Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
IL PROVVEDIMENTO NELL’AMBITO DELL’INCHIESTA SULLA FONDAZIONE MAUGERI DOVE L’EX GOVERNATORE E’ ACCUSATO DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Sequestro preventivo da 49 milioni di euro per Roberto Formigoni, l’ex governatore lombardo finito nelle indagini milanesi su San Raffaele e Fondazione Maugeri.
Su richiesta dei pm Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta il gip Paolo Guidi ha disposto il sequestro, effettuato dai militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Milano, che riguarda anche i conti correnti di cui Formigoni dispone col coinquilino e amico storico Alberto Perego (anch’egli coinvolto nella stessa inchiesta).
Il provvedimento riguarda tutti i conti correnti, a eccezione di uno, la villa in Sardegna ad Arzachena, frazioni di altre proprietà immobiliari e tre auto.
Gli importi sequestrati verrano trasferiti i sul Fondo unico giustizia come recupero del profitto dei reati contestati a Formigoni nell’inchiesta.
L’ex governatore lombardo, oggi senatore del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e appropriazione indebita.
La villa in Sardegna venne ceduta nel 2011 a un prezzo ritenuto di favore dagli inquirenti a un coinquilino di Formigoni nella comunità del Memores Domini.
L’unico conto non risparmiato è quello in cui l’attuale senatore percepisce l’indennità parlamentare mensile.
Secondo la tesi dei pm “le utilità a favore del presidente di Regione Lombardia” in cambio della “protezione globale” che garantiva erano davvero tante: 3,7 milioni in yacht, 800 mila euro in vacanze ai Caraibi, e poi spese varie, ristoranti. Invano il Celeste aveva cercato di difendersi sostenendo che si trattava di spese di gruppo, ma mai riuscito a produrre una ricevuta una.
Dalle analisi dei conti correnti fatte da chi indaga non risulterebbero, a fronte delle entrate, uscite se non per importi modestissimi. E neanche nessuna restituzione di denaro come lui aveva affermato per l’acquisto di biglietti aerei, per esempio, al faccendiere Pierangelo Daccò, già condannato in appello per il crack San Raffaele.
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Marzo 23rd, 2014 Riccardo Fucile
UNA MAIL SVELA CHE FORMIGONI E I SUOI SAPEVANO… E MARONI SCONSIGLIATO DA PISAPIA VOLEVA COME SUBCOMMISSARIO PROPRIO ROGNONI, ORA ARRESTATO
Infrastrutture Lombarde: un appaltificio da 240 milioni a disposizione degli amici. 
La spa nasce nel 2003 per agevolare l’interventismo pubblico dei governi regionali guidati da Roberto Formigoni, il quale, secondo il tribunale di Milano, assieme ai suoi fedelissimi era a conoscenza del malaffare.
Secondo il giudice, che giovedì ha firmato otto arresti, uno come Pierangelo Daccò, amico e pagatore dell’ex presidente, aveva “un certo ascendente” sulla società .
Formigoni e formigoniani, dunque.
La nascita di Ilspa, infatti, è tutta farina del Celeste che piazza sulla poltrona di direttore generale Antonio Rognoni.
Carriere intrecciate, con il dg che mette in fila investimenti per 11 miliardi e il presidente che inciampa negli scandali fino al rinvio a giudizio approdando in Senato.
Nel gennaio scorso, poi, Rognoni lascia.
Pochi giorni dopo diventano pubbliche le indagine della Corte dei Conti sulle spese pazze dell’Ilspa.
Ai piani alti c’è Bobo Maroni. Si ipotizza una discontinuità . Capita il contrario, perchè il neo-governatore propone la candidatura dell’ex dg a sub commissario per Expo.
E questo nonostante sia stato sconsigliato dal sindaco di Milano.
Con Giuliano Pisapia, l’incontro, riservatissimo, avviene prima della bufera giudiziaria. In quel frangente il primo cittadino sconsiglia Maroni nel proseguire sulla strada di Rognoni, perchè, ragiona Pisapia, con lui in Expo aumenterebbe il rischio di infiltrazioni mafiose.
Ipotesi concreta visto che l’esposto dal quale parte l’indagine del procuratore aggiunto Alfredo Robledo arriva da una società su cui pesano sospetti di collusioni con la ‘ndrangheta.
Questo, dunque, il clamoroso dietro le quinte dell’affare Infrastrutture Lombarde sul quale ieri è intervenuto lo stesso Maroni smentendo di aver proposto la candidatura dell’ex dg.
Il caso della holding promette dunque futuri sviluppi soprattutto su Expo. Con buona pace del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che ieri ha invitato “a non perdersi in nuove iniziative giudiziarie per concentrarsi sull’esecuzione dei lavori”.
L’inchiesta, però, c’è e mette sul piatto un dato clamoroso.
Lo scrive il gip Andrea Ghinetti nella sua ordinanza quando, a proposito del sistema Rognoni, sostiene “la consapevolezza di tutte le parti in causa di agire in un ambito di diffusa illegalità , compresi i vertici della Regione”.
Tutti sapevano delle gare Expo addomesticate e delle consulenze milionarie riservate alla“cerchia”.
Il ragionamento del giudice nasce da una mail inviata dal legale Carmen Leo a Rognoni. Nel documento l’avvocato, arrestato giovedì, riferisce di un incontro in Regione proprio sulle consulenze legali dell’Ilspa.
