Maggio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
DUE ATTORI DA AVANSPETTACOLO CHE SI CONTENDONO IL PALCOSCENICO: UNO VIVE SOTTO RICATTO PERENNE DEI BEONI PADAGNI, L’ALTRO E’ COMPLICE DI UN CRIMINALE DI GUERRA… IL PRIMO CI FA FARE FIGURE DA PIRLA NEL MONDO, IL SECONDO FA IL PACIFISTA A ORE E INVOCA I FUCILI SOLO CONTRO MERIDIONALI E IMMIGRATI
“Abbiamo trovato l’accordo su tutti i punti previsti dalla nostra mozione”. 
Lo ha detto poco fa il capogruppo della Lega alla Camera, Marco Reguzzoni, al termine della riunione di maggioranza a Palazzo Chigi.
Non sono suonate le campane a festa, ma, per chi temeva una crisi di governo e la messa in discussione della pensione da parlamentare, non sono suonate neanche le campane a morto.
Il governicchio Berlusconi-Scilipoti può andare avanti in coma vegetativo, in attesa del duro risveglio elettorale.
Dopo quasi una settimana di chiacchiere, con minacce e schiarite, ultimatum e riconciliazioni, al dunque la maggioranza si è ricompattata sulla missione italiana in Libia.
E non poteva essere altrimenti, non essendo fattibile nè uscire dalla Nato, salvo essere spernacchiati in tutto il mondo, nè rinunciare allo stipendio da parlamentare e perdere le elezioni.
I punti più controversi che rischiavano di mettere in difficoltà la maggioranza erano due “apparenti” condizioni posti dal Carroccio nella mozione: la fissazione di una data precisa per il disimpegno dalla nostra missione in Libia e la questione del suo finanziamento, che non deve prevedere ricarichi fiscali ai danni dei contribuenti.
Sapete su quale base è stato trovato il compromesso?
Si questa frase che l’indossatore leghista Reguzzoni ha anticipato ai giornalisti: “Il governo si impegnerà con gli alleati nel fissare una data per la fine della missione e poi comunicarla al Parlamento”.
Cioè il nulla, tutto come prima: quando finirà la guerra in Libia, ce ne andremo anche noi come tutti gli altri, prima no.
Tanto è vero che si parla di “fine della missione” non di “fine della nostra missione”.
Reguzzoni infatti non è entrato nel merito degli accordi, salvo anticipare la decisione di “individuare con gli alleati una data per la fine delle ostilità “. «Abbiamo trovato un accordo nella maggioranza» ha poi cercato di spiegare, aggiungendo che «l’accordo è stato considerato soddisfacente per il mio partito».
In pratica il pacifista a ore Bossi adesso ha deciso che si può bombardare Gheddafi, rimediando una figura da bauscia.
Non che la controparte abbia dato migliore immagine, se non quella del solito personaggio soggetto ai ricatti dei beoni padagni per via delle sue vicende giudiziarie private.
“Si impapocchierà un documento confuso per accontentare tutti – aveva previsto in mattinata l’ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema – Spero che in tutto questo l’immagine internazionale dell’Italia, già caduta in basso, non precipiti. Quando si partecipa a missioni così complesse bisognerebbe cercare di comportarsi seriamente”.
Ma nessuno dice l’oggetto reale della trattativa e cosa ha ottenuto Bossi per rinunciare ad arrancare alla marcia pacifista: il posto da vicesindaco per Salvini a Milano (cui la Moratti si era opposta), almeno un posto da sottosegretario per Brigandì (colui che era entrato al Csm in quota Lega senza averne titolo, dopo aver rinunciato al posto da parlamentare e, una volta cacciato, si era ritrovato senza stipendio da entrambe le parti).Nonchè una serie innumerevole di posti negli Enti che contano e che emergeranno nei prossimi giorni.
Il partito “di lotta e di governo” si è calato le braghe: anche a culo nudo, meglio essere comodi su una morbida e remunerata poltrona.
Cala il sipario sul palcoscenico da avanspettacolo.
In attesa del nuovo atto.
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Maggio 3rd, 2011 Riccardo Fucile
TREMILA SBARCHI NEL FINE SETTIMANA, SCATTATO IL PIANO DELLA PROTEZIONE CIVILE PER DISTRIBUIRE GLI IMMIGRATI IN TUTTA ITALIA
L’isola si è svuotata e la furia del mare e del vento che scarica sabbia africana promette un’altra tregua negli arrivi.
I quasi tremila immigrati arrivati nel fine settimana hanno già lasciato Lampedusa a bordo di due navi e adesso tocca alle regioni, soprattutto quelle del Centro e Nord Italia, aprire le porte ai profughi subsahariani fuggiti dalla Libia.
I nuovi arrivati vanno nei centri richiedenti asilo di Mineo, Caltanissetta, Pozzallo, Bari e Crotone nei posti lasciati liberi da chi, arrivato nelle scorse settimane, avrà ora una destinazione definitiva nei luoghi e nelle strutture messi a disposizione dalle Regioni secondo il piano di ripartizione concordato nelle scorse settimane con il ministro dell’Interno Maroni.
Il capo della Protezione civile Franco Gabrielli oggi darà il via all’operazione trasferimenti che coinvolgerà complessivamente 3.000 persone.
«Dai vari Cara – spiega Gabrielli – partiranno circa 1.500 persone per le varie regioni italiane e nel frattempo a prendere il loro posto arriveranno altri. Da Lampedusa sono già partiti domenica altrettanti migranti con la nave Flaminia e ancora altri 1.500 ieri sera con la Moby Vincent. Per questi 3.000 ci sarà dunque un passaggio per verificare le loro condizioni prima di trasferirli nelle varie Regioni».
