Febbraio 21st, 2018 Riccardo Fucile
AD ALESSANDRIA LA SINDACA LEGHISTA SOTTO ACCUSA: “CI AVETE PRESI IN GIRO”
A poco più di due settimane dalla fatidica data del 10 marzo (e con in mezzo le elezioni politiche) i genitori per la “libertà vaccinale” continuano a chiedersi cosa sarà dei loro bambini non vaccinati iscritti all’asilo o alla scuola per l’infanzia.
La legge Lorenzin parla chiaro, chi non è in regola con le vaccinazioni (o non è in grado di esibire un foglio di prenotazione presso la ASL) non potrà entrare a scuola. I genitori free vax sperano ancora di poterla fare franca ma anche le amministrazioni leghiste sembrano aver capito che è più importante tutelare la salute pubblica che assecondare i genitori informati.
Come ha spiegato in una lettera la ministra Beatrice Lorenzin questo non significa che verrà annullata l’iscrizione ma solo che fino a che i bambini non verranno messi in regola con gli adempimenti del calendario vaccinale.
Diversi sindaci (ad esempio quello di Roma e di Vicenza) hanno chiesto alla ministra di poter “derogare” alla legge consentendo una proroga. Altrove sono state votate mozioni del consiglio comunale per “garantire il diritto allo studio”.
È successo qualche settimana fa al consiglio regionale del Piemonte dove una mozione del M5S è stata respinta ed è successo ieri a a Chioggia (VE) dove un’analoga iniziativa del M5S è stata approvata dal consiglio comunale Ovviamente senza capire che il termine del 10 marzo è già una proroga rispetto a settembre.
Altri comuni invece hanno scelto di attenersi alla normativa ufficiale, ovvero alla legge dello Stato.
È il caso ad esempio di Alessandria dove l’assessora ai servizi educativi e scolastici Silvia Straneo ha fatto sapere che il Comune “attuerà le linee guida ufficiali” della Legge 119/2017 al fine di tutelare la salute pubblica.
Fino a qui nulla da eccepire, del resto è una legge nazionale e il Comune non può che rispettarla.
Il problema però nasce quando alcuni genitori free-vax si accorgono che l’Amministrazione comunale di Alessandria è sostenuta dalla Lega Nord, che con dieci consiglieri è il gruppo consiliare di maggioranza relativa ed esprime il sindaco Gianfranco Cuttica di Revigliasco, anch’egli della Lega Nord.
Nel gruppo chiuso di Corvelva molti utenti non hanno preso bene questa decisione del Comune di Alessandria di far rispettare una legge che, oltretutto, è stata dichiarata essere perfettamente in linea con il dettato costituzionale.
La Lega “non mantiene” le promesse fatte ai free-vax
Come è noto il Segretario della Lega (non più Nord) Matteo Salvini da tempo è a favore della libertà di scelta. Di recente Salvini ha anche dichiarato che quando andrà al governo farà cancellare la Legge Lorenzin e ha invitato i suoi fan a leggere il libro di Paolo Bellavite sui pericoli dei vaccini.
Il tutto mentre il senatore Paolo Arrigoni partecipa alle conferenze sulla “libertà di scelta” organizzate dalle associazioni free-vax come Comilva e Condav.
Sembra essere passato davvero molto tempo da quando la Lega sosteneva la mozione per introdurre l’obbligo vaccinale in Emilia Romagna.
È abbastanza evidente però che quella di abolire la legge sui vaccini è solo una delle tante promesse che la Lega Nord non potrà mantenere.
Lo ha detto anche lo stesso Arrigoni facendo intendere che a dicembre 2017 parlava di “modificare” la legge Lorenzin trovando un accordo con le altre forze politiche con le quali la Lega andrà al Governo.
Evidentemente però i genitori free/no/&boh vax si aspettavano che dove la Lega è già al governo mostrasse i muscoli contro la legge sulle vaccinazioni obbligatorie.
I genitori free-vax si sentono presi in giro dalla Lega e da Salvini che ad Alessandria sceglie di invitare a rispettare una legge dello Stato invece che rincorrere fantasiosi protocolli per evitare le vaccinazioni o chiedere ulteriori proroghe.
I genitori si sono accorti che mentre Salvini tuona contro la legge Lorenzin, rassicura chi ha dubbi sui “pericoli dei vaccini” e sostiene le istanze di chi vuole la libertà di scelta a livello locale la Lega si comporta nel modo opposto.
L’elenco delle recriminazioni è lungo: non c’è solo Alessandria, c’è Chioggia dove l’unico leghista in consiglio non ha partecipato al voto sulla mozione, c’è Grosseto dove i leghisti hanno preferito astenersi e il consiglio regionale del Piemonte dove Gianna Gancia ha votato contro la mozione del M5S che chiedeva che i bambini non vaccinati potessero terminare l’anno scolastico.
