Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
ACCUSA DI CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE DI STAMPO MAFIOSO
Salvatore Casamonica e un avvocato del Foro di Roma sono stati arrestati in esecuzione di
un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma con l’accusa di concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso (articoli 110 e 416-bis del codice penale).
Secondo l’accusa i due, in concorso tra loro e con Fabrizio Piscitelli alias “Diabolik” — il noto capo ultrà ucciso il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti — hanno contribuito concretamente al perfezionamento di un accordo finalizzato a stabilire la pace fra il clan mafioso Spada e un altro gruppo criminale operante a Ostia capeggiato da Marco Esposito detto “Barboncino”, contribuendo, in tal modo, a conservare la capacità operativa degli stessi Spada.
L’AdnKronos scrive che l’avvocato arrestato è Lucia Gargano: è stata sottoposta agli arresti domiciliari
Secondo il magistrato Gargano “svolgeva il ruolo fondamentale di trait d’union tra Carmine Spada detto Romoletto e Fabrizio Piscitelli (ucciso il 7 agosto a Roma), i quali non potevano incontrarsi perchè il primo era sottoposto ad obbligo di dimora nel comune di Roma e il secondo a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Grottaferrata”. Salvatore Casamonica si trova attualmente già in carcere al 41 bis.
Alla base dell’accusa c’è una cena in un ristorante di Grottaferrata che risale al 13 dicembre 2017. L’avvocato oggi arrestato era arrivato portando un po’ di ironia al tavolo: “…Ho paura di tutti questi delinquenti che stanno a questo tavolino… l’avvocato, mamma mia che coraggio che ha! Mamma mia… in mezzo a tutti questi scatenati…”.
Ma — come riporta il G.I.P. di Roma nell’ordinanza — “…la presenza dell’avvocato… non era affatto casuale”, tant’è che Casamonica e Diabolik iniziavano a parlare della necessità di avviare il processo di pacificazione fra le due fazioni egemoni nel territorio di Ostia solo quando il professionista giungeva al ristorante.
D’altronde, la pace da imporre sul litorale si inseriva in un momento storico particolarmente complesso per il clan Spada, dovuto allo stato di detenzione dei propri vertici Ottavio Spada detto “Marco” e Roberto Spada (per il fermo conseguente all’aggressione del giornalista della RAI Daniele Piervincenzi), alle limitazioni cui era soggetto il capo indiscusso della consorteria, Carmine Spada detto “Romoletto” (sottoposto all’obbligo di dimora e vittima di due tentati omicidi nel novembre del 2016) e al fatto che i capi e numerosi sodali del clan Fasciani, federati agli Spada, erano detenuti da anni.
Secondo l’accusa il clan di Barboncino voleva riprendersi Ostia approfittando del momento di difficoltà degli Spada. E aveva gambizzato Alessandro Bruno e Alessio Ferreri oltre a sparare contro la vetrina di un bar vicino a Roberto Spada e davanti alla porta di casa di quest’ultimo.
Per questo Piscitelli e Casamonica avevano deciso di fungere da garanti tra i due gruppi contrapposti. Non solo: nel corso dell’indagine, emergeva anche che il legale — il 19 giugno 2018 — nel corso del colloquio telefonico con il detenuto Carmine Spada, “obbedendo” alla esplicita richiesta di “Romoletto”, lasciava la cornetta in favore della sua convivente Emanuela Leone, consentendo al proprio assistito un colloquio non autorizzato.
Qualche mese dopo, nel novembre del 2018, sfruttando una breve evasione di un altro suo assistito, Alessio Lori — all’epoca ristretto agli arresti domiciliari presso il Centro di solidarietà “Don Guerrino Rota” di Spoleto (PG) — gli consegnava un telefono cellulare, 2 SIM e denaro contante al fine di permettergli, come lo stesso professionista dichiarava in una conversazione intercettata dal G.I.C.O., di “fare impicci”.