Questa volta si comincia dal Nord: le destinazioni previste per i profughi che lasceranno i centri di accoglienza per i richiedenti asilo sono in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana.
Qualche centinaio di profughi saranno smistati anche in strutture di Marche, Puglia, Calabria, Campania e in provincia di Roma.
Distribuzione che – assicura il commissario per l’emergenza – avverrà tenendo conto della dignità delle persone.
«Non trattiamo pacchi, ma persone, quindi collaboriamo con le organizzazioni umanitarie per organizzare i trasferimenti nel migliore dei modi». Rassicurazioni che Gabrielli intende dare a quanti, nelle scorse settimane, hanno criticato aspramente il piano del governo nella parte che avrebbe implicato lo sradicamento dei richiedenti asilo già inseriti in contesti di accoglienza.
«Abbiamo già contattato l’agenzia dell’Onu per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale migranti, perchè i rifugiati sono persone con criticità psicologiche, proprio perchè provenienti da territori in guerra, come l’Africa subsahariana. Per questo collaboriamo con chi di questi problemi si occupa ordinariamente, nell’ottica dell’emergenza, certo, ma anche di creare meccanismi di accoglienza degni appunto di persone e non di pacchi».
A Lampedusa, dopo l’ultimo assalto, rimangono solo una settantina di tunisini che da oggi dovrebbero cominciati ad essere rimpatriati e circa 180 richiedenti asilo.
Ma il ministro dell’Interno Maroni non si fa illusioni.
La consapevolezza che barconi stracarichi di migranti riprenderanno ad apparire all’orizzonte non appena il mare si sarà calmato è diffusa.
Alessandra Ziniti
(da “La Repubblica“)
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER ITALIANO AMMETTE: “SUI MIGRANTI LO SFORZO DI PARIGI E’ 5 VOLTE SUPERIORE AL NOSTRO”…ACCORDO TOTALE SUI BOMBARDAMENTI IN LIBIA…VIA LIBERA ALL’OPA DI LACTALIS SU PARMALAT… E SUL NUCLEARE: “L’ATOMO E’ IL FUTURO, LA VITTORIA DEL SI’ LO AVREBBE AFFOSSATO”
“Un incontro molto positivo”.
Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha definito il vertice intergovernativo a Villa Madama con il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, appena concluso.
La convergenza dei due leader sui tanti temi affrontati sarebbe stata totale, secondo quanto dichiarato dal premier italiano nella conferenza stampa a margine.
Durante il suo intervento, il premier italiano ha anche accennato alla recente decisione del governo di frenare sull’energia nucleare, nonostante “siamo assolutamente convinti che sia il futuro per tutto il mondo”, ha detto. Berlusconi ha così spiegato il motivo della moratoria governativa: il timore dell’opinione pubblica dopo il disastro di Fukushima avrebbe reso il nucleare “impossibile per anni”.
Meglio aspettare “uno o due anni perchè si tranquillizzino”, ha concluso.
“Tra Italia e Francia ci sono delle tensioni, — ha dichiarato Sarkozy sul merito dell’incontro — non ha importanza sapere di chi è la colpa, ma non hanno motivo di esistere”.
Nemmeno sulla gestione dell’immigrazione e sulla questione libica, quindi. Proprio su quest’ultimo punto, il presidente francese ha sottolineato di aver accolto positivamente la decisione italiana di un maggiore coinvolgimento militare.
Non si tratterà di bombardamenti, ha chiarito ancora una volta Berlusconi, ma di “inteventi con razzi di estrema precisione su singoli obiettivi militari, dove si possa escludere con certezza la possibilità di danni alla popolazione civile”.
Insomma sempre di bombardamenti si tratta.
Un passaggio dell’incontro è stato dedicato anche alla Siria, nuovo fronte caldo di proteste anti-regime.
“Siamo molto preoccupati per gli sviluppi e le numerose vittime. — ha dichiarato Berlusconi — Facciamo un appello forte alle autorità di Damasco affinchè diano un seguito concreto e immediato alle riforme annunciate”.
Durante il vertice, Berlusconi e Sarkozy hanno discusso al telefono con il leader del Comitato nazionale transitorio di Bengasi, Mustafa Jalil, per fare il punto della situazione.
Jalil ha ringraziato l’Italia per la decisione di utilizzare i propri veivoli in azioni militari in Libia.
Scelta del tutto condivisa anche dal presidente francese che, sin dai primi momenti delle operazioni, aveva richiesto un maggiore coinvolgimento.
Una decisione difficile, ha dichiarato Berlusconi, “per il passato coloniale e per i trattati di amicizia siglati con il popolo libico, ma riteniamo che del nostro intervento ci sia bisogno”.
Anche perchè, ha specificato il premier italiano, era stato richiesto dalla Nato e dagli Stati Uniti.
Nessun problema con i vertici della Lega, secondo Berlusconi, nonostante il Carroccio si sia opposto con fermezza.
“Ci siamo già sentiti — ha spiegato il premier — e li richiamerò anche tra poco per spiegare la questione”.
Ma il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, insiste: “La Lega Nord è contraria alla guerra. Questa è la posizione che porteremo con Umberto Bossi al prossimo Consiglio dei Ministri”.
