CENTO GIORNI DI ONOREVOLE PACCHIA: 13.000 EURO AL MESE SENZA FARE UNA MAZZA
SENZA COMMISSIONI NON SI FA NULLA E A BREVE ARRIVANO LE VACANZE ESTIVE… E’ IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO
Avvertenza per il lettore: questo è un articolo populista, volutamente populista, al passo con i tempi. Il 4 marzo 2018 si sono tenute le elezioni politiche, la Terra doveva ancora raggiungere l’equinozio di primavera per poi dirigersi verso il solstizio d’estate. Alla vigilia di questo nuovo traguardo orbitale, ancora il Parlamento italiano non è nel pieno delle sue funzioni.
Una primavera dorata per i 950 parlamentari italiani, una “pacchia” – come si usa dire anche a sproposito in questi giorni — lautamente retribuita dal contribuente.
Le porte del Parlamento non sono state chiuse. Sparute sedute lunghe e anche accese, spesso a favore di telecamera, sono state utili per ricostituire l’architettura istituzionale dello Stato, dalle nomine parlamentari alla fiducia per il Governo di Giuseppe Conte. Tra un commovente esordio in Aula della senatrice a vita Liliana Segre e uno show nonsense di Vittorio Sgarbi, è stato tutto tempo utile per i parlamentari per prendere confidenza con i colleghi, con i saloni e gli uffici di Camera e Senato.
Un esercito ancora non operativo, ma molto attivo soprattutto alla buvette o sui divanetti che arredano gli eleganti corridoi del Parlamento.
Attivo, soprattutto, nell’ammassare disegni di legge, spesso importati da passate legislature, negli uffici delle Camere: sono 1162 le proposte di legge presentate da marzo ad oggi, stando agli archivi di Camera e Senato.
E nessuna di queste è stata incardinata nè assegnata alla Commissione di competenza. Per una ragione piuttosto intuitiva: le Commissioni ancora non ci sono.
Il presidente di Montecitorio Roberto Fico ha chiesto ai gruppi di renderle operative entro il 21 giugno ma al momento solo Forza Italia ha comunicato i suoi componenti per la Camera. Al Senato la presidente Elisabetta Casellati si aspetta di avere la lista dei membri entro le 20 di lunedì 18 giugno.
Se è apprezzabile lo sforzo profuso nella presentazione di una mole consistente di leggi, gran parte delle quali non verranno mai discusse in cinque anni di legislatura, lo è ancor di più l’indubbia qualità di alcune di queste proposte. Ad esempio, l’atto numero 32 a prima firma della deputata Michela Vittoria Brambilla vuole introdurre norme “per garantire l’opzione per la dieta vegetariana e la dieta vegana nelle mense e nei luoghi di ristoro pubblici e privati”. Un’altra proposta mira invece a diffondere la cultura del veganesimo nell’ambito dell’insegnamento scolastico.
Per gli onorevoli Verini e Ciampi è prioritario approvare le disposizioni per “la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni dei cortei in costume, delle rievocazioni e dei giochi storici”.
Per Paolo Russo è necessario riaprire i termini di un condono edilizio di 15 anni fa (326/2003). Varie leggi costituzionali, poi, per abolire il famigerato Cnel, e una per trasferire Pedemonte dal Veneto al Trentino Alto Adige.
Se per la grillina Azzurra Cancelleri è necessario introdurre norme “in materia di turismo all’aria aperta”, per la forzista Stefania Prestigiacomo è opportuno istituire “il luogo elettivo di nascita”. Infine, sempre a firma Russo, la proposta di riconoscere il pomodoro San Marzano “patrimonio culturale nazionale”.
Qualcosa si muove, seppur con molta calma, ma senza l’istituzione delle commissioni non si “cantano messe” in Parlamento.
Le Camere sono state convocate per la prima volta il 23 marzo per le elezioni dei rispettivi presidenti. Da allora a Montecitorio hanno avuto luogo 15 sedute. Nella quarta, il 10 aprile, si è dato il via libera alla composizione della Commissione speciale per il vaglio delle disposizioni urgenti, in attesa che lo stallo parlamentare, ancora nella sua fase embrionale, producesse una maggioranza stabile.
Di lì in poi ha regnato la nullafacenza, salvo qualche sporadica convocazione dei deputati per la proroga dei vertici dell’Arera, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente e altre questioni per nulla rilevanti.
Stesso discorso per i senatori: in tre mesi hanno scaldato lo scranno nella migliore delle ipotesi, non lo hanno nemmeno visto nella peggiore.
Sullo sfondo, la prolungata fase di consultazioni dei presidenti della Repubblica, Camera e Senato per trovare una maggioranza e la successiva crisi istituzionale tra M5S-Lega e Quirinale sul veto posto dal Colle al nome di Paolo Savona per il Ministero dell’Economia.
Il premier Giuseppe Conte, dopo un primo incarico e la parentesi Carlo Cottarelli, ha ricevuto l’incarico il 31 maggio, e nello stesso giorno ha presentato la lista dei ministri.
Il giorno successivo, il 1 giugno, ha giurato registrando il record di giorni trascorsi dalle elezioni alla formazione dell’esecutivo: 89. Il precedente record era stato fissato dal governo Amato nel 1992, in quell’occasione trascorsero 83 giorni dal voto al giuramento.
Per ora il Parlamento ha approvato solo il decreto di proroga dei vertici Arera.
Ci sono però altri tre provvedimenti urgenti, ereditati dal Governo Gentiloni, che necessitano di essere convertiti in legge, pena la decadenza. Il dl Alitalia è stata approvato il 30 maggio dalla Camera ma aspetta il via libera di Palazzo Madama. Al contrario, il decreto Calenda sulle aziende in crisi è passato al Senato ma aspetta il via libera di Montecitorio. Il decreto Terremoto invece è al Senato e aspetta ancora un primo via libera.
Complici lo stallo parlamentare, le traversie affrontate dalla maggioranza poi saldata in Parlamento a sostegno del Governo Conte, le trattative (e le polemiche) intorno alla stipula del Contratto di Governo, le performance dei parlamentari della XVIII legislatura sono state quantomeno deludenti.
Ma il Parlamento non è una azienda dove una parte dello stipendio può, teoricamente, essere vincolata ai risultati conseguiti.
A spanne, per uno stipendio medio di 13mila euro (comprensivo di indennità , diaria e rimborsi a vario titolo) a parlamentare, l’onorevole organico delle due Camere è costato nel complesso 270 milioni di euro in tre mesi di (poco) lavoro.
Ma non c’è da dubitare che nell’arco dei prossimi giorni, quando le Commissioni saranno formalizzate e i lavori parlamentari potranno finalmente andare a regime, l’esercito di 950 eletti si farà perdonare dal popolo sovrano e tornerà al suo onorevole servizio.
Allora, si spera, la pacchia sarà realmente finita, almeno per loro. Tanto molto presto, tra la fine di luglio e i primi di agosto, comincerà la pausa estiva.
(da “Huffingtonpost”)
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