PDL SPACCATO ALLE GRANDI MANOVRE
I FALCHI VOGLIONO IL CONGRESSO, I “GOVERNISTI” POTERI SUBITO AD ALFANO
«Cerchiamo di stare calmi, dovete tutti gettare acqua sul fuoco, io intanto vi ascolto tutti e lavoro a una soluzione. L’importante è preservare l’unità del partito». Silvio Berlusconi prova a salvare il Pdl.
Le tensioni dopo lo strappo sulla fiducia di mercoledì scorso hanno dilaniato il “corpaccione” del partito.
Angelino Alfano corre, vuole monetizzare subito la vittoria ottenuta in Senato e chiede una rapida transizione del Pdl in Forza Italia, dove dovrà regnare incontrastato all’ombra del solo Berlusconi.
Senza falchi di mezzo a intralciarlo.
I lealisti però non mollano. Se i più aggressivi – alla Santanchè e Bondi – sono usciti malconci dalla battaglia di Palazzo Madama, ora alla loro testa si è messo Raffaele Fitto, ormai da tempo rivale di Alfano.
E l’ex governatore pugliese per non abdicare ad Angelino al Cavaliere chiede una sola cosa: «Presidente, serve un congresso. Nel partito nessuno si fida più di Alfano la cui nomina, oltretutto, non ha alcuna legittimazione democratica. Votiamo chi sarà alla guida di Forza Italia».
È dunque sul congresso che in queste ore si sposta la battaglia del Pdl. Una forma decisionale inedita nel mondo berlusconiano che ora viene brandita contro Alfano, ai vecchi tempi sostenitore delle primarie, da chi invece non l’ha mai voluta, ovvero dai falchi.
Pubblicamente pasdaran e moderati predicano per l’unità .
Lo fanno il ministro De Girolamo, Bondi e Schifani. Tutte le anime del partito.
Ma dietro le quinte volano letteralmente gli stracci.
«Il Pdl ribolle – spiega un ex ministro – si lavora all’unità ma il traguardo è lontanissimo».
Lo scontro è totale visto che per le due fazioni si tratta di vita o di morte (politica). Alfano spinge, ha ottenuto una transizione rapida verso Fi per capitalizzare il suo momento di forza.
Ormai tutti assicurano che il passaggio di consegne tra i due partiti arriverà «entro giorni, al massimo un paio di settimane».
Il vicepremier chiede che dentro alla rediviva Forza Italia ci sia un numero uno, Berlusconi, e un numero due con tutte le deleghe più importanti.
Ovvero lui stesso, Alfano. Che potrebbe restare segretario o essere addirittura promosso a vicepresidente azzurro.
Dal Pdl saranno trasportate anche le figure dei tre coordinatori, «che però non saranno gli stessi».
Insomma, chi ha perso paga, si deve fare da parte, è la linea.
Per cui Bondi (che proprio ieri ha chiesto di smentire «il violento linguaggio di chi parla di decapitazioni») e Verdini dovranno essere sostituiti (la terza poltrona di coordinatore è stata lasciata vuota da La Russa).
Per ottenere un passaggio di consegne soft tra i due partiti si pensa a un comitato di transizione che rappresenti tutte le aree e con la presenza dei capigruppo Brunetta e Schifani.
Un’impalcatura che dovrebbe portare Alfano (questa almeno è l’idea delle colombe) al comando assoluto (candidature e linea politica) e a una pacificazione interna con la distribuzione di deleghe minori ai tre coordinatori scelti tra le varie correnti in modo da farle convivere.
E soprattutto, come dice un deputato alfaniano, «per creare una struttura che non faccia del segretario un fantoccio, non ci possono più essere fibrillazione e attacchi quotidiani al governo, altrimenti non ci stiamo più».
E qui, su questo argomento, scattano le proteste dei falchi. Uno di loro, una amazzone che chiede di restare anonima, spiega i sospetti dei lealisti.
Primo, «non è possibile che chi ha tradito vinca su chi è rimasto fedele».
Secondo, «il comitato di transizione non serve a nulla, non risolve alcun problema e ciritroveremmo subito nella stessa identica situazione di oggi».
Terzo, «il partito non si fida più di Alfano che oltretutto sta reclutando dirigenti sul territorio perchè se non riesce a vincere all’interno si fa un partito suo».
Sono questi gli argomenti con i quali falchi e fedelissime bombardano il Cavaliere. Seguiti dalla richiesta formulata per prima da Fitto nel chiuso di Palazzo Grazioli e poi fatta propria dagli altri: «Presidente, serve un chiarimento forte, un congresso, una scelta democratica che parta dalle cariche locali fino a quella del segretario».
Una posizione portata in chiaro da Gasparri, uno dei mediatori che con Matteoli e Romani (tra questi è quello più vicini ai falchi) da giorni lavora per sedare le tensioni: «Sarebbe un modo per rimettere tutto in discussione, ruoli e linea politica».
Gli alfaniani replicano, «ma quale congresso? E con quali regole?», ribatte ad esempio Giuseppe Castiglione.
Un ministro spiega che il timore è che la candidatura dei falchi (si parla di Fitto) possa vincere su Alfano «grazie alla pressione dell’establishment e dei giornali d’area ». Alla richiesta di congresso Berlusconi non ha dato ancora una risposta, si è preso qualche giorno per decidere.
Per questo è rimasto a Roma nel week end, per cercare di salvare il partito, dopo la decadenza il solo scudo da contrapporre al codice penale.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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