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LOTTE, DIGIUNI E SIGARETTE, UNA VITA DA RADICALE: MARCO NON C’E’ PIU’

Maggio 19th, 2016 Riccardo Fucile

PANNELLA E’ MORTO A 86 ANNI, LA STORIA DI UN LOTTATORE CHE HA COMBATTUTO CON L’ANIMA E CON IL CORPO

Tra i suoi infiniti scioperi della fame e della sete, una quarantina dicono gli esperti, il più lungo è quello del 2011, a 81 anni suonati, per chiedere un provvedimento di amnistia per svuotare le carceri sovraffollate: tre mesi in cui perse 30 chili, la bocca impastata, il “petto da uccellino come quando ero ragazzo”.
Lo dovettero ricoverare in una clinica (gestita da suore che subito si “innamorarono” di lui), si mobilitarono tutti i vertici istituzionali, da Napolitano in giù, per correre al capezzale di questo vecchio corpo da lottatore, quasi indistruttibile.
E lui a usare bollettini medici e immagini dal letto d’ospedale, ancora una volta, come strumento di propaganda radicale.
Giacinto Pannella detto Marco, nato in Abruzzo nel 1930, ha passato quasi tutta la vita fregandosene degli avvertimenti dei medici, digiuno dopo digiuno, sigaretta dopo sigaretta, e in fondo è persino giusto che abbia potuto chiudere la sua partita terrena nella sua casa sotto al Quirinale, lontano dai camici bianchi, fumando fino a quando ha avuto un filo d’aria nei polmoni.
Gli 86 anni li ha compiuti il 2 maggio. Di questi, oltre una sessantina li ha dedicati alla politica, con tutta l’anima e anche con tutto il corpo, fin dagli anni Cinquanta, quando da una costola di sinistra dei liberali fondò il Partito radicale insieme a Sergio Stanzani e ad un gruppo di politici e intellettuali laici che girava intorno al Mondo di Mario Pannunzio.
Carismatico, logorroico, eretico, gentilissimo e al tempo stesso fumantino, Pannella entra alla Camera nel 1976 e ci resta fino al 1992, ma tra i protagonisti della Prima repubblica è l’unico a transitare sereno nella Seconda e persino nella Terza.
Un “sopravvissuto” della politica, che ha saputo costruire la propria longevità  a colpi di referendum, satyagraha, marce non violente, alleanze a geometria variabile, prima con Berlusconi e poi nel 2008 con il nascente Pd di Veltroni, quando una pattuglia di 9 radicali tornò in Parlamento dopo una lunga astinenza.
Una capacità  di dialogo bipartisan che talvolta è pura strategia, anche opportunistica, ma rivela l’attitudine di un uomo che non cerca quasi mai lo scontro, piuttosto il confronto: fu uno dei primi da sinistra a discutere in pubblico con Almirante; a un congresso del Pci propose di portare fiori sulle tombe delle vittime di via Rasella, causando uno shock nei vertici comunisti.
Nelle ultime settimane al suo capezzale sono arrivati personaggi antropologicamente incompatibili come Berlusconi e Furio Colombo, accomunati solo dalla stima e dall’affetto per Pannella.
Gli anni Settanta rappresentano il fulcro dei suoi successi politici.
Nell’Italia delle due Chiese, cattolica e comunista, i radicali sono vere e proprie mine vaganti: laici, genuinamente liberali in economia e paladini dei diritti civili, guardano alla politica d’oltreoceano, ne imitano alcuni tratti, che Pannella e Bonino riescono a fare propri terremotando la quieta noia delle tribune politiche: bavagli, cartelli, parole d’ordine che sconvolgono e modernizzano la comunicazione politica.
Mitica rimane l’irruzione del 1981 nello studio del Tg2: Pannella con due compagni radicali entra durante la diretta vestito da uomo sandwich e comincia a gridare “ladri di notizie” e “furto di informazione”.
Da metà  degli anni Sessanta i radicali si battono per il divorzio, una battaglia condotta con successo fino al 1974, anno del referendum.
Pannella intreccia l’attività  di leader politico a quella di giornalista, in quegli anni nascono fogli divorzisti che arrivano a vendere fino a 150mila copie.
Nel 1975 l’arresto per uno spinello, e l’inizio della battaglia antiproibizionista che non è mai finita. Una battaglia non certo pro domo sua, visto che quello dell’arresto è stato il terzo e ultimo spinello nella vita di Pannella.
“E me lo sono persino acceso dalla parte del filtro!”, ha raccontato a Filippo Ceccarelli in un’intervista del 2010. E del resto, queste battaglie di libertà  per lui vanno oltre il merito della singola questione.
L’obiettivo è quello di eliminare una ad una le leggi considerate “liberticide”, e questo arriva fino al diritto dell’eutanasia.
Ed è qui la vera differenza, secondo lui, con i cugini liberali: “Loro difendono le libertà  di tutti dall’alto di una condizione borghese”, spiegava ai suoi fedelissimi. “Noi radicali invece siamo stati i tossici, i froci, le prostitute. Siamo gente da marciapiede che sa sporcarsi le mani…”.
Negli stessi anni la lotta contro la legislazione d’emergenza sul terrorismo, il no ai governi del compromesso storico e alla linea della fermezza di Dc e Pci sul sequestro Moro, sostenendo l’autenticità  delle lettere dello statista dal carcere delle Br.
La legge sull’aborto, sempre nel 1978, viene considerata insieme al successivo referendum uno dei massimi successi della politica radicale: e tuttavia la pattuglia di parlamentari guidati da Pannella non si considerò soddisfatta del testo finale della legge 194, considerato troppo poco liberale.
Nel corso della sua lunga attività  politica, porta in Parlamento personaggi delle più diverse estrazioni, da Toni Negri a Leonardo Sciascia, Enzo Tortora, Ilona Staller “Cicciolina” e Domenico Modugno.
Nelle varie associazioni che gravitano attorno ai radicali spuntano ex terroristi rossi come Sergio D’Elia e i neri Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, colpevoli della strage alla stazione di Bologna del 1980.
Dagli anni Ottanta Pannella si concentra su alcuni temi che segneranno la sua carriera politica fino alla fine: le condizioni di vita nelle carceri, il no alla pena di morte, l’impegno internazionale dalla ex Jugoslavia all’Iraq, dalla Cecenia alla Siria a Israele fino ai più remoti angoli del mondo; la lotta contro la partitocrazia e il finanziamento pubblico dei partiti.
Battaglie che si incrociano con la fine della Prima repubblica e i referendum Segni per il maggioritario, sostenuti dai radicali, da tempo ispiratori di un sistema politico all’americana e tuttavia un po’ naufraghi nel bipolarismo all’italiana post Tangentopoli.
Negli anni dell’esordio politico di Berlusconi, Pannella stringe un patto con lui: chiede di essere ministro degli Esteri, poi ripiega sulla nomina di Emma Bonino a Commissario europeo.
La rivoluzione liberale di Forza Italia si rivela ben presto un’illusione e così Pannella e Bonino decidono di correre in proprio, con il clamoroso successo alle europee del 1999 della Lista Bonino, che ottiene l’8,5% e in quel momento è la terza forza politica in Italia dopo Forza Italia e Ds.
Nel 2006 i radicali spostano lo sguardo verso il centrosinistra, danno vita insieme ai socialisti alla Rosa nel pugno, si schierano con la coalizione guidata da Romano Prodi e la Bonino diventa ministro per le Politiche comunitarie.
Pannella, candidato al Senato, non viene eletto perchè la Rnp non raggiunge la soglia di sbarramento.
Nel 2008, dopo una trattativa condotta con Goffredo Bettini, i radicali entrano come indipendenti nelle liste del neonato Pd di Veltroni: 6 i deputati eletti e 3 i senatori, tra cui la Bonino.
In questo caso Pannella non entra neppure in lista. “Un veto su di me”, protesta lui. I democratici replicano imbarazzati: “Hai già  fatto troppe legislature”.
E del resto, già  nel 2007 era stata respinta la sua candidatura alle primarie fondative del partito, quelle vinte da Veltroni contro Rosy Bindi ed Enrico Letta.
Pannella resta comunque europarlamentare, carica che ricopre a più riprese dal 1979 al 2009.