I due leader hanno firmato una dichiarazione congiunta su Libia e Nord Africa, con la richiesta alla Ue di una maggiore cooperazione — anche sul piano degli investimenti — con i paesi della sponda sud del Mediterraneo. Durante il vertice, inoltre, è stata decisa la nomina di due stretti collaboratori di Berlusconi e Sarkozy, che si occuperanno di “affrontare il tema immigrazione, sviluppando i trattati già esistenti”, ha spiegato il premier italiano.
Che ha voluto anche porre fine alle polemiche di questi giorni con la Francia a proposito dei permessi temporanei ai migranti tunisini.
“Non hanno diritto all’asilo, è un’immigrazione economica, non dovuta a nessuna guerra”, specificava l’Eliseo.
Oggi, Berlusconi ha dato pubblicamente ragione al collega francese, riconoscendo lo sforzo della Francia “superiore cinque volte a quello italiano”. “Nessuna accusa quindi”, ha chiarito.
Insieme alla dichiarazione congiunta, i due leader hanno firmato una lettera, indirizzata al presidente dell’Unione europea, Herman Van Rompuy, e al presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, con alcune proposte di modifica provvisoria del trattato di Schengen, in situazioni eccezionali, e la richiesta di potenziamento dell’agenzia Frontex, il sistema di pattugliamento europeo delle frontiere esterne.
“E’ necessaria la solidarietà di tutti i Paesi della Ue”, ha concluso Berlusconi.
“Crediamo nel futuro dei gruppi europei, l’abbiamo sempre detto”, ha spiegato il presidente francese riguardo al capitolo economico dell’incontro.
Che, proprio stamattina, ha visto scendere in campo il gruppo d’oltralpe Lactalis con l’opa lanciata per l’acquisto del gruppo italiano Parmalat.
Una proposta “non ostile”, ha spiegato Berlusconi, che pure ha ammesso quanto sia singolare che l’iniziativa sia arrivata proprio questa mattina, data dell’appuntamento tra i due Paesi.
La strada che Italia e Francia intendono percorrere, nel caso Lactalis-Parmalat e più in generale, è quella di una co-partecipazione.
Per raggiungerla, secondo Sarkozy, è naturale “un periodo di tensione, per mettersi d’accordo”.
“Voi avete le piccole e medie imprese, noi i grandi gruppi. — ha continuato il presidente — Non c’è bisogno di farci la guerra”.
Massima disponibilità da parte della Francia, invece, ad appoggiare la candidatura di Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea.
Il presidente Sarkozy si è detto “molto felice” di sostenere la figura di Draghi, “perchè è una persona di grande qualità , e in più è italiano”.
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
LEGA INFURIATA, CALDEROLI STA CON IL CRIMINALE GHEDDAFI CHE GLI FACEVA IL “LAVORETTO” DI AFFOGARE I PROFUGHI…LE PRESSIONI DI OBAMA E DEL QUIRINALE E IL TIMORE DI RIMANERE TAGLIATI FUORI DALLA SPARTIZIONE DELLA TORTA HANNO CONVINTO BERLUSCONI
Sì ad «azioni aeree mirate» italiane in Libia.
La svolta del Governo sulla crisi libica arriva nella serata di ieri, al termine di una telefonata del premier Silvio Berlusconi con il presidente Usa Barack Obama.
E scatena subito le ire della Lega.
L’Italia risponde così all’appello lanciato dalla Nato per un intervento più incisivo e, sotto il pressing dell’alleanza atlantica, ma anche dei ribelli del Cnt, supera le «riluttanze», come le aveva definite il Ministro degli Esteri Franco Frattini, legate al suo passato coloniale.
Ma assicura anche, con il ministro La Russa, che «non saranno bombardamenti indiscriminati ma missioni con missili di precisione su obiettivi specifici».
Insomma, l’obiettivo è quello di «evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile».
Il Governo informerà il Parlamento, Frattini e La Russa sono pronti a riferire alle Camere, anche se, assicura una nota di Palazzo Chigi, «le azioni descritte si pongono in assoluta coerenza con quanto autorizzato dal Parlamento, sulla base di quanto già stabilito in ambito Onu e Nato, al fine di assicurare la cessazione di ogni attacco contro le popolazioni civili e le aree abitate da parte del regime di Gheddafi».
La riflessione del governo sulla possibilità di dare il via libera ai raid, come ha spiegato La Russa, «è cominciata già da alcuni giorni all’interno del governo, perch‚ la situazione a Misurata è diventata terribile». L
o stesso Frattini, attraverso la Farnesina, parla di una risposta alle richieste del Cnt, come atto di coerenza, dopo il suo riconoscimento.
L’Italia inoltre, si ragiona in ambienti di Governo, era rimasto l’unico paese della coalizione a non intervenire direttamente sulla Libia e il pressing della Nato, dopo il vertice di Berlino, si era fatto sempre più forte.
E questo, accanto ai forti bombardamenti su Misurata, avrebbe convinto il premier ad allinearsi agli altri paesi.
Silvio Berlusconi, solo dieci giorni fa così ragionava: «considerata la nostra posizione geografica ed il nostro passato coloniale non sarebbe comprensibile un maggior impegno» dell’Italia.
Il presidente del Consiglio, subito dopo aver parlato con Obama, ha informato della decisione il primo Ministro del Regno Unito, David Cameron, e il Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen.
Immediato il ringraziamento dell’Alleanza che da Bruxelles ha dato il «benvenuto» al maggior impegno di Roma. E oggi, in occasione del vertice italo-francese, ne parlerà con Nicolas Sarkozy.
Sarà quella la sede nella quale il premier potrà probabilmente trovare gli strumenti per placare le ire della Lega, ottenendo un impegno più forte sul fronte immigrazione.