E proprio con quel telefono, nei mesi successivi, il Lori — sebbene in stato di arresto — riusciva a comunicare indirettamente con il noto narcotrafficante Arben Zogu, detenuto in carcere a Viterbo.
Ancora, durante una cena in occasione del Natale 2018, tenutasi a casa di un soggetto condannato definitivamente per narcotraffico e ristretto agli arresti domiciliari (con divieto di comunicare con persone diverse dai familiari), il G.I.C.O. intercettava un dialogo nel corso del quale l’avvocato — parlando a pregiudicati — teneva una specie di “corso d’aggiornamento”, illustrando alcune tecniche utili ad ostacolare le intercettazioni delle Forze di Polizia e spiegando, in particolare, come evitare l’inoculazione dei “virus” informatici nei loro cellulari.
(da “NextQuotidiano“)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
IL COLLEGA DEL CARABINIERE UCCISO HA MENTITO DUE VOLTE
Subito dopo la morte di Mario Cerciello Rega il comandante generale dei Carabinieri Giovanni Nistri invitò pubblicamente a non infliggere alla memoria di quel carabiniere una «dodicesima coltellata» con «inutili polemiche».
Il video dell’interrogatorio abusivo di Gabriel Christian Natale Hjorth, accusato insieme a Lee Finnegar Elder dell’omicidio, torna a mostrare chi esattamente sta infliggendo coltellate all’istituzione. E, tu guarda il caso, non si tratta dei giornalisti ma degli stessi carabinieri.
Carlo Bonini su Repubblica oggi racconta la persistenza di una cultura dell’omertà che continua ad abitare la pancia dell’Arma e che, come un riflesso pavloviano, considera intollerabile, pur di fronte alle evidenze di un abuso, che sono sempre personali evidentemente, anche solo l’idea di sottoporsi con lealtà e trasparenza al giudizio dell’opinione pubblica prima, di un giudice poi. Il video di quell’interrogatorio dice infatti qualcosa di più e, per certi versi, di peggio di quanto già noto.
Primo: che il 28 luglio l’Arma mentì sostenendo che il giovane americano fosse stato bendato e ammanettato a una sedia per «non più di 4, 5 minuti» soltanto «per non fargli vedere quanto lo circondava nell’ufficio» e per «impedirgli gesti di autolesionismo» . Secondo: che – come documenta la ricostruzione del nostro Daniele Autieri – quel video fu girato dal carabiniere Andrea Varriale, l’ultimo che avrebbe dovuto trovarsi in quella stanza.
Per una semplice ragione: era stato la vittima dell’aggressione di quel ragazzo bendato e ammanettato durante la quale era stato accoltellato a morte il suo commilitone e amico Mario Cerciello Rega.
Ebbene, oggi sappiamo che il carabiniere Varriale mentì su almeno due circostanze non esattamente laterali:
Mentì, sapendo di farlo, sulla nazionalità degli aggressori, che sapeva bianchi caucasici e non maghrebini, come disse nell’immediatezza del fatto.
E mentì negando di essere disarmato, per giunta coperto nella menzogna dal suo comandante di stazione (per questo oggi indagato).
Oggi sappiamo anche che Natale Hjorth fu bendato e ammanettato non per essere protetto, ma umiliato. E che allo spettacolo assistettero passivi (o complici?) otto militari di cui, inspiegabilmente, per altro, solo due risultano però indagati.
Ecco quindi, a distanza di qualche tempo, grazie al giornalismo (e a chi ha evitato di raccontare balle imboccato) abbiamo di fronte questo spettacolo di inadeguatezza. Per il quale, come sempre, non pagherà nessuno.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 13th, 2020 Riccardo Fucile
A LUCA LUCCI ERANO STATI SEQUESTRATI BENI PER UN MILIONE… IL LOCALE ERA UTILIZZATO PER TRAFFICI DI DROGA
Chiude definitivamente il ‘Clan 1899’, ritrovo storico degli ultras della curva sud milanista, a
Sesto San Giovanni, nel Milanese. Il locale è stato messo “in liquidazione” dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese, presieduta da Fabio Roia.