Negli anni Duemila, accanto alla storica battaglia sulle carceri, che resta sempre in cima all’agenda di Pannella, i radicali lanciano una battaglia referendaria insieme all’Associazione Luca Coscioni contro la legge sulla fecondazione assistita. Nonostante l’appoggio di altri partiti come i Ds, alla fine il referendum del 2005 non raggiunge il quorum, grazie alla forte campagna astensionista condotta dalla Cei di Camillo Ruini: alle urne si presenta alle urne solo il 25% degli aventi diritto.
Due anni dopo, storico successo quando l’Assemblea generale dell’Onu ratifica la moratoria universale sulla pena di morte, una storica battaglia condotta dall’associazione “Nessuno tocchi Caino” e dal partito radicale transnazionale.
Ultima in ordine cronologico, la battaglia sempre all’Onu per il diritto alla conoscenza come “diritto umano”, una campagna in cui Pannella torna ai capisaldi del pensiero liberale di Einaudi.
L’impegno internazionale è di antica data.
Pannella sviluppa un intenso dialogo con Aldo Capitini sul significato e le forme della nonviolenza, uno dei capisaldi della sua lotta politica.
Nel 1968 era stato imprigionato a Sofia per aver protestato contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Nel 1972 contribuisce a ottenere, anche con uno sciopero della fame, la legalizzazione dell’obiezione di coscienza. Un impegno, quella pacifista, che si manifesta anche nel 2003 con la proposta di esilio per Saddam Hussein per scongiurare l’intervento americano in Iraq.
Proposta approvata dal Parlamento e dal governo italiano, ma che poi non ebbe attuazione.
L’amicizia col Dalai Lama viene suggellata da un incontro molto commovente a Roma nel 2014, tra lacrime, battute e abbracci. “C’è un detto popolare in Italia, ma anche in Tibet: l’erba cattiva non muore mai”, dice Marco.
“Allora anche io sono un’erba cattiva” — risponde il Dalai Lama-.
“Noi due abbiamo questa connessione speciale, perchè siamo tutti e due erbe cattive”. Pannella invece si schiera in favore degli interventi militari in Kosovo (1999) e Afghanistan (2001): in quell’occasione alcuni gruppi pacifisti gli intimano di non usare più l’immagine del Mahatma Gandhi e lui replica: “Io sono non violento, non mi sono mai definito pacifista a oltranza”.
Gli ultimi anni, nonostante Bonino diventi ministro degli Esteri nel governo Letta nel 2013, sono segnati da un certo appannamento delle battaglie radicali: la raccolta firme per 12 nuovi referendum (dal reato di clandestinità  all’Otto per mille, dal no al carcere le droghe leggere all’abolizione dei rimborsi elettorali ai partiti) non arriva alla soglia minima di 500mila.
Nel 2014 i radicali non raccolgono le firme necessarie per presentarsi alle europee. Sono anni in cui tornano ad acuirsi i dissidi interni, e Marco nel 2015 entra in rotta di collisione con la sua amica e alleata di sempre, Emma Bonino.
“Lei non è più radicale, lavora molto ma mai con noi”, dice l’anziano leader nella consueta intervista su Radio radicale con Massimo Bordin.
“Il suo problema è continuare a far parte del jet-set internazionale”. Lei replica addolorata: “Mi fa male, io non sono di legno…”. Due vite parallele che a un certo punto si sono allontanate.
Lei ministro, lui sempre al partito e alla radio nella storica sede di Torre Argentina, la coda di cavallo ingiallita dal fumo e dagli anni, la forza e la voglia di parlare ancora e sempre di politica.
Ma anche negli ultimi giorni, “Emma”, pur da lontano, ha continuano a seguire e ad informarsi sulle condizioni di “Marco”. Con discrezione.
I segretari dei radicali si alternano, da Rita Bernardini a Marco Staderini. Un altro figlioccio prediletto come Daniele Capezzone nel frattempo se n’è andato sbattendo la porta per correre da Berlusconi, senza riuscire a uccidere il “padre”.
E del resto, non è un caso che il partito radicale nei decenni sia stato ribattezzato “partito viscerale”, per via di quell’aria da famigliona litigiosa, dove ci si ama, ci si sposa e ci si separa.
E al centro c’è sempre lui, Marco, capace di grandi slanci di generosità  verso i tanti figli e fratelli ma anche di ruvidissime scomuniche.
Pannella come “Crono”, il padre che divora i figli, l’hanno raccontato. Ma anche come figlio ribelle, fratello indisciplinato, puer aeternus della politica e della vita.
Un ragazzone che negli ultimi anni ha deciso di ritornare a fare il capellone, nonostante i ripetuti inviti a lasciar perdere della compagna e della Bonino.
Un capellone con la coda, come quando da giovane girava vestito da Amleto, con il dolcevita nero e un pendaglio con la scritta “Make love not war”.
Un capellone con la barba però sempre tagliata alla perfezione, una sua “fissa”. “Bisogna curare la barba, è come il giardino per gli inglesi, è un modo per porti verso il mondo in modo rispettoso”, ripeteva ai suoi giovani collaboratori.
In qualche intervista recente, si è divertito a raccontare le tante definizioni che questo look aveva provocato: Pirata, Capo Indiano, gentiluomo del Settecento.
O più semplicemente “Zio Marco”, perchè di fatto nonno non ci si è mai sentito.
Accanto a lui, anche nelle ultime settimane, nell’appartamento di via della Panetteria, i fedelissimi di sempre, a partire dalla compagna, la ginecologa Mirella Parachini, che gli sta accanto dalla metà  degli anni Settanta, Rita Bernardini e una coppia di ragazzi, Matteo e Laura, lui è stato l’ultimo collaboratore a Bruxelles.
A loro il compito di accudirlo, e filtrare l’agenda dei tanti che, a partire da Renzi e Berlusconi, negli ultimi giorni hanno chiesto di vederlo.
“Ce la faremo, non dovete essere tristi”, ha sussurrato dal letto a loro, e ai tanti altri ragazzi che sono andati a trovarlo. “Ce la faremo anche per tutti quelli che rischiano di essere aggrediti dalla tristezza”. Mentre parlava, il dito indicava un cerchio, come spesso usava fare. Un cerchio che sta a indicare “tutti insieme”.
Così come in politica, anche nel privato Pannella non si è dato limiti nè confini.
Ha confessato di aver amato alcuni uomini, e di aver avuto un figlio molti anni fa da una donna sposata di cui non ha più avuto notizie.
Dopo aver giocato con “sorella morte” durante i tanti digiuni, e in particolare quello, lunghissimo, da aprile a luglio 2011, nel 2014 viene colpito da un aneurisma dell’aorta addominale.
Viene operato e salvato e poche ore dopo ricomincia a fumare nella stanza d’ospedale. Decide di riprendere lo sciopero della sete, ma si ferma dopo una telefonata di Papa Francesco.
Da quel momento, lontano dai riflettori, i due tumori che lo perseguitano da tempo si fanno strada dentro il suo fisico da combattente.
Lui reagisce “alla Pannella”, fino all’ultimo respiro, una Marlboro dopo l’altra.
E del resto, quel corpo slanciato e imponente, smagrito fino a mostrare solo l’azzurro intenso degli occhi nei lunghi digiuni, è il protagonista assoluto di questa lunghissima vita politica.
Una vita politica in cui —forse non troppo paradossalmente- Pannella ha avuto un solo incarico di guida istituzionale, quando nel 1992 per 100 giorni guidò la circoscrizione di Roma-Ostia.
Della morte e della sua stessa longevità  politica ha parlato in diverse occasioni, come se i due percorsi- la vita terrena e quella politica- non potessero far altro che correre sullo stesso binario.
“La mia vita è la storia del partito”, ha spiegato. Una volta l’ha messa giù con una citazione cinematografica, cosa assai rara per lui che amava parlare solo di politica: “Avete presente il finale di Luci della ribalta, quando Calvero dice: ‘Non vi preoccupate sono morto tante volte’? Ecco, io mi limito a dire che tante volte sono stato proclamato morto…”.
Da ragazzo tentò persino il suicidio. Poi, a ottant’anni, nella già  citata intervista a Ceccarelli, spiegò la sua concezione buddista della “compresenza dei morti e dei viventi”.
“Io spero di accogliere la morte con grande familiarità . Spero che arrivi di notte, e io possa darle il benvenuto, felice di trovarmi così, ehi vieni, vieni qui…”.