Insomma il piano di Salvini per conquistarsi i voti dei Genitori Preoccupati non sta andando come previsto. Anche perchè evidentemente gli amministratori locali sanno che vale più la legge italiana che la parola di Salvini.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 20th, 2018 Riccardo Fucile
UNA FOTO LO RITRAE CON LA PETTORINA DEL CARROCCIO INTENTO A DISTRIBUIRE VOLANTINI … NELLA LEGA SCARICABILE TRA RESPONSABILI LOCALI
Dal presunto appoggio ottenuto da Cosa nostra alla campagna elettorale per la Lega. 
A due settimane dalle Politiche, a condizionare il percorso di avvicinamento al voto per la compagine di Matteo Salvini potrebbe essere una foto pubblicata su Facebook. Nello scatto, che ritrae un volantinaggio a favore del partito leghista, viene inquadrato Ciccio La Rosa, l’ex sindaco di Niscemi e oggi consigliere comunale, arrestato l’anno scorso con la pesante accusa di voto di scambio politico-mafioso per le elezioni del 2012, quando il politico ex Mpa e poi vicino ai Forconi vinse la competizione al ballottaggio.
Scarcerato in estate, La Rosa resta indagato per il presunto sostegno avuto dai referenti mafiosi sul territorio in cambio di denaro.
«Impresentabile? Non sono certo candidato – commenta il diretto interessato a MeridioNews -. La scelta di fare campagna elettorale per la Lega è un atto di coerenza, visto che sono un ex Mpa e nel 2006 il Movimento per l’autonomia si alleò alle Politiche con l’allora Lega Nord. In consiglio comunale abbiamo anche costituito un gruppo che ha aderito alla Lega e quindi impegnarci in queste settimane non ha nulla di strano».
La Rosa specifica poi che al momento si tratta di un’adesione ai programmi politici, mentre non è avvenuta una iscrizione ufficiale – «c’è una simpatia», chiosa -, mentre glissa quando gli si chiede chi gli abbia dato la pettorina della Lega: «Non è difficile trovarne».
Pur essendo in provincia di Caltanissetta – nonostante i risultati del referendum del 2015 sull’adesione all’area metropolitana di Catania, i cui effetti sono stati poi annullati dall’Ars -, Niscemi, per quanto riguarda l’elezione del senato, è inserita nel collegio di Acireale insieme agli centri del Catanese.
A concorrere per il seggio che verrà assegnato con il sistema uninominale per la Lega ci sarà Angelo Attaguile. «Non conosco questo signore – dichiara il parlamentare uscente, facendo riferimento a La Rosa -. La foto mi è stata segnalata ieri sera e ho subito telefonato al prefetto per ufficializzare la presa di distanza
Attaguile, che è coordinatore della Lega in Sicilia Orientale, addebita la responsabilità di avere consentito a La Rosa di avvicinarsi alla Lega all’altro coordinatore isolano, il deputato uscente Alessandro Pagano.
«So che conosce La Rosa e che il gruppo in consiglio a Niscemi è stato formato avendo lui come referente a livello regionale – spiega Attaguile -. Non so chi abbia distribuito quelle pettorine, ma forse andrebbe chiesto a Pagano proprio perchè io non ho avuto alcun contatto con La Rosa».
Contattato da MeridioNews, Pagano nega ogni coinvolgimento. «Quel Comune rientra nella circoscrizione coordinata da Attaguile – replica -. L’anno scorso, quando sono andato a Niscemi La Rosa non c’era, non l’ho incontrato”
A pubblicare la foto però è stata proprio Spinello, in passato assessora quando La Rosa era sindaco. Inoltre, in un’altra fotografia che gira sui social network si vede Pagano accanto al figlio di La Rosa, in un incontro pubblico della Lega dello scorso ottobre, al quale ha preso parte anche Matteo Salvini.
Dal canto suo La Rosa assicura di non essere scalfito da queste prese di distanza: «Io andrò a votare Lega, perchè mi riconosco nelle loro idee».
(da “Meridionews”)
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Febbraio 16th, 2018 Riccardo Fucile
ERA PREVISTO MARTEDI PROSSIMO DA VESPA: “E’ LA QUINTA VOLTA CHE DICE SI’ E POI ANNULLA”… NON SAPEVANO CHE E’ ABITUATO A SCAPPARE
Non ci sarà faccia a faccia tra Matteo Renzi e Matteo Salvini martedì prossimo a Porta a Porta. L’aveva annunciato lo stesso segretario del Pd in tv due giorni fa.
