Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
STASERA A BALLARO’ FITTO RILANCERA’ L’ALTERNATIVA AD ALFANO, “TROPPO POCO BERLUSCONIANO” E CHIEDERA’ LE PRIMARIE PER LA LEADERSHIP
Mentre Silvio Berlusconi torna ad Arcore per occuparsi di quanto più gli sta a cuore, i suoi problemi giudiziari, nei palazzi romani continua ad infiammare la guerra tra Alfano e Fitto per il controllo del Pdl.
Se dopo il successo sulla fiducia il segretario ha conquistato un’altra vittoria, il no di Berlusconi al congresso chiesto dai “lealisti”, ora Fitto si prepara a rilanciare.
Lavora tutto il giorno con i suoi per preparare il contrattacco.
Chiederà , spiega uno di loro, «un tavolo in cui tutte le anime del partito siano equamente rappresentate per scrivere un nuovo statuto e un regolamento che regolino la guida e la convivenza delle varie anime in Forza Italia».
L’obiettivo dell’ex governatore pugliese resta quello di ottenere il congresso per scalzare Alfano dalla segreteria, ma intanto riflette con i suoi se non sia meglio accorciare i tempi (per preparare un congresso — è l’argomento di chi lo stoppa — ci vuole più di un anno) lanciando l’idea delle primarie per la leadership nella futura Forza Italia.
Chi ieri ha sentito Berlusconi, rintanato con gli avvocati a Villa San Martino per scrivere la domanda di affidamento ai servizi sociali, lo ha trovato lontano dalle vicende di partito.
Quei pochi minuti che dedica al Pdl li riempie di battute sui due contendenti, continua a invocare «l’unità del partito» ma in fondo, pur avendo scelto per ora di premiare Alfano, non è dispiaciuto che «Raffaele dia filo da torcere ad Angelino».
Posto che non vuole divisioni, un contrappeso ad Alfano, del quale comunque dopo la fiducia al governo non si fida più ciecamente, lo rassicura.
Intanto Alfano e Fitto non si parlano, così come Fitto non sente il Cavaliere da sabato. In agenda c’era un appuntamento a Roma per oggi, ma se l’ex premier dovesse trattenersi ad Arcore.
Fitto non molla, si prepara a una lunga battaglia, questa sera sarà a Ballarò per rilanciare la sfida.
Dirà che contro lui gli alfaniani usano «polpette avvelenate e disinformazione», alludendo a soffiate ai media per indebolirlo nella lotta interna.
Quindi dirà che «non ci possono essere sovrapposizioni di incarichi, come nel 2011 al suo insediamento sosteneva lo stesso Alfano» che oggi è segretario, ministro e vicepremier.
Infine la sortita sul partito, per il quale pretenderà «nuove regole per definire la convivenza tra anime diverse». Batterà sulla linea politica e sull’identità , accusando gli alfaniani di tradire il berlusconismo e di ragionare come un partitino di centro che vuol far coppia con l’Udc e fa giochini di palazzo (accusa lanciata ieri da Gasparri e stoppata da Cicchitto).
L’obiettivo resta il congresso, ma in caso la sua proposta finisse nelle sabbie mobili potrebbe rilanciare sulle primarie, più rapide da organizzare e per mettere nell’angolo Alfano, che in passato le ha chieste più volte.
I toni dunque resteranno alti, ma tutti già guardano a quale potrà essere il punto di caduta visto che entro fine mese, quando Berlusconi sarà dichiarato decaduto dall’aula del Senato, il partito dovrà essere sistemato.
Un ministro del Pdl, dunque un alfaniano, spiega che «se Fitto fa una proposta ragionevole per noi va bene, non possiamo mica tenere governo e partito. Se la strategia di Raffaele — come crediamo visto che nessuno lo seguirebbe fuori dal partito e nemmeno lui vuole uscire — è quella di alzare la posta e poi trattare, ottenere garanzie, va bene. Ma se invece tiene duro, se non riconosce la leadership di Alfano e la linea moderata sul governo allora si può accomodare fuori dal partito».
Intanto la battaglia interna è destinata a spostarsi sul governo e per questo Alfano i gli altri quattro ministri stanno lavorando a un documento da far firmare a tutta la corrente che consacrerà la linea moderata e governativa del partito pur tenendo il punto sui provvedimenti dell’esecutivo come Legge di stabilità , giustizia, responsabilità civile dei giudici, imprese e famiglie.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE NON HA ALCUN INTENZIONE DI LASCIARE IL PARTITO NE’ AD ALFANO NE’ A FITTO….E I SOLDI DELLA CASSA LI TIENE LUI: IL PRINCIPALE MOTIVO PER CUI LE COLOMBE NON POSSONO PERMETTERSI UNA SCISSIONE
«Angelino convinciti, è la soluzione migliore anche per te: sarai il candidato premier col mio
sostegno e il mio aiuto». Silvio Berlusconi non si rassegna, la crisi di governo è alle spalle, sventata dal vicepremier e dai ministri Pdl.
E ora le elezioni anticipate a inizio 2014, non più tardi della primavera, sono la nuova frontiera nell’orizzonte del Cavaliere.
Il leader è ferito, piegato dalla fronda dei governativi, ma per nulla disposto a cedere il passo. Ieri mattina ad Arcore ha incassato i complimenti di Fedele Confalonieri per la linea alla fine sposata, giocoforza, al Senato.
Lui come Ennio Doris e i vertici di peso delle aziende di famiglia pressavano da mesi perchè si arrivasse a quella soluzione.
Il fatto è che la novità delle ultime 48 ore apre nuovi scenari nella strategia di un Berlusconi per nulla disposto a lasciare la leadership sostanziale nelle mani di Alfano piuttosto che in quelle di Fitto.
E la novità sta nella notizia insperata di un prolungamento della “libertà ” personale ancora per 3-5 mesi.