(da “Huffingtonpost”)

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MARCO PANNELLA RICOVERATO IN CONDIZIONI GRAVI. IL MEDICO: “CHIAMATEMI A QUALSIASI ORA”

Maggio 19th, 2016 Riccardo Fucile

IL MONDO POLITICO IN APPRENSIONE PER UN GRANDE PROTAGONISTA DEL NOSTRO TEMPO

Il medico, riporta il quotidiano il Messaggero, lasciando la clinica di sera dice al personale: “Ovviamente mi chiamerete in ogni momento, se c’è bisogno”.
Segno che le condizioni Si aggravano di salute di Marco Pannella sono molto gravi, quasi senza speranza.
Il leader radicale è stato “ricoverato presso una struttura ospedaliera per garantirgli un ambiente adeguato alle sue attuali condizioni”.
Il comunicato di Radio Radicale – poche e misurate parole – arriva nelle redazioni alle 18:20 di mercoledì e immediatamente scatta l’allarme sullo stato di salute dell’anziano leader radicale da anni in lotta contro due tumori.
Negli ultimi giorni le sue funzioni vitali – spiegano fonti mediche – sono peggiorate al punto che è stato ritenuto opportuno un trasferimento in una clinica romana più attrezzata presso il quale “non sono previste visite”.
Una accortezza per garantire tranquillità  e riservatezza a Pannella. Anche i cellulari delle persone che in questi mesi lo hanno assistito più da vicino risultano spenti o non rispondono. Insomma, il momento è particolarmente difficile.
Da marzo, quando si sono intensificate notizie su un aggravamento delle condizioni fisiche di Pannella (in lotta con un tumore ai polmoni ed uno al fegato), si sono moltiplicati gli allarmi ma anche le testimonianze di affetto nei suoi confronti.
Papa Francesco gli ha inviato il suo libro “Dio è misericordia” in regalo da per l’ottantaseiesimo compleanno del capo carismatico radicale festeggiato lo scorso 2 maggio in casa con amici e militanti. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato, così come i presidenti di Camera e Senato.
Ma tutti i leader di partito hanno voluto inviare un messaggio o sentire il “protagonista di tante battaglie politiche”.
Dopo la notizia del ricovero i social network hanno rilanciato l’allarme in rete. Migliaia di utenti hanno fatto sentire la loro vicinanza al fondatore del Partito Radicale: l’hashtag #Pannella è diventato in pochi minuti uno dei trend topic di twitter. “Sai come si lotta, non mollare!”, “Tieni duro”, “Forza vecchio leone”, “Se ci lasci anche tu io espatrio definitivamente”, “Un uomo che con le sue battaglie e la sua tenacia mi ha trasmesso la passione per la politica. Forza Marco” sono alcuni tweet tra i più condivisi.
Anche su facebook la pagina del capo carismatico radicale è stata inondata in pochi minuti di centinaia di messaggi.
D’altronde, Pannella è sempre stato molto attivo sulla rete. Fino a mercoledì, lui stesso ha ritwittato messaggi e link con iniziative dei Radicali.
Nei giorni scorsi ha pubblicato fotografie che lo ritraggono con amici e sostenitori del partito.
Il mondo della politica è in apprensione. Anche Matteo Renzi ha voluto incontrarlo lo scorso 12 marzo: “Tutti condividono l’idea che Pannella sia una grandissima personalità  della storia politica italiana”, disse il premier al termine dell’incontro nella casa romana del leader radicale.