Gli stessi giudici, a giugno, avevano disposto un sequestro per un milione di euro a carico del capo ultrà Luca Lucci, cui, appunto, il “ramo aziendale relativo all’attività di somministrazione di alimenti e bevande” nel locale, mettendo in luce che quel posto era anche “base operativa per riunioni” su traffici di droga.
L’amministrazione giudiziaria nella sua relazione ha chiarito che il ‘Clan 1899′ era stato lasciato “in stato di incuria” e non era, dunque, un vero circolo aperto al pubblico, ma un luogo usato solo per la “riunione del giovedì della tifoseria”.
Il “Clan” era anche un luogo, avevano sottolineato i giudici Roia-Tallarida-Pontani nel provvedimento di giugno, in cui avvenivano “consegne-ritiri” di droga e che vedeva “una costante affluenza di pregiudicati di elevato spessore criminale” anche “inseriti in contesti di criminalità organizzata”.
Dagli accertamenti, avevano chiarito i giudici, Lucci – diventato noto anche per essere stato fotografato il 16 dicembre 2018 con l’allora vicepremier Matteo Salvini in occasione della festa per i 50 anni della Curva Sud – emergeva come il “reale gestore, sebbene ne risulti formalmente un semplice dipendente”.
E il “forte afflusso di contanti” sui rapporti bancari intestati all”Associazione 1899’ e poi sui conti correnti di Lucci rende “verosimile”, spiegarono sempre i giudici, l’ipotesi di un reimpiego “in tale attività , di proventi” di traffici di droga”per cui Lucci è stato indagato e condannato”.
Ora nel decreto di messa in liquidazione del “Clan 1899” si legge che, quando l’amministratore giudiziario ha preso possesso dei locali, dopo il sequestro, ciò che l’ha colpito è stata l’incuria ed è stato palese che non fossero destinati “all’apertura al pubblico”, come doveva essere.
L’amministratore ha preso allora contatti con l’AC Milan e con la correlata Fondazione per coinvolgerli in un “progetto di ‘Nuovo Clan'” in base al quale “il tifo, organizzato e non, potesse continuare a utilizzare un luogo storico e tradizionale” per varie attività , “superando l’asserita antitesi tra tifo organizzato e legalità “.
Tuttavia, si legge, “tali contatti non hanno avuto esito positivo, come comunicato all’amministratore dalla dirigenza della società “. Da qui, infine, la messa in liquidazione, non essendoci più spazi per portare avanti l’attività .
(da “il Giorno“)
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Febbraio 13th, 2020 Riccardo Fucile
PER LA GESTIONE ANOMALA DELL’INTERROGATORIO E LA DIFFUSIONE DELLA FOTO SONO INDAGATI DUE CARABINIERI
Il californiano accusato di aver partecipato all’omicidio di Cerciello Rega è ammanettato e bendato e viene interrogato senza la presenza di un avvocato
«Hey, maschio, come ti chiami? Eh? Qual è il tuo nome?». Così si rivolge uno dei carabinieri a Christian Gabriel Natale Hjorth dopo che è stato fermato insieme all’amico Finnegan Elder per l’omicidio del brigadiere Mario Cerciello Rega, accoltellato alle 3.00 di notte del 26 luglio scorso a due passi da piazza Cavour a Roma.
Natale Hjorth è ammanettato e bendato e viene interrogato senza la presenza di un avvocato: una scena di cui, fino a questo momento, si era diffusa solo la foto. Ora, di quegli istanti, c’è anche il video.
«Che cambia?» risponde Natale alla richiesta di fornire il suo nome. Ha la voce impastata, non sembra del tutto lucido.