Ma il confronto – che sarebbe stato uno dei rarissimi confronti diretti di questa campagna elettorale – non ci sarà . Perchè, a quanto si apprende anche dalla segreteria di Salvini, il leader leghista ha altri impegni e non può essere negli studi di Bruno Vespa con Renzi.
Ma al Nazareno questo ritiro all’ultimo momento puzza di bruciato: “Sono 5 volte che fissiamo con Salvini, prima dice di sì e poi si tira indietro all’ultimo momento: ‘casualmente’ non può”.
Dal Pd raccontano che da prima di Capodanno hanno cominciato a lavorare ad un confronto tv tra Renzi e Salvini.
La prima ipotesi era negli studi di Giovanni Floris su La7. Ma anche lì è sempre saltato per sopraggiunti impegni di Salvini. Si sarebbe dovuto tenere prima della fine dell’anno, poi nella prima settimana di gennaio, poi il 20 gennaio. Poi Salvini è stato ospite di Floris ma senza Renzi.
Anche l’opzione Bruno Vespa non ha portato fortuna. Due giorni fa Renzi l’aveva annunciato a ‘L’aria che tira’ su La7, certo degli impegni presi: “Io e Salvini il confronto lo abbiamo già fissato la settimana prossima da Vespa”.
Ma nel pomeriggio di quella stessa giornata, Salvini ha disdetto per altri impegni improrogabili.
A questo punto è altamente probabile che l’unica sfida tv tra opposti schieramenti prima del voto rimanga quella tra Salvini e Laura Boldrini martedì scorso a ‘Otto e mezzo’ su La7.
Con buona pace della trasparenza del dibattito politico tra leader in campagna elettorale.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 13th, 2018 Riccardo Fucile
DALLO SLOGAN “ALBANESI, TUTTI APPESI” A QUEL SALVINI POCO SVEGLIO CHE NESSUNO CONSIDERAVA
Vengo dalla pianura padana, da un paesino di provincia nella bassa bresciana, vicino al lago di Garda. Proseguendo verso Nord, in poco più di un’oretta arriviamo in Trentino, dove da bambini andavamo in gita, per funghi o per castagne.
Lì ricordo che tutti parlavano tedesco ben prima del confine, gli uomini fingevano di non capire la nostra lingua, le donne invece qualche volta dimostravano il loro bilinguismo urlandoci contro “italiani merda”.
Questo per chiarire la mia geografia di riferimento.
La storia, invece, è questa: mio padre, un bel giorno di tanti anni fa, ha cominciato a parlare di una cosa che chiamava “il partito”.
Le prime volte me le ricordo bene perchè non l’avevo mai visto entusiasmarsi per la politica: gli brillavano gli occhi, credeva che qualcuno finalmente avesse capito i bisogni della gente, che se ne sarebbe occupato, che ci fosse un uomo deciso a porre rimedio alle ingiustizie di tutti.
Quel qualcuno era Umberto Bossi.
Man mano che l’eroe del partito che ce l’aveva duro diventava famoso, attorno a lui si aggregava una massa sempre più informe di persone discutibili, e non lo dico per giudicare l’elettorato leghista, lo dico perchè nei paesini ci si conosce tutti e ho visto formarsi la Lega locale fin dall’inizio.
Per primi hanno aderito i gradassi, i prepotenti, i bulli, quelli che lavoravano come muli e a parte quello sapevano solo menare le mani e tutti coloro la cui idea di partecipazione politica era stare seduti a urlare contro il tg che a Roma sono tutti ladri. A seguire, piano piano, a questi si sono uniti tutti coloro che trovavano accettabile o interessante tale compagnia.
re erano i punti forti che facevano impazzire i leghisti, che amavano e rispettavano Bossi con devozione e fedeltà , come mai avrebbero fatto con una donna:
Il federalismo: basta mandare soldi a Roma per mantenere i politici, quelli stanno sempre a mangiare e si fanno la villa con i nostri soldi, i soldi dei lombardi alla Lombardia
La lotta contro il meridione: basta mandare al Sud soldi per il Mezzogiorno, sono tutti mafiosi. Prima che imbastardiscano la razza, scaviamo un fosso lungo il Po, o mettiamo la dogana sotto Bologna e abbiamo risolto.
La lotta contro gli “stranieri”, all’epoca gli albanesi che arrivavano con i primi sbarchi: “Albanesi tutti appesi olè” era una canzone molto popolare, cantata dagli ultras del Brescia allo stadio e dai miei compagni all’uscita di scuola. Poi, via via “stranieri” sono diventati i senegalesi, i romeni, i nordafricani e tutte le forme di vita non provenienti da Nord.
Inutili sono stati i miei sporadici tentativi di confronto con mio padre, per lui ero solo una ragazzina bastian contrario con la testa piena di idee sbagliate.