(da “Huffingtonpost”)

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AUGURI A PANNELLA, 86 ANNI DA LOTTATORE

Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile

DOMANI E’ IL COMPLEANNO: NELLA CASA DI RONA E’ UN HAPPENING DI AMICI… LUI BEVE CAFFE’ E PORTA AVANTI “SOS STATO DI DIRITTO”

Ufficialmente non ha figli,anche se una volta mi ha detto di non poterlo escludere, anzi.
Al capezzale di Marco Pannella – che domani farà  86 anni – di simil-figli se ne avvicendano tanti, da ovunque, per fargli flebo d’affetto.
È una processione continua,che spesso termina anche con le foto di rito, ma quelli che vanno in via della Panetteria, non lo fanno per un selfie.
Con Marco ci sono sempre Matteo e Laura, mix tra figli devoti, discepoli, infermieri, cuochi e collaboratori.
Al mattino il vecchio è sempre di cattivo umore. E come non capirlo dopo due mesi chiuso in casa perchè la salute è andata in pensione. Matteo e Laura sopportano gli scatti d’ira di Pannella, fanno colazione con lui, ascoltano insieme la rassegna stampa di radio radicale, poi leggono, sempre insieme, qualche articolo di giornale, soprattutto quelli internazionali.
E in tutto questo riescono tutti insieme «hic et nunc», a portare avanti l’iniziativa del partito radicale «Sos stato di diritto».
C’è anche il tempo per un’occhiata alla tv, ma per poche decine di minuti, con Marco che preferisce pellicole d’antan ai telegiornali.
Da due mesi ormai, a metà  mattinata iniziano le visite di amici, politici, vecchi militanti, giovani studenti. Sarebbe più giusto chiamarle udienze, con abbracci, foto e caffè di rito.
Penso che Marco beva una decina di caffè al giorno, non proprio una mano santa, ma guai a privarlo della sua tazzina calda e delle sue zollette di zucchero.
Non è mai stato un uomo facile, ma come paziente è un disastro. Ne sa qualcosa il suo amico medico, Claudio Santini. Intanto perchè evita con cura le medicine, che respinge con sdegno certo di essere superiore ai malanni, o protetto da lassù.
Per Matteo e Laura ormai notte e giorno sono pure convenzioni, col leader che si addormenta all’alba, per rialzarsi tre ore dopo. In via della Panetteria, che poi è casa sua, sempre presente Mirella Parachini, storica compagna di vita del leader radicale.
Lo guarda con dolcezza, ma non è solo amore. Lo visita, lo perlustra, fa una sorta di Tac senza portarlo in ospedale. Ad un bravo medico come lei non sfuggono i significati di un colorito giallognolo, di quegli occhi spiritati ma stanchi, i gonfiori sempre più marcati sul corpo del malato, dalla pancia ai piedi. E anche se come sempre è radiosa, soffre.
Non abbandona mai Marco, Rita Bernardini, che gli fa compagnia stimolandolo su come risolvere problemi.
C’è, spesso, Sergio D’Elia, alfiere della storica battaglia radicale contro la pena di morte e le condizioni carcerarie.
Lo fa commuovere, leggendogli le lettere dei detenuti di Opera che ammoniscono Pannella: «Non fare scherzi, continua a combattere con noi perchè vi sia diritto e umanità  anche dietro le sbarre. Senza di te per noi non c’e’ speranza».
E c’è spessissimo Alessio Falconio, con la sua faccia sempre allegra, che riesce nell’impresa di interrompere le elucubrazioni di Pannella, mentre esalta l’eroismo di monsignor Romero e il suo coraggio, e lo riporta ai temi di Radio radicale.
Spesso Marco si alza, quasi di scatto, perchè è convinto di essere in diretta e comincia a fare elucubrazioni che partono dai problemi del comune di Ostia per arrivare alle lotte nel Tibet e all’amicizia col Dalai Lama.
Presenze fisse anche quelle di Maurizio Turco e Maria Antonietta Coscioni. Con Marco lunghi conciliaboli, letture, scritture e qualche risata.
La mansarda di via della Panetteria non è mai deserta. A furia di frequentarla in queste settimane, mi sono reso conto che è proprio bassa e pericolosa.
Fa interrogare chi vi si avvicenda su come fare ad uscirne vivi. Se poi si pensa allo spilungone di Teramo, vien da chiedersi quante capocciate abbia dato nei decenni da inquilino.
Lui smentisce: ho un sonar che mi fa schivare ogni ostacolo e mostra orgoglioso una via crucis napoletana, che probabilmente amerebbe mostrare a Papa Francesco.
Domani Pannella compirà  86 anni. In via della Panetteria arriveranno centinaia di mail e telegrammi.
Sicuramente non andrà  a dormire prima di averli letti tutti.

