Dicembre 7th, 2015 Riccardo Fucile
“QUELLA DEL FN E’ UNA RISPOSTA STATALISTA, NON LIBERALE”… “UNA FORZA ANTISISTEMA CHE INTERPRETA CHI SI ILLUDE DI RITROVARE SICUREZZA E IDENTITA’ RINCHIUDENDOSI NELLE PROPRIE FRONTIERE”
“Assolutamente no, il successo della Le Pen non si spiega solo con la paura e come reazione al 13 novembre. È qualcosa di più profondo, che va capito non demonizzato”.
Inizia così una lunga conversazione con Gianfranco Fini sul successo di Marine. Rigoroso nell’analisi, l’ex presidente della Camera si appassiona molto poco al gioco nostrano su chi beneficerà in Italia al vento d’Oltralpe. E assai di meno ai titoli trionfalistici dei giornali della destra italiana che due settimane fa titolavano Bastardi Islamici e ora gioiscono per la Le Pen che dopo gli attentati ha pure sospeso la propaganda elettorale in nome dello spirito repubblicano: “La differenza di serietà — dice Fini — mi pare evidente”.
Quando passa al confronto di cultura politica, l’ex presidente della Camera, dice (fuori dal coro): “In Italia? E’ più simile a Grillo che a Salvini”.
Presidente Fini, lei dice che il successo della le Pen non si spiega solo col 13 novembre.
Esattamente. Il Front National nella versione di Marine, dopo il parricidio, non può essere in alcun modo etichettato come movimento estraneo allo spirito repubblicano. Veda, il fronte del fondatore era nostalgico dell’Algeria, di Vichy, della Francia petenista e colonialista, anti-semitismo compreso. La figlia ha determinato una mutazione genetica del fronte, mettendolo in sintonia con lo spirito profondo della Francia.
Analizziamo meglio questa mutazione genetica
L’etichetta “estremista” o “populista” dice assai poco; il Front national non è estraneo alla storia repubblicana e democratica della Francia che è intrisa del mito della grandeur gollista. Quando parlo di questo spirito mi riferisco ad esempio all’orgoglio con cui la Francia disse di no alla Ced, al successo del no al referendum sulla costituzione europea…
La grandeur, appunto.
Se non si comprende questo spirito che è all’origine stessa della costituzione, si rischiano spiegazioni semplicistiche. Il vero, grande successo della Le Pen è stato un altro. E cioè quello di conquistare una sorta di egemonia culturale. E non uso questo termine a caso, essendo lei una lettrice attenta di Antonio Gramsci: lei ha compreso quel che prima indicavo. Vale a dire riempire di contenuti, di valori, di aspettative in sintonia con la società francese il vuoto che si era determinato per l’affievolirsi dei socialisti sui temi della sicurezza e della legalità ma anche dell’esprit originario del gollismo. E la sua rivoluzione culturale l’ha posta al centro del dibattito.
Andando oltre l’impostazione originaria nazionalista ed estremista.
Macchè nazionalismo… In Francia il nazionalismo è una virtù. È bene tenere a mente questo elemento. L’Italia e la Francia sono nazioni cugine, non sorelle proprio perchè è diversa la cultura dello Stato e della Nazione, perchè sono profondamente diverse le storie nazionali. In Francia, ad esempio, il capo della destra era il capo dello resistenza…
Per non parlare del senso dello Stato.
Appunto, in Francia molto forti per ragioni storiche. Ed è il motivo per cui loro non mai hanno preso in considerazione modifiche in senso federalista, a proposito di chi fa facili paragoni con la Lega. Ciò premesso quella che ho chiamato rivoluzione culturale della Le Pen sta nella risposta che dà alla crisi e alla globalizzazione alle dinamiche. Ed è una risposta statalista, non liberista.
Lo può spiegare meglio?
La risposta della Le Pen alla globalizzazione, alla competizione, alla crisi periferie, la porta a posizione anti-europeista – e questo è il grande tema per la destra italiana — ma anche a posizioni che evocano le partecipazioni statali, il socialismo di mercato.
Lei dice che il Front è un partito ideologicamente trasversale. Sulla sicurezza dice cose di destra, anzi si muove nel solco dello spirito gollista e Repubblicano per cui, dopo la strage, evita polemiche e dice: prima la Repubblica. Sui temi economici le parole d’ordine evocano quelle della sinistra, nella critica alla globalizzazione.