“Caro Antonio — scrive Leo — alla riunione erano presenti: Zucaro, Vivone, Colosimo, Sala”. I primi due erano all’epoca avvocati dell’ufficio legale del Pirellone. Mentre Sala era “dirigente dell’Unità Organizzativa Normativa e Amministrativa della Regione”. Insomma , il ruolo di controllore sulle consulenze era interno al Pirellone.
Il dato conferma il passaggio dell’ordinanza dal quale emerge la consapevolezza del malaffare da parte di Paolo Alli, ex sottosegretario alla presidenza.
Una consapevolezza che emerge, nettissima, dalle intercettazioni.
L’avvocato Salvatore Primerano, anche lui ai domiciliari , descrive il sistema. “Le persone di cui (Rognoni) si contorna poi lo seguono in questo percorso”. E dunque “chi è troppo rigido trova difficoltà ”.
Il motivo lo si ascolta in un’altra telefonata tra Pierpaolo Perez, responsabile dell’Ufficio gare e contratti di Ilspa, e un avvocato.
Dice il legale: “Non si possono mai dare incarichi fuori dalla cerchia”.
Il dato, tassativo, sottende una regola ferrea che si apprende dalla voce di Rognoni: “Io pretendo che la gente lavori con la mia testa”.
Tutti lo seguono, nonostante dubbi e paure. Come quelle dell’avvocato Maurizio Malandra (ai domiciliari). “Siamo deboli — dice — , se viene la Corte dei Conti pensi che scavalliamo tanto?”.
Più esplicita Carmen Leo: “Questi sono tutti abusi”. Il legale si riferisce ai “ricatti” che Rognoni fa alle imprese chiedendo “garanzie non dovute” in cambio dell’appalto. Un modo di agire che, spiega Perez, “serve a fare in modo che la Regione vinca 2 a 0 e che loro siano i più fighi del mondo”.
Insomma, Rognoni tira dritto dando consulenze anche a chi non le vorrebbe più come nel caso della Leo che confessa: “È per rischiare meno, io prendo già tanti soldi”.
Netta la risposta del dg: “Gli importi li decido io”.
Nomi, fatti, accuse. Da questi emerge un personaggio (non indagato) definito “molto potente” che può “essere di aiuto”.
Ex carabiniere, vicino ai servizi segreti, campione di incarichi, potrebbe essere la chiave per accedere ai santuari su cui indaga l’antimafia.
Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 4th, 2014 Riccardo Fucile
UNA VITA SENZA BISOGNO DI PORTAFOGLIO
È scoccata l’ora di Tangentopoli anche per Roberto Formigoni.
Un tempo c’era la mazzetta di banconote, in busta o in valigia.
Oggi, attraverso l’ex presidente della Regione, si vedono le «altre utilità »: anni e anni di lussuosi viaggi caraibici a Capodanno e cene a base di champagne, di affari immobiliari occulti mescolati alle mollezze delle crociere.
Questa «vita a sbafo», per i magistrati, si spiega con il «sistematico asservimento della discrezionalità amministrativa» della Regione alle esigenze dei faccendieri. L’«eccellenza sanitaria» lombarda nascondeva un fiume di soldi: che usciva dalle tasche pubbliche e veniva drenato per infilarsi nelle tasche private dei faccendieri.
La razzia ammonta a circa 70 milioni ed è stata perpetrata, secondo la polizia giudiziaria, da due uomini legati indissolubilmente a Formigoni.
Antonio Simone, ciellino di lungo corso, travolto dalla vecchia Tangentopoli. E Piero Daccò, imprenditore.
I due, che ancora tacciono o si proclamano innocenti, hanno giustificato quel denaro come il frutto di meritate «consulenze».
Ma che non fossero consulenze lo provano i lavori surreali, appioppati dai due amici di Formigoni sia al San Raffaele, sia alla Fondazione Maugeri: paginette sulla vita marziana, copia-e-incolla di baggianate prese da Internet, robaccia delirante in lessico paramedico, dossier pagati centinaia di migliaia di euro (l’uno).
Soldi che prendono la via dell’estero, che s’inabissano nei paradisi fiscali.
Soldi ai quali bisogna fare attenzione, perchè nelle carte giudiziarie esiste un passaggio che viene ostinatamente «taciuto» dalla trincea difensiva.
Lo potremmo definire «il non-miracolo della moltiplicazione dei soldi» di Formigoni. I detective hanno analizzato tutti i conti dell’ex presidente della Regione, accertando che «non si registrano nè prelievi bancomat, nè emissione di assegni» compatibili con il suo tenore di vita. Accanto alle «significative disponibilità di denaro del quale non è nota la provenienza», si registra una sorta di risparmio totale, molto meno di quanto serve alle «necessità quotidiane di una “comune” persona».
Spiegazioni? «Non mi sono mai messo in tasca un euro, anche Gesù ha sbagliato a scegliere un collaboratore»: queste alcune reazioni di Formigoni in pubblico.
In privato, scaricava la sua rabbia persino sul cardinal Angelo Scola: «… magari a cercare degli amici cardinali che non dicano troppe str….».
Il brogliaccio degli intercettatori regala il perfetto riassunto di uno stile: «Formigoni dice di essersela presa perchè Scola ha dato il segnale di avere qualche dubbio su di lui (…) Formigoni continua a lamentarsi che altri amici non lo hanno difeso».