La Lega non mi piaceva d’istinto, perchè non mi piacevano le persone che la proponevano, dalle quali ero praticamente circondata: leghisti erano i padri delle mie amiche e molti dei commercianti locali, votavano Lega il mio conducente d’autobus preferito, il macellaio, il meccanico e molti degli altri adulti che avevo intorno.
Una cosa che ricordo bene è che, perfino per loro, Salvini, era qualcuno che nessuno prendeva sul serio.
Aveva uno sguardo non proprio vivace, se ne stava sempre di lato o qualche passo indietro, in genere zitto. Davanti al nerboruto Umberto non ce n’era per nessuno.
Io alla fine la provincia l’ho abbandonata e così fortunatamente discorsi leghisti non ne ho sentiti più per anni, però a un certo punto ho cominciato a risentire, sempre più spesso, quel nome: Matteo Salvini.
Per tanto tempo l’ho ignorato ostinatamente, non volevo crede di dover avere ancora a che fare con lui, con loro, ma quell’eco va sempre peggio.
In questi giorni ci penso più del solito e mi sento un po’ come se avessi dormito per tantissimi anni: me lo trovo a fare comizi con aspirazioni da leader politico nazionale Ma questi del Sud che lo sostengono da dove arrivano? Non se lo ricordano quando la Lega diceva che puzzavano, che andavano bene solo per i lavori di fatica e che dovevano essere aiutati a casa loro?
Quando ne parlo sono stravolta, prima di tutto per il fatto che ci sia chi lo prende sul serio
È che io e lui, essendo quasi coetanei, siamo cresciuti insieme e so da dove arriva il suo programma, su cosa si basano i suoi slogan, su quali bisogni altrui poggia la scala della sua ascesa, su quale vuoto costruisce il suo spazio.
Crescendo si cambia, dicono. Non sempre, non tutti.
Quando torno a casa, ancora oggi vedo tanti adesivi con il sole delle Alpi appiccicati un po’ dappertutto, tanti cavalcavia con sopra scritto “terroni a morte”
Siamo cresciuti insieme, io e la Lega, e certe cose non si possono scordare mai.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 13th, 2018 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO SCERIFFO ALLO STRAPPO FINALE: “MI HANNO CACCIATO. CHI SCELGO? VEDREMO”
«Sono nato per vincere, lo scriva questo». Lo «sceriffo» Giancarlo Gentilini ritrova l’accento vibrante,
quello che dal palco (e pure nella cornetta) tuona senza vacillare.
Lo «ritrova» perchè, parlando dello strappo definitivo con la «sua» Lega, l’amarezza gli vena la voce, la incrina impercettibilmente mentre ripete quasi incredulo e a più riprese: «Mi hanno cacciato dal K3 hai capito? Mi hanno cacciato da casa mia!».
Già il K3, casa della Lega a Treviso ma anche «casa sua», del sindaco sceriffo che ha continuato ad andarci per anni, a rispondere alla corrispondenza ininterrotta dei suoi concittadini anche quando gli anni ruggenti delle boutade incendiarie sui giornali erano finiti da un pezzo.
Uno sfregio che non si poteva mandar giù. E così Gentilini dice basta e non rinnova la tessera del Carroccio dopo 24 anni, quasi un quarto di secolo. Decenni in cui il suo era uno dei volti più noti della Lega, non solo in Veneto.
Visto che straccia la tessera alle politiche non voterà Lega?
«Chiaramente no, per chi devo votare per quello che ha voluto buttarmi fuori e che è candidato? (Dimitri Coin, segretario provinciale della Lega di Treviso ndr). E non rinnovo la tessera perchè non gliela do la soddisfazione di buttarmi fuori, me ne vado prima io (ridacchia luciferino)».
E allora non voterà ?
«Il centrodestra è nel mio cuore ma non ho ancora deciso».
Non sarà solo una questione personale con Coin…
«Ma no, fosse solo per lui che pure mi ha buttato fuori dal K3 (storica sede della Lega a Treviso ndr). E il K3 era la mia casa, ci andavo a rispondere alle lettere dei miei concittadini, si è insinuato lo facessi per interessi miei, ridicolo. Dopo questo episodio ho chiesto lumi agli alti papaveri del partito. Si sono affrettati a rassicurarmi. Ma non ho più sentito nessuno. Un silenzio che mi ha ferito profondamente, nell’intimo».
Non siamo abituati a sentirla parlare così…
«Beh, è la verità . Quando dico che mi hanno ferito nell’intimo intendo dire che mi hanno impedito di aiutare il mio popolo».
E prima del fattaccio del K3 era in contatto con gli attuali vertici del partito? «Macchè, è dal 2013 che nessuno di loro si è dato la pena di farsi vivo. Neppure ultimamente quando c’è stato da decidere chi candidare contro Manildo».