E infatti prende i voti delle periferie, delle banlieu: operai, ceti medi decaduti, giovani disoccupati, immigrati o meglio, cittadini francesi di seconda generazione, ma anche la classe operaia.
Presidente Fini, lo dico senza girarci attorno. Il voto dice che su questi temi sta saltando l’Europa?
Dice anche che l’Europa, così com’è, non regge più. E difendere l’esistente è l’errore più stupido che possa fare chi è europeista. Lo abbiamo visto in queste settimane sul terrorismo: c’è stata la risposta degli stati nazionali, compresa Germania, non una risposta europea. Ma l’Europa non regge come patto sociale. Del resto è evidente: come fai a reggere se hai una politica monetaria ma non una politica economica e fiscale condivisa?
E ora si vota in Spagna, poi in Inghilterra e alle amministrative in Italia. Prevede un effetto trascinamento?
Ma guardi, io rimango dell’idea che ci siano specificità nazionali in relazione alle varie storie dei singoli paesi, ma non c’è dubbio che ci saranno voti in tutta Europa che possano essere definiti analoghi: paura per il futuro ovunque, senso di incertezza sulla propria identità , e crescerà un voti anti-europeo nella illusione di ritrovare sicurezza e identità rinchiudendosi nella propria frontiera.
In Italia la destra esulta, confidando nel vento francese.
Ho letto i giornali della destra (ride, ndr). Io non vedo un effetto trascinamento. Se però devo fare un paragone, mi pare di vedere più analogie col movimento di Grillo che con Salvini.
Con Grillo?
Le ho descritto la dimensione “anti-sistema” ma non ostile allo spirito repubblicano della Le Pen, che anche oggi parla di regime Sarkò-Hollande. E infatti Sarkozy, di intesa con la sinistra, lo ha capito e questa è la vera inaspettata novità del voto. È chiaro che è uno schema che evoca Grillo – o Tsipras prima maniera – perchè entrambi sono vergini rispetto alla prova del governo ma anche perchè queste due forze “anti-sistema” ma democratiche tengono nel gioco democratico una quota rilevante di elettori che non andrebbero a votare. Ha dotato come in Francia vota il 50 per cento degli elettori? Beh, se togli i voti della Le Pen arriviamo a quella che Dahrendorf chiamava la democrazia senza demos. Lo stesso vale per l’Italia.
E Salvini?
Della Lega questo non lo puoi dire. E non solo perchè ha governato e governa da anni, ha sindaci, amministratori, ha espresso ministri. Ogni destra è figlia della storia nazionale e in Francia non solo non puoi immaginare partiti federalisti ma la secessione è inimmaginabile.
Poi c’è il tema Berlusconi. Non crede che la fotografia di Bologna abbia già invecchiato l’operazione Salvini?
Bologna è stata la fotografia di una prova di forza riuscita che rivela la debolezza del progetto. Ha sancito un protagonismo nell’ambito della coalizione: dà le carte ma non riuscirà a interpretare milioni di elettori di centrodestra.
Concludiamo così: Marine è pronta per l’Eliseo?
E’ semplicistico dire che essere il primo partito le spiana la strada per l’Eliseo. Sarà molto interessante vedere il risultato di questa tornata amministrativa e cosa faranno gli elettori in quelle regioni in cui si ritirano i socialisti? E poi, attenzione, Marine e Marion non sono sorelle omozigote. Le due signore danno interpretazioni diverse su dinamiche rilevanti. La Marine non trova nulla di scandaloso nell’unione di persone dello stesso sesso. Marion è integralista cattolica contro l’aborto. La Francia ha fatto della laicità in pilastro della sua cultura. Insomma, è un movimento composito. E le differenze non sono sempre un elemento di forza.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 9th, 2015 Riccardo Fucile
PRESENTATO IL MOVIMENTO “AZIONE NAZIONALE” PER “RIAGGREGARE LE ANIME DISPERSE DELLA DESTRA”… NELLE FIRME DELL’ATTO COSTITUTIVO LA PROVA DI CHI SONO GLI ISPIRATORI… IL PROGRAMMA E LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Lo avevamo anticipato e i fatti l’hanno confermato: si chiamerà “Azione nazionale” il nuovo movimento politico “volto a riaggregare “le varie anime della diaspora della destra, partendo da una rete civica fortemente radicata nel territorio”, presentato poche ore fa a palazzo Ferrajoli, a Roma.