Clemente Jacky Mimun
(da “il Tempo”)

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BONINO DOPO LA FATWA DI PANNELLA: “MI FA MALE, NON SONO DI LEGNO”

Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile

“INGENEROSO” LO SFOGO DEL FONDATORE DEL PARTITO

Come nella famosa battuta scritta da Truffaut in «Effetto notte», per Emma Bonino sembra valere la regola che parlar male di chi ha occupato tanta parte della tua vita è come parlar male di se stessi.
«Non dico niente. Non aggiungerò una parola. E sarà  pure un brutto spettacolo, come dite voi. Ma fa male lo stesso. Non sono di legno».
Rabbia, dolore, e la comunicazione si chiude.
La rottura, furiosamente cercata da Pannella, è scoppiata nel rilancio dei media.
Marco è ingeneroso, il senso di quella risposta irata, a caldo domenica sera sulle quote versate mensilmente a un partito cui peraltro la leader storica, magari risparmiandosi le riunioni, dà  grande visibilità .
Il silenzio
Già  lunedì, Bonino rifiuta di spiccicar parola con Radio Radicale. Comprensibile il dolore, e poi forse – chissà  – come si fa a rispondere a uno che protesta di non riuscire a farsi ricevere da Mattarella «mentre lei se vuole ci riesce in 5 minuti», quando proprio lui al Colle c’è già  andato due volte?
A uno che dice di aver fatto il tuo nome a Napolitano per la designazione a ministro degli Esteri quando invece quel 27 aprile del 2013 Napolitano chiuso allo Studio alla Vetrata col premier in pectore Enrico Letta ha aspettato 40 minuti il tuo sì perchè prima Pannella voleva rifletterci bene?
Chi scrive se lo ricorda bene perchè raccolse, il giorno dopo, lo stupore estenuato del Colle: nessuno s’era mai immaginato la necessità  di un “via libera” di Pannella… Comunque, invece, «Pannella espelle Bonino dai radicali», hanno titolato semplificando i siti web di tutt’Italia.
Ma è dal lontano 1967, grazie allo statuto vergato da Sergio Stanzani Ghedini che dal Partito Radicale non può esser espulso, radiato o anche solo punito proprio nessuno. Sarebbe, ovviamente, un controsenso con la natura stessa dei radicali.
Lo strappo
Ma a Emma quella patente Pannella l’aveva già  tolta il 24 aprile: Bonino andò a trovarlo in ospedale, ricoverato in fin di vita s’era rimesso e nel giro di 24 ore aveva indetto un nuovo sciopero della fame, con telecamere convocate in rianimazione.
Lei si imbufalì, cercò di contrastarlo, non ci riuscì e se ne andò sbattendo la porta. «Emma non ha la visione radicale», commentò lui col piglio di chi cerca come Molière la morte in scena.
Lei lo venne a sapere, da allora – pur continuando a ripetere in pubblico «come dice sempre Pannella…» – ha evitato confronti diretti (eccezione, raccontano al partito, quando Pannella fece pressione per avere un contatto diretto con la Santa Sede).
Poi, forse, c’è anche un sottaciutissimo scontro politico: Pannella avrebbe voluto avventurarsi in una lista radicale alle scorse europee, da organizzare al volo e senza un quattrino per la campagna elettorale… Però, dice Emma agli amici, «questo è stato un fulmine a ciel sereno».
Per quanto proprio sereno l’orizzonte non fosse, inutile accumular nubi.
Meglio tacere. Anche se, è il timore diffuso tra i radicali che han pure fatto apposita riunione, non passerà  come un temporale estivo.
Son due vite che da tempo han preso strade diverse e non comunicano più.

Antonella Rampino
(da “La Stampa”)