L’applicazione della sanzione, l’affidamento ai servizi sociali ormai scelti d’intesa con gli avvocati Coppi, Ghedini e Longo, scatterà solo dopo che un’apposita udienza formalizzerà l’esecuzione: se ne riparlerà tra dicembre e marzo del prossimo anno.
Sono i mesi in cui Berlusconi vuole giocarsi il tutto per tutto, come confida ai più stretti collaboratori.
«Di scendere in campo da candidato premier non ci pensa proprio» spiega chi gli ha parlato più spesso anche in questi giorni turbolenti della decadenza.
Ma una nuova campagna elettorale viene considerata dall’inquilino di Arcore la panacea di tutti i mali, anche quelli interni al partito a rischio deflagrazione.
«Angelino, saresti tu il nostro candidato premier, ma io sarei nel pieno della mia agibilità politica e ti sosterrei – avrebbe provato ad ammansirlo anche in questi giorni – Avresti il mio aiuto mediatico e finanziario ».
Argomento non secondario, quest’ultimo.
Se Alfano e i ministri e la fetta di partito a loro vicini non hanno già preso il largo, non hanno dato vita a un soggetto politico autonomo distante e diverso dal Pdl è anche per un problema di mezzi.
Il rischio di ribattezzare un’operazione in stile “Fli” di Gianfranco Fini viene considerato troppo alto, nei conciliaboli tra Cicchitto e Quagliariello, Lupi e la Lorenzin.
Non fosse altro perchè le Europee di primavera sono alle porte e chi sosterrebbe i costi di una campagna massiccia, in assenza del Cavaliere?
Chi affitterebbe sedi e strutture per la sopravvivenza di un partito? La chiave della cassaforte, neanche a dirlo, la tiene sempre e solo Berlusconi.
Anche in qualità di leader di un partito, il Pdl, che beneficia di rimborsi elettorali ingenti, nonostante i tagli. Fuori da quel recinto c’è il buio e l’assenza di qualsiasi supporto.
È anche per questa ragione assai concreta che la spaccatura non ha avuto immediati sviluppi. Alfano resta al suo posto e lì rimarrà , sperando al più di scalare i vertici e conquistare la leadership.
Ora, l’ex premier gliela garantisce in una sorta di “do ut des”.
«Tu candidato premier, io bigsponsor della coalizione» l’offerta berlusconiana. Ma perchè vada in porto sarà necessario che una crisi di governo venga comunque scatenata, non ora, al più nei prossimi mesi. Ecco, su questo punto l’ex delfino che studia da leader non ha intenzione di cedere, per ora. Lo va ripetendo ai ministri a lui vicini. «Non tradirò Enrico Letta, non voglio e non posso farlo, i nostri elettori non ci premierebbero» è la tesi di Angelino.
Per la verità supportata anche dai sondaggi ultimi consegnati da Alessandra Ghisleri al leader forzista. La mezza esplosione del partito della scorsa settimana ha fatto scendere il Pdl a quota 22-24 per cento, a fronte di un 26-28 del Pd.
Sebbene la distanza tra le due coalizioni sia minima.
Va detto che la convivenza a Palazzo Chigi, anche dopo lo scampato pericolo, resta in precario equilibrio.
Il tentato blitz del Pd sull’Imu in commissione Bilancio, per riproporre la prima rata per le case con rendita catastale superiore ai 750 euro, ha incontrato la feroce opposizionedei pidiellini.
E non è stato il solo falco Capezzone a levare gli scudi. E il campo di battaglia adesso diventerà la decisiva legge di stabilità che in settimana il governo dovrà varare.
I punti di incontro tra le politiche economiche del ministro Saccomanni e il capogruppo Brunetta non sono affatto molti. «E se insistono di nuovo sull’Imu salta tutto», ripetevano ieri in un Transatlantico deserto i pochi parlamentari Pdl presenti.
Berlusconi segue l’evoluzione ma certo non correrà in soccorso del governo.
Concentrato com’è a tempo pieno sulle sue vicende giudiziarie, l’istanza dei servizi sociali ieri sulla sua scrivania, la decadenza vicina. Anche ieri si è ritirato con gli avvocati nel chiuso di Villa San Martino.
Rientrerà a Roma forse in giornata. Invita tutti alla calma, potrebbe incontrare Raffaele Fitto prima che lo sfidante di Alfano vada stasera a Ballarò per infierire sui ministri.
«Bisogna fare tutto il possibile per restare uniti» predica il capo.
Uniti e sotto il suo controllo.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile
GELMINI, CARFAGNA E BERGAMINI NON ACCETTANO E ALFANO RISCHIA DI RIMANERE IN TRAPPOLA
L’operazione si è arenata: isolare Fitto, ricoprendo di incarichi i suoi. Distribuire poltrone per evitare la conta.
È dopo una serie di no che Alfano ha passato la pratica a Berlusconi. Chiedendogli di mediare, perchè “si sta mettendo male”.
Per la prima volta pare una questione politica, non di poltrone la ricomposizione del Pdl. O almeno così ha pensato Alfano.
Che ha provato a usare il metodo Verdini per mettere tutti d’accordo. Ha offerto a Fitto su un piatto d’argento la testa di Brunetta: “Raffaele, il posto di capogruppo è tuo”. Proposta rispedita al mittente.
È a quel punto che Alfano ha provato a “ricomprare” i grandi sostenitori di Fitto, quelli che gli sono attorno: Gelmini, Carfagna, Bergamini. Nella convinzione che non sono degli “estremisti” alla Santanchè ma dei berlusconiani ragionevoli.
E che quando capiranno dalla voce del Capo che non c’è nè congresso nè primarie, rientreranno all’ovile, lasciando “Raffaele” da solo.
È andato male anche questo tentativo. La testa di Brunetta non l’ha accettata neanche Mariastella Gelmini: “Angelino, ti dico di no sia per motivi di lealtà nei rapporti col mio capogruppo sia per una questione politica generale. Non sono le poltrone quello che cerchiamo”.
È l’ok Corral alla luce del sole.