Il nome scelto ricalca non a caso quello di Alleanza nazionale, il partito guidato a suo tempo da Gianfranco Fini, in evidente contrasto con l’uso di Alleanza Nazionale attualmente “appaltato” al partito della Meloni.
I promotori ufficiali sono i primi firmatari della “mozione dei quarantenni” discussa all’ultima assemblea della Fondazione Alleanza nazionale e che sono stati sconfitti di qualche decina di voti all’assemblea stessa dall’alleanza Meloni-Gasparri-La Russa-Matteoli.
Se qualcuno avesse ancora dei dubbi su chi sostiene e ha ispirato la loro
iniziativa è sufficiente rinviare a chi ha depositato il simbolo all’Ufficio italiano brevetti e marchi: Marco Cerreto, fiduciario di Gianni Alemanno, Roberto Menia , braccio destro di Gianfranco Fini, e Giuseppe Scopelliti, ex governatore della Calabria.
Sempre nel consiglio direttivo ritroviamo Marco Cerreto, portavoce di Prima l’Italia, e Mario Ciampi, legato alla fondazione Liberadestra, guidata da Fini.
Questo per chi aveva dato “parziali smentite” ai giornali.
Come presidente del comitato dei promotori c’è Pasquale Viespoli, già sottosegretario in tre governi Berlusconi e ora presidente di Mezzogiorno Nazionale.
Fausto Orsomarso (consigliere regionale in Calabria, emenazione di Scoppellitti, è il portavoce per i primi tre mesi, gli altri “quarantenni” (Sabina Bonelli, Alessandro Urzì, Michele Facci, Andrea Santoro, Gianluca Vignale) sono nel consiglio direttivo.
Programma
Oltre a ritornare sulla priorità di selezionare gli amministratori attraverso le primarie, sono sei i temi ritenuti prioritari: la centralità della Nazione e il rispetto della sovranità , il senso dello Stato, la solidarietà comunitaria, la promozione del Made in Italy e del lavoro italiano, la partecipazione dei cittadini e dei lavoratori e i valori non negoziabili della persona.
L’obiettivo è quello di ripartire dalla Destra come “spazio libero e autonomo” dagli altri partiti dell’attuale centrodestra.
Modello Cinquestelle
Il nuovo movimento-partito, utilizzerà la rete per decidere su temi cruciale: “si doterà di un blog e di una piattaforma per votare online su tutte le decisioni essenziali che riguardano la vita del Movimento”
Struttura
Azione nazionale prevede circoli locali aperti alla partecipazione, mentre a livello regionale l’organizzazione sarà autonoma, in base alle esigenze dei territori, rispettando direttive e linee di programma nazionali. A fianco del movimento opererà una confederazione di liste civiche e locali.
Gli aderenti ad Azione nazionale potranno essere contemporaneamente iscritti ad altro partito o associazione di centrodestra: ciò a conferma del carattere movimentista della struttura.
Azione nazionale potrebbe porsi come un vero partito, con statuto da registrare, e in prospettiva potrebbe pure presentarsi alle elezioni.
Da segnalare che Fratelli d’Italia ha già reagito annunciando espulsioni: ““Gli iscritti di Fratelli d’Italia che aderiranno a percorsi non concordati con il nostro movimento se ne chiamano fuori per sempre”.
Sullo sfondo la battaglia per ottenere finanziamenti dalla Fondazione An a cui c’è chi attinge e chi no (facile immaginare chi sì e chi no).
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Ottobre 30th, 2015 Riccardo Fucile
A DESTRA NASCE UN NUOVO CONTENITORE POLITICO NEL SEGNO DEI QUARANTENNI
I segnali si erano già avuti all’assemblea della Fondazione An, quando la mozione dei quarantenni appoggiata da Alemanno e Fini ebbe la peggio per 222 voti a 266 su quella della grande alleanza Meloni-La Russa-Gasparri- Matteoli.
Una sconfitta di misura che ha però rappresentato la consapevolezza che il binomio tra l’ex presidente di An e il suo colonnello potesse ancora rappresentare una fascia degli ex An e il conseguente desiderio di coltivare questa base.
Da qui il progressivo distacco degli uomini di Alemanno da “Fratelli d’Italia” e le sue dichiarazioni sempre più critiche verso l’isolamento della Meloni e la sua deriva lepenista e salviniana.
