventando un possibile strumento di discriminazione. Una soluzione di questo tipo potrei immaginarla alla fine della campagna vaccinale, quando tutti in egual modo hanno avuto possibilità di accesso all’immunizzazione dal virus. Ora no. Sul fronte dei tamponi è più l’infattibilità che mi preoccupa. Si rischia il tentativo di fuga da una norma poco probabile soprattutto tra i giovani. Il controllo sulla veridicità dei certificati presentati all’entrata sarebbe difficile, così come l’effettuazione dei test al momento. Per questo per ora tutto all’aperto, le temperature stanno per alzarsi e questo è un bene per la circolazione del virus. In ogni caso le riaperture non saranno immediate, si procederà per step. Metteranno sui nostri tavoli delle proposte su come gestire bar, ristoranti, stadi o spettacoli e valuteremo se quel tipo di gestione contribuirà a non mettere ad alto rischio la popolazione. Da lì ad essere ascoltati ci sarà altra strada da fare. Lo abbiamo visto la scorsa estate con le discoteche sulla cui riapertura siamo stati contrari fin dall’inizio».
Discoteche giustamente no, stadi a quanto pare sì. C’entra la politica anche qui?
«Non abbiamo ancora formalmente deciso nulla. Ma la proposta che ci arriva dall’Ufficio dello sport non può non essere non valutata. Sul criterio da seguire esiste un algoritmo fatto dall’Oms per la gestione degli eventi con grande affollamento di pubblico che abbiamo utilizzato più volte. Per esempio nei protocolli degli internazionali di tennis in Italia, che ai tempi ci sembrò una decisione a rischio troppo alto. Dopodiché spetta al decisore politico capire cosa fare. 18.000 persone che si aggregano per arrivare allo stadio costituiscono un rischio. Per questo non credo che gli stadi riapriranno, o che lo sport in generale possa riaprire. Si apre lo stadio Olimpico esclusivamente per le quattro partite degli Europei e poi si vedrà. Per gli spettacoli la valutazione sarà simile. Il ministro Franceschini ci ha giustamente presentato la sua proposta. Per la valutazione ci baseremo anche sui risultati degli esperimenti effettuati in altri Paesi europei come Olanda e Barcellona in occasione di concerti o eventi sportivi realizzati ad hoc. Potrebbero esserci utile a capire l’entità effettiva del rischio».
A proposito di rischio: diverse regioni pare abbiano dati da zona gialla. L’idea è ancora quella di un’arancione nazionale?
«Una regione in zona gialla è una regione in cui il virus circola ancora tantissimo e questo non è chiaro molti. Tant’è vero che come è accaduto più volte in questi mesi, gli indici epidemiologici di un territorio entrato in zona gialla si riducono ma non riescono mai a scendere ulteriormente. Si rialzano puntualmente poco dopo per tornare a quelli da zona arancione».
Questo mette in discussione di nuovo l’idea dei colori regionali.
«Direi della zona gialla come era stata pensata finora. In questo momento l’idea della zona a basso rischio si è indebolita in maniera proporzionale allo scoppio delle varianti. Nel ragionamento sui colori non possiamo dimenticare questo aspetto determinante. Il virus ora è più capace di trasmettersi, da questo punto di vista il giallo non è più stato un colore corrispondente al rischio basso».
Le Regioni chiedono di cambiare i parametri. Ci sono ancora dubbi sulla validità dell’indice Rt e si propone l’introduzione di un nuovo criterio, quello del ritmo delle vaccinazioni. Fattibile?
«Sull’indice Rt in parte siamo d’accordo. Proponiamo che venga calcolato sui ricoveri, sul dato certificato delle persone che occupano i reparti. Un tipo di calcolo più affinato rispetto a quello più generale della popolazione, preso in analisi dall’attuale Rt. Il rappresentante del Cts Ippolito, insieme al consesso per la riorganizzazione degli indicatori, sta lavorando a questa proposta. Sul nuovo indicatore dei vaccini sono favorevole. Importante sarà declinare il criterio di base. Se in base al numero di dosi utilizzate, ricordando che al netto di Johnson & Johnson, per tutti gli altri vaccini approvati c’è la doppia iniezione, o, come sarebbe preferibile, per numero di persone immunizzate».
Mesi fa si è dichiarato convinto che il Paese non avrebbe raggiunto l’immunità di gregge entro l’anno. Con 500mila dosi giornaliere ora Figliuolo la garantisce per settembre. Si è convinto?
«Vorrei dirle qualcosa di diverso ma no. Non credo si possa garantire all’80% della popolazione una completa immunizzazione né entro settembre né entro il 2021. Stiamo vaccinando a passo più spedito e la logistica messa in campo dal generale Figliuolo è senza dubbio puntuale. Fin dai primi mesi di campagna mi sono speso affinché si includesse anche il sistema nazionale di Protezione civile e la componente militare, sono contento che si sia arrivati a capirlo.
I due nodi difficilissimi da sciogliere ora sono quelli dell’arrivo dei vaccini e del livellamento delle regioni. Un elemento, quest’ultimo, che non vedo di risoluzione prossima. Il coordinamento rimarrà frastagliato anche se quello che mi auguro è ovviamente un andamento unitario, che le emergenze richiedono per definizione. E poi c’è uno dei fronti di cui si parla poco e che ad oggi rimane uno dei più pericolosi.
Quale?
La fuga dalle vaccinazioni non per scetticismo ma per “inutilità”. Un fenomeno possibile tra non molti mesi. Quando i più fragili e gli anziani saranno protetti, quando i numeri dei decessi saranno più bassi, quando a vaccinarsi saranno chiamati i più giovani. A quel punto considereranno quasi inutile sottoporsi al vaccino anti Covid. La percezione del rischio potrebbe ulteriormente abbassarsi in un momento da non sottovalutare anche e soprattutto a causa della continua nascita di varianti. Se le future si rivelassero resistenti ai vaccini che abbiamo dovremmo ricominciare da capo».
Cosa ricorda di quella telefonata di Gabrielli che la portò a combattere contro un nemico finora mai affrontato?
«Quello che successe subito dopo. In pochi a gestire protocolli sconosciuti, momenti di completo disorientamento in cui si partiva da zero. Ricordo che il Cts non aveva ancora neanche una mail di riferimento per comunicare. Si dormiva tre ore a notte nella ricerca disperata di bombole di ossigeno, tute, visiere, mascherine. La validazione di quei dispositivi era unicamente a capo del Comitato con dettami molto tecnici che non sempre rientravano nelle nostre competenze. Fondamentale per noi fu il supporto dell’Iss e dell’Inail. Ho le spalle abbastanza larghe ma il momento che farò fatica a dimenticare è quando seduto tra quattro mura cercavo insieme ad altri pochi colleghi soluzioni che potessero impattare in maniera forte ed efficace sul Paese, ma nulla. I numeri continuavano a salire. Il senso di impotenza assoluta davanti al picco degli oltre 900 morti. Una vera e propria guerra. Che non va dimenticata».
(da Open)