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MARCO TRAVAGLIO: DALLA PANNELLA ALLA BRACE

Settembre 4th, 2013 Riccardo Fucile

GLI EFFETTI PSICHEDELICI DEL SIGARO DI PANNELLA

L’impannellamento di B., complice anche il sigaro allucinogeno che sabato il sempre lucido leader radicale gli fumava vistosamente in faccia durante la firma dei referendum, produce effetti ogni giorno più psichedelici.
Per comodità  del lettore, riepiloghiamo lo stato dell’arte dell’Operazione Salva-nano, sempre più pregna di argomenti e precedenti giuridici grazie alla straordinaria gara di solidarietà  ingaggiata dal mondo accademico, giornalistico e naturalmente politico, con particolare trasporto da parte del Pd.
Grazia, grazietta e grazia al cazzo.
Il sempre informato Corriere della Sera comunica che i figli di primo e — pare — anche di secondo letto avrebbero convinto il ritroso Cainano a concedere, bontà  sua, a Napolitano la grazia di concedergli la grazia.
Resta da capire chi presenterà  l’apposita domanda in carta bollata.
Il quotidiano Libero s’è portato avanti col lavoro e ha pubblicato il testo, mancante solo della firma.
L’avvocato Paniz s’è detto disponibile ad apporvi la sua, ma gli è stato fatto notare che non è un soggetto qualificato, cioè non c’entra una cippa.
Franco Corbelli, leader del sedicente movimento per i diritti civili, ha bruciato tutti sul tempo e ha inoltrato una sua domanda al Quirinale, che però l’avrebbe accolta con un incuriosito “Corbelli chi?”.
A questo punto, disperso Ghedini, si ipotizza che la firmi Franco Coppi.
O in alternativa Franco Nero.
Nicolazzi azzi azzi. Il sempre solerte quotidiano il Messaggero , per sostenere la grazia napolitana non solo per la pena detentiva, ma anche per quella accessoria, è andato a scovare il cosiddetto “precedente Nicolazzi”: l’ex leader e ministro socialdemocratico fu condannato a 5 anni per concussione per le carceri d’oro, poi tre anni fa ottenne dal Quirinale la revoca dell’interdizione perpetua dall’elettorato attivo. Cioè potè ricominciare a votare.
Naturalmente Nicolazzi non c’entra una mazza con B., visto che fu condannato in Cassazione nel 1994, scontò interamente la pena e fu graziato solo nel 2010 (16 anni dopo), dopodichè tornò a votare, non a essere votato.
Ma tutto fa brodo.
Il cattivo sergente. Secondo Repubblica , “alcuni esperti di diritto europeo del Pd avrebbero confermato che, sul piano della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, un eventuale ricorso di B. potrebbe trovare accoglienza” in base a un formidabile precedente: quello “del sergente Engel dell’esercito olandese, che nel 1971 si fece qualche giorno di galera per non essersi fatto trovare a letto durante un congedo per malattia.
Norma penale o regolamento militare? I giudici di Strasburgo optarono per considerare le norme nella loro natura ‘ontologicamente penale’, al di là  della denominazione data dallo Stato nazionale e dal diritto interno. E diedero ragione al soldato olandese”.
In realtà  le cose andarono un po’ diversamente: 42 anni fa il sergente olandese fa il malato immaginario, viene beccato, lo processano, lo condannano, lo arrestano.
Lui ricorre a Strasburgo perchè il reato per cui è stato condannato e arrestato non c’era ancora quando lui lo commise: fu introdotto in seguito.
Dunque non poteva sapere che, facendo il malato immaginario, sarebbe finito in tribunale e in galera. La Corte condanna l’Olanda a risarcirlo e, già  che c’è, precisa quando una norma è penale e quando no in base alla gravità  della condotta e della sanzione.
Dunque Engel c’entra come i cavoli a merenda con B., che frodò il fisco quando il delitto di frode fiscale esisteva già  da alcuni secoli.
È la legge Severino che non esisteva ancora, ma è una norma amministrativa, non penale, dunque la questione dell’irretroattività  non si pone. Ma non si butta via niente. Allo studio anche i precedenti di un maresciallo lituano, di un capitano ucraino, di un alpino engadinese e di un brigadiere calabrese.
Sturmtruppen. Ingolositi dal precedente Engel, i giuristi del Pd, d’intesa con i giureconsulti del Pdl, stanno compulsando le annate delle Sturmtruppen di Bonvi.
Già  trovate diverse analogie con il caso B., il Kafalieren Preciutikaten assistito da due avvocati: Otto Ghedinen, geniale inventore come il semaforo per bloccare i carri armati nemici o la formula dell’“utilizzatore finale” di prostitute; e “Distrattonen” Franz Coppi, che anzichè il nemico colpisce regolarmente l’illustre cliente e alla fine salta in aria sul campo minato da lui stesso allestito.
Inutile spiegare le funzioni della “mignotten pubblichen”, presente ad Arcore in ben più numerosi esemplari.
Molto realistico anche il Medichen o Doktoren, laureato in veterinaria, che propina al paziente una pozione magica per renderlo invisibile: ottima alternativa nel caso in cui le cose in giunta e al Quirinale si mettessero male.
La dottoressa ci sta col colonnello. Ulteriori spunti sul precedente Engel sarebbero giunti ai giureconsulti di Arcore dal loro consulente pro veritate Luciano Violante, ispirato dal celebre capolavoro La dottoressa ci sta col colonnello: vi si narra la triste vicenda del col. Anacleto Punzone, medico del distretto militare mirabilmente interpretato da Lino Banfi, concupito dalla collega professoressa Eva Russell (Nadia Cassini), ma purtroppo affetto da impotenza e dunque costretto a ricorrere a un trapianto penico con la materia prima fornita suo malgrado dal soldato superdotato Arturo Mazzancolla (Alvaro Vitali), peraltro invano a causa di un inopinato rigetto proprio nel momento del bisogno.
Quanto basta, secondo Violante, per affermare che il principio di retroattività , che parrebbe palese a vedere Nadia Cassini, è chiaramente smentito in punta di diritto dalla mancata riuscita retroattiva del trapianto d’organo.
Dunque la legge Severino non si applica a Berlusconi.
Insomma, è fatta.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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IL CAVALIERE DISPERATO ORMAI SI AFFIDA ANCHE A PANNELLA

Settembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

SHOW DI BERLUSCONI A LARGO ARGENTINA: FIRMA TUTTI I REFERENDUM (ANCHE QUELLI CONTRO LE SUE LEGGI) E SPERA NELL’AMNISTIA SUL GOVERNO: “MAI DETTO CHE DEVE CADERE, MA SE DECADO…”