Qualcuno l’accusa di non volersi rassegnare a perdere il potere.
«Non è mai stata questione di potere. Prendo atto dell’emarginazione in cui mi ha relegato la Lega attuale».
Ad ascoltarla sembra che per lei esistano due distinte Leghe.
«Il mio tesseramento si basa sul 1994 quando la Lega era un partito rivoluzionario al servizio del popolo».
E oggi?
«Non mi faccia parlare, non voglio esprimere giudizi. Lascio valutare ai cittadini, dico solo che qua mi pare si tratti solo di poltrone ormai. E sì che sulle mie spalle ci hanno vissuto…».
C’è qualcosa o qualcuno che si salva della «Lega di oggi»?
«C’era e c’è Luca Zaia. Ho patrocinato il suo come unico nome valido, come unico contraltare a Matteo Renzi, il solo con le capacità , l’unico cavallo di razza dei tanti che ho tenuto a battesimo. Ora però è impegnato con l’autonomia, lo so, ma è un peccato».
Altri rimpianti?
«Che Flavio Tosi abbia lasciato la Lega. Lui e Zaia avrebbero potuto stravolgere il governo nazionale. Un’occasione storica persa».
Guardando invece al futuro, pare di capire che non ci sia rimedio possibile a questo addio al Carroccio. Quindi candiderà davvero una lista contro Conte alle prossime comunali?
«Eh, la mia carica vitale si alimenta dalla fonte del ’94 (ride sornione) ma sia chiaro che se corro, corro per vincere non per una stupida ripicca. Non avessi quasi 90 anni mi candiderei ancora io a sindaco ma se mi riesce di mettere insieme una compagine di amici validi…vedremo».
E ora, senza K3, com’è la sua giornata?
«Non sto fermo mai, ovvio! La mattina sempre in giro per mercati e mercatini poi vado in “ufficio” che sarebbe poi Ai do mori davanti al Comune, che così li controllo tutti».
(da “Il Corriere della Sera”)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
“HA FATTO PROMESSE AI LAVORATORI E POI’ E SPARITO, HA MENTITO DUE VOLTE”… UNA INTERROGAZIONE MAI FATTA
«Quando vai a prendere in giro gli operai sei un cialtrone». Così il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda che, durante il convegno «Industrie al futuro» organizzato dal Pd alla Fiera di Bergamo questa mattina (sabato 10 febbraio), continua a bacchettare il segretario della Lega Matteo Salvini dopo la visita di quest’ultimo all’Ideal standard di Roccasecca, azienda in crisi vicino Frascati.
I due se le sono già dette ma lo scontro continua e si allarga al tema delicato dei dazi e di «ritorno a un protezionismo stupido» da parte del Carroccio.
«Salvini – ricorda il ministro – è andato in un’azienda che sta crollando, ha fatto i selfie con i lavoratori, e gli ha detto “ci penso io, rompo le balle a Calenda e metto tutto a posto”. Passano i giorni e non mi chiama. Al che gli dico pubblicamente “sei andato li”, da 300 persone che rischiano il posto di lavoro, a farti i selfie, e non hai trovato il tempo sulla via del ritorno di fare 5 minuti di telefonata. Lui ha replicato di aver fatto un’interrogazione parlamentare il 30 novembre. L’ho cercata senza trovarla. E interpellando i suoi, una deputata mi ha detto che la stava per depositare. Ma come può una persona che guadagna 20 mila euro al mese, che non ha mai lavorato fuori dalla politica un giorno in vita sua, mentire due volte, essere preso in castagna e fare finta di niente?».
All’incontro in Fiera erano presenti anche il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, il deputato Antonio Misiani e una rappresentanza di livello del mondo economico: Alberto Bombassei, presidente di Brembo che di recente ha manifestato il suo apprezzamento per il ministro, e i fratelli di Silvio Albini, che hanno chiacchierato a lungo con il ministro»
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 9th, 2018 Riccardo Fucile
GLI UOMINI E LE AZIENDE LEGATE ALL’ALLEANZA CON PUTIN…IL COLLEGAMENTO CON SERGEY ZHELEZNYAK E IL CENTRO ROSSOTRUDNICESTVO A PALAZZO SANTACROCE… TRASFORMISTI E INDAGATI RIEMPIONO LE LISTE DA ROMA IN GIU’
Legami pericolosi. L’ombra del Cremlino a Est, quella delle clientele e degli impresentabili al Sud.
Matteo Salvini ha rivoluzionato così il partito dopo aver archiviato le stagioni di Bossi e Maroni.
Un Carroccio al verde, sostiene il leader che studia da premier. E per questo alla costante ricerca di finanziatori. Ma anche una Lega che insegue il colpaccio sotto Roma per sancire la trasformazione in partito nazionale. E che per farlo ha imbarcato di tutto.