Ma come difenderlo?
Ci sono ciellini che faticano a finire il mese e c’è, ormai in vista, lo stupefacente mènage del loro leader.
La presentatrice tv Manuela Talenti ha acquistato una casa per 630mila euro, il pagamento è realizzato in parte con bonifici firmati Roberto Formigoni (55mila).
Ma anche, accertano i detective, con denaro cash. Quando il segreto istruttorio finisce, Talenti si sfoga con i giornali: «Formigoni – dice lei – mi diede un contributo di circa 135mila (…) è stato da parte di entrambi un grande amore vero ».
Da dove Formigoni prelevava i contanti per l’amatissima?
Nessuna risposta nemmeno sulla rata annuale d’iscrizione di Formigoni all’»Ordine militare costantiniano di San Giorgio» (280 euro), o sulla costosa crema per il viso che il politico (parola del suo segretario) usa «come colla per i manifesti».
E sulle barche Ojala, Cinghingaia, Ad Maiora, per il branzino, il vino, il carburante, le lenzuola, il vasellame, le focacce, i giornali, quanto spendeva Formigoni?
«Neanche un centesimo», ricorda il cambusiere.
E la splendida villa in Sardegna, acquistata da Alberto Perego, «capocasa» di Formigoni nella comunità dei Memores Domini, come mai è costa così (relativamente) poco (a loro)?
E come mai Formigoni chiamava in Regione un funzionario di banca e consegnava «denaro contante per importi compresi tra i 5 e i 20mila euro… raccomandandosi di non farli transitare sul proprio conto corrente»?
In questa vita senza bisogno del portafoglio c’è la chiave che accende la macchina del rinvio a giudizio per corruzione e associazione per delinquere.
L’ex presidente della Regione resta uno che, quando Daccò venne arrestato, disse ai giornalisti: «Mi pare faccia il consulente nel settore della Sanità ».
Ci aveva trascorso cinque Capodanni insieme. «Le ricevute delle spese? Le cerco», aggiunse.
Per il 6 maggio, giorno d’inizio processo, le avrà trovate?
Piero Colaprico
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Dicembre 20th, 2013 Riccardo Fucile
E’ STATA SEQUESTRATA DALLA MAGISTRATURA, IN ATTESA DEL PROCESSO
Immersa in un parco di oltre 10 mila metri quadri, una piscina incantevole, 400 metri quadri divisi su tre «corpi immobiliari».
La villa di Schina Manna (Olbia), è un vero incanto. In posizione leggermente collinare, con una vista che spazia dall’Isola di Tavolara fino a gran parte della Costa Smeralda.
Può valere diversi milioni di euro. Dal 4 settembre scorso, il titolare della nuda proprietà , l’ex assessore regionale lombardo Antonio Simone, ha dovuto fare «fagotto». O, meglio, ha dovuto ritirare gli effetti personali che ancora aveva negli armadi, con il forte rischio di non poterci rimettere più piede.
Visto che la proprietà è stata sequestrata, in attesa che il processo accerti la verità .
Questa spettacolare abitazione, secondo la procura di Milano infatti, è stata comprata con parte dei milioni – quasi 70 in tutto – , che il duo Simone e il faccendiere Pierangelo Daccò, hanno ottenuto dalla fondazione pavese Maugeri.
Finte consulenze, sostengono oggi le indagini dei pm milanesi Antonio Pastore, Laura Pedio e Gaetano Ruta, per mascherare le mazzette destinate all’ex governatore lombardo, Roberto Formigoni.
In cambio di oltre 200 milioni di finanziamenti regionali, la fondazione convenzionata specializzata nella riabilitazione, avrebbe corrotto i vertici politici del Pirellone.
Nel luglio di un anno fa, era scattato il sequestro dei beni, frutto per le indagini, proprio delle consulenze.
E nella rete, tra case e titoli azionari, era finita anche la villa faraonica di Schina Manna. L’acquisto da parte di Simone, che risale al 2002, sarebbe stato possibile proprio grazie alle mazzette incassate da Maugeri. In attesa che il gup, dal 7 febbraio prossimo, decida se rinviare a giudizio tra gli altri Formigoni, Daccò e lo stesso Simone, per accuse che parlano di associazione a delinquere, corruzione, truffa, i magistrati si sono portati avanti.
Gli ex vertici della Maugeri, in vista del probabile patteggiamento, hanno già risarcito i danni provocati alle casse regionali.
Agli altri imputati, invece, il gip Vincenzo Tutinelli ha nel frattempo sequestrato praticamente tutti i loro beni. Nel caso il processo dovesse concludersi con le condanne degli imputati, lo Stato è già cautelato.
Proprietà immobiliari e azionarie, compresa la villa di Schina Manna, diventeranno automaticamente di proprietà dello Stato.
In questo lasso di tempo, il custode giudiziario pagherà un giardiniere attraverso «buoni lavoro o voucher» dell’Inps, per mantenere la residenza in tutto il suo splendore.
Emilio Randacio
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Dicembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO LITIGI E TRADIMENTI, L’ESPOSIZIONE RIUNISCE IL MINISTRO MAURO E IL SOLITO FORMIGONI
Un miliardo 300 milioni di euro valgono una pace.