“Ma vattene agli arresti domiciliari”, gli grida una signora appena lo vede arrivare, sotto braccio a Marco Pannella, a Largo Argentina, a metà  strada tra Palazzo Grazioli e la storica sede del Partito radicale.
Voce dal sen fuggita a sciupare la scena, che il fido Roberto Gasparotti, spedito in avanscoperta, aveva ricontrollato nei minimi dettagli.
Nell’attesa, il pidiellino Vincenzo Piso (ala missina fedele a Silvio) e il pannelliano Sergio D’Elia fraternizzano.
Due passati a confronto: l’uno in Terza Posizione, l’altro in Prima Linea.
Strani mix di fine impero: Domenico Gramazio, il “pinguino”, che fa il gentile, mescolato alla militanza radicale, Maria Antonietta Farina Coscioni ed Elisabetta Zamparutti, che si preparano al rito della firma.
Il banchetto allestito per sostenere i referendum radicali è pronto per Silvio: “Firma. Questa giustizia può colpire anche te”.
Dietro, la foto del povero Enzo Tortora.
“Mettetevi qui”, suggerisce Gasparotti rivolto a un gruppetto di giovani del Pdl.
“C’è solo un presidente”, gridano loro. Dall’auto blu, scendono Pannella e Berlusconi, quasi 160 anni in due.
Accompagnati da Maria Rosaria Rossi, “la badante”.
Sembrano una coppia di vecchi amici stranamente assortiti e diversamente invecchiati. L’uno con maglietta nera sotto la giacca blu, che fa tanto buttafuori, l’altro con i capelli bianchi lunghi e la cravatta fantasia fuori dal maglione, che fa un po’ “ragazzo di strada”.
Vecchi amici ritrovati sotto le comuni insegne dell’amnistia, storica battaglia pannelliana e nuova bandiera berlusconiana (“purtroppo, ogni intervento che possa favorire me la sinistra non lo fa”).
E dei referendum anti-giudici. “Marco Travaglio, toh”, si diverte a fare il buffone Pannella, con tanto di gesto dell’ombrello: “Dal servo di Berlusconi”. Che bacia, platealmente.
Dopo avergli fatto da spalla per tutto il tempo, con tempi comici perfetti.
Il Cavaliere tenta una improbabile storia della sua riforma della giustizia. E Pannella lo interrompe: “Ma quale?”.
Quella che non è riuscito a fare, ovviamente. “Dai sempre la colpa agli altri delle cose che non hai fatto tu”, lo punzecchia bonario il sodale.
Felice come una pasqua del suo amico Silvio, venuto a firmare tutti e dodici i referendum radicali.
E pazienza se metà  sono contro le leggi “liberticide” — come diceva Pannella — approvate dal governo Berlusconi. Contro la Bossi-Fini e il reato di clandestinità . Contro la Fini-Giovanardi e la criminalizzazione delle droghe leggere.
Berlusconi firma tutto. Quelli sulla “giustizia”: “Che sono assolutamente sacrosanti”, assicura il condannato.
Ma anche gli altri, tutti, pure quello contro l’Otto per mille. “Voglio difendere il diritto di ogni cittadino a esprimere il proprio voto”, sfoggia la sua anima liberale il Cavaliere.
L’uomo che voleva salvare Eluana Englaro con una legge che l’avrebbe condannata all’accanimento terapeutico.
Cose del passato. Ora il condannato ha bisogno dell’amico Pannella. E, senza fare troppi mea culpa, si gode l’abbraccio a favore di telecamera.
Che utilizza anche per lanciare qualche messaggio al governo Letta. “Spero che possa continuare a lavorare”, “l’Italia ne ha bisogno”, “sta facendo cose egregie”.
Ieri, nel calendario, era il giorno delle colombe.
E i ministri che minacciano le dimissioni? “Sono loro che mi dicono di volerlo fare”. Ma “Niente ultimatum”, assicura l’ex premier, riproponendo l’aut-aut del giorno prima come una questione di bon ton: “È assurdo che una forza democratica resti al tavolo dell’esecutivo se gli viene sottratto il leader”.
E di coerenza con la storia: “Ma ve lo immaginate cosa avrebbero fatto i comunisti se avessero sottratto De Gasperi alla Dc o se la Dc avesse sottratto Togliatti al Pci?”. Mutatis mutandis: “Loro non erano fondatori di un partito come me”.
Altro che condannato. L’unica colpa che il Cavaliere è disposto a riconoscere: “Non aver raggiunto il 51% dei consensi”.
Quanto a Pannella, si sa, è uno che va in soccorso dei condannati. “Marco, il presidente ha detto che ti saluta e che io sono a tua disposizione per accompagnarti dove vuoi”, gli si avvicina Gasparotti, quando Silvio è già  lontano.
“Che ne dici della Turchia?”, gli fa lui. Sembra una battuta. Ma forse non lo è del tutto. “Gliel’ho detto a Silvio”, se la ride: “Anche senza passaporto non preoccuparti, ti porto io fuori, all’estero, magari per qualche giorno… Lo faccio come atto di disobbedienza civile”.

Mariagrazia Gerina
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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MARCO TRAVAGLIO: LIBERIAMO IL BANANO

Settembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

VEDERE IL CAVALIERE OSTAGGIO DI PANNELLA E IN PREDA A EVIDENTE STATO CONFUSIONALE PROVOCA UNA STRETTA AL CUORE ANCHE AGLI ANTIBERLUSCONIANI

La scena del Banano preso in ostaggio da Pannella e in evidente stato confusionale, deportato al banchetto dei radicali per firmare i referendum per la “giustizia giusta”, provoca una stretta al cuore anche all’antiberlusconiano più sfegatato.
Intanto perchè, se la giustizia fosse davvero giusta, lui sarebbe già  in galera da un pezzo.
E poi perchè Pannella sta cercando di convincerlo ad andare in galera o in alternativa a fuggire all’estero, manifestando una sfiducia davvero ingiusta nelle capacità  salvatrici del Pd e del Quirinale.
Il fatto poi che i radicali vogliano abrogare le leggi sull’immigrazione e sulle droghe, che hanno riempito le carceri di immigrati e di drogati, tutte regolarmente varate dai governi Berlusconi, aggiunge ridicolo al tragico.
Già  è molto comico vederlo fare carte false per far dichiarare incostituzionale la legge Severino, reclutando giuristi per dimostrare che tutti quelli che l’hanno approvata otto mesi fa, lui compreso, sono dei somari.
Il guaio del pover’ometto è che in tanti anni nessuno ha avuto il coraggio di spiegargli come funziona la giustizia: se uno commette molti reati, subisce molte indagini e molti processi; e, se uno è colpevole, di solito lo condannano.
Se uno lo sa si rassegna, o cerca di smettere di delinquere o almeno di farsi beccare con tanta facilità .
Perchè, più che dai magistrati, le sentenze dipendono dall’imputato.
A prescindere dalle rispettive idee.
Ma B., diceva Montanelli, è un bugiardo sincero: a furia di mentire, finisce col credere alle balle che racconta.
Ancora ieri, per dire, dichiarava che “i miei 41 processi (l’anno scorso erano 107, due anni fa 109: variano col tasso di umidità , ndr) sono colpa di Magistratura democratica”.
Qualcuno che gli vuol bene dovrebbe spiegargli che nessuno dei cinque giudici di Cassazione che l’han condannato è di Md, anzi il suo stesso Giornale parlò di “toghe moderate”.
E il Pg che ha chiesto la conferma della condanna è l’ex presidente di Magistratura indipendente, la corrente più a destra.
Soltanto una mente malata, o uno che legge il Giornale, Libero , Panorama e il Foglio, o vede solo i tg Rai e Mediaset può pensare che un magistrato non di sinistra sia portato ad assolvere il leader del centrodestra davanti a una montagna di prove delle sue frodi fiscali milionarie su decine di conti esteri e società  offshore.
Che sia di destra, centro, sinistra, anarchico o grillino, il magistrato quando vede un delinquente lo condanna perchè è colpevole, non perchè la pensa in un certo modo. Salvo, si capisce, che sia pagato dall’imputato, ma gli Squillante e i Metta sono purtroppo in pensione.
L’idea poi che, separando le carriere, i giudici assolveranno i colpevoli solo perchè non sono più colleghi dei pm è un’altra baggianata che può dire e credere solo lui.
E chi ha interesse a farglielo credere. Tipo i suoi avvocati, che lui cambia continuamente come Zamparini gli allenatori, stipendiandone mezza dozzina alla volta.
Ma, invertendo l’ordine dei legali, il prodotto non cambia.
Prendete Coppi, noto principe del foro, che sbuca ormai in tutti i processi più famosi perdendoli quasi tutti (specie se difende colpevoli: Andreotti, Fazio, Misseri, i capi della Thyssen).
Qualcuno aveva garantito al povero Banano che, con Coppi in Cassazione, era vittoria sicura. E lui se l’era bevuta. Sappiamo poi com’è andata. Ora Coppi fa lo gnorri. Piagnucola perchè i giudici “dimenticano le questioni giuridiche che avevo prospettato”: in realtà  le hanno fatte a pezzi perchè non stavano in piedi.
Annuncia improbabili “soluzioni per tamponare i danni”, così la giostra gira un altro po’.
E si domanda “se sia valsa la pena” suggerire a B. la linea dell’“aplomb”.
Come se un colpevole con l’aplomb diventasse meno colpevole.
Intanto il pregiudicato con l’aplomb incassa la condanna e paga le parcelle, sempre con molto aplomb.
No, vederlo nelle mani dei Pannella e dei Coppi fa male anche a noi.
Lo stanno raggirando e spolpando un’altra volta.
Facciamo qualcosa per liberarlo.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)