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NONOSTANTE LE PROMESSE DEL GENERALE SIAMO SEMPRE A 210.000 DOSI GIORNALIERE

Aprile 16th, 2021 Riccardo Fucile

E’ LA CIFRA DELLE SOMMINISTRAZIONI DI IERI… DA 500.000 A 315.000, MA NON CI SI SCHIODA DAI SOLITI NUMERI… I VACCINATI CON DUE DOSI SONO SOLO 4,2 MILIONI DI ITALIANI DOPO TRE MESI E MEZZO

Stando all’ultimo report del governo sull’andamento della campagna vaccinale in Italia, le somministrazioni giornaliere sono state complessivamente +210.159 (ultimo aggiornamento alle ore 20.50). Un dato che è ancora molto lontano dunque dall’obiettivo previsto dal commissario per l’emergenza Coronavirus Francesco Paolo Figliuolo di 315.000 inoculazioni al giorno, per questa settimana di aprile.
In totale le somministrazioni cominciate a fine dicembre dello scorso anno sono arrivate a quota 14.159.851. Le persone vaccinate – coloro che hanno ricevuto entrambe le dosi di preparato anti-Covid – sono invece 4.209.897.
La distribuzione del vaccino tra le varie categorie che hanno diritto in via prioritaria a ricevere una dose è arrivata a questo punto:
Operatori sanitari e sociosanitari: 3.187.283
Personale non sanitario: 529.930
Ospiti di strutture residenziali: 604.608
Over 80: 4.898.817
Forze armate: 236.338
Personale scolastico: 1.126.714
Altro: 3.576.161
Per quanto riguarda il genere di coloro che hanno ricevuto almeno una dose: 8.270.354 sono donne e 5.889.497 sono uomini. In grande preponderanza è stato somministrato Pfizer (11.836.890), seguito da AstraZeneca (3.986.300) e da Moderna (1.320.400).
Se si guarda alla distribuzione per fascia d’età, la categoria degli over 80 è naturalmente quella che ha ricevuto più dosi, seguita dalla fascia d’età 50-59 anni (1.919.248) e dalla fascia 70-79 anni (1.990.198).
(da Open)

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