A ricostruire la rete di persone e interessi che si muove dietro il nuovo Carroccio è una dettagliata inchiesta dell’Espresso
Matteo il russo
Si parte dalla Russia: delle simpatie per Putin, Salvini infatti non ne ha mai fatto mistero. L’ufficiale di collegamento si chiama Sergey Zheleznyak, 47 anni, delegato del Cremlino ai rapporti con i partiti europei. È lui l’uomo che per conto di Vladimir Putin ha sancito l’alleanza ufficiale con Matteo Salvini lo scorso marzo a Mosca. Un patto raggiunto dopo quattro anni di corteggiamenti, visite, prove di fedeltà .
Gianluca Savoini è, invece, il delegato italiano a mantenere i rapporti con la Russia. Ex giornalista de La Padania, 54 anni, per qualche tempo suo portavoce personale, per raccogliere imprese-amiche Salvini ha scelto proprio lui, che vanta parecchie conoscenze nel mondo russo, e negli ultimi anni si è recato di continuo nella Federazione.
Insieme ad altri leghisti ha creato l’associazione Lombardia-Russia, il cui presidente onorario è Aleksey Komov, dell’associazione ultracattolica World Congress of Families, responsabile internazionale della Commissione per la Famiglia del Patriarcato ortodosso di Mosca e grande amico dell’oligarca Konstantin Malofeev, già molto attivo nei rapporti tra il Cremlino e i francesi del Front National.
L’appoggio più visibile in Italia Salvini lo ha trovato però in una organizzazione russa. La sede è a Palazzo Santacroce, un elegante edificio barocco nel centro di Roma, a due passi dal ministero della Giustizia.
Si chiama Rossotrudnicestvo, in italiano Centro Russo di Scienza e Cultura, controllato dal ministero degli Esteri.
Anton Shekhovtsov, politologo che insegna in Austria all’Institute for Human Sciences, è uno dei massimi esperti delle relazioni fra Mosca e i movimenti politici europei.
Secondo Shekhovtsov, Rossotrudnichestvo è oggi «il maggior strumento usato dalla Russia per esercitare soft power in Paesi stranieri», presente in almeno 25 nazioni e con 600 dipendenti all’attivo. Una rete politico-diplomatica che può contare sui generosi fondi del Cremlino.
La Lega va al Sud
Negli stessi anni in cui tesseva la rete di rapporti per sfondare il fronte russo, la truppa leghista si è data da fare anche per mutare pelle in politica interna. Dall’indipendentismo al nazionalismo. Per farlo è stato necessario trasformare la Lega in un partito presente in ogni regione, anche al Sud. Con il movimento Noi con Salvini, il leader del Carroccio, ha gettato le basi per contare sempre di più a livello nazionale, il collante che ha legato Palermo a Milano, Reggio Calabria a Varese è la guerra totale all’immigrazione.
Il primo banco di prova sono state le Regionali siciliane, dove insieme a Fratelli d’Italia ha ottenuto il 5,6 per cento. Un risultato che ha aperto per la prima volta le porte dell’Assemblea regionale a un deputato leghista. Non esattamente un volto nuovo, bensì un riciclato dei vecchi partiti della clientela democristiana. E già indagato.
Non l’unico trasformista in Sicilia. Il segretario nazionale di Noi con Salvini e responsabile della Lega sicula è Angelo Attaguile.
Suo padre Gioacchino è stato sottosegretario e ministro nei governi Rumor e Colombo, lui, democristiano da una vita, è legatissimo a Raffaele Lombardo, l’ex presidente di Regione condannato in appello per voto di scambio.
Attaguile si è speso molto per la causa, al punto da mettere a disposizione, come racconta L’Espresso, l’abitazione romana di via Cesi dove risulta tuttora registrata la sede del movimento incubatore della Lega nazionale.
In Calabria, invece, Salvini ha puntato sulla destra sovranista. Con lui, infatti, si è schierato l’ex governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, condannato per abuso e falso e sotto inchiesta della procura antimafia di Reggio Calabria.
Non sarà candidato per evitare imbarazzi al capo leghista, ma non ha rinunciato a infilare in lista sue pedine.
È, invece, in lizza per un posto da deputato Domenico Furgiuele,segretario della Lega-Noi con Salvini in Calabria. Suo suocero è un imprenditore con i beni sotto sequestro dall’antimafia. E non solo.
(da “L’Espresso”)
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Febbraio 9th, 2018 Riccardo Fucile
ORA SALVINI TUONA CONTRO I 35 EURO MA QUANDO LA LEGA ERA AL GOVERNO L’ACCOGLIENZA COSTAVA DI PIU’
Quanto ci costa l’accoglienza dei migranti? Secondo Salvini e la Lega (non più Nord) spendiamo troppo.