Un altro segnale lo aveva dato Gianfranco Fini pochi giorni fa quando, ospite della Gruber, un po’ a sorpresa non aveva escluso un suo ritorno in campo a tempo pieno.
Il progetto è stato messo a punto durante una riunione a Roma 48 ore fa e doveva rimanere segretato fino a fine prossima settimana, quando diventerà ufficiale e presentato alla stampa.
Che sia in stato avanzato lo dimostra il nome scelto, Azione Nazionale, che ricalca la sigla AN, e il fatto che si sta già lavorando sul simbolo.
L’intesa Fini-Alemanno permetterebbe di unire la esposizione mediatica del primo alla presenza territoriale organizzativa del secondo.
Sullo sfondo, la cordata dei quarantenni che hanno bagnato le polveri all’assemblea dlla fondazione An, per lo più dirigenti locali che credono nella necessità di un rinnovamento dela destra italiana.
Nodi da risolvere restano sia il progetto politico, anche perchè tra Fini e Alemanno rimangono posizioni differenti su diversi temi, che la forma che andrà ad assumere nel tempo questa loro iniziativa comune, destinata a suscitare, come sempre a destra, discussioni e polemiche.
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Settembre 12th, 2015 Riccardo Fucile
“UN PARTITO DI DESTRA DOVREBBE BATTERSI PER UNA SOCIETA’ MULTIETNICA, CHE E’ DIVERSO DA DIRE MULTICULTURALE”
Gianfranco Fini torna a Mirabello, alla Festa Tricolore, dopo la fredda accoglienza di qualche anno fa
(2011, ndr) quando venne fischiato, il passaggio a vuoto del 2013 e il pubblico non proprio delle grandi occasioni dell’anno passato.
Anche sabato 12 settembre, ad accogliere ed ascoltare l’ex presidente della Camera dei Deputati, erano presenti poco più di duecento persone.
Così nella serata di sabato, Fini non ha fatto mistero di essere consapevole che “il rapporto con gli elettori di destra è frutto delle scelte che ho fatto”, una premessa che è suonata come un mea culpa per l’uomo politico che esattamente vent’anni fa (1995, ndr), traghettò il Movimento Sociale Italiano alla storica svolta di Fiuggi e alla creazione di Alleanza Nazionale.
Aggiungendo tuttavia: “Da tempo non mi preoccupo di quel che si dice sul mio conto, ho la coscienza a posto”.
L’intervistatore, Paolo Graldi, ex direttore de Il Mattino e de Il Messaggero, si è augurato che la serata che andava ad incominciare potesse essere ricordata in futuro, “una serata da io c’ero”.
Il botta e risposta tra Graldi e Fini, è invece filato via senza colpi di scena, tra una domanda sul “virus esistente nelle vene della politica, in maniera trasversale, che porta alla divisione” e un quesito sui temi caldi immigrazione e identità della destra del futuro.
Dal canto suo, il fu ministro degli Affari Esteri del governo Berlusconi II e III, ha definito la parcellizzazione delle forze politiche “un trend inevitabile”, un frutto dei tempi, “effetto del superamento delle contrapposizioni ideologiche proprio della società post ideologica in cui viviamo”.
A parere di Fini, se si vuole tornare a definirsi “comunità che sta a destra”, è prima necessario “definire cos’è la destra”, di modo che non sia un semplice “distintivo da appuntarsi al petto”.
Riprendendo le fila del dibattito che aveva preceduto l’intervista, l’ex leader di An ha ribadito che “in un momento storico in cui la democrazia è senza demos, la destra ha bisogno di approfondimenti, di comprendere il presente partendo dal passato” nella convinzione che “le radici non gelano quando sono profonde”.
Sull’inevitabile domanda circa il futuro di un soggetto politico unitario a destra Fini, ha auspicato la nascita di una “casa comune, che sia uno spazio libero in cui esprimersi”, uno spazio però che non lo vedrà politicamente protagonista a quanto pare, dal momento che poco dopo ha precisato che “non vorrò nè tessere nè candidature, nè tantomeno direzioni di alcun tipo”.
Inevitabile, nel dialogo tra Graldi e Fini, è giunta la domanda sui temi di più stringente attualità politica: immigrazione, Europa, riforma del Senato.