Quel che è certo è che per ora il Carroccio ha scandito il suo «no» forte e chiaro, con il ministro della Semplificazione legislativa e responsabile delle segreterie nazionali della Lega Nord, Roberto Calderoli.
Oltre alla politica, c’è l’impegno sul campo.
È sempre La Russa ad assicurare che «non aumenteranno i rischi» per l’Italia.
«La missione è unica – ha detto – prima facevamo una parte nella squadra e ora nel facciamo un’altra. Dunque non ci sono più rischi o meno rischi‚ nè per i militari, nè per il nostro Paese». I
l rischio di danni collaterali, dovrebbe essere sventato grazie «ad azioni mirate», vale a dire, secondo quanto si apprende, missili di precisione su tank in movimento o postazioni fisse missilistiche.
All’Italia sarebbe stato chiesto anche l’impiego di droni, impegnati però gia in Afghanistan e molto difficili da spostare velocemente.
Intanto ieri notte un raid aereo della Nato su Tripoli ha distrutto l’edificio del complesso di Bab al-Aziziyah usato da Muammar Gheddafi per le sue riunioni, in quello che l’ufficio stampa governativo definisce un attentato alla vita del Colonnello.
La roccaforte ribelle di Misurata, intanto, è tornata ad essere colpita dalle bombe del Colonnello.
Razzi Grad sono stati lanciati a raffica sulla città e come hanno confermato anche i ribelli: «La situazione è molto pericolosa», spiegando che i razzi prendono di mira soprattutto il centro della città e le zone residenziali.
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
SARA’ IL COMANDO NATO A DEFINIRE DI VOLTA IN VOLTA LA MISSIONE CHE GLI AEREI ITALIANI DOVRANNO COMPIERE… L’ITALIA ENTRA A PIENO TITOLO NELLA MISSIONE ONU CONTRO IL CRIMINALE GHEDDAFI
Gli aerei con i quali l’Italia partecipa all’«operazione Libia» potranno utilizzare le loro
armi offensive e da bombardamento ogni volta che il comando operativo della Nato lo riterrà utile.
La svolta nella posizione italiana (fino a ieri si era detto che i nostri Tornado erano impegnati in numerose missioni, ma «non sparavano») è stata confermata nella conversazione telefonica di ieri sera tra Barack Obama e Silvio Berlusconi, ma nasce in realtà da una marcia di avvicinamento alla quale hanno lavorato per settimane i più stretti collaboratori del presidente del Consiglio, il Quirinale, i ministri Frattini e La Russa e la diplomazia italiana ai suoi livelli più alti.
Non è impossibile seguire il filo del nostro progressivo ripensamento.
Si ricorderà che l’Italia, a maggior ragione dopo che gli Usa avevano fatto un passo indietro rinunciando al comando delle operazioni in Libia, aveva insistito nella richiesta che ad assumere questa responsabilità fosse l’Alleanza Atlantica e non il duo anglo-francese.
Con qualche concessione alla «cabina di regia politica» voluta da Sarkozy, la linea italiana andò in porto e la Nato mise il suo dito sul grilletto.
Con alcuni risultati paradossali, però.
L’interpretazione della risoluzione 1973 dell’Onu sulla difesa dei civili non cambiò, i bombardamenti continuarono, e il ritiro di gran parte degli aerei Usa, lasciando in prima fila francesi e britannici, fece sorgere la necessità di coinvolgere altri velivoli che «sparassero».
Giunsero così a Roma le prime richieste del Segretario generale dell’Alleanza Rasmussen, ma la risposta italiana fu ancora no: in Libia eravamo l’ex potenza coloniale, facevamo già abbastanza, offrivamo le nostre basi agli alleati, insomma non volevamo andare oltre.
Un Consiglio dei ministri ratificò questo orientamento, ma non in maniera formale.
Dietro le quinte acquistavano contemporaneamente un peso non trascurabile le parole piuttosto univoche del capo dello Stato, che voleva piena e operativa fedeltà alle alleanze.
E diventavano più attivi, anche, quanti facevano presente che rimanendo a metà dal guado (partecipare sì, sparare no) ci facevamo carico di tutti gli oneri del caso ma non raccoglievamo alcun beneficio politico oggi nei rapporti con chi si esponeva e domani nella prospettiva di una revisione globale dei rapporti con la Libia dopo un eventuale e auspicato allontanamento di Gheddafi.
Espressione di questa scuola «realista», che tendeva a superare la nota contrarietà della Lega ad un nostro maggiore impegno in Libia, sono stati il riconoscimento del Consiglio di Bengasi come unico interlocutore libico dell’Italia, le dichiarazioni del ministro Frattini sulla riflessione da fare circa la fornitura di sistemi «non letali» agli insorti, e infine la decisione di inviare alcuni istruttori militari in Libia come avevano già fatto Gran Bretagna e Francia.
Gli ultimi dieci giorni hanno visto aprirsi la fase decisiva.
Mustafa Abdul Jalil, presidente del Consiglio di transizione di Bengasi, è venuto a Roma e, dopo averlo ringraziato per il riconoscimento, ha detto personalmente a Berlusconi che serviva un maggior impegno militare se ci si voleva liberare di Gheddafi senza spaccare la Libia in due.
Le stesse argomentazioni sono state espresse da Gates a La Russa, da Hillary Clinton a Frattini, ancora da Rasmussen a Berlusconi, ma la svolta si è verificata venerdì scorso quando il presidente del Consiglio ha ricevuto la visita del senatore Usa John Kerry, ex candidato alla Casa Bianca e notoriamente vicino al presidente Obama.