È la solita litania dei 35 euro al giorno che lo Stato spende per ogni migrante accolto nel nostro Paese. Molti italiani pensano che quei 35 euro finiscano direttamente in tasca degli immigrati. Non è così: sui circa 35 euro pro-capite spesi per lo SPRAR, oltre un terzo va a coprire le retribuzioni di operatori e professionisti. Che generalmente sono italiani.
Ai migranti viene dato sì il cosiddetto “pocket money” ma non è che una piccola percentuale del costo totale dell’accoglienza.
È stata la Lega Nord a volere la creazione degli SPRAR
Per Matteo Salvini e i leghisti si tratta di lo stesso di troppi soldi. Prima gli italiani, è il moto della nuova Lega che per convenienza elettorale ha scoperto che l’unità nazionale non è poi una brutta cosa.
Salvini, molto attivo nel denunciare i pericoli di questa “invasione” inesistente che prelude ad una “sostituzione etnica” vorrebbe chiudere i centri d’accoglienza e in passato ha proposto di bombardare i barconi, le coste della Libia o di lasciare gli immigranti al largo, in mezzo al mare. Perchè gli immigrati sono troppi, perchè costano troppo.
Matteo Salvini però evita sempre di parlare di chi abbia creato il sistema degli SPRAR, ovvero il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
Ad istituire lo SPRAR che è coordinato dal Ministero dell’Interno in collaborazione con gli enti locali (comuni e regioni) è stata la legge n.189/2002 meglio nota come Legge Bossi-Fini.
Lo SPRAR è costituito dalla rete degli enti locali che — per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata — accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.
Quel Bossi è Umberto Bossi, all’epoca segretario della Lega Nord e ministro per le Riforme istituzionali e devoluzione del secondo governo Berlusconi (e oggi candidato con la Lega a Varese).
Il 2002 fu un anno ricco di soddisfazioni per la Lega perchè come ci ricorda un documento dell’ISTAT in quel periodo, il governo dell’epoca si rese protagonista di un’altra iniziativa sulla quale i leghisti ebbero poco o nulla da eccepire: la regolarizzazione — nel 2002 — di 200.000 immigrati, la maggior parte dei quali nelle province e nelle regioni del Nord (per fare un paragone attualmente gli immigrati irregolari in Italia sono poco più di 400mila).
Vale la pena di ricordare che in quel governo la Lega Nord aveva altri due dicasteri di peso: quello della Giustizia, affidato a Roberto Castelli e quello del Lavoro, retto da Roberto Maroni.
Sempre durante quella legislatura, nel 2003, il Parlamento ratificò il trattato di Dublino, proprio quello che oggi la Lega Nord contesta duramente come causa “dell’invasione”.
Con la Lega al governo l’accoglienza costava 46 euro al giorno per migrante
Facciamo ora un piccolo salto avanti nel tempo.
È il 2011, al governo c’è ancora Berlusconi, al ministero dell’Interno c’è il leghista Roberto Maroni. Esplode la crisi dei migranti dovuta alle cosiddette primavere arabe; gli accordi stretti da Berlusconi con Gheddafi non reggono più perchè anche la Libia è travolta dalle proteste e il leader libico viene deposto e ucciso in seguito all’intervento militare occidentale.
Succede così che quei migranti che fino ad all’ora il Colonnello aveva semplicemente rinchiuso all’interno di veri e propri lager possano finalmente uscire e scappare dall’inferno libico.
Ne arriveranno 62.292, una cifra importante ma niente in confronto alle successive ondate migratorie di questi anni (nel 2014 ad esempio ne sbarcarono 170mila).
Per il governo è in ogni caso una situazione delicata tant’è che nell’aprile 2011 viene siglato l’ Accordo Stato-Regioni-Enti Locali per l’accoglienza diffusa a fronte emergenza umanitaria dal Nord Africa.
L’accordo prevede tata la di procedere ad una ripartizione regionale dei migranti richiedenti protezione internazionale, secondo criteri condivisi, al fine di perseguire una distribuzione omogenea sul territorio nazionale.
La stessa procedura che viene adottata ancora oggi e che oggi la Lega (non più Nord, ma è lo stesso partito) contesta. Tutti ricordano la sceneggiata di Salvini che va a dormire nel CARA di Mineo definendolo un «Centro commerciale di carne umana». Pochi invece ricordano che il CARA di Mineo è stato inaugurato il 24 marzo 2011, ovvero durante il mandato del leghista Roberto Maroni al ministero dell’Interno.
Ma veniamo ai costi, oggi Salvini si lamenta perchè spendiamo questi famosi 35 euro al giorno per i migranti.