Con essi, non è mancato il riferimento alla Lega di Matteo Salvini e ai suoi rapporti con la “destra dei sogni” di Fini.
“Un giudizio di destra sulla riforma della seconda Camera — ha risposto Fini — dovrebbe partire dalla tradizionale avversione rispetto al bicameralismo paritario, per giungere sino alla proposta di abolizione del Senato”.
Sul tema immigrazione invece, l’ex ministro si è contrapposto decisamente alla Lega e a Salvini, interprete di “timori esistenti nella società ” ma colpevoli “di soffiare sul fuoco”.
Un soggetto politico di destra dovrebbe essere consapevole dei pericoli che certi fenomeni migratori comportano, ma anche realisti sul fatto che le uniche risposte efficaci possono essere di portata europea.
“Bisogna avere il coraggio di sfidare la Lega e i suoi insulti, un partito di destra dovrebbe battersi per una società multietnica, che è diverso da dire multiculturale”. Secondo Gianfranco Fini, chi arriva in Italia e decide di restare, “deve riconoscersi in una Comunità , a prescindere dalle sue origini”.
Sempre sul tema, quello che fu il delfino di Giorgio Almirante ha dichiarato “l’asticella del dibattito sull’immigrazione — secondo Fini — deve essere elevata proprio dalla destra, che deve colmare di contenuti il vuoto culturale in cui la Lega si è inserita”.
Una destra europeista, sostenitrice di una “sovranità condivisa, perchè o l’Unione cambia passo o implode”, ma una destra anche critica verso gli slogan e portatrice di contenuti culturali, quella immaginata da Fini.
Sul sostegno di Angelino Alfano, a suo dire subalterno alla linea dettata dal Pd di Matteo Renzi, “fortunato a gestire la cosa pubblica dopo il picco della recessione”, Fini ha le idee chiare: “Piuttosto che domandargli di revocare il sostegno al governo, vorrei chiedergli ‘cosa ci sei andato a fare?’”
Francesco Altavilla
(da “Estense”)
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Luglio 14th, 2015 Riccardo Fucile
ERA SOTTO PROTEZIONE DAL 1993 PER I NUMEROSI INCARICHI POLITICI E LE MINACCE RICEVUTE… MA GIA’ DA UN ANNO LA SCORTA NON C’E’ PIU’
Niente più scorta, e da quasi ormai un anno, per Gianfranco Fini.
Il governo ritiene che l’ex presidente della Camera protagonista della “svolta di Fiuggi”, ma anche dello scontro con Silvio Berlusconi che pose una pietra tombale sulle sue aspirazioni a diventare il leader del centrodestra, non è più ormai da quasi un anno soggetto esposto a “concreti ed attuali indicatori di rischio”.
L’eliminazione di ogni forma di tutela nei confronti di Fini, sotto scorta dal 1993 prima da leader di An e poi come vicepresidente del Consiglio, ministro degli Esteri e, infine, presidente della Camera dei deputati nella scorsa legislatura, viene spiegata in Senato dal viceministro all’Interno Filippo Bubbico con una breve e scarna risposta ad una interpellanza di Aldo Di Biagio, proveniente anche lui dalle file di Alleanza nazionale.
Che l’ex presidente della Camera fosse rimasto privo di guardie del corpo, d’altra parte, è cosa nota da circa un anno.
“Dal 1993 in poi — ricorda il rappresentante del Viminale — l’on. Gianfranco Fini è stato destinatario di misure di protezione ravvicinata, prorogate di volta in volta in relazione agli incarichi politici, governativi e istituzionali ricoperti ed alle numerose espressioni di minaccia di cui è stato destinatario nel corso della carriera politica. Nel tempo, il profilo di rischio della personalità si è affievolito comportando, di conseguenza, un adeguamento delle misure tutorie disposte in suo favore. In particolare, nel mese di giugno 2013 (a qualche settimana dalla fine della legislatura in cui presiedeva la Camera e dalla sua non rielezione in Parlamento) il prefetto dl Roma ha proposto una prima rimodulazione della misura tutoria da un secondo livello, “scorta su auto specializzata”, ad un terzo livello, “tutela su auto specializzata”.
Successivamente, nel gennaio 2014, il dispositivo è stato ulteriormente rimodulato ad un quarto livello, “tutela su auto non protetta“.