Da quel momento, acquisito il cambiamento, la nostra diplomazia si è mossa in discesa fino all’annuncio di Pasquetta.
I velivoli italiani potranno ora far uso di missili normalmente utilizzati per colpire postazioni antiaeree, ma è evidente che una volta eliminato il caveat sin qui in vigore sarà il comando Nato a definire di volta in volta la missione da compiere attraverso strutture di comando e controllo nelle quali peraltro l’Italia è puntualmente rappresentata.
La scelta fatta ieri dal governo, che rientra nel mandato parlamentare ricevuto, corregge una incongruenza che ci aveva collocati a metà strada tra la rispettabile posizione tedesca (un no su tutta la linea) e quella altrettanto rispettabile benchè opposta di Francia e Gran Bretagna.
Rimanendo nel mezzo, rischiavamo l’ambiguità e il ritorno di vecchi e poco edificanti stereotipi. Non solo.
Sul fronte interno, Berlusconi non dovrebbe essere a corto di argomenti per spiegare alla Lega che sbagliare approccio in Libia significa esporsi ancora di più alle ondate migratorie.
La vicenda libica, insomma, resta confusa e piena di trappole (come dimostra la continuazione dei bombardamenti lealisti su Misurata).
Ma la confusione italiana, almeno quella, è stata superata.
Franco Venturini
(da “Il Corriere della Sera“)
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Marzo 30th, 2011 Riccardo Fucile
LE DICHIARAZIONI PASSATE DI BERLUSCONI, FRATTINI, CRAXI, D’ALEMA A FAVORE DEL RAIS LIBICO E LA CORRESPONSIONE DI AMOROSI SENSI…SEGNALI DELLA ETERNA POLITICA ESTEMPORANEA DELL’ITALIA
I potenti italiani hanno fatto a gara nello schierarsi a favore del colonnello libico che ora attaccano.
Ecco una carrellata di dichiarazioni per rendersi conto che la nostra politica più che estera è estemporanea
«Gheddafi è disponibile ad ascoltare, appassionato quando parla. signori, è da 33 anni alla guida del governo. Gliel’ho detto: lei è un vero professionista, io sono solo un dilettante…» (Silvio Berlusconi, 28 ottobre 2002).
«Gheddafi mi ha promesso la costruzione di una villa sulla costa libica. ho accettato volentieri, purchè le spese siano a carico mio» (Silvio Berlusconi,10 febbraio 2004).
«Gheddafi è un grande amico mio e dell’Italia. è il leader della libertà ,sono felice di essere qui» (Silvio Berlusconi a Tripoli, 7 ottobre 2004).
«Il ministro degli Esteri libico regala una piccola ma robusta verità : l’Italia avvertì la Libia dell’attacco deciso dagli americani contro Tripoli per “punire” Gheddafi dell’attentato alla discoteca La Belle di Berlino. Una decisione presa dal premier di allora, Bettino Craxi… Il 15 aprile dell’86 45 aerei avevano sganciato 232 bombe e 48 missili contro sei diversi obiettivi… Morti una decina di civili, tra i quali una figlia adottiva di Gheddafi. Ma il leader, avvertito dagli italiani, era riuscito a salvarsi. «Non credo di svelare un segreto», dice Mohammed Abdel- Rahman Shalgam alla Farnesina, «se annuncio che il 14 aprile 1986 l’Italia ci informò che ci sarebbe stata un’aggressione americana contro la Libia» (“Corriere della sera”, 31 ottobre 2008).
«Mio padre era stato avvertito dal premier spagnolo Felipe Gonzà¡lez che gli aerei americani si erano levati in volo… Poi aveva subito fatto avvertire Gheddafi» (Bobo Craxi, ibidem).
«In tempo reale il nostro servizio segreto informò il governo libico dell’imminente attacco » (Francesco Cossiga, all’epoca presidente della Repubblica, ibidem).
«Io ritengo di sì, l’avvertimento ci fu. Del resto quella degli americani fu un’iniziativa improvvida» (Giulio Andreotti, all’epoca ministro degli Esteri, ibidem).
«Caro Muammar, siamo felici per il tuo arrivo in Italia al G-8 della Maddalena. Con l’ambasciatore siamo andati a cercare il posto migliore dove posizionare la tenda… E’ un onore per me essere stato invitato il prossimo anno in Libia il 30 agosto per la Giornata di amicizia tra popolo italiano e popolo libico, e sarò lieto di rimanere con voi per festeggiare il 40° anniversario della vostra grande Rivoluzione» (Silvio Berlusconi, 3 marzo 2009).
«A Gheddafi mi lega una vera e profonda amicizia, al leader riconosco grande saggezza» (Silvio Berlusconi, 10 giugno 2009).
«Non trovo affatto scandaloso che Gheddafi parli in Senato: è il leader dell’Unione africana e di un paese da cui dobbiamo farci perdonare qualcosa» (Massimo D’Alema, prima di ospitare Gheddafi alla fondazione Italianieuropei, 10 giugno 2009).
«Siamo di fronte a una svolta che ci condurrà a una intensa e strutturata collaborazione bilaterale» (Emma Marcegaglia, mano nella mano a Gheddafi, Roma, 12 giugno 2009).
«Credo si debbano sostenere con forza i governi di quei Paesi, dal Marocco all’Egitto, nei quali ci sono regimi laici tenendo alla larga il fondamentalismo… Faccio l’esempio di Gheddafi. Ha realizzato una riforma dei “Congressi provinciali del popolo”: distretto per distretto si riuniscono assemblee di tribù e potentati locali, discutono e avanzano richieste al governo e al leader… Ogni settimana Gheddafi va lì e ascolta. Per me sono segnali positivi» (Franco Frattini, “Corriere della sera”, 17 gennaio 2011).
