CHI E’ ANTONIO CARIDI, L’UOMO ACCUSATO DI ESSERE STRUMENTO DELLA ‘NDRANGHETA
IL SUO NOME SPUNTA IN DIVERSE INDAGINI DAL 2011
Uno strumento nelle mani della ‘ndrangheta. Questo sarebbe stato il senatore calabrese Antonio Caridi secondo le accuse che gli vengono mosse dalla Dda di Reggio Calabria.
L’intera sua carriera politica dai primi passi nel consiglio comunale di Reggio Calabria fino allo scranno di Palazzo Madama sarebbe stata costruita dalla Santa, la cupola che comanda e coordina i clan calabresi.
Quarantasette anni, figlio dell’ex vicesindaco democristiano di Reggio Calabria, di professione audiometrista, Caridi entra ufficialmente nell’agone politico nel 1997 quando viene eletto consigliere comunale nelle file dell’Udc con oltre 1500 voti. Resterà in Comune per oltre dieci anni, fino al 2010 quando con oltre 11mila voti viene eletto consigliere regionale.
Un record di preferenze che gli varranno la poltrona di assessore alle Attività produttive nella giunta di centrodestra guidata da Giuseppe Scopelliti.
Tre anni dopo il salto di qualità con l’elezione in Senato con il Popolo delle libertà . Seguirà il ministro Angelino Alfano nel Nuovo centrodestra fino alla fine del 2014 quando aderirà al gruppo Gal. Una carriera politica su cui adesso splende una luce sinistra.
Già nel 2011 il nome dell’allora assessore regionale era finito negli atti della Dda di Genova sulle infiltrazioni delle cosche calabresi in Liguria.
Sospetti che avevano fatto saltare la nomina del senatore nella Commissione parlamentare antimafia.
A mettere nero su bianco accuse pesantissime sarà però la Procura di Reggio Calabria. È il 15 luglio quando gli inquirenti della Dda fanno scattare l’operazione “Mammasantissima”.
In manette finiscono l’ex deputato del Psdi Paolo Romeo, già in carcere dal 9 maggio scorso, l’ex consigliere regionale e sottosegretario della Giunta regionale di centrodestra Alberto Sarra, l’avvocato Giorgio De Stefano e il dirigente regionale Francesco Chirico.
Per Caridi invece parte la richiesta di autorizzazione al Senato.
Per il Ros dei Carabinieri gli indagati farebbero parte di una «struttura segreta di vertice della ‘ndrangheta in grado di dettare le linee strategiche di tutta l’organizzazione e di interagire sistematicamente e riservatamente con gli ambienti politici, istituzionali ed imprenditoriali». È la Santa, luogo di incontro tra massoni e ‘ndranghetisti.
Questa direzione strategica della criminalità organizzata a partire dalla fine degli anni Novanta avrebbe puntato proprio sul futuro senatore Caridi.
Secondo la ricostruzione della Dda i clan avrebbero garantito i voti e il politico una volta dentro le istituzioni avrebbe ricambiato il favore.
Per i magistrati reggini Caridi avrebbe avuto un ruolo centrale nel favorire l’ingresso di ditte in odor di ‘ndrangheta nelle società partecipate del Comune di Reggio.
E poi ancora assunzioni negli enti sub regionali e negli ospedali. Il senatore avrebbe addirittura procurato un medico per curare un latitante della famiglia De Stefano.
Un quadro pesantissimo che viene ribadito il 19 luglio quando vengono arrestate 42 persone per le infiltrazioni della ‘ndrangheta nei lavori del Terzo Valico.
La Dda chiede di nuovo l’arresto del senatore, ma il gip questa volta rigetta ritenendo le accuse già assorbite dalla precedente ordinanza.
Ma anche in questo caso sarebbe emerso lo strettissimo legame tra il politico e gli uomini dei clan.
Addirittura gli affiliati nelle elezioni regionali del 2010 sarebbero arrivati a minacciare i dipendenti delle loro imprese di licenziamento se loro e le loro famiglie non avessero votato Caridi.
«E lui – ha sottolineato il procuratore aggiunto Gaetano Paci – lo sapeva».
Dopo vent’anni in politica da oggi pomeriggio Antonio Caridi occupa una cella del carcere di Rebibbia.
Gaetano Mazzucca
(da “La Stampa“)
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