Infine, il 7 agosto 2014, sempre su proposta del prefetto di Roma, è stata disposta la revoca della stessa misura tutoria, espletata dall’Ispettorato di pubblica sicurezza Viminale, “attesa l’assenza di concreti ed attuali indicatori di rischio, direttamente riferibili al dottor Gianfranco Fini, confermati anche da ulteriori approfondimenti”.
Per cui, da allora Fini si muove, a Roma e fuori dalla capitale, con mezzi propri. Anche per recarsi alla Camera dei deputati, dove ancora per qualche anno ha a disposizione, in quanto ex presidente, un ufficio e del personale di segreteria.
Roberto Grazioli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 30th, 2015 Riccardo Fucile
A VENEZIA NUMERO DUE ALLE COMUNALI DI FDI E’ UN ADERENTE A LIBERA DESTRA, NONCHE’ DIRIGENTE DELLA FONDAZIONE AN ED EX COORDINATORE DI FUTURO E LIBERTA’
Il suo motto alle elezioni comunali di Venezia è “metti il tuo voto in movimento”: non si può negare che Bruno Canella abbia scelto uno slogan che ben si addice ai suoi “movimenti” o meglio sarebbe dire spostamenti politici.
Infatti la sua vocazione “movimentista” l’aveva già portato da ex vice di Galan in Regione Veneto durante la VI legislatura a diventare coordinatore provinciale di Venezia per Futuro e Libertà .
Ora dopo quella esperienza, eccolo ricomparire come numero due nella lista lagunare di Fratelli d’Italia, in appoggio alla candidatura del’ex leghista Zaccariotto, anche lei redenta sulla via di Damasco.
Quello che lascia perplessi è che Canella risulti tra gli aderenti anche a Liberadestra, il pensatoio di
Gianfranco Fini che più volte si è espresso in termini non certo lusinghieri nei confronti della linea politica della Meloni.
Come si possano condividere contemporaneamente due progetti diversi non ci è dato sapere: certo è, per fare buon peso, che Canella fa anche parte della Fondazione An grazie, pare, proprio all’interessamento dello stesso Fini.
D’accordo che, come recita il suo manifesto, è importante che “alcuni italiani non si arrendono”, ma per un elettore sarebbe interessante almeno capire su quale fronte Canella combatta questa battaglia, onde evitare di essere vittime di una schioppettata da “fuoco amico”.
Perchè non sarà in fondo rilevante, in questi tempi “movimentisti”, sapere quante tessere tenga in tasca un politico, ma almeno si avrebbe diritto a conoscere come la pensi e come si collochi.
Altrimenti si rischia come nelle figurine Panine di essere immortalati con la maglia di una squadra e poi finire il campionato in quella rivale.
E avrebbe buon diritto l’elettore a pensare che la politica sia in fondo un calciomercato senza più bandiere, ma solo banderuole.
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Febbraio 24th, 2015 Riccardo Fucile
“GIORGIA MELONI E’ UNA GRANDE DELUSIONE, E’ DIVENTATA LA MASCOTTE DELLA LEGA”… “IL VUOTO VA RIEMPITO, MA SI DEVE PARTIRE DALLE IDEE, NON DAI VERTICI TRA EX COLONNELLI”
Gianfranco Fini, parliamo della crisi del centrodestra. Anzi no, prima risponda ad una domanda preliminare. C’è ancora la destra in Italia?
“Dobbiamo metterci d’accordo su che cosa s’intenda per una politica di destra. Attualmente in Italia ci sono due forze politiche che si definiscono di destra: c’è la Lega, con l’aggiunta della costola Giorgia Meloni, sempre più mascotte di Salvini. La definirei una destra minoritaria per vocazione che si nutre di due spettri, di due paure: l’immigrazione e l’Unione europea. E poi c’è Forza Italia, il grande club Forza Silvio, piegato agli interessi e agli umori quotidiani di Berlusconi”.
Nient’altro?
“Vedo il deserto dei tartari. La destra come la intendo io, maggioritaria, di governo, anche quando è all’opposizione, purtroppo non esiste”.
Ci sono voci di movimenti: gli ex An si darebbero da fare. La rivedremo con Alemanno e La Russa?
“Non si può riportare indietro le lancette. Nell’ambito di quella che fu An circolano tuttavia due sentimenti che coinvolgono una parte di ex ceto politico che non vuol ridursi al “Si Salvini chi può” pur di essere eletto… ”
Ce l’ha con la Meloni?