«Non chiamo Gheddafi perchè le cose sono ancora in corso, non lo voglio disturbare» (Silvio Berlusconi mentre Gheddafi inizia la repressione sui libici in rivolta, 19 febbraio 2011).
«Gheddafi ha ancora un rapporto solido con una parte della società libica e la crisi economica qui non ha colpito come in altri Paesi. La Libia ha pochi abitanti e un Pil pro capite elevato. Cosa può fare l’Italia? Incoraggiare Gheddafi a fare le riforme» (Massimo D’Alema, “Il Sole-24 ore”, 20 febbraio 2011).
«L’Unione europea non deve interferire nei processi in corso in Libia» (Franco Frattini, 21 febbraio 2010).
Marco Travaglio
(da “l‘Espresso“)
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Marzo 29th, 2011 Riccardo Fucile
SULLA MISSIONE LIBICA, TELECONFERENZA TRA USA, GRAN BRETAGNA, FRANCIA E GERMANIA…A DIMOSTRAZIONE CHE IL GOVERNO BERLUSCONI NON CONTA NULLA, QUALORA CI FOSSE STATO BISOGNO DI ULTERIORE CONFERMA
Obama, Sarkozy, Cameron e Merkel: i quattro si sono ritrovati ieri pomeriggio in
videoconferenza per capire quali possono essere le soluzioni politiche della crisi alla vigilia della conferenza della coalizione che si apre oggi a Londra. Berlusconi non è stato invitato a partecipare all’incontro.
Una conferma che l’Italia non è considerato un interlocutore credibile per gestire l’uscita di scena del suo ex alleato di Tripoli.
Ieri, mentre il premier turco Erdogan si proponeva come mediatore tra il regime di Gheddafi e gli insorti, Sarkozy e Cameron, come promesso, hanno espresso una posizione comune sulla necessità di trovare una via di uscita politica dal conflitto, fondata sul riconoscimento del Consiglio di Transizione come l’organismo che dovrebbe sovrintendere al passaggio verso elezioni e alla formazione di un governo democratico in una Libia unita.
Il governo italiano, aveva preannunciato una posizione comune con la Germania, ma da Roma e Berlino non è uscito nessun comunicato.
Anche perchè la Merkel sta ormai da tempo parlando con americani, francesi e tedeschi per cercare di riportare la Germania nella cabina di regia della crisi.
Il ministro degli Esteri Frattini si è provato a spiegare che la videoconferenza quadripartita «non sta decidendo niente», e che comunque «l’Italia non sente la sindrome dell’esclusione».
Ma fonti vicine al premier raccontano di un Berlusconi infuriato.
Un malumore di cui si fa portavoce Osvaldo Napoli, vicecapogruppo Pdl alla Camera: «Berlusconi dovrebbe utilizzare il metodo Sigonella e sospendere subito l’utilizzo delle basi. Non esiste che noi ci carichiamo tutti gli immigrati mentre i cosiddetti alleati fanno i furbi».
«No a patti separati, le telefonate di questo tipo non portano a nulla, a formati singolari l’Italia risponde con i fatti», rincarano fonti diplomatiche. Precedentemente, Frattini si era limitato a dire che per la Libia «occorre trovare una soluzione condivisa», e ad augurarsi che «Paesi africani» possano «offrire ospitalità » a Gheddafi, contro cui è in corso un’inchiesta del Tribunale penale internazionale per crimini contro l’umanità .
Il ministro italiano è anche tornato a insistere sulla necessità di aprire un dialogo con le tribù libiche.
Più articolata, anche se comunque ancora necessariamente vaga in attesa della conferenza di oggi, la posizione comune espressa da Sarkozy e Cameron. Francia e Gran Bretagna, che appaiono sempre più saldamente al comando della gestione politica della crisi, hanno ribadito l’invito ai partigiani di Gheddafi perchè depongano le armi «prima che sia troppo tardi». «L’azione militare non e’ un obiettivo in se stesso – scrivono i due leader – Una soluzione duratura può essere solo politica e decisa dal popolo libico. Ecco perchè il processo che comincia domani a Londra è importante». Questo processo, che sarà tenuto a battesimo dalla Conferenza cui partecipano i ministri degli esteri e i rappresentanti di una quarantina di Paesi e di organizzazioni internazionali, si articola attorno al Consiglio nazionale di Transizione di Bengasi, a cui viene riconosciuto un «ruolo di pioniere».
Ad esso spetterà il compito di organizzare elezioni che portino alla formazione di un governo democratico.
E non a caso ieri il Qatar è stato il primo dei Paesi arabi a riconoscere il Consiglio di Transizione come «l’unico rappresentante del popolo libico».
Un passo che fino ad ora era stato compiuto solo dalla Francia e dal Parlamento europeo.
C’è attesa intanto per il discorso sulla Libia che il presidente Obama dovrebbe pronunciare nella notte.
Ma le anticipazioni lasciano intendere che, con il passaggio definitivo del comando delle operazioni militari all’Alleanza Atlantica, la Casa Bianca intenda caratterizzare il ruolo degli Stati Uniti come una azione «di supporto» delle missioni Nato, rinunciando volentieri alla leadership politica della gestione della crisi.
«L’impegno dell’America sarà limitato nel tempo e negli obiettivi», ha fatto sapere il presidente.