Il clan politico di Comunione e liberazione si è ricompattato con un obiettivo chiaro: Expo
2015. Dimenticati gli attriti degli ultimi anni, le inchieste giudiziarie e le spaccature create in Cl, Roberto Formigoni, Mario Mauro e Maurizio Lupi sono tornati a lavorare come un sol uomo.
Ciascuno ha il suo ruolo e gioca la sua parte. Formigoni, per dire, tiene ancora le redini del potere lombardo, ma con l’assenso suo e di Mauro è Lupi a mostrarsi in pubblico con il neogovernatore Roberto Maroni, intento a offrire un’immagine di spaccatura tra la sua Regione e quella un tempo guidata dal plurindagato Celeste.
I tre, se necessario, fanno squadra.
Quando nel 2011 l’impero politico di Silvio Berlusconi era in procinto di crollare, i tre andarono a palazzo Grazioli a parlare con il Cavaliere.
Ma prima si erano spartiti i ruoli: Formigoni invocava le dimissioni dell’allora premier, Lupi invece lo sosteneva, Mauro moderava. Nessun vincitore, nessuno sconfitto.
Strategie decise il lunedì sera al ristorante milanese a’ Riccione, dove i tre attovagliano quelli su cui scommettono. Serate per pochi intimi.
Al massimo una dozzina di persone, tra cui spesso si accomoda anche Angelino Alfano. Ma non da quando è nato il Nuovo Centrodestra, nel quale Formigoni e Lupi hanno confluito e dove arriverà a breve anche Mauro; ma ormai da due anni, quando Alfano aveva bisogno di leccarsi le ferite del balletto di Silvio sulle primarie e il passaggio di mano definitivo del Pdl.
E Formigoni, condannato pubblicamente “il nostro governatore lombardo a vita” da Berlusconi e costretto così ad accantonare i suoi sogni romani da presidente del Senato , sa bene come lenirle.
Così ha portato Alfano all’ovile, a’ Riccione, con gli amici Lupi e Mauro. Che in questo periodo gli hanno dato sostegno e coraggio.
Il clan politico di Cl, quando opera, è chirurgico. Certo ci sono stati anche attriti. Creati dall’attuale ministro alle Infrastrutture che tradisce il compito a lui assegnato: andare a Roma per preparare l’ascesa nella Capitale del Celeste.
E invece Lupi scalza Formigoni e diventa il referente di Berlusconi per la Lombardia. Nel 2007 per quasi tre mesi non si presenta alle cene di a’ Riccione. Il rapporto si era incrinato. Mauro, come sempre, mediò.
E il tempo fece il resto, portando nuovi obiettivi comuni. Expo su tutti.
Quando Milano vinse l’esposizione contro Smirne, a Palazzo Chigi siedeva Romano Prodi, Formigoni era tra i promotori e Lupi era amministratore delegato di Fiera Milano Congressi, incarico che ha conservato dal settembre 1994 al maggio 2013.
E i due si sono ritrovati al volo, come l’Expo e la Fiera. Con la benedizione, inutile dirlo, di Mauro.
I tre si conoscono dai primi anni Novanta. Don Giussani e Comunione e liberazione “presenta” Formigoni a Mauro, Lupi fa il suo ingresso nel 1990 reclutato da Formigoni nel settimanale cattolico Il Sabato, che il Celeste aveva fondato nel 1977 con le solite modeste ambizioni: spezzare il duopolio Panorama-L’Espresso. Formigoni adotta Lupi, lo porta in Cl e ne guida l’esordio politico.
Assessore a Milano nella giunta Formentini prima e con Albertini poi, infine il salto a Roma. Nel 2001. Formigoni era già presidente della Regione Lombardia e aspirava al Palazzo dove manda Lupi a preparargli la strada. Con l’approvazione di Mauro, che nel frattempo aveva raggiunto Bruxelles.
Per legare ulteriormente l’alleanza i tre nel 2006 danno vita anche all’associazione Rete Italia. Una vetrina per le loro attività e quelle di Cl, a cominciare dalla fondazione Sussidarietà presieduta da Giorgio Vittadini, tra gli ideatori della Fondazione Meeting per l’amicizia tra i popoli (Meeting di Rimini), nonchè fondatore della Compagnia delle Opere.
Vittadini, insieme a Giancarlo Cesana e all’ex deputato democristiano Nicola Sanese, rappresenta il vero nucleo di potere di Cl.
Sono loro a trattare con il premier. Loro, per dire, decisero di inviare Mauro a dare una mano a Mario Monti. E quando Lupi si mette di mezzo tra il loro volere (portare Formigoni a Roma) e le sue aspirazioni personali, bloccano tutto. Avviene nel 2008. Berlusconi vince. Cl vuole due cose: Formigoni presidente del Senato e Lupi ministro. L’allora premier non accetta la prima condizione e i seguaci di Don Giussani fanno saltare tutto. Lupi se la lega al dito, Formigoni pure.
Poi arriva l’Expo. Un affare che sulla carta vale 1,3 miliardi di investimenti di cui 833 milioni direttamente dalle casse dello Stato.
In particolare ministero delle Infrastrutture, dove ora siede Lupi. Che ora è anche il referente politico di Cl. O meglio, appare. Perchè Formigoni è indagato, ed è leggermente impresentabile.
E anche all’ultima cena gliel’hanno ripetuto: “Roberto non esporti troppo”. Lui a volte disobbedisce. Ma sa che il clan c’è. È una garanzia.