Teso, preoccupato, “Angelino” ha toccato con mano che non controlla più il “corpaccione” del Pdl.
Con Fitto sono scesi in campo tutti i ministri del governo Berlusconi. Una raffica impressionante. Al grido di “congresso subito”.
Parola che da quelle parti suona come un’eresia e pure come una dichiarazione di sfiducia al segretario. Matteoli, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo, Rotondi, Bernini, Romano, Nitto Palma: i ministri del governo Berlusconi vogliono la conta, in un congresso straordinario. Con Alfano ci sono i ministri pidiellini del governo Letta.
Ecco perchè il segretario è apparso esausto da una due giorni in cui è sfuggito tutto di mano.
Sa bene che la discesa in campo di tutti i ministri di Berlusconi pesa, nel suo mondo. È l’accusa di “tradimento” quella che vive come un incubo. Sa cosa significa. Conosce come vanno le cose in quel mondo sin dai tempi di Fini.
Berlusconi lo ha rassicurato sul ruolo di segretario, ma sa — letteralmente — che il Capo “se ne frega del partito”. Ha la testa altrove.
Odia queste discussioni.
È certo che il Cavaliere non riuscirà anche a convincere Fitto a fermarsi, nell’incontro di martedì: “Berlusconi — dice un alfaniano di ferro — nei faccia a faccia non impone nulla, fa una mozione degli affetti e dà ragione a tutti, ma non si impone perchè si tiene aperta la possibilità di usare sia gli uni che gli altri, sia i falchi sia le colombe”.
È per questo che chi ha parlato con “Angelino” racconta che il segretario si sente in una tenaglia.
Da un lato non è riuscita la campagna acquisti degli avversari con le poltrone. Dall’altro ci sono i suoi. Per ora la scissione è “congelata” .
Ma il grosso dei suoi parlamentari lo spinge a rompere, per fondare il Ppe italiano con Casini.
I mondi che si sono mossi durante la grande conta, come Comunione e Liberazione, sono insofferenti per quello che considerano un cedimento. Giorno dopo giorno Angelino è rientrato nell’orbita berlusconiana.
È bastato che il Cavaliere lo blandisse, assicurandogli di fare il segretario, che ha messo il freno alla scissione dei gruppi. Era pronta.
Ora i suoi, che solo due giorni fa invocavano il Ppe italiano, si trovano a giocare in difesa.
E a dire no al “congresso” del Pdl.
(da “HuffingtonPost”)
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Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile
MA LORO PREPARANO LA PIAZZA
«Non esiste proporre un congresso in queste condizioni, significherebbe frantumare il partito. In questo momento non possiamo che appoggiare Angelino».
Silvio Berlusconi chiuso a Palazzo Grazioli risponde alle mille telefonate di chi gli chiede numi sulla sortita di Fitto, che per stoppare Alfano chiede un azzeramento delle cariche nel partito e il congresso per l’elezione di un nuovo segretario.
Dalla residenza romana del Cavaliere si racconta di una certa irritazione nei confronti dell’ex governatore pugliese. «La sua proposta di congresso, al contrario di quanto dicono in giro i falchi, non è stata avallata da Berlusconi», assicura chi è di casa in via del Plebiscito. Confermando che ora per il Cavaliere «è necessario ridimensionare i pasdaran, che poi sono gli stessi che si nascondono dietro a Fitto, e ridare unità al partito».
La richiesta di congresso Fitto l’aveva recapitata nei giorni scorsi a Berlusconi, che si era preso del tempo per riflettere. Ieri l’accelerazione, con l’ex ministro che lancia pubblicamente la proposta.
Scatenando una vera e propria conta, una miriade di dichiarazioni a sostegno all’uno o all’altro contendente.
Nei giorni dello scontro sulla fiducia Fitto è rimasto coperto, poi ha sfruttato lo spazio che si era creato con la rovinosa caduta dei pasdaran in stile Santanchè per ritagliarsi il ruolo di leadership anti-Alfano definendosi “lealista”.
A bocciare l’idea del congresso tra gli alfaniani sono Cicchitto, Giovanardi, Costa e la new entry Brunetta, che sembra riposizionarsi dopo le polemiche interne e la tentazione delle colombe di rimuoverlo dalla poltrona di capogruppo.
A seguire Fitto sono invece i falchi come Capezzone e Bondi, che trovano un volto da seguire dopo la sconfitta al Senato.
Poi una serie di big spiazzati dal rafforzamento di Alfano dopo la fiducia come la Gelmini, la Carfagna, la Prestigiacomo, la Bernini e la Polverini. E poi i duri e puri alla Rotondi, Nitto Palma, Romano e Mussolini. Con la novità di Gasparri, che nelle ore di fuoco di Palazzo Madama insieme a Romani e Schifani era tra i mediatori, ora si avvicina al fronte di Fitto.
I cui supporter ora pensano di alzare la posta preparandosi a proporre una manifestazione in favore di Berlusconi nel giorno in cui l’aula del Senato dovrà votarne la decadenza.
Un modo per mettere nell’angolo Alfano e i suoi, per costringerli a scegliere tra la difesa del capo pur creando fibrillazioni nel governo o dare l’impressione di defilarsi rispetto al Cavaliere.
Alfano viene definito «amareggiato » dall’uscita di Fitto, incassa la fiducia di Berlusconi e in pubblico afferma «stiamo lavorando, ciascuno a proprio modo, per l’unità del partito».
Un modo per accusare gli altri di voler spaccare e tra oggi e domani insieme ai ministri Pdl pubblicherà un documento per fissare la linea politica moderata da contrapporre ai falchi.
I suoi fedelissimi sono fiduciosi sul fatto che dopo la scomunica di Berlusconi il gruppo di Fitto si sgonfierà , perdendo i meno aggressivi e relegandolo a capo dei falchi.
Ma la partita sarà lunga e dura.Ora Alfano spera di trovare una pace interna concordata con Berlusconi. Immagina di diventare vicepresidente o segretario di Forza Italia, senza direttori o comitati che ne limitino il potere e sostenuto da tre coordinatori, due di sua fiducia e uno degli altri.
