CENTRODESTRA IN ALTO MARE: PER I VOTI NELLE CITTA’ I CANDIDATI SONO SOLO CIVICI
SCONTRO SU ROMA E COPASIR TRA SALVINI E LA MELONI, NESSUNO CI VUOLE METTERE LA FACCIA: SONO I CUOR DI LEONE DEL SOVRANISMO
Impantanati nelle trincee delle comunali (per fortuna loro e del Pd ancora lontane), i partiti del centrodestra sono finiti in rotta anche sulla guida delle commissioni parlamentari di garanzia. Giorgia Meloni contro tutti o tutti contro Giorgia Meloni, è un po’ il mood della coalizione che, a poche settimane dalla nascita del governo Draghi, registra già distanze siderali al proprio interno. Il termometro per l’esattezza segna temperature polari tra la leader di Fdi e Matteo Salvini. Complici, chissà , anche gli ultimi sondaggi, che darebbero l’unico partito di opposizione in crescita di un punto (al 16,5) e la Lega in discesa al 20.
L’ultimo botta e risposta ieri: sulla nascita di un nuovo soggetto sovranista europeo su input dell’ungherese Orban e col coinvolgimento del capo leghista. Ma i rapporti sono ai ferri corti soprattutto sulle candidature: Roma e le altre città che in autunno andranno al voto.
Una cosa è certa, in nessuna delle cinque grandi città i tre partiti (Lega, Fi e Fdi) non riusciranno a presentare loro uomini, solo civici. Il buco nero (anche) del centrodestra resta Roma. Tre giorni fa il forfait di Guido Bertolaso. Su di lui puntava e punta ancora Forza Italia.
L’ex sottosegretario alla Protezione civile resta il candidato ideale di Matteo Salvini (che lo ha sponsorizzato al suo governatore lombardo Fontana per la gestione della campagna vaccinale). “Chi ha detto no a Bertolaso per mesi ora faccia qualche proposta alternativa”, è sbottato giovedì il segretario chiamando in causa espressamente gli alleati di Fdi.
Ieri la replica risentita di Giorgia Meloni: “Per noi basta mezz’ora per chiudere sulle candidature nelle città e in Calabria. Non credo che Salvini abbia detto davvero queste cose. Sa benissimo che su Roma, dove le ipotesi in campo sono due ed entrambe autorevoli, Guido Bertolaso e Andrea Abodi, come su Milano, ma anche sulla Calabria abbiamo deciso insieme di approfondire e poi rivederci. Per noi si può chiudere anche prima di Pasqua. Basta mezz’ora. Spero sia lo stesso per Salvini”.
Ora sembra che quel tavolo sarà convocato prima o subito dopo Pasqua. La tensione resta. “Attenzione, Roma non è terreno per esperimenti o esordi”, avverte Maurizio Gasparri da quel fronte forzista che resta saldo in sostegno di Bertolaso. E sembra riferirsi oltre che ad Abodi, il presidente dell’Istituto di credito sportivo citato da Meloni, anche all’altro nome in circolo, quello di Francesco Rocca, a capo della Croce rossa.
Ma fosse solo Roma. A Napoli, dove centrosinistra e M5S potrebbero convergere sulla candidatura forte del presidente della Camera Roberto Fico, il centrodestra si starebbe ritrovando in sostegno del magistrato Catello Maresca. Il quale però non vuole bandiere o liste di partito al suo seguito.
Salvini si è detto subito disponibile a rinunciare al simbolo (anche perchè la Lega lì non raggiunge le due cifre), Fdi ha fatto sapere di non essere d’accordo.
Milano è in altissimo mare. Quattro i potenziali civici in corsa.
Su nessuno c’è intesa: il dirigente del gruppo Pellegrini Roberto Rasia dal Polo, i docenti universitari Paolo Veronesi e Maurizio Dall’Occhio, infine Simone Crolla, consigliere della Camera di Commercio americana in Italia. Stessa storia a Bologna.
Si sono detti disponibili al “sacrificio” col centrodestra l’ex ministro centrista Gianluca Galletti e l’ex M5S Giovanni Favia. E poi il responsabile Ascom Giancarlo Tonelli e l’imprenditore Fabio Battistini. L’unico accordo raggiunto riguarda Torino e l’imprenditore Paolo Damilano.
Ma è di queste ore anche lo scontro sulle commissioni parlamentari di garanzia.
Se la Vigilanza Rai (oggi al forzista Alberto Barachini) spetterebbe all’opposizione per “prassi”, spetta a un partito d’opposizione per legge il Comitato di controllo sui Servizi, il Copasir.
La Lega non intende passare il testimone, togliendolo dalle mani di Raffaele Volpi. Roberto Calderoli lo ha fatto capire abbastanza chiaramente nella riunione avuta negli ultimi giorni al Senato con Ignazio La Russa (Fdi) e Licia Ronzulli (Fi).
Così, proprio La Russa ha scritto alla presidente Casellati per rimarcare appunto come “la legge, in forma insuperabile, assegna ad una forza di opposizione” quella presidenza. E siccome la Lega cita come precedente il caso di Massimo D’Alema – rimasto al Copasir nel 2011 nonostante l’avvento del governo Monti e l’ingresso del Pd in maggioranza – il senatore di Fdi sostiene che sono “circostanze non comparabili”. Perchè in quel caso l’esecutivo era completamente tecnico, perchè si era a fine legislatura e perchè su D’Alema c’era l’unanimità , ovvero il voto favorevole anche della Lega, allora unico partito di opposizione. Oggi invece l’unico partito di opposizione, Fdi, è contrario alla permanenza in carica di Volpi. Peccato che Salvini non abbia alcuna intenzione di mollare il controllo parlamentare sui Servizi segreti.
(da “La Repubblica”)
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