Come l’Expo.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 29th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX GOVERNATORE SI È RICICLATO E NESSUNO RICORDA PIÙ I SUOI GUAI… IL SUCCESSORE LEGHISTA CONCEDE STIPENDI D’ORO A 54 DIRIGENTI E BLINDA I VECCHI DIRETTORI TRA LA NOIA GENERALE
Non è più la Regione di una volta. 
Non c’è più Roberto Formigoni con le sue giacche colorate.
Non c’è più Nicole Minetti con le sue cene eleganti.
Non c’è più il Trota con il Gatorade a spese nostre.
Spariti anche Filippo Penati e gran parte degli indagati (non tutti) dell’era formigoniana. Resta Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia nell’era della politica che torna noiosa.
Lui, Formigoni, il grande sconfitto, dopo le dimissioni date a Milano si è riciclato a Roma. Niente più “vacanze di gruppo”, niente cravatte fucsia.
Abiti sobri e aria da statista, in attesa dei processi per i milioni in benefit ottenuti dai faccendieri della sanità lombarda.
Si atteggia a protagonista della politica, ala colombe, pronto a rifondare una specie di Dc o almeno la corrente ciellina del centrodestra.
Il suo successore Maroni, intanto, cerca di governare la Regione più ricca d’Italia e quasi quasi è soddisfatto di essere un po’ uscito di scena: con Formigoni e il Trota la politica lombarda diventava quasi ogni giorno cronaca nazionale, con Maroni resta per lo più confinata nelle pagine locali dei quotidiani.
Segno che finora grandi scandali non lo hanno toccato.
Quanto alla politica, Umberto Bossi ormai lo tratta da traditore e minaccia di candidarsi alla segreteria della Lega “per sistemare le cose”. Maroni risponde sornione: “Sono contento, chiunque può partecipare. Ma questa volta non ci saranno giochini, il segretario sarà eletto dalla base. Io vorrei un giovane”.
Intanto, però, gli arriva il primo colpo: si chiama Lombardia verde.
È una rivista mensile che dovrebbe informare i cittadini su campi e culture, stalle e concimi: organo dell’assessorato regionale all’Agricoltura.
Peccato che sia diventata un foglio di propaganda leghista e di celebrazione del presidente Maroni.
Il verde, del resto, è il colore del Carroccio; così colpisce vedere la copertina dell’ultimo numero: il faccione sorridente di Bobo con cravatta verde (come la testata) e la scritta: “Dal programma ai fatti”.
All’interno, intervista “a tu per tu con il presidente della Regione Lombardia”.
In 48 pagine, Maroni compare in foto ben nove volte. Otto volte l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava, anche lui leghista.
Dopo il pezzo forte, c’è un servizio dedicato alla “Macroregione a difesa della nostra produzione”, con foto di Maroni (ancora) attorniato dai colleghi governatori Luca Zaia (Veneto) e Roberto Cota (Piemonte).
Neanche fossero le pagine della Padania.
Seguono articoli che inneggiano alla Giunta verde e alla tradizione contadina lombarda. Più innovativo un servizio sull’allevamento dei visoni: attività “semplice, ecocompatibile e remunerativa” (ma questo è scritto in una pubblicità ).
Il tutto per la modica cifra di 1 milione di euro: è quanto sono costati due anni di Lombardiaverde, 500 mila euro l’anno di fondi regionali.
La cifra compare in una delibera regionale che stanzia i soldini per pagare la rivista.
Le cose ora dovrebbero cambiare: non sappiamo se ci saranno meno foto di Maroni e meno propaganda della Lega, ma ci saranno meno soldi.
La rivista diventerà bimestrale e lo stanziamento sarà di 280 mila euro per sei numeri l’anno: ma solo a partire dalla metà del 2014.
Protesta l’opposizione di centrosinistra: “L’amministrazione leghista mostra di non aver capito bene i confini tra l’informazione istituzionale e la propaganda”, ha dichiarato Fabio Pizzul del Pd.
“Siamo al marketing padano pagato dai contribuenti. E neanche tanto efficace”.
Più efficace una delibera di giunta varata in silenzio nel luglio scorso: premia 54 manager regionali concedendo loro compensi d’oro. In tempi di crisi, gli stipendi dei dipendenti pubblici sono bloccati dal 2009.
Ma per i dirigenti del Pirellone cari a Maroni si fa un’eccezione. La bella cifra di 20 milioni di euro è messa sul piatto per gli emolumenti dei superdirigenti lombardi.
Più che nell’era Formigoni, quando aveva toccato il tetto di 19 milioni.
In tutto, i direttori e dirigenti in servizio sono 218 (erano 213 negli ultimi mesi del Celeste).
Ora un quarto di essi sarà premiato con un aumento.
Il più fortunato è Andrea Gibelli, ex assessore leghista, che è diventato segretario generale della Regione e braccio destro di Maroni: prende 223 mila euro l’anno.
Patrizia Carrarini, invece, è la leghista che ha ideato la campagna elettorale di Bobo, con lo slogan “La Lombardia in testa”: oggi è direttore della comunicazione regionale e incassa 144 mila euro l’anno.
Premiati anche gli uomini di Formigoni rimasti al Pirellone. Michele Camisasca, per esempio, nipote di Massimo Camisasca vescovo ciellino e storiografo ufficiale del movimento, è vicesegretario generale vicario, con stipendio di 155 mila euro (12 mila in più dell’anno scorso).