Sono alcuni frame, un video di meno di un minuto pubblicato da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, dell’interrogatorio dello stesso 26 luglio scorso nella caserma dei carabinieri di via in Selci nella Capitale. Il giovane è stato bendato e ammanettato e viene interrogato senza che sia presente un avvocato.
Sulla vicenda era partita prima di tutto un’indagine interna, mentre a metà dicembre la procura di Roma ha chiuso le indagini e accusato il carabiniere Fabio Manganaro di aver adottato — bendando il ragazzo — «misura di rigore non consentita dalla legge».
Silvio Pellegrini, suo collega — scrive ancora Sarzanini — è accusato invece di abuso d’ufficio e di pubblicazione di immagine di persona privata della libertà per avere scattato la foto.
L’immagine era poi stata diffusa «su almeno due chat Whatsapp, delle quali una dal titolo Reduci ex Secondigliano con 18 partecipanti, dalla quale veniva poi ulteriormente diffusa da terzi ad altri soggetti e chat» e avrebbe così arrecato «un danno ingiusto» al giovane californiano di origini italiane.
«Da quant’è che sei in Italia?». «Da una settimana», risponde il ragazzo a fatica. «A fare cosa?». «A trovare la famiglia». «E dove abita la famiglia?» «A Roma». Dove, «non so esattamente», dice con lieve inflessione americana. Poi i carabinieri gli chiedono della «felpa rosa, rossa». Natale è confuso.
Secondo la ricostruzione del Corriere , nella stanza del nucleo investigativo, in queste prime fasi dell’interrogatorio, c’è anche Andrea Varriale, il sottufficiale che era con Cerciello al momento della morte: lui avrebbe lottato con Gabriele Natale Hjorth, mentre Mario Cerciello lottava con Finnegan Elder che lo colpiva con undici coltellate.
(da agenzie)
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Febbraio 13th, 2020 Riccardo Fucile
SI AVVICINA PER SALVINI IL PROCESSO PER DIFFAMAZIONE NEI CONFRONTI DELLA PATRIOTA CAROLA RACKETE
La Procura di Milano ha chiuso l’indagine in vista della richiesta di processo nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini accusato di diffamazione dopo la querela depositata lo scorso luglio, tramite i suoi legali, da Carola Rackete, comandante della Sea Watch3.
Il pm Giancarla Serafini, titolare del fascicolo trasmesso per competenza da Roma, un paio di settimane fa, ha appreso l’ANSA, ha notificato l’avviso di chiusura dell’inchiesta. Ma Salvini non ne ha dato pubblico annuncio sui social network come fa di solito.
La denuncia da parte della capitana della Sea Watch era stata depositata lo scorso 12 luglio alla Procura di Roma e gli atti, dopo l’iscrizione di Salvini per diffamazione, sono stati poi trasmessi a Milano, dove risiede l’ex ministro.
La giovane, rappresentata dal legale Alessandro Gamberini, nella querela aveva spiegato che le esternazioni di Salvini sul caso Sea Watch, “lungi dall’essere manifestazioni di un legittimo diritto di critica, sono state aggressioni gratuite e diffamatorie alla mia persona con toni minacciosi diretti e indiretti”.
A tal proposito nell’atto si citano le espressioni dell’allora ministro: “sbruffoncella”, “fuorilegge”, “delinquente”, autrice di un atto “criminale”, responsabile di un tentato omicidio in quanto “avrei provato a ammazzare cinque militari italiani”, “complice dei trafficanti di esseri umani” e altre ancora. Interventi che sono, si legge sempre nella denuncia, “un puro strumento propagandistico e istigatorio di un ‘discorso dell’odio’, che travolge ogni richiamo alla funzione istituzionale”.
Affermazioni che “non solo hanno leso gravemente il mio onore e la mia reputazione, ma mettono a rischio la mia incolumità , finendo per istigare il pubblico dei suoi lettori a commettere ulteriori reati nei miei confronti”.