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Marzo 29th, 2011 Riccardo Fucile
IL TITOLARE DEL RESIDENCE “MANAGER’S” OFFRE OTTO DEI DIECI PIANI DEL SUO ALBERGO…NONOSTANTE I FAX ALLE AUTORITA’ COMPETENTI, SILENZIO TOTALE… MENTRE VERONA SI DICE DISPONIBILE AD ACCOGLIERE SOLO 30 PERSONA E IL VENETO SI TIRA INDIETRO
Ha la ‘benedizione’ di Confturismo e Federalberghi Veneto, ma a Verona sembra che
nessuno voglia ascoltare l’appello di Giorgio Tedeschi, il titolare del residence Manager’s che ha offerto otto dei dieci piani del suo albergo per ospitare ‘200 profughi 200′ in fuga dalle rivolte che stanno investendo tutto il Nord Africa.
“Sono pronto a mettere a disposizione — spiega Tedeschi al quotidiano L’Arena – 96 stanze per circa 200 posti con relative colazioni e pasti, basta che qualcuno mi dica cosa devo fare”.
L’imprenditore rende nota la sua disponibilità alle autorità attraverso due fax. Il primo, datato 3 marzo, è indirizzato all’ufficio di gabinetto della Prefettura, il secondo, del 22 marzo, alla Provincia.
“Siamo a confermarvi — si legge — la disponibilità della struttura per ospitare eventuali profughi libici/tunisini per una capienza di circa 200 posti, con possibilità di somministrazione pasti“.
Le ricevute che confermano l’arrivo a destinazione delle missive ci sono. Mancano però le risposte.
“Mi sono fatto avanti ancora ai primi di marzo – spiega Tedeschi — in vista di richieste di alloggio a causa delle emergenze in Tunisia e Libia, ma non ho ricevuto risposta. E adesso leggo che c’è difficoltà a reperire posti letto per i profughi, anche a causa della stagione turistica alle porte. Sinceramente c’è qualcosa che mi sfugge. Con i giornalisti ammette di avere avuto l’idea dopo aver saputo che Verona avrebbe messo a disposizione al massimo 30 letti. “Mi disturbava — dice — far passare la nostra categoria come una sorta di lobby razzista”.
A difendere (con molte riserve) l’idea di Tedeschi entra in scena il presidente di Confturismo e Federalberghi Veneto Marco Michielli che giudica l’iniziativa giudica “molto positiva”.
“Non dobbiamo dimenticare — dice Michielli — che è un dovere accogliere chi fugge da un conflitto”.
Michielli precisa che l’accoglienza va fatta in luoghi adeguati e ben serviti, ma attenzione a non influenzare la regolarità della stagione turistica internazionale delle spiagge.
“Gli americani che accolgono migliaia di profughi — prosegue — non si sognano di alloggiarli a Miami o a Las Vegas. Da noi non possiamo immaginare donne musulmane a passeggiare tra stabilimenti dove il topless è di casa”.
Contrario alla proposta di Tedeschi il presidente degli albergatori Confcommercio di Verona Beppino Olivieri: “Non lo conosco — spiega Olivieri — e si tratta di un residence, non di un albergo. In ogni caso, come facciamo a dare camere avendo davanti Vinitaly che fa occupare tutte le camere? Le camere sono giù tutte occupate”.
Insomma, potrebbe sembrare solo un problema di ‘spazio’, se non fosse che, come dichiara lo stesso generoso albergatore , dalle (non) risposte ricevute “ho come la sensazione di dare fastidio”.
Tedeschi offre la disponibilità del suo residence nella zona della Genovesa quando scopre che Verona mette a disposizione, per l’emergenza Nordafrica, solo 30 posti letto all’interno del dormitorio Il Samaritano di via dell’Artigliere gestito dalla Caritas e utilizzato per l’assistenza ai senzatetto.
L’annuncio era arrivato al termine della riunione in Prefettura del Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico.
L’incontro era stato convocato in seguito alla richiesta del ministro dell’Interno Roberto Maroni che aveva chiesto maggior coinvolgimento per fronteggiare la crisi, in primis la situazione ormai al collasso di Lampedusa.
L’esiguità dell’offerta scaligera era stata motivata con il fatto che “tra pochi giorni inizia la stagione turistica ed è estremamente difficile trovare alberghi disponibili ad ospitare i profughi”.
Ma il responsabile del Manager’s residence non si tira indietro. “Da parte nostra — assicura Tedeschi — non c’è indisponibilità e siamo pronti ad affrontare qualsiasi evenienza: con le nostre 96 stanze possiamo ospitare senza problemi duecento persone e siamo in grado di garantire i pasti. Inoltre siamo vicini al casello di Verona sud, alle tangenziali e all’aeroporto, meglio di così. Dopo i fax ho provato anche a telefonare, vorrei sbagliarmi ma ho come la sensazione che la mia disponibilità non sia gradita…».
E pensare che Verona è finora l’unica città veneta a offrire un minimo di disponibilità .
Rispettando il principio di 1.000 profughi ogni milione di abitanti emerso nel vertice con le Regioni a Roma, in Veneto potrebbero giungere fino a 4-5.000 immigrati, ma ora si contano solo i ‘no’ e i ‘distinguo’.
Sulla linea dell’”accoglienza”, oltre a Tosi, sono il sindaco di Padova Flavio Zanonato e il primo cittadino di Belluno Antonio Prade.
Disposto a “valutare” l’ipotesi quello di Vicenza Achille Variati.