Ma per salvaguardare l’unità pretenderà la rimozione da qualsiasi incarico di Verdini, Capezzone e Santanchè.
Per portare il partito su una rotta moderata insieme a Berlusconi che, confida Angelino a un suo parlamentare, «resterà leader anche dopo l’interdizione, insieme potremo decidere le linee politiche liberati dall’influenza dei falchi».
Un progetto che al momento sembra fattibile.
Berlusconi ieri al telefono a più di un interlocutore diceva che «anche se dopo la forzatura sulla fiducia sono un po’ diffidente, Angelino in fondo ha avuto ragione, dobbiamo ripartire da lui». Certo, cercherà dei contrappesi al suo potere in grado di tranquillizzare se stesso e gli altri, ma il piano di Alfano potrebbe andare in porto.
Tanto che ieri sera chi chiamava Quagliariello si è sentito rispondere così: «Scusa non posso parlare, sto correndo a messa. Per questa settimana ho un bel po’ di ragioni per ringraziare il Signore».
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 6th, 2013 Riccardo Fucile
COME SI POSIZIONANO LE TRUPPE PER LA BATTAGLIA
Lealisti contro alfaniani. E in mezzo ovviamente i pontieri.
Ecco le prime dislocazioni delle truppe nel Pdl dopo il big bang della fiducia.
Popolo della Libertà che si prepara alla grande conta al termine di una delle settimane più lunghe per il Cavaliere che da una parte si è visto mettere all’angolo politicamente dall’ex delfino, e dall’altra ha sentito la decadenza dal seggio di senatore sempre più vicina.
I lealisti del Cavaliere
Subito il congresso e l’azzeramento delle cariche. È quanto chiede Raffaele Fitto in un’intervista al Corriere della sera. Lanciando di fatto la sfida al segretario in carica Angelino Alfano.
Fitto vuole che tutto venga rimesso in discussione e dice: “Siamo in tanti e abbiamo deciso di chiamarci lealisti. Leali con Berlusconi e le sue politiche”.
Quanto ad Alfano, l’ex ministro per i rapporti con le regioni aggiunge: “in questo periodo io non condivido la sua azione politica, che rischia di costruire un centro politicamente subalterno alla sinistra”.
Tra i lealisti non poteva mancare Sandro Bondi: “L’amico Raffaele Fitto – spiega – ha posto con garbo questioni politiche serie e difficilmente eludibili che meritano un confronto approfondito e democratico. L’unità del nostro partito non potrà che avvantaggiarsi dall’aperto dispiegarsi di un confronto sull’identità politica e programmatica di un centrodestra stretto come non mai attorno al presidente Berlusconi”.
Con Fitto si schiera Maria Stella Gelmini: “Il tema condivisibile della stabilità di governo non può snaturare la nostra ispirazione liberale; sulla forma partito: perchè, nel segno dell’unità , deve riaprirsi il circuito della selezione della classe dirigente attraverso la valorizzazione del merito e l’elezione dal basso”.
Dello stesso avviso Anna Maria Bernini: “Nel momento in cui si ridisegna dal basso il futuro del centrodestra italiano secondo i valori di libertà indicati da Silvio Berlusconi – afferma- dobbiamo tutti guardare oltre le strumentali contrapposizioni tra falchi e colombe, al vero patrimonio del centro destra: il riformismo liberale, l’apertura al giudizio dei nostri elettori e la competizione delle idee”.
Gli alfaniani
Intanto sulla gestione del partito non c’è accordo tra Berlusconi e Alfano.
Il primo vorrebbe un coordinamento ampio e plurale, mentre il secondo più stretto e fatto solo di fedelissimi.
Tra le richieste del vicepremier per non rompere infatti ci sono: controllo totale del partito, blindatura del governo e sostituzione del capogruppo alla Camera.
Fabrizio Cicchitto, uno dei primi a discostarsi dalla linea dei falchi e pronto già mercoledì scorso alla formazione di un nuovo gruppo alla Camera, risponde a Fitto: “Reputo che l’onorevole Raffaele Fitto – che in tutti questi anni è stato un caro amico e che per me rimane tale malgrado l’insorgenza di un netto dissenso politico – insieme ad altri con la sua sortita di oggi sul Corriere della Sera vuole giocare d’anticipo e interrompere i colloqui e i tentativi di intesa unitaria”.
“Infatti – prosegue Cicchitto – la sua (di Fitto ndr) proposta di azzerare tutte le cariche e di andare ad un congresso, del quale peraltro non esistono neanche le precondizioni materiali, se raccolta, rinchiuderebbe il Pdl in una sorta di sfida all’Ok Corral interna, del tutto autoreferenziale che assorbirebbe tutte le energie del partito in una sorta di permanente duello interno”.
Parla chiaro il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, evidenziando la guida del vicepremier: “No a epurazioni e no al congresso – dice a Repubblica. Dopo la fiducia di mercoledì nulla è come prima. Ora è arrivato il tempo della leadership di Alfano”.
E aggiunge: “Ora la nostra battaglia non deve degradare in una mera operazione di partito o peggio di nomenklatura”.
Duro è l’ex presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, in un’intervista al “Mattino”: “Berlusconi è stato consigliato male” e ora “non chiedo espulsioni – dice – ma certo da ora in poi non si potrà più giocherellare: nel partito si deve prendere atto che i cosiddetti ‘traditori’ hanno fatto la scelta giusta chiedendo di non votare contro il governo, mentre ‘i fedelissimi’ hanno sbagliato”.
Formigoni poi precisa che “è chiaro che chi ricopre incarichi e per giorni ha stressato noi e il paese intero, nel tentativo di far cadere il governo, non può più essere confermato in quei ruoli”.