“La Meloni è una gran delusione”.
L’ho interrotta. Diceva dell’altro sentimento in ambito An.
“Sì, è quello degli elettori che hanno perso una casa comune, che hanno votato Grillo o Pd, oppure non hanno più votato e non si sentono rappresentati politicamente. Sono loro gli interlocutori, quelli che si aspettano un centrodestra con una fisionomia programmatica, un centrodestra con le idee. La sinistra, sia pur con mille tormenti, si è messa in moto, mentre a destra non si vede niente”.
Ripartire con chi?
“Certo non con i vertici tra ex colonnelli, con la definizione delle alleanze alle prossime elezioni o con l’individuazione risibile di una leadership. Mi permetto di dare un consiglio: prima di tutto bisogna fare chiarezza sui contenuti”.
Alemanno e altri si stanno muovendo con una sorta di Cosa post-An. E poi ci sono i soldi della Fondazione An, 230 milioni che servono come il pane…
“Io non sono iscritto alla Fondazione. Al di là del tesoretto, vedo con interesse tutto ciò che si muove nella direzione che ho detto e, se richiesto, darò il mio contributo”.
Non chiude la porta ad un nuovo impegno politico?
“Il mio impegno non è mai cessato. Vada sul sito di Liberadestra. Non troverà commenti a Tizio o Caio ma riflessioni per mettere benzina nel motore”.
Immagino lontane dal Salvini pensiero
“Quello è lepenismo d’accatto. Al netto delle felpe, Salvini è un personaggio della vecchia Lega. Prima volevano la Liberazione del Nord per portarlo in Europa, adesso la liberazione dell’Italia da Bruxelles. La mia idea di destra va in direzione esattamente opposta. Il problema non è l’euro. Il problema è che abbiamo una politica monetaria comune e non una politica fiscale omogenea. Bisogna spingere, da destra, verso gli Stati Uniti d’Europa”.
Le piacerà ancora meno il Salvini sull’immigrazione.
“Ha detto cose oscene tipo che “se non partissero non annegherebbero”. Molto è cambiato da quando feci la legge con Bossi. Oggi arrivano donne e uomini in fuga dalla guerra civile che, giustamente, chiedono diritto d’asilo. Una politica di destra ed europeista dovrebbe chiedere la revisione del trattato di Dublino 3. Non è possibile che l’Italia debba farsi carico da sola, dall’identificazione alla permanenza, di chi arriva sulle nostre coste”.
Insisto: ma se Berlusconi decidesse di andare alle Bahamas a chi tocca?
“Al momento non c’è nessuno come non c’era nessuno a sinistra. La leadership non si costruisce in laboratorio, la leadership si afferma con le proposte, con una visione della politica e della società . Il nuovo leader della destra deve ancora emergere”.
Non a caso Renzi dice: io duro fino al 2018 e poi vinco le elezioni. Secondo lei ha ragione?
“Renzi è un uomo fortunato, spregiudicato, a volte un po’ bullo, in questo momento non ha competitori. Gli italiani cominciano a capire che la protesta di Grillo è fine a se stessa. E se non votano Grillo oggi cosa c’è? Berlusconi o Salvini? Mi creda: Renzi può dormire tra due guanciali”.
Ma prima o poi ci sarà un’altra destra?
“E’ inevitabile che il vuoto finisca per riempirsi”.
Alessandra Longo
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 20th, 2015 Riccardo Fucile
“SE LA DESTRA SI RIDUCE A SALVINI E MELONI, RENZI GOVERNERA’ PER DIECI ANNI”… “TANTI ELETTORI DI DESTRA NON VOTERANNO MAI LEGA”
“La destra in vent’anni è cambiata perchè è cambiato il Paese», parola di Gianfranco Fini. E “se il
leader della destra del futuro sarà Salvini, Renzi, l’asso pigliatutto, resterà al governo per dieci anni”.
Presidente Gianfranco Fini, dell’idea che, vent’anni fa, portò la destra al governo, cosa resta oggi?
“Alleanza Nazionale è stata la dimostrazione che può esistere una destra che ha cultura di governo. Rispetto alla storia precedente, quella del Movimento Sociale, la grande trasformazione non fu soltanto quella relativa ad alcuni principi programmatici, che sono quelli del congresso di Fiuggi, ma fu nella volontà di dimostrare che chi votava a destra non aveva solo un ruolo di rappresentanza e di opposizione”.