Luca Merlino è il direttore dell’assessorato alla Sanità che firmava i provvedimenti d’oro per il San Raffaele e le cliniche Maugeri: anche lui premiato con un bell’aumento di 5 mila euro.
Maroni dunque garantisce la continuità a Milano del-l’apparato di Formigoni che ora, dismesse le cravatte più agghiaccianti, è impegnato a Roma a “rinnovare” la politica nazionale.
Gianni Barbacetto
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
IL DECANTATO “MODELLO LOMBARDIA”: UNA TORTA DA SETTE MILIARDI EROGATI A MANAGER VICINI A CL E ALLA LEGA
«Formigoni? Il politico più stupido che io conosca», sentenziò una volta Ciriaco De Mita. 
Ma l’ex premier è ormai fuori da lustri, mentre il Memor Domini ciellino che giurò povertà , castità e obbedienza, ma offriva il suo “corpo mistico” ignudo su yacht miliardari, ballando sulle note dei Red Hot Chili Peppers, è appena approdato al laticlavio.
Ed è stato eletto alla presidenza di una commissione senatoriale nelle stesse ore in cui la procura milanese chiedeva il suo rinvio a giudizio con l’accusa di aver deviato più dalla povertà che dalla castità , con osceno utilizzo di pubblico denaro.
Non stupido, “Diomammoneggiante” lo definisce con inaspettata fantasia lessicale un banchiere cattolico, che lo descrive come capitano di una legione di lottatori a tempo pieno, ma non di vincitori contro il peccato.
Quella generazione di giovani timidi, pallidi, abiti scuri, gonne lunghe, molti dei quali alla morte del fondatore di Comunione e Liberazione don Giussani sono stati risucchiati dal loro stile di vita quasi monastico verso i lidi più agevoli del potere e del denaro, garantiti da un movimento che si è fatto lobby.
Crozza sembra propendere nella sua imitazione a una via di mezzo tra le definizioni del vecchio democristiano e del banchiere cattolico.
Ma il ritratto più affilato lo ha dato Gianfranco Fini, un altro disperso della politica: un’“impudente faccia di bronzo”.
Come altro definire uno che di fronte alla lampante evidenza delle sua vita non frugale, alle documentate accuse al suo cerchio magico di aver sottratto sotto la sua protezione decine e decine di milioni, forse centinaia, alla sanità della regione Lombardia, facendone un’immensa mangiatoia privata, sbeffeggia i giornalisti che osano fargli qualche doverosa domanda, inventa complotti e minaccia querele e sfracelli?
«Sono a volte caduto e cado — ha scritto al settimanale di Cl “Tempi” — in qualche eccesso di narcisismo o di personalismo? È così. E allora? Che cosa si deve giudicare: le mie camicie o i miei atti di governo?».
Difficile dire cosa sia peggio.
A parte naturalmente l’arte autoassolutoria, che si esercitò invece più nobilmente per suo padre, vecchio podestà in Brianza, accusato dell’omicidio di quattro partigiani e amnistiato daTogliatti.
Quanto agli atti di governo, Formigoni continua a celebrare il “modello lombardo” e quello che pomposamente chiama “federalismo sanitario”.
Cioè il sistema che ha permesso di trasformare la sanità in una colossale truffa organizzata, in una casbah percorsa da una pletora di politici simoniaci, assessori corrotti, faccendieri, manager lottizzati, all’insegna di fondi neri, tangenti, appalti truccati, di cui i magistrati devono ancora scrivere tutta la storia.
Il “federalismo delle truffe”, che per fortuna non ha intaccato alcuni poli di buona medicina, nasce nel 1997, quando il Celeste era già governatore da due anni, con la Legge regionale 31.
Fatta su misura per gli interessi di Cl, stabilì la parità tra ospedali pubblici e privati. Così, in nome di una presunta rivoluzione liberale, partì la corsa delle strutture private per ottenerel’accreditamento con la Regione, tramite i buoni uffici del cerchio magico formigoniano.
Una parità giuridica che attraverso il flusso di rimborsi pubblici ha prodotto la nascita di colossi sanitari come il San Raffaele di don Verzè, l’amico di Berlusconi e allevatore della maitresse delle olgettine nella “casa delle femmine”, che più che un prete sembrava un gangster di Chicago, franato prima della morte sotto un miliardo e mezzo di debiti.
E la Fondazione Maugeri, snodo di tangenti, sovraffatturazione e fondi neri, che finivano a Pierangelo Daccò, il faccendiere di Formigoni, quello che pagava gli yacht, i resort più cari al mondo e le ville in Sardegna del capo del Gruppo Adulto, il nucleo aristocratico di Comunione e Liberazione, votato alla “povertà evangelica e alla castità perfetta”.
Passi per la castità , che in caso di scivolate si può assolvere confessandola ai padri salesiani di via Copernico, ma quanto alla povertà evangelica difficilmente a Formigoni potrà dare l’assoluzione anche il padre eterno, quando si saprà con certezza la cifra sottratta attraverso la Maugeri e le altre strutture “aiutate” da Daccò.
La sanità lombarda muove ogni anno 17 miliardi e mezzo di euro, il 75 per cento delle spese regionali, con 128 strutture tra ospedali pubblici e privati.
La generosità verso i privati e soprattutto verso gli ospedali targati Cl è tale che il 43 per cento del totale va a loro.