I pontieri
Infine i pontieri, tra cui c’è Maurizio Gasparri, vicepresidente del Pdl, che cerca di mettere acqua sul fuoco e fa un richiamo all’unità : “Il nostro impegno per l’unità del Pdl – dice – prosegue incessante. Ma bisogna guardare alla sostanza della politica, non solo a conte più o meno inutili. Va confermata una chiara scelta di centrodestra che escluda neo-centrini subalterni alla sinistra, e proprio per questo lodati dai vari Franceschini, Bindi, Epifani”.
(da “Huffington Post”)
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Ottobre 6th, 2013 Riccardo Fucile
“OCCORRE UNA NUOVA LEGITTIMAZIONE”…. “LA LINEA DI ALFANO? E’ SUBALTERNA ALLA SINISTRA”… MA SU FITTO PESA LA CONDANNA PER CORRUZIONE A 4 ANNI PER UNA TANGENTE DA 500.000 EURO
Non vuole posti, nè prebende, nè «strapuntini». Respinge al mittente tutte le offerte che, in queste
ore, gli stanno arrivando. E dopo settimane di silenzio, nelle quali non ha fatto nè la parte del falco nè quella della colomba, Raffaele Fitto esce allo scoperto
La sua è una sfida ad Alfano sul terreno più delicato ma anche più esiziale per la vita di un partito: quello delle regole.
Perchè l’ex ministro e potente ex presidente della Puglia – forte di numeri importanti sul territorio, in Parlamento e anche punto di riferimento di parecchi big del Pdl – chiede, e subito, «l’azzeramento di tutti gli incarichi di partito e la convocazione di un congresso».
Altro insomma che accettare di dividere un pezzo della torta – che si chiami direttorio o comitato – con gli altri filo-alfaniani e no in un partito diretto con mano forte dal vicepremier.
Tutto, secondo Fitto, dopo questo passaggio deve essere rimesso in discussione.
Dalla linea politica fino, appunto, al segretario. E lui, in questa battaglia, sarà in prima linea, magari proprio a capo della vasta area del partito – che lui ribattezza come «i lealisti» – in parte già schierata in parte attenta ma ancora in attesa di sviluppi.
Alfano ha indubbiamente ottenuto una vittoria politica sulla fiducia, è già segretario, e adesso offre anche a voi che non eravate schierati con lui spazio nella nuova Forza Italia. Non vi basta?
«Guardi, se qualcuno pensa che questa nostra iniziativa sia finalizzata ad ottenere qualche incarico, si sbaglia di grosso. Forse sono voci volutamente messe in giro per sminuire la portata della nostra azione. Sarebbe poi interessante sapere se si parla di Forza Italia o del Pdl, che non è un dettaglio».
Però non sono ruoli da poco quelli di cui si parla: se saltassero i coordinatori Verdini e Bondi, i «falchi» Santanchè e Capezzone, perfino il capogruppo di Brunetta – tutte richieste che sarebbero arrivate in qualche modo dai «governativi» – si aprirebbero molti spazi. Lei non è interessato?
«Assolutamente no. E pensarlo vuol dire non aver compreso che non è un problema di strapuntino personale ma un grosso problema politico».
Ma quando dice «noi» cosa intende? Chi siete, cosa è che vi caratterizza?
«Siamo in tanti, e abbiamo deciso di chiamarci lealisti. Siamo quelli che non si limitano solo ad inviare comunicati stampa quando viene commesso un gravissimo atto come in giunta al Senato venerdì. Siamo quelli che si rifiutano di accettare che 20 anni di nostra storia, di passione, di idee, di coinvolgimento di milioni di italiani attorno a Berlusconi possano essere raccontati come un romanzo criminale. Siamo quelli che sostengono con forza la battaglia contro l’oppressione fiscale, e che vogliono scelte chiare sul taglio della spesa pubblica. E, infine, siamo quelli che credono nel bipolarismo e nel presidenzialismo, in una chiara democrazia dell’alternanza che costruisce un centrodestra modernizzatore, appena superata questa fase di transizione del governo di larghe intese. Insomma, siamo quelli leali con Berlusconi e le sue politiche».
Cioè, Alfano e i suoi non lo sono?
«Io parlo della nostra valutazione. Poi ognuno si comporta e si comporterà come vuole».
Dicono che lei con Alfano ha un conto aperto, che dopo anni di collaborazione oggi i vostri rapporti siano ridotti a zero. E’ così?
«Rischierei di essere ipocrita e bugiardo, invece dirò la verità : in politica si alternano fasi di più o meno intensa collaborazione, e in questo periodo io non condivido la sua azione politica, che rischia di costruire un centro politicamente e culturalmente subalterno alla sinistra».
Ma dove vede questi cedimenti?
«Per esempio sul tema delle riforme istituzionali, concordate con il Pd, è sparito dall’agenda il tema della riforma della giustizia, nonostante anche i recenti richiami dell’Europa. Perchè?».
Questa contrapposizione nel partito metterà a rischio il governo?
«Noi sosterremo lealmente il governo, come ci ha indicato nel suo intervento in Aula il presidente Berlusconi, e senza alcuna ostilità . Vigileremo però con molta attenzione, per evitare che un governo di larghe intese si trasformi in un governo di sotto intese…».
Ma con questi presupposti il partito può davvero restare unito?
«Io condivido l’appello all’unità di Bondi e i ripetuti richiami in tal senso degli amici Matteoli e Gasparri. Ma quello che è accaduto in questi giorni non può lasciarci indifferenti, e merita una seria riflessione».
Intende la guerra tra governativi e duri e puri?
«Beh, tanti moderati non hanno condiviso e non condividono la contrapposizione ornitologica tra falchi e colombe, che hanno finito con il danneggiare l’immagine del partito ed hanno costretto il presidente Berlusconi ad estenuanti mediazioni interne fino a pochi minuti prima del voto».
E allora come se ne esce?
«Considerando finita la stagione dei vertici autoreferenziali di nominati. Occorre, così come ci ha sempre ricordato Alfano di cui cito le parole il giorno della sua nomina a segretario “la legittimazione dal basso, rispettando il principio anatomico secondo il quale il corpo umano è predisposto per sedere su una sola sedia, anche per evitare di lasciare vuote le funzioni esercitate sulle altre”».