Ma quanto è costata l’accoglienza gestita da Lega Nord e Forza Italia?
Il Rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia stima che durante l’emergenza nord Africa i costi dell’accoglienza fossero pari a 46 euro per gli adulti e ai 75 euro per i minori.
L’articolo 5 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3933 del 13 aprile 2011 autorizzava la corresponsione di un contributo ai Comuni per le spese relative all’accoglienza di minori non accompagnati, per complessivi 500 posti, ad un costo giornaliero pro capite non superiore a 80 euro. Ora il costo dell’accoglienza dei minori non accompagnati si aggira attorno ai 45 euro al giorno.
Le contraddizioni di Roberto Maroni che da ministro minacciava chi rifiutava l’accoglienza e da Governatore chi la accettava
Il problema dell’accoglienza diffusa era così serio che il 30 marzo 2011 Maroni rispondeva con questo intervento ad un’interrogazione parlamentare presentata da Pino Pisicchio. Maroni spiegava di aver proposto alle Regioni «un piano per la distribuzione equa, in tutte le regioni, con la sola esclusione dell’Abruzzo per i soliti motivi, dei rifugiati, con un criterio molto semplice, ossia in base al numero degli abitanti, alla popolazione. Sentirò oggi le regioni e mi auguro che vi sia quella solidarietà di tutte le regioni che è stata invocata, da ultimo, dal Presidente della Repubblica»
Un paio di giorni prima, il 28 marzo, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera si rivolgeva così alle Regioni che rifiutavano di accogliere i profughi: «Accogliete i profughi o agiremo d’imperio».
Maroni utilizzava toni molto più duri e decisi di quelli che la Lega Nord di Salvini, appena un paio di anni dopo, criticava.
Nel 2013 Salvini annunciava che la Lombardia non avrebbe accolto altri migranti spiegando che «Noi leghisti non siamo cattivi, ma nemmeno coglioni».
Nel 2015 lo stesso Maroni che si preparava ad agire d’imperio nei confronti di coloro che rifiutavano l’accoglienza minacciava invece di tagliare i fondi ai sindaci che aderivano allo SPRAR.
Ma in fondo la Lega Nord è fatta così: qualche anno fa pagava profumatamente per l’accoglienza, oggi i costi inferiori sono considerati eccessivi.
Sempre con Maroni all’Interno finanziava con 30 milioni di euro l’anno la costruzione di Campi Rom nella Capitale, oggi Salvini vorrebbe usare la ruspa.
Gente meravigliosa, i padani, quando si tratta di soldi pubblici.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 9th, 2018 Riccardo Fucile
E ANNUNCIA DI AVER SCARICATO LE SUE CONVERSAZIONI SU TELEGRAM E IL DATABASE… PUBBLICATO UN PRIMO BLOCCO DI DATI
Anonplus all’attacco di Matteo Salvini. 
Stanotte il collettivo di hacker è entrato in uno dei siti e nei social network del Capitano della Lega e ha scaricato il database, dedicandosi poi all’invio di alcuni messaggi di scherno dalla pagina Facebook classici come fargli scrivere “Sono gay” oppure “Mi raso a zero se questo post raggiunge i 1000 like”.
Verso mezzanotte e mezza è uscita una rivendicazione sul sito internet del segretario della Lega Nord: “AnonPlus combatte i sopprusi, le inequità , le corruzioni”.
AnonPlus sostiene di aver sottratto anche il contenuto delle chat di Telegram del segretario.
Un primo blocco di dati, ancora da verificare, è stato pubblicato da AnonPlus con un link sul proprio profilo Twitter: “Prima trance del database scaricato non sono stati filtrati o controllati a voi l’onere e l’onore di farlo”. Poi il link è sparito.
Nel mirino è finita anche la prestigiosa iniziativa Vinci Salvini, che il responsabile della comunicazione della Lega Nord e del Capitano Luca Morisi aveva lanciato (Genio! Visionario!) regalando un incontro con il segretario della Lega a chi fosse stato più veloce a diffondere i suoi contenuti su internet:
Dopo un paio d’ore la Lega Nord è tornata in possesso degli account social e del sito internet. Lo stesso gruppo AnonPlus aveva nei giorni scorsi rivendicato la pubblicazione della lista completa degli iscritti al Partito democratico di Firenze, con nomi, cognomi. Nel documento c’era anche il vecchio numero di cellulare di Renzi.
Matteo Salvini dovrà attendere adesso il rilascio del database e delle chat su Telegram per scoprire cosa abbiano preso gli hacker dal suo sito.
Lo spettacolo potrebbe essere già finito.
Oppure, come nel caso di Casaleggio e Rousseau, potrebbe stare soltanto per cominciare.
(da “NextQuotidiano”)
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