CERCHIAMO DI SPIEGARE COSA C’E’ DIETRO LA BUFFONATA DEL CAMBIO DI POSIZIONI SUL REFERENDUM TAGLIO PARLAMENTARI
E’ SOLO UN GIOCO POLITICO DI BASSA LEGA TRA CHI VUOLE DESTABILIZZARE IL GOVERNO PER PRENDERSI “PIENI POTERI” E CHI AMBISCE A STABILIZZARLO
È un pasticciaccio, classico all’italiana: firme ritirate al penultimo minuto da un pezzo di Forza Italia, contrarissima al taglio dei parlamentari, ma che si candida a fare da stampella al governo; firme aggiunte, all’ultimo minuto, dalla Lega che al taglio dei parlamentari è sempre stata favorevole.
Un’orgia di tattica, su queste benedette firme depositate oggi in Cassazione, per capire la quale occorre essere dei frequentatori abituali del Palazzo e aver preso 30 e lode a un esame di diritto costituzionale.
Sostanzialmente racconta questo: che del referendum in sè sul taglio dei parlamentari, che pure è una rilevante riforma costituzionale, non frega niente a nessuno, detta in modo rude ma efficace.
Il che è già un indicatore di una certa cultura politica e istituzionale. Quel che interessa è il gioco politico, la dinamica che si innesca.
Ecco, il pasticciaccio fa sognare alla Lega la “spallata”, chiamiamola così. O meglio: non l’immediata caduta, ma la grande destabilizzazione.
Salvini spera che un referendum tiri l’altro, spera cioè che l’ammissibilità di quello costituzionale faccia da traino alla decisione della Consulta del 15 gennaio su quello elettorale.
Si spiega così la sua dichiarazione altrimenti incomprensibile da Botricello, provincia di Catanzaro: “Abbiamo dato un contributo per avvicinare la data delle elezioni”.
Perchè mai un referendum sul taglio dei parlamentari, su cui sono favorevoli pressochè tutte le forze politiche, e che passerà con un plebiscito, dovrebbe mettere in crisi il governo?
Perchè per il leader della Lega, la mossa di oggi è il primo di una serie di step, il primo e più importante dei quali è, appunto, il pressing che si alzerà sul Palazzo della Consulta, chiamata a pronunciarsi sull’ammissibilità o meno del referendum Calderoli sulla legge elettorale, per il quale, secondo Calderoli, la legge costituzionale ancora sub iudice consente di mantenerne vivi importanti presupposti giuridici.
Insomma, due referendum ad alto impatto da tenere già nella prossima primavera, e presumibilmente qualcosa sarà accorpato alle regionali dove la Lega si prepara alla grande abbuffata: è uno scenario che getta le basi di una grande spinta, quantomeno costringe il Parlamento a legiferare in direzione diversa rispetto a quella all’idea di restaurare la proporzionale, sia pur in lingua tedesca.
Può il Parlamento far finta di niente e infischiarsene, qualora venga ammesso un referendum per il maggioritario, legiferando in senso ostile rispetto al quesito, e prima che si pronuncino i cittadini? Oppure non può non tenerne conto ragionando su ipotesi alternative?
Sembra una questione da legulei, ma invece è una gigantesca questione politica. Per una maggioranza nata con l’idea di impedire i pieni poteri, una legge proporzionale è una clausola di salvaguardia rispetto alla prospettiva dei pieni poteri a Salvini, quando si voterà .
Qualunque ipotesi maggioritaria fondata sui collegi consente al centrodestra, egemone nel paese, di fare asso pigliatutto nei collegi. E, al tempo stesso, rappresenta un cuneo ficcato nell’equilibrio di maggioranza.
Perchè col proporzionale le alleanze si fanno in Parlamento, col maggioritario si fanno prima, il che stressa le contraddizioni di un’alleanza politica mai nata, come quella tra Pd e Cinque stelle.
Sono tutte domande e ragionamenti le cui risposte arriveranno in parte solo il 15 sera, ma che spiegano, sin d’ora, quale sia la posta in gioco e quali siano i bellicosi intenti del leader leghista.
Che, non a caso, oggi si è scagliato contro la sinistra che, “con i trucchetti di Palazzo, vuole tornare a trent’anni fa, ai governi con cinque, sei o sette partiti e cambi di casacca ogni quarto d’ora”. La proporzionale, appunto.
E c’è da scommettere che, nei prossimi giorni, il pressing verso la Consulta, in nome del diritto dei cittadini di scegliere con quale sistema decidere chi governa, sia destinato ad aumentare, con l’idea di creare un clima e caricare di senso politico il verdetto.
Immaginate sin da ora cosa potrebbe dire Salvini in caso di esito sfavorevole. Non ci vuole tanta fantasia a prevedere strali contro la cupola partitocratica che impedisce ai cittadini di pronunciarsi, contro i soliti parrucconi che difendono un sistema sordo alla voce del popolo, e altre amenità di questo genere.
Ed effettivamente è un terreno molto insidioso, in questo momento e in questo clima. C’è il rischio che la Corte rischi di apparire come l’ultimo baluardo della conservazione, nell’Italia di oggi dei messaggi semplificati: non si può votare sul governo, non si può votare sulla legge elettorale, tutto ciò che è Palazzo vuole zittire tutto ciò che è popolo.
Referendum chiama referendum, dicevamo. Per questo Salvini ha iniziato a dire che “è sempre un bene quando si pronunciano i cittadini”. Parla di quello di oggi, pensa a quello di domani.
Non si vota, parliamoci chiaro, a maggior ragione se ci saranno tutte queste consultazioni. Ma si balla.
(da “Huffingtonpost”)
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