Insomma, basta con i nominati, a partire dal segretario?
«Il vero nodo per recuperare l’unità di tutti è quello di una legittimazione che preveda l’azzeramento di tutti gli incarichi di partito, e la convocazione di un congresso straordinario che discuta e decida la linea politica e che faccia esprimere direttamente i nostri elettori per l’elezione del segretario, degli organismi dirigenti, da Roma fino al più piccolo dei nostri paesi».
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 6th, 2013 Riccardo Fucile
E LEI SI RIFUGIA TRA TENNIS E PISCINA
La pitonessa, Daniela Santanchè, oggi tace. «Riflette», dicono gli amici vicini. 
E per farlo va a giocare a tennis, a correre, a sfogare la rabbia e la delusione della sconfitta, certo, ma anche della possibile «epurazione» sua e del suo compagno Alessandro Sallusti.
La coppia più odiata dagli alfaniani, dalle colombe, che li vorrebbero fuori dal partito. Li chiamano Rosa e Olindo, ma anche SS (Santanche/Sallusti) la coppia diabolica.
Un week end di tregua per la fedelissimi del Cav, che in ogni dove e con ogni mezzo lo ha difeso e che adesso potrebbe essere mollata sulla via della pacificazione del Pdl.
Daniela e Alessandro, una coppia nella vita e nei talk show.
E adesso la maggiore amarezza per lei, assicurano, è vedere vacillare la poltrona da direttore de Il Giornale sotto il sedere del suo compagno.
«Lo vogliono punire perchè sta con lei», spiegano dalla cerchia dei falchi. E anche il comunicato dell’editore del quotidiano, Paolo Berlusconi, per smentire le voci di un prossimo avvicendamento al vertice causa vittoria delle colombe, non la mette tranquilla.
«L’editore, rivendicando la piena e assoluta autonomia della testata – è scritto nella nota – conferma la sua fiducia nel direttore Alessandro Sallusti». Ma si sa che parole come queste, altre volte, hanno significato poco.
E mentre lei ieri giocava a tennis, lui ieri rimaneva nel suo ufficio de Il Giornale, seduto sulla sua poltrona. Non si sa mai.
Domenica di relax e di rimugini nella loro casa milanese, un palazzetto di quattro piani più piscina coperta, sulle poltrone di vero coccodrillo australiano.
Comunque sia, tra una partita di tennis e l’altra, una nuotata nella piscina di madreperla, chi la conosce, sa che la pitonessa sta già pensando oltre, alle mosse da fare perchè la guerra è solo all’inizio, cercando di metabolizzare quello che le fa più male: la mancanza di riconoscenza di Berlusconi.
Alfano chiede la sua testa e lei la offre su un piatto d’argento pur di salvare il leader in crisi anche se lui, a sua difesa, finora, non ha detto una parola.
Se costretto (e lo è) la scelta è per la testa phonata della Santanchè, invece di quella sbiancata di Verdini.
Come se occorresse per trovare la pace immolare uno dei simboli della linea dura. Ed è sicuramente più facile immolare una pitonessa che non un pitone. «Non possiamo morire per essere stati leali con lui», diceva il giorno della caduta un falchetto. Ma lei può. Diversamente falco.
Un fine settimana a smaltire la delusione, sempre insieme Daniela e Alessandro insieme al loro «figlio» a quattro zampe, la beagle Mia, a cui si perdona tutto, anche la distruzione di un tacco 12 Laboutin.
Ad agosto Sallusti spiegava che «tra falchi e colombe berlusconiane c’è tensione, volano anche stoccate. Ma non bisogna farsi distrarre dai personalismi. Le colombe stanno cercando, e dicendo, ciò che Berlusconi sarebbe disposto ad accettare come riparazione dell’affronto subito.
I falchi ciò che Berlusconi è pronto a fare nel caso i primi fallissero nella missione. Non c’è contraddizione o conflitto tra le due posizioni, la strategia è chiara e le conseguenze pure». Mai parole furono meno profetiche.
La leadership dell’ala oltranzista è lontana, mentre si avvicina pericolosamente l’ora dello «scarico».
Una Santanchè in cambio dell’unità del partito. «Se fossi stata un uomo questo non sarebbe successo», confida la Santanchè a un’amica. E forse ha ragione lei.
Nessuna solidarietà femminile, tantomeno all’interno del Pdl dove le gelosie si intrecciano alle ambizioni. Come in una soap opera dove Ridge/Silvio per il bene della famiglia rinuncia alla sua Brooke/Daniela.
Il seguito alla prossima puntata.
Maria Corbi
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 6th, 2013 Riccardo Fucile
I FALCHI VOGLIONO IL CONGRESSO, I “GOVERNISTI” POTERI SUBITO AD ALFANO
«Cerchiamo di stare calmi, dovete tutti gettare acqua sul fuoco, io intanto vi ascolto tutti e lavoro a una soluzione. L’importante è preservare l’unità del partito». Silvio Berlusconi prova a salvare il Pdl.
Le tensioni dopo lo strappo sulla fiducia di mercoledì scorso hanno dilaniato il “corpaccione” del partito.
Angelino Alfano corre, vuole monetizzare subito la vittoria ottenuta in Senato e chiede una rapida transizione del Pdl in Forza Italia, dove dovrà regnare incontrastato all’ombra del solo Berlusconi.
Senza falchi di mezzo a intralciarlo.
I lealisti però non mollano. Se i più aggressivi – alla Santanchè e Bondi – sono usciti malconci dalla battaglia di Palazzo Madama, ora alla loro testa si è messo Raffaele Fitto, ormai da tempo rivale di Alfano.
E l’ex governatore pugliese per non abdicare ad Angelino al Cavaliere chiede una sola cosa: «Presidente, serve un congresso. Nel partito nessuno si fida più di Alfano la cui nomina, oltretutto, non ha alcuna legittimazione democratica. Votiamo chi sarà alla guida di Forza Italia».