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PERCHE’ STAVOLTA PANNELLA CONTINUA A MANGIARE?

Luglio 17th, 2013 Riccardo Fucile

DOPO TRENT’ANNI TRASCORSI A DIFENDERE I PERSEGUITATI DI TUTTO IL MONDO, NON MUOVE UN DITO PER L’UNICA COPPIA DI PERSEGUITATI SOTTO CASA-BONINO

Non arrivano notizie di imminenti digiuni o piagnistei di Marco Pannella per la libertà  di Alma e di Aluà , la moglie e la figlia del dissidente Albyazov, che il nostro governo ha appena rispedito nella galera kazaka da cui fuggivano, fregandosene delle conseguenze che ora subiranno, in cambio di un po’ di gas.
Ma anzi risulta che ogni sera a cena da Fortunato al Pantheon o in qualche mensa della Farnesina, continuino i festeggiamenti che Pannella dedica alla sua creatura meglio riuscita, dopo se stesso.
Quella Emma Bonino diventata ministro degli Esteri dopo che alle ultimissime elezioni — le Regionali del Lazio dell’anno 2013 — ha incassato la bellezza di 316 preferenze, realizzando il sogno di ogni minoranza.
Ma senza il lieto fine.
Anzi testimoniando quanto sia conveniente e triste sottomettersi al potere che ti ha appena incoronato.
E dopo un trentennio passato a difendere i perseguitati di tutti i mondi lontani, farsi sfuggire l’unica coppia di perseguitati che proprio sotto casa Bonino avrebbe potuto difendere senza alzare un grammo di polvere, nè una lacrima, nè un digiuno.
Ma solo facendo il suo dovere.

Pino Corrias

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PANNELLA SI INFURIA A “LA ZANZARA” E SFASCIA LO STUDIO RADIOFONICO

Aprile 5th, 2013 Riccardo Fucile

LANCIA OGGETTI E MICROFONI CONTRO I DUE CONDUTTORI: “SIETE DUE COGLIONI”… UN GIORNALISTA FERITO ALLA MANO …. PANNELLA: “TI SPACCO PURE LA FACCIA”

Studio quasi devastato, microfoni, cuffie, ipad rotti, una mano ferita.
E’ questo il bilancio dell’ospitata di Marco Pannella a “La Zanzara”, su Radio24, in una puntata comica e surreale che resterà  negli annali della nota trasmissione radiofonica.
Il leader dei Radicali comincia a spazientirsi coi conduttori, Giuseppe Cruciani e David Parenzo, perchè non riesce a prendere la parola.
“Qui non servo a dare notizie” — si lamenta Pannella — “sentite solo parlare voi stessi e in questo siete due coglioni“.
La polemica si infiamma quando il politico, commentando il ventaglio dei possibili candidati al Colle, afferma che Emma Bonino da quindici anni gode di un “sostegno plebiscitario che si è sempre rinnovato”.
Cruciani replica: “Beh, plebiscitario…avete preso lo 0,3% alle elezioni”.
Pannella si adira e abbandona temporaneamente lo studio ma viene convinto a tornare da David Parenzo.
Nel frattempo, viene lanciato l’audio dello scherzo telefonico a Valerio Onida, ma il radicale urla: “Non me ne frega un cazzo di sentire Onida. Tieniti il saggio e non rompere i coglioni”.
E continua a effondere perle ruspanti all’indirizzo di Cruciani, che paragona Pannella a Beppe Grillo perchè non accetta il contraddittorio.
Tra parolacce e anatemi, il politico biascica sondaggi e rivelazioni sui bookmarkers inglesi fino a rivangare la campagna “Emma for president” lanciata dai radicali nel 1999.
Ma Cruciani puntualizza: “Sì, ma è successo tanti anni fa”.
Il leader dei Radicali esplode in una furia incontrollabile, lanciando oggetti e buttando microfoni, tra le urla e le risate incredule dei due conduttori.
”Mi hai fatto male alla mano, io qui chiamo l’avvocato”, avverte Cruciani, innescando un altro raptus di collera di Pannella che nuovamente scaglia contro il giornalista i microfoni e replica: “Ti spacco pure la faccia, chiama l’avvocato anche per la faccia“.
Passano alcuni minuti e il radicale vuole fare un altro appello, stavolta alla comunità  penitenziaria. “Hai una radio tua a disposizione, non me ne frega un cazzo dell’appello”, commenta polemicamente Cruciani.
La frase scatena l’ultimo atto dell’ira funesta di Pannella, che dà  il suo finale tocco devastatore e abbandona lo studio de “La Zanzara”.
Nel corso della puntata, Cruciani si farà  dare dalla regista del ghiaccio per la mano e su twitter scriverà : “Ha distrutto lo studio e mi ha colpito la mano con tutto. Vado al pronto soccorso dopo la trasmissione”

Gisella Ruccia

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