Una torta di 7 miliardi e mezzo erogati a piè di lista senza controlli a manager lottizzati da Cl e dalla Lega.
I reparti di cardiochirurgia si sprecano, ce ne sono più in Lombardia che in tutta la Francia.
Perchè?
Ma perchè gli interventi cardiochirurgici sono quelli che hanno i rimborsi pubblici più alti. Idem per l’ortopedia.
I privati si buttano sulle prestazioni sanitarie più redditizie e non di rado inducono i pazienti a operazioni inutili se non dannose.
Ecco, questo è il quadretto sommario dell’eccellenza formigoniana, che sulla sanità , incredibilmente, sfoga da anni il suo patologico narcisismo.
Scoppiato lo scandalo, un anno fa il presidente di Cl Julià n Carròn ha cercato di prendere le distanze dal Celeste: «Sono stato invaso da un dolore indicibile — ha scritto aRepubblica — dal vedere cosa abbiamo fatto delle grazie che abbiamo ricevuto. Se il movimento di Comunione e Liberazione è continuamente identificato con l’attrattiva del potere, dei soldi, di stili di vita che nulla hanno a che vedere con quello che abbiamo incontrato, qualche pretesto dobbiamo aver dato».
E ha chiesto perdono.
Il cardinale Angelo Scola è stato meno aulico, ma sostanzialmente ha fatto lo stesso. Le gesta di Formigoni e della sua cricca però hanno probabilmente contribuito a ostruirgli l’ascesa al soglio pontificio.
Resta su piazza il Celeste, se qualche anima buona non riuscirà a farlo dimettere e se i magistrati non decideranno di fargli visitare luoghi un po’ meno ameni di quelli che abitualmente frequenta.
Gli hanno dato la presidenza della Commissione senatoriale dell’Agricoltura. Speriamo che non stia già almanaccando il “federalismo agricolo”.
Alberto Statera
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 15th, 2013 Riccardo Fucile
LA SOLUZIONE CONTRO LA CRISI DELL’ECONOMISTA ITALO-HAWAIANO
Mentre gli esperti si arrovellano alla ricerca di una soluzione della crisi, qualcuno sembra averla già trovata e ne ha mostrato l’efficacia con la testimonianza personale.
Questo qualcuno è un autodidatta appassionato di giacche a fiori, Roberto Formigoni.
Secondo gli atti dell’inchiesta che lo riguarda (istruita, immagino, dalla commissione del Nobel), l’economista italo-hawaiano ha scoperto un sistema per ovviare alla ormai cronica carenza di denaro.
Non pagare.
Come diceva Einstein, le idee geniali sono sempre le più semplici.
Al pari di tanti suoi connazionali, Formigoni si è posto il problema di mettere insieme il pranzo con la cena.
E lo ha risolto individuando un ristorante di lusso di Milano come sede dei suoi esperimenti.
Lo studioso vi si è recato per anni, talvolta da solo, più spesso in comitiva.
Ordinava ostriche e champagne, mangiava con appetito, ringraziava il cuoco e i camerieri, poi infilava il soprabito sopra i bermuda e andava a digerire altrove.
E il conto?, direte voi.
Ma il conto è una convenzione.
Io ti pago perchè tu coi miei soldi possa pagare qualcun altro.
Mentre qui è la premessa a venire messa in discussione.
Se il proprietario del ristorante avesse saputo portarla alle logiche conseguenze, per esempio andando al cinema e limitandosi a salutare calorosamente la bigliettaia, il sistema capitalistico sarebbe stato terremotato dalle fondamenta.
Perchè poi la bigliettaia del cinema avrebbe fatto la spesa al supermercato uscendo col carrello senza pagare, fra gli olè delle cassiere.
E alla fine della catena ci si sarebbe ritrovati tutti nel ristorante di lusso a ordinare ostriche e champagne in compagnia di Formigoni.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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Febbraio 15th, 2013 Riccardo Fucile
IL CIELLINO SANESE DAVANTI AI PM: “SIMONE E DACCO’ DUE BANDITI”
A volte sono le inezie a rivelare «un mondo». 
Tra la contabilità di Roberto Formigoni analizzata dagli investigatori milanesi, spicca anche l’iscrizione del presidente uscente Sacro Ordine militare Costantiniano di San Giorgio.
L’ordine, nel suo statuto, si propone la «glorificazione della Croce».
E tra gli italiani, i più prestigiosi «risultano essere gli ex presidenti della Repubblica, Leone e Cossiga, gli ex ministri Martino e Pisanu, l’ex premier Silvio Berlusconi, Gabriele Albertini e lo stesso Formigoni».
Insomma, a chi piace, una bella cosa: ma anche per questa quota a un’associazione così ricca di significati Formigoni, secondo i detective Formigoni utilizza contante (280 euro) senza attingere dai suoi vari conti.
Sono molti i suoi esborsi da un «chissà dove» e intrigano.
Prima che lo si potesse vedere al telescopio, in base ai calcoli matematici, gli astronomi sapevano dell’esistenza di Plutone.
Lo stesso succede con Formigoni e con il suo «pianeta- denaro».
La polizia giudiziaria non ha esitazioni.
Prima frase: «L’esame dei rapporti bancari svolto sinora ha posto in evidenza come, pur in assenza di prelievi dai conti correnti, Formigoni avesse significative disponibilità di denaro del quale non è nota la provenienza ».