È dunque sul congresso che in queste ore si sposta la battaglia del Pdl. Una forma decisionale inedita nel mondo berlusconiano che ora viene brandita contro Alfano, ai vecchi tempi sostenitore delle primarie, da chi invece non l’ha mai voluta, ovvero dai falchi.
Pubblicamente pasdaran e moderati predicano per l’unità .
Lo fanno il ministro De Girolamo, Bondi e Schifani. Tutte le anime del partito.
Ma dietro le quinte volano letteralmente gli stracci.
«Il Pdl ribolle – spiega un ex ministro – si lavora all’unità ma il traguardo è lontanissimo».
Lo scontro è totale visto che per le due fazioni si tratta di vita o di morte (politica). Alfano spinge, ha ottenuto una transizione rapida verso Fi per capitalizzare il suo momento di forza.
Ormai tutti assicurano che il passaggio di consegne tra i due partiti arriverà «entro giorni, al massimo un paio di settimane».
Il vicepremier chiede che dentro alla rediviva Forza Italia ci sia un numero uno, Berlusconi, e un numero due con tutte le deleghe più importanti.
Ovvero lui stesso, Alfano. Che potrebbe restare segretario o essere addirittura promosso a vicepresidente azzurro.
Dal Pdl saranno trasportate anche le figure dei tre coordinatori, «che però non saranno gli stessi».
Insomma, chi ha perso paga, si deve fare da parte, è la linea.
Per cui Bondi (che proprio ieri ha chiesto di smentire «il violento linguaggio di chi parla di decapitazioni») e Verdini dovranno essere sostituiti (la terza poltrona di coordinatore è stata lasciata vuota da La Russa).
Per ottenere un passaggio di consegne soft tra i due partiti si pensa a un comitato di transizione che rappresenti tutte le aree e con la presenza dei capigruppo Brunetta e Schifani.
Un’impalcatura che dovrebbe portare Alfano (questa almeno è l’idea delle colombe) al comando assoluto (candidature e linea politica) e a una pacificazione interna con la distribuzione di deleghe minori ai tre coordinatori scelti tra le varie correnti in modo da farle convivere.
E soprattutto, come dice un deputato alfaniano, «per creare una struttura che non faccia del segretario un fantoccio, non ci possono più essere fibrillazione e attacchi quotidiani al governo, altrimenti non ci stiamo più».
E qui, su questo argomento, scattano le proteste dei falchi. Uno di loro, una amazzone che chiede di restare anonima, spiega i sospetti dei lealisti.
Primo, «non è possibile che chi ha tradito vinca su chi è rimasto fedele».
Secondo, «il comitato di transizione non serve a nulla, non risolve alcun problema e ciritroveremmo subito nella stessa identica situazione di oggi».
Terzo, «il partito non si fida più di Alfano che oltretutto sta reclutando dirigenti sul territorio perchè se non riesce a vincere all’interno si fa un partito suo».
Sono questi gli argomenti con i quali falchi e fedelissime bombardano il Cavaliere. Seguiti dalla richiesta formulata per prima da Fitto nel chiuso di Palazzo Grazioli e poi fatta propria dagli altri: «Presidente, serve un chiarimento forte, un congresso, una scelta democratica che parta dalle cariche locali fino a quella del segretario».
Una posizione portata in chiaro da Gasparri, uno dei mediatori che con Matteoli e Romani (tra questi è quello più vicini ai falchi) da giorni lavora per sedare le tensioni: «Sarebbe un modo per rimettere tutto in discussione, ruoli e linea politica».
Gli alfaniani replicano, «ma quale congresso? E con quali regole?», ribatte ad esempio Giuseppe Castiglione.
Un ministro spiega che il timore è che la candidatura dei falchi (si parla di Fitto) possa vincere su Alfano «grazie alla pressione dell’establishment e dei giornali d’area ». Alla richiesta di congresso Berlusconi non ha dato ancora una risposta, si è preso qualche giorno per decidere.
Per questo è rimasto a Roma nel week end, per cercare di salvare il partito, dopo la decadenza il solo scudo da contrapporre al codice penale.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 5th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO L’OFFENSIVA DI ALFANO, QUASI CERTO IL CAMBIO BRUNETTA-COSTA ALLA CAMERA… SANTANCHE’ E BONDI AI MARGINI, FORSE SI SALVA SCHIFANI AL SENATO
Non vogliono “cariche” dentro il Pdl. Non vogliono “azzerare” gli attuali vertici del partito. Non vogliono far fuori “il cerchio magico” che orbita accanto al Cavaliere.
E, soprattutto, non vogliono cambiare “la linea politica”.
Le colombe artigliate ora vogliono molto, ma molto di più.
Vogliono prendersi tutto. Partito e potere. Chi vince, dà le carte.
Inutili i tentativi, furbeschi, di alcuni (ormai ex) maggiorenti del partito, come Maurizio Gasparri, che ieri tentavano di spostare i riflettori della polemica interna sull’ “aggressione” subita dal Cavaliere con il voto della Giunta sulla sua decadenza. “Usiamo il cervello più che i muscoli, dobbiamo tenere unito il partito — supplicava — confrontandoci e discutendo, ma non deludendo i nostri elettori a maggior ragione in una fase in cui è sempre più vergognoso l’attacco al nostro leader; rivolgo ancora una volta a tutti l’appello all’unità ”.
Macchè. Tra qualche settimana Berlusconi sarà ai servizi sociali, ineleggibile e incapace di reazione politica.
E Angelino Alfano vuole utilizzare proprio queste settimane per compiere una trasformazione interna al partito che gli consenta di chiedere, senza vergogna, l’ingresso nel Ppe, con buone probabilità di riceverne una risposta positiva.