Netto rifiuto da parte del sindaco leghista di Treviso Gianpaolo Gobbo: “La nostra città non ha a disposizione alcun sito”, dice seccamente.
argomento: Costume, denuncia, governo, Immigrazione, LegaNord, Libia, Politica, radici e valori | Commenta »
Marzo 28th, 2011 Riccardo Fucile
IL NUOVO CAMPO VOLUTO DA MARONI E’ UN COLABRODO: HANNO VOLUTO TRASFORMARE IN CIE LA PISTA DI UN VECCHIO AEROPORTO CON 150 TENDE, MA SENZA ALCUN CRITERIO DI CONTROLLO…DATO CHE LE TV AVEVANO DOCUMENTATO LA FACILE FUGA, MARONI HA PENSATO BENE DI IMPEDIRE NON LE FUGHE, MA LE RIPRESE TELEVISIVE…SIAMO ALLA FARSA IN SALSA PADANA
Duecentocinquanta profughi tunisini sono arrivati ieri nella tendopoli di Manduria,
30.000 metri quadrati di campagna tra le province di Taranto e Brindisi trasformati in improvvisato Cie per accogliere una parte dei disperati portati via da Lampedusa.
Altri 850 sono attesi per oggi, 150 tende sono state montate in tutta fretta nella notte, per il momento sono ubicate oltre la recinzione metallica alta due metri che delimita l’area dell’ex aeroporto militare ma presto saranno spostate all’interno del campo.
La prima promessa dei giorni scorsi, di ospitare temporaneamente poche centinaia di extracomunitari provenienti da Lampedusa, è già disattesa.
Così come quella veicolata venerdì dal sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, di riuscire a controllare perfettamente gli ospiti presenti nella tendopoli.
Illusione smentita già ieri, a poche ore dall’arrivo degli immigrati sugli autobus che li hanno portati a Manduria dal porto di Taranto, dove sono sbarcati dalla nave San Marco: in tarda mattinata, senza neppure passare dall’ufficio identificazione allestito in un container, una trentina di uomini ha tentato la fuga.
In totale, su 546 arrivi nel centro, i migranti fuggiti sono già 136, 411 quindi quelle rimaste dentro, salvo fughe dell’ultim’ora
Troppo facile scavalcare la recinzione metallica alta due metri, troppo esteso il perimetro dell’area per poterlo controllare centimetro per centimetro.
Le auto delle forze dell’ordine girano incessantemente nel Cie, qualche angolo è monitorato dalle camionette, l’ingresso è blindato, ma non basta. Dopo le riprese televisive di ieri, che hanno documentato dal vivo la facilità con cui alcune persone hanno scavalcato la recinzione dandosi alla fuga nelle campagne, oggi è stato inibito l’ingresso nel campo ai giornalisti, come se non poter raccontare cosa sta accadendo in quell’angolo di Puglia, a 6 chilometri da Manduria e 3 da Oria, potesse rendere la situazione meno grave.
Invece la situazione è incandescente. Il sindaco di Manduria, Paolo Tommasino, se n’è già dovuto rendere conto.
E se inizialmente aveva cercato di accogliere con serenità il “regalo” piovuto da Roma, oggi si rende conto che sulla sua testa pende una vera e propria spada di Damocle.
“La situazione è ingestibile”, afferma senza mezzi termini, puntando il dito contro il Governo che nei giorni scorsi aveva fornito rassicurazioni non veritiere sulla sicurezza della tendopoli.
L’esperimento durato appena poche ore ha dimostrato che la parola sicurezza è una chimera, che uscire dal campo è più facile che entrare, che il numero degli ospiti non sarà limitato alle poche centinaia previste inizialmente e che i paesi di Oria e Manduria non resteranno immuni al ciclone immigrati.
Il rischio di tensioni, tra la popolazione e gli extracomunitari è alto, perchè non tutti accolgono di buon grado la presenza di un Cie in mezzo a queste vigne. Ieri se ne è avuto un esempio lampante: un tunisino che ha provato ad uscire dal centro ha raccontato di essere stato preso a sassate da un motociclista di passaggio e, addirittura, da alcuni blog è partita l’incitazione ai giovani salentini ad organizzare ronde per stanare gli immigrati in fuga.
La preoccupazione cresce ora dopo ora.
Questa mattina a Manduria è riunito un Consiglio comunale straordinario, alla presenza sempre di Alfredo Mantovano.
Il sindaco Tommasino chiede rassicurazioni precise, ma — di fronte a qualsiasi decisione romana — non ha alcuna possibilità di dissentire. Le indiscrezioni sul futuro della tendopoli, tuttavia, non lasciano presagire nulla di buono, perchè lo spazio, spianato nei giorni scorsi dai mezzi dei vigili del fuoco e già preparato con il pietrisco per l’allestimento delle tende, è molto più grande di quello attualmente occupato. Inizialmente si è parlato di 720 posti letto disponibili, ma è stato calcolato che su quell’area di 30.000 metri quadrati possono essere montate 800 tende e poichè ognuna di esse può contenere fino a 8 persone, la moltiplicazione è presto fatta: in totale “l’albergo” di Manduria potrebbe arrivare ad ospitare fino a 4.800 profughi. Numeri da brivido, che le fonti istituzionali non hanno confermato ma neppure smentito e che creano ansia e timore tra la popolazione salentina e gli amministratori locali.
Il campo, così com’è stato concepito, è un vero colabrodo.
Non garantisce sicurezza, nè agli ospiti nè alla gente di Oria e Manduria.
È una bomba innescata in mezzo alle campagne.
Pronta ad esplodere, come Lampedusa.
Chiara Spagnolo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, denuncia, emergenza, governo, Immigrazione, LegaNord, Libia, PdL, Politica, Sicurezza | Commenta »