Seconda frase: «L’esame dei conti permette pacificamente di costatare come, di fronte a un elevato tenore di vita di Formigoni, non risultino, dall’analisi di ogni singolo conto esaminato, uscite o addebiti riconducibili a tali importanti spese, ma neppure ed è il dato più significativo, conciliabili con le necessità quotidiane di una «comune » persona».
“MANCO UN CENTESIMO”
Ora che saltano gli «omissis», e che i verbali diventano noti, così come emergono conti, fatture, spese, viaggi, intercettazioni, indagini, spunta sullo stile di vita di Formigoni la sintesi di marinaio degli yacht a disposizione del presidente: «Mi si chiede se Alberto Perego o Formigoni abbiano mai pagato personalmente qualche spesa della barca e rispondo di non averli mai visti pagare alcunchè, non li ho visti pagare neanche un centesimo ».
Nonostante Perego, memores domini, «scegliesse» per la barca e la cambusa «il tipo di accessori », dal vasellame alle lenzuola.
FOCACCETTE, MEDICINE, PESCI
I vacanzieri «senza portafoglio» non esitavano di fronte a nulla.
E se si sapeva già che «il comandante faceva fronte a tutte le spese utilizzando la carta di credito delle società », quelle di Daccò, dai diari di bordo sequestrati dagli uomini della sezione di polizia giudiziaria della Finanza e della polizia di Stato si scoprono i dettagli del «tuffa tuffa».
Solo per fare un esempio, il soggiorno di aprile 2008 a Lavagna ammonta a 5,500 euro.
Si elencano 380 euro per far fronte alle spese della «pescheria», 36,30 euro di focacce, ai 31,5 di pasta fresca, per finire, pure, alle spese della farmacia e 7,2 euro per le brioche.
Formigoni non paga nemmeno il cappuccino, e forse ci sarebbe da sorridere, se non fosse che «le indagini permettono di affermare che parte delle provviste di denaro create attraverso i pagamenti illeciti ricevuti da Maugeri e San Raffaele a favore di Piero Daccò e Antonio Simone, sono state utilizzate per l’acquisto, il noleggio e la gestione di imbarcazioni di lusso diverse da quelle utilizzate da Daccò e dalla sua famiglia (almeno tre yacht dal 2007 al 2011) per essere messe a disposizione in maniera più che prevalente di Roberto Formigoni e Alberto Perego».
SIMONE? “UN BANDITO”
Abbiamo più volte scritto di come la Regione Lombardia fosse «asservita» ai faccendieri amici di Formigoni e di come alcuni funzionari l’abbiano stigmatizzato. Ma persino il ciellino Nicola Sanese, ex deputato dal ’76 al ’94, pur tentando di dire che tutto era regolare, non può proprio negare l’evidenza.
Pm: Nella telefonata lei definisce Simone un «bandito» e fa riferimento al fatto che il comportamento di Simone distrugge tutto il suo lavoro. A che cosa si riferisce con quest’espressione?
Sanese: «Mi riferisco sia alla credibilità di comportamenti che abbiamo testimoniato in diciotto anni nel sistema regionale sia alla mortificazione di Antonio Simone rispetto al Movimento di Comunione e Liberazione (…) Ho detto che è un “bandito” perchè ritengo che sia da definire tale chiunque riceva dei compensi “abnormi” come quelli percepiti da Simone e Daccò a fronte di attività di lobbing».
LA LEGHISTA DELLA ASL TRASECOLA
Lobbing? Quando Cristina Cantù, maroniana di ferro, leghista, che era stata nominata direttore generale di varie Asl, viene interrogata, non ha paura di dire ciò che ha visto: aveva studiato un progetto per aiutare i «pazienti fragili, soprattutto acuti, che dopo un evento acuto necessitano di assistenza».
Con sorpresa, vede che l’idea decolla, viene stanziato «un importo di 9 milioni e mezzo di euro», ma scopre che «il bando era stato costruito su misura dell’unico soggetto che a Milano aveva quei requisiti e cioè la fondazione Maugeri». Gli altri? Manco considerati.
IL CONTANTE PER LA FIDANZATA
Emanuela Talenti, 49 anni, è stata modella, conduttrice televisiva, ha comprato una bella casa per 630 mila euro, pagamento realizzato in parte con bonifici firmati Roberto Formigoni (55mila).
Ma anche con denaro cash che davanti al brigadiere Daniele Spello e ai magistrati l’ex fidanzata di Formigoni non ricordava.
Recupera le memoria ieri, dopo il fragore dei giornali: «Formigoni – dice – mi diede un contributo, per l’acquisto di un appartamento, di circa 135.000 euro (…) è stato da parte di entrambi un grande amore vero, pulito e lontano dai riflettori mediatici».
Durato, a suo dire, dal 97 sino al 2005, con «strascichi » (parola sua) sino al 2009, tutto documentabile.
«Al quotidiano Repubblica, che dice che io continuavo a chiedergli denaro chiedo quali siano le fonti di una simile e grave deduzione».
Prendiamo atto che erano regali spontanei: e se adesso, prima delle elezioni, venisse anche spiegato al cittadino comune da dove Formigoni prelevava i contanti da dare alla fidanzata, sarebbe tutto di guadagnato in trasparenza.
Davide Carlucci, Piero Colaprico e Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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