Come avvenne?
“Grazie all’alleanza che si creò con Forza Italia e la Lega. Ci fu una congiuntura favorevole: la nascita di FI, l’alleanza con Berlusconi, con la Lega e con Casini”.
La differenza tra il Msi e An?
“Il Msi era una formazione figlia di un’epoca in cui la politica era basata sulle ideologie. An segnò uno dei primi momenti postideologici. Leo Valiani, che certamente non era sospettabile di simpatie per la destra, scrisse testualmente: a Fiuggi può nascere il partito della Nazione. Ironia della sorte la stessa definizione che oggi Renzi applica al Pd. La differenza tra il Msi e An è collegata all’evoluzione storica del Paese. Un po’ la stessa differenza che intercorreva tra il Pci e il Pds”.
E la destra che c’è oggi?
“Purtroppo è mille miglia lontana da questa fisionomia che aveva An. Perchè oggi la destra è rappresentata da tre soggetti: Forza Italia che è un asset aziendale, poi i Fratelli d’Italia che si sono ridotti ad essere una costola della Lega, con posizioni sempre più antieuropeiste e sempre più improntate ad una polemica sull’immigrazione clandestina. E poi c’è la Lega, una destra minoritaria, protestataria, di stampo lepenista, una destra che può raccogliere dei voti, ma che rappresenta un’assicurazione sulla vita di Renzi, il quale governerà per altri dieci anni, se la destra avrà come baricentro la Lega”.
Perchè Salvini ha successo?
“Il consenso leghista al nord c’è sempre stato e c’è. Io ho molti dubbi che ci sia un consenso altrettanto rilevante al centrosud, dove c’è la corsa sul carro del vincitore, da parte di segmenti del ceto politico”.
E i sondaggi?
“I sondaggi confermano che c’è una crescita: Salvini è l’unico attore protagonista, FI è talmente confusa nella linea politica e talmente condizionata dagli interessi di Berlusconi, da perdere progressivamente credibilità . Altri soggetti non ce ne sono e Salvini riempie questo spazio. Ma attenzione: incontro elettori che mi dicono che non voteranno mai per la Lega, qualche esponente politico, qualche consigliere fa un pensierino a candidarsi. La distinzione tra ceto politico ed elettori è fondamentale”.
Lei è sempre un convinto bipolarista?
“Il bipolarismo non c’è più: da qualche anno è sulla scena un terzo polo, rappresentato da Grillo. Ma qui siamo in presenza di un asso pigliatutto: il Pd, che si allarga sempre di più verso il centrodestra e c’è l’incapacità di contrapporre, da parte del centrodestra, una fisionomia programmatica e una prospettiva”.
Ma che differenza c’è, oggi, tra destra e sinistra?
“Le differenze ci sono, però non sono più nette come un tempo: la sinistra era comunista e la destra era liberal-democratica. Una volta era bianco o nero, oggi ci sono mille sfumature di grigio. Oggi per la destra l’interesse nazionale è perfettamente compatibile nell’ambito di una identità europea, per la sinistra questa identità europea finisce per prevalere”.
Antonio Angeli
(da “il Tempo”)
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Gennaio 20th, 2015 Riccardo Fucile
LO RIVELA IL SETTIMANALE OGGI
L’appartamento di Montecarlo al centro dello scandalo che nel 2010 colpì Gianfranco Fini è in
vendita per 1,6 milioni di euro.
Lo rivela il settimanale Oggi in edicola, che pubblica le foto degli interni della casa affidata all’agenzia immobiliare Mirage.
Sarebbe proprio il “cognato” di Fini Giancarlo Tulliani (fratello di Elisabetta, compagna dell’ex presidente della Camera), secondo fonti del settimanale, a darsi da fare affinchè la vendita dell’appartamento vada a buon fine: sarebbe infatti stato immortalato dai fotografi mentre incontra di persona probabili acquirenti al tavolo di un bar monegasco.
La casa, proveniente dal lascito di una ricca simpatizzante del Msi-An, era stata venduta per 300 mila euro nel 2008 a una società anonima dell’isola caraibica St. Lucia, dietro la quale si sospetta si celi Tulliani.
Sulla differenza fra il prezzo allora pagato e il valore reale dell’appartamento è in corso una causa civile.
(da “Huffingtonpost“)
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