Il percorso è ormai segnato. Nessuna mossa azzardata verso il centro — o, almeno non ora — massima condivisione dei problemi di governo con Letta (e non più pungolo per portare avanti solo i progetti elettoralistici di Silvio) e, soprattutto, fuori dai piedi chi, finora, l’ha considerato solo una marionetta nelle mani del leader.
Ieri, a palazzo Grazioli dove ormai si reca almeno due volte al giorno, Alfano ha messo sul tavolo la rimozione dei coordinatori, Bondi e Verdini, del capogruppo alla Camera Brunetta, della responsabile organizzativa Santanchè, l’avvicendamento alla direzione del “Giornale” (Sallusti).
Sentendosi rispondere che su Brunetta se ne poteva parlare e che pure sulla Santanchè non ci sarebbero stati problemi, ma Verdini no, non si tocca.
Anche Bondi, in fondo, potrà essere parcheggiato da qualche parte, in modo da “non fare danni” e su Sallusti si potrà influire perchè la linea del Giornale diventi meno aggressiva, ma Verdini no, quello proprio non è ne sarà mai argomento di discussione.
In verità , il ras toscano non ha chiesto nessun tipo di viatico a Berlusconi, “se fosse messo alla porta — sostiene un ‘falco’ a lui molto vicino — probabilmente se ne andrebbe senza dire una parola, questione di indole e di dignità ”.
Però, poi, “dovrebbero fare i conti con la sua vendetta”.
Perchè Verdini, tra i tanti “difetti” che annovera, ha anche questo, da buon toscano: non lascia mai nulla “a metà ”. Certo, i guai giudiziari che lo affliggono non gli lascerebbero una grande possibilità di manovra, ma “vuoi mettere — racconta sempre la stessa fonte — che soddisfazione per i magistrati interrogarlo e trovare davanti uno che racconta, per filo e per segno, come sono state gestite tante questioni delicate di questo ventennio?”.
Ovviamente, è a questo che pensa il Cavaliere.
Allontanare Verdini significa mettere nelle mani dell’odiata magistratura una delle colonne portanti della sua vita politica, capace di fare impallidire De Gregorio con le sue “rivelazioni”. Carte alla mano. Un rischio da non correre mai.
Ecco perchè ieri sembrava disposto a trattare su tutto, ma non sulla ghigliottina per Verdini.
Ha persino chiesto che Alfano esaminasse una proposta di direttorio, con il segretario affiancato da Verdini, Bondi, Brunetta e Schifani.
Alfano non l’ha fatto nemmeno finire di parlare: “Il segnale di novità deve essere profondo, Presidente…”.
In molti hanno fatto capire la stessa cosa. Cicchitto ha parlato di «defalchizzazione», liberazione dai «falchi», gli estremisti: “Il Pdl va defalchizzato e non deberlusconizzato. Bisogna dare ad Alfano la possibilità di costruire un grande partito moderato, riformista e garantista”.
La resistenza di Berlusconi, insomma, non potrà durare a lungo. Intanto, si dovrà cominciare a dare un segnale, facendo fuori i capigruppo.
Brunetta è già dato con un piede fuori dalla porta, al suo posto Enrico Costa, autore della legge sulle intercettazioni ed ex capogruppo in commissione Giustizia nella passata legislatura.
Un nome gradito anche a Berlusconi. Altri spingono per Raffaele Fitto, che però ha troppi guai con la giustizia e un’amicizia che si è spezzata con Alfano; questioni territoriali, soprattutto in Puglia, dove Quagliariello adesso vorrebbe far pulizia.
Al Senato, Renato Schifani potrebbe restare. Perchè all’ultimo minuto, il giorno della fiducia, ha detto a Berlusconi che lui non avrebbe mai fatto il discorso dell’ennesima giravolta e questo lo ha messo in una cornice di serietà e di integrità che anche Alfano gli ha riconosciuto.
Ma se anche Schifani dovesse essere sacrificato nel “cupio dissolvi” della “defalchizzazione” del partito, allora il suo posto sarà preso da Paolo Romani, l’uomo “del miracolo”, quello che ha convinto Berlusconi a votare la fiducia al governo all’ultimo tufffo e che poi, uscendo dalla stanza nel Transatlantico del Senato, ha salutato Felice Casson con un gesto esplicito, quello dell’ombrello, all’urlo di “Ciao, ragazzo, sarà per un’altra volta…”.
Il cambio dei capigruppo, secondo le ‘colombe artigliate’ alfaniane, avverrà subito dopo il voto dell’aula sulla decadenza definitiva di Berlusconi da senatore.
Francesco Giro, uno degli uomini macchina del Pdl, ieri minimizzava: “Stiamo per celebrare il ventennale della discesa in campo di Silvio Berlusconi e certamente una riflessione andrà aperta nel Pdl, ma il confronto all’interno dovrà svilupparsi all’insegna dell’unita, del reciproco rispetto e della pari dignità . Se ciò non dovesse avvenire, se dovessero prevalere ambizioni, contese e rivalse personali usciremo tutti sconfitti e i sondaggi starebbero li a dimostracelo già nelle prossime settimane”.
Intanto, proprio per dimostrare che senza Berlusconi “non si va da nessuna parte”, i falchi cominciano a far veicolare proprio sondaggi che dimostrano quanto sia importante conservare la leadership di Silvio Berlusconi.
Secondo Alessandra Ghisleri, sondaggista della casa, Berlusconi da solo detiene il 16-18% dei voti.
Secondo il sondaggio, il partito Pdl-Forza italia dopo il voto di fiudcia è salito al 25-27% e l`intero centro destra al 33-35%.
Al contrario, l’elettorato del Pd ha dimostrato scontento registrando un 24-26% di consensi e la coalizione di centro sinistra il 29-31%.
Cifre che, ovviamenete, sono il segno del clima di oggi dentro il partito dove una come Nunzia De Girolamo gioca la carta finale della mozione degli affetti: “Siamo tutti figli di Berlusconi non possiamo dividerci”.
Peccato che il tempo delle “grandi famiglie unite” non sia più questo, dei giorni della fine del ventennio a colori.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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