Il leader della Lega, difeso dall’avvocato Claudia Eccher, in teoria ha tempo 20 giorni — termine non perentorio — dalla notifica dell’avviso di chiusura delle indagini per presentare memorie difensive o farsi interrogare.
Poi il pm può chiedere il rinvio a giudizio o se lo riterrà anche l’archiviazione.
Si costituirà parte civile anche la Sea Watch.
(da agenzie)
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Febbraio 13th, 2020 Riccardo Fucile
CONFERMATO IL SEQUESTRO DEI DUE TELEFONI E DI DOCUMENTI DELL’EX PORTAVOCE DI SALVINI
“La registrazione acquisita dall’inquirente riproduce un accadimento della realtà “. È quanto scrivono i giudici della sesta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con la quale lo scorso 17 dicembre hanno respinto il ricorso presentato dalla difesa di Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini e referente dell’associazione Lombardia-Russia, contro l’ordinanza del Riesame di Milano che aveva confermato il sequestro probatorio di due telefoni cellulari, documenti e alcune chiavette usb avvenuto nell’ambito dell’inchiesta su presunti fondi russi alla Lega che lo vede indagato per corruzione internazionale.
Secondo l’ordinanza impugnata, scrivono i giudici di piazza Cavour, “il fumus delicti che legittima il sequestro probatorio si evince dal contenuto di un file contenente una traccia audio consegnato agli inquirenti dal giornalista Stefano Vergini che riproduce una conversazione intervenuta tra Savoini, Francesco Vannucci e Gianluca Meranda e alcuni funzionari russi”, mentre “la conversazione registrata ha ad oggetto un accordo illecito per la retrocessione di importanti somme di denaro a favore del partito politico Lega e dei funzionari russi, coinvolti nella trattativa della vendita di prodotti petroliferi. In particolare, in un passaggio della conversazione, si chiariva come fosse già stato raggiunto un accordo i cui termini essenziali erano riportati in uno screenshot di appunti alla cui ricerca e pertanto funzionale il sequestro” si legge nelle motivazioni.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
ORA SARA’ IL GIP A DECIDERE SUL PROCESSO… PENA PREVISTA DA 6 MESI A 15 ANNI CON LE AGGRAVANTI… IN CASO DI CONDANNA IN PRIMO GRADO VIENE SOSPESO DALLA CARICA DI SENATORE
Ora che il Senato ha votato a favore della richiesta di autorizzazione a procedere del tribunale dei ministri contro Matteo Salvini per il caso Gregoretti, cosa succede?
La parola torna alla Procura di Catania, che già si era espressa per l’archiviazione dell’inchiesta valutando che non ci fosse stato alcun sequestro dei 131 migranti a bordo della nave militare Gregoretti che nel luglio scorso li aveva soccorsi ma poi era stata bloccata proprio per sei giorni dall’ex ministro dell’Interno.
A decidere se Salvini dovrà essere processato è il giudice per le indagini preliminari di Catania. Un punto che invece non risulta ancora chiaro è se l’imputazione sarà coatta, ovvero che la Procura non potrà che chiedere il rinvio a giudizio, oppure se potrà ribadire la richiesta di archiviazione.
Il tribunale dei ministri ha imputato a Salvini il reato di sequestro di persona, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall’abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonchè di avere commesso il fatto in danno di soggetti minori di età ”.
In caso di condanna, il leader della Lega rischierebbe una pena che va dai 6 mesi ai 15 anni di carcere. Inoltre, in caso di una condanna in primo grado, Salvini potrebbe essere sospeso dalla sua carica di senatore.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
I REATI CONTESTATI: BANCAROTTA FRAUDOLENTA AGGRAVATA, FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI E OSTACOLO ALLA VIGILANZA… 600.000 EURO DESTINATI A EVENTI E CENE DI GALA
Rischiano il giudizio in 21 tra vertici, ex componenti del cda, commissari e consulenti che si
sono susseguiti negli anni nell’amministrazione di Alitalia. La Procura di Civitavecchia ha chiuso le indagini sulla gestione della compagnia di bandiera notificando il 415 bis agli indagati.
Le ipotesi di reato, a vario titolo, sono bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali e ostacolo alle funzioni di vigilanza.
Tra gli indagati ci sono anche Luca Cordero di Montezemolo e Roberto Colaninno. Poi l’attuale ad di Unicredit Jean Pierre Mustier, la vicepresidente di Confindustria Antonella Mansi e l’ex commissario di Alitalia e liquidatore di Air Italy, Enrico Laghi. Nel procedimento – oltre ai nomi già conosciuti di Montezemolo, Ball Cramer e Hogan – risulta indagata anche la società Alitalia Sai per responsabilità amministrativa degli enti. A condurre le indagini, il Nucleo di polizia economico finanziaria del comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma.
L’inchiesta ‘copre’ quasi 3 anni di gestione Alitalia, dal 2014 al febbraio 2017: in particolare, Mustier e Mansi sono indagati in qualità di membri dell’allora Cda mentre Laghi in qualità di consulente nonchè di amministratore di ‘Midco’, la società che deteneva il 51% del capitale di Alitalia Sai.
I tre, assieme ad altri 16 indagati, sono responsabili secondo la procura della bancarotta di Alitalia poichè “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso” avrebbero commesso tutta una serie di falsi per l’approvazione del bilancio del 2015. “In tal modo – si legge nell’avviso di chiusura indagine – fornendo indicazione di dati di segno positivo difformi dal vero e consentendo il progressivo aumento dell’esposizione debitoria, cagionavano o comunque concorrevano a cagionare il dissesto della società , anche aggravandolo”
Laghi risulta inoltre indagato anche per falso in atto pubblico: “nell’autodichiarazione resa in accettazione dell’incarico di Commissario straordinario di Alitalia Sai al Mise – scrivono i pm – dichiarava falsamente…di non aver prestato attività di collaborazione professionale nei confronti della società Alitalia Sai nei due anni antecedenti alla dichiarazione dello stato d’insolvenza, nonostante avesse, nel settembre 2015, emesso parere su incarico della citata società ”.
Mustier, Laghi e Mansi, inoltre, sono accusati in concorso con altri di “Ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza” di Enac, esponendo “fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica patrimoniale o finanziaria della società ” e “occultando con mezzi fraudolenti fatti che avrebbero dovuto comunicare”.
Tra le contestazioni che la procura di Civitavecchia rivolge a tre ex amministratori delegati (Silvano Cassano, Luca Cordero di Montezemolo e Marc Cramer Ball) e al Cfo Duncan Naysmith, ci sono quasi 600mila euro di Alitalia che sarebbero stati utilizzati per catering e cene di gala. I quattro avrebbero “distratto e dissipato” risorse della società per complessivi 597.609 euro: 133.571 “per spese di catering verso la società ‘Relais Le Jardin’” in occasione delle riunioni del Cda, 5.961 per “cene di gala in favore dalla società ‘Casina Valadier’” e 485.077 per organizzare 4 eventi aziendali che, seppur pagati inizialmente da Ethiad, sono poi stati indebitamente addebitati a Alitalia ‘Sai’”.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
LA CONSULTA: “NON SI APPLICA AI REATI COMMESSI PRIMA”… ANCHE UNO STUDENTE AL PRIMO ANNO DI GIURISPRUDENZA LO SA
La Spazzacorrotti non può essere applicata in maniera retroattiva. Non può essere quindi, presa a riferimento per i reati contro la pubblica amministrazione commessi prima della sua entrata in vigore.
La Consulta, spiega una nota, ha esaminato le censure sollevate da numerosi giudici sulla retroattività della legge Spazzacorrotti, che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione.
E ha preso atto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla legge Spazzacorrotti.
La Corte ha dichiarato che questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna.
Secondo la Corte, infatti, l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione.
